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TESTO Vino nuovo in otri nuovi!

don Fulvio Bertellini

VIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (02/03/2003)

Vangelo: Mc 2,18-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 2,18-22

18I discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da lui e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». 19Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. 20Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. 21Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore.

22E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».

Il digiuno esibizionistico

Sul piano esteriore sembra che i discepoli di Giovanni e quelli dei farisei siano più "bravi" dei discepoli di Gesù. Gli ignoti che si presentano a domandarlo al Maestro hanno osservato che gli uni digiunano, gli altri no, e ne chiedono una spiegazione. Così cominciano spesso molte polemiche: discutendo su chi è migliore, su chi è peggiore, su chi è veramente coerente ed efficace nella sua azione. Ma Gesù non accetta di scendere su questo terreno di discussione. Anche perché sa bene che i suoi discepoli non sono migliori degli altri - e a dire il vero, non è che gli interessi più di tanto.

La gioia dello sposo

Gesù risponde con una domanda, che si interroga sul senso del digiuno, e più in generale sul senso della situazione presente. Il digiuno era diventato importante in Israele a partire dall'Esilio, dalla devastante distruzione del Tempio con la deportazione in massa degli Israeliti. Il digiuno ricordava continuamente al popolo il suo peccato, il conseguente castigo, e l'attesa di una liberazione definitiva operata da Dio stesso. I profeti avevano annunciato un futuro in cui finalmente il popolo sarebbe stato liberato dai suoi peccati: fare penitenza era quindi il modo di esprimere la coscienza del proprio peccato, e di invocare quella liberazione che solo Dio poteva dare. La parabola degli invitati a nozze e dello sposo non è solo una storiella che cambia il punto di vista da cui guardare alla situazione: indirettamente si annuncia che lo Sposo, il Messia, il tempo del compimento delle profