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TESTO La salvezza del Signore è per tutti i popoli (320)

don Remigio Menegatti  

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (14/10/2007)

Vangelo: Lc 17,11-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,11-19

11Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». 19E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature

La prima lettura (2 Re 5, 14-17) presenta la reazione di Naaman, generale siriano, - quindi uno straniero - guarito dalla lebbra. Si era rivolto a Eliseo per essere guarito, anche se poco convinto, soprattutto dopo la richiesta del profeta di bagnarsi sette volte nel Giordano. Una volta guarito – e ormai aperto alla fede del popolo eletto - vuole manifestare la sua riconoscenza al profeta, il quale rifiuta e indica che è solo il Signore, Dio di Israele, ad aver operato la guarigione. Naaman mostra la sua riconoscenza a Dio (e non solo al profeta), portando con sé la terra che riesce a caricare su due muli, per indicare il legame che vuole stabilire con questo popolo e il suo Dio. D'ora in poi quando pregherà i suoi piedi staranno sulla terra "santa", dove abita il vero Dio che lui ha incontrato attraverso il suo profeta.

Il vangelo (Lc 17, 11-19) racconta la guarigione operata da Gesù su 10 lebbrosi. Solo uno di essi riconosce in Gesù l'uomo mandato da Dio e ritorna a ringraziare. Si tratta di un Samaritano, da tutti considerato straniero e infedele; "bastardo" di religione e di nascita. Come il "buon samaritano" della parabola, diventa un modello di fede. La salvezza di Dio non è ristretta al popolo eletto, perché è destinata a tutti gli uomini.

Salmo 97
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto prodigi.
Gli ha dato vittoria la sua destra

e il suo braccio santo.

Il Signore ha manifestato la sua salvezza,
agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,

della sua fedeltà alla casa di Israele.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la salvezza del nostro Dio.
Acclami al Signore tutta la terra,

gridate, esultate con canti di gioia.

Il salmo esprime la lode di Israele al Signore, riconosciuto come il solo vero Dio su tutta le terra. Già in Abramo il Signore ha chiamato alla salvezza tutti i popoli, assicurando la sua benedizione più ampia alla discendenza del patriarca. Le opere che Dio compie non sono limitate entro i confini della Palestina, ma raggiungono sia il popolo eletto quando si trova fuori di essi – pensiamo alla liberazione da Babilonia –, come pure uomini di altri popoli. Naaman, un generale siriano ne è esempio eloquente.

I "prodigi" e la "vittoria" – vero motivo del canto di lode – altro non sono che la salvezza e la giustizia che hanno come spettatori – "ha manifestato la sua salvezza... ha rivelato la sua giustizia" – e protagonisti, "tutti i confini della terra". Da qui nasce l'invito: "acclami al Signore tutta la terra", perché nessuno è escluso dal dono di grazia del Signore, Dio d'Israele... e di ogni altra nazione sotto il cielo.

Un commento per ragazzi

Il fenomeno dei giocatori "stranieri" è ormai consolidato da tempo; un po' meno di atleti di altre specialità che difendono i colori azzurri, anche se il colore della loro pelle mette in risalto un'origine decisamente non italiana. Alcuni sono divenuti italiani per matrimonio, altri perché adottati da genitori della nostra Nazione, altri perché discendenti di italiani emigrati in altri Paesi del pianeta. Se vincono fanno sempre grande la nostra nazione. Non mancano però fenomeni – decisamente odiosi e da rifiutare – di boicottaggio e gretto razzismo.

Anche nella comunità ci sono ultimamente dei santi che provengono da comunità geograficamente lontane: ad esempio suor Giuseppina Bakita, una sorella della comunità delle Canossiane, nata nel Sudan nel 1869 e arrivata in Veneto dopo tante traversie e infine morta a Schio (Vicenza) nel 1947. Può far meraviglia una suora – "la madre moretta", come veniva chiamata familiarmente – proposta come modello si santità. Ma una riflessione del genere mostra come rischiamo di essere molto "provinciali", con un orizzonte, mentale prima ancora che geografico e storico, molto ristretto. Infatti se pensiamo ai grandi santi del passato, molti di essi vengono dall'Africa o da altri continenti che adesso consideriamo "stranieri". Agostino, Monica, Cirillo, Antonio...non sono certo italiani. Il rischio è quello di restringere sempre più gli orizzonti a una realtà "nostra", ma che mostra una valutazione limitata che vogliamo proiettare anche su Dio.

Questo rischio lo aveva corso anche la comunità ebraica, quasi che i grandi personaggi posti a fondamento della sua storia fossero tutti nati e cresciuti nei loro villaggi. I primi "stranieri" provenienti da lontano, come storia, luoghi e idee religiose, sono gli stessi Abramo, di Ur di Caldea, come pure Mosè, nato in Egitto e cresciuto alla reggia del faraone.

Naaman, un generale della Siria, sente da una schiava, rapita in una guerra contro Israele, che c'è un profeta, in Samaria, capace di farlo guarire dalla lebbra.

Il generale fatica ad eseguire le indicazioni che, tramite il servo – che funge da messaggero – gli suggerisce per guarire. Si aspettava un gesto magico, forte, fatto dal profeta, se non dallo stesso re di Israele. In realtà deve solo bagnarsi sette volte nel Giordano, fiume ben piccolo e insignificante se paragonato ai fiumi di Damasco, l'Abana e il Parpar. Alla fine accetta e si scopre guarito, e nasce come un germoglio la fede nel Dio di Israele. La terra che porta con sé indica come desidera un legame con questa terra quando prega, e quindi con il Dio adorato in questa nazione.

Anche il vangelo ci parla di lebbrosi, come Naaman, e di un gesto semplice di Gesù: non si avvicina, non li tocca – come ha fatto in altre occasioni, creando un po' di paura nei presenti – e manda subito quei malati a presentarsi ai sacerdoti, che avevano una funzione simile al medico ufficiale sanitario nel dichiarare la guarigione dei lebbrosi e quindi la riammissione nella comunità. Dio non conosce i nostri confini; non distingue le persone in base al colore della pelle, o al Paese di origine. Siamo semplicemente suoi figli, per i quali ha mandato il Figlio maggiore a liberarci dal male e farci scoprire il suo amore. Di fronte al suo dono non ci sono alcuni degni e altri meno. Non ci sono civiltà "cristiane" da aiutare e altre da abbandonare perché "pagane". Ciò che conta è che ciascuno alla fine faccia come il Samaritano: ritorni a ringraziare Dio che manifesta il suo dono attraverso il Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo. Certo, Gesù è nato e cresciuto in un popolo, ha imparato una lingua, con tradizioni e costumi; ha pregato con un determinato linguaggio e usato dei riti... ma ha anche superato l'idea di chiusura che poteva imbrigliare tanti suoi compaesani.

Forse noi ragazzi siamo molto più abituati, almeno rispetto ai nostri genitori, a vivere con coetanei provenienti da tanti Paesi del mondo. A scuola, nello sport, e forse anche in parrocchia, siamo costantemente a confronto con loro. Non sono "stranieri" da tenere lontani con pregiudizi, e tanto meno "sconosciuti" da ignorare solo perché noi ci troviamo a disagio. La cosa più bella sarebbe di condividere con loro la nostra fede, non per convincerli o per contestare le loro idee. In quanto fratelli di Gesù siamo chiamati ad essere fratelli di quanti il Padre ama come figli; lui non fa distinzioni, e non isola alcuno. Anche noi allora possiamo condividere la nostra fede. Come? Mostrando la gioia di essere cristiani, la serena convinzione di un dono ricevuto, che non deve discriminare, ma neppure venir nascosto per timore di dover mostrare la nostra maturazione convinzione.

Un suggerimento per la preghiera

O Dio, fonte della vita temporale ed eterna, fa' che nessuno di noi ti cerchi solo per la salute del corpo: ogni fratello in questo giorno santo torni a renderti gloria per il dono della fede, e la Chiesa intera sia testimone della salvezza che tu operi continuamente in Cristo tuo Figlio" a cui ci uniamo anche noi, desiderando che la nostra lode raggiunga tutti gli uomini per arrivare a te.

Libri di don Remigio Menegatti

 

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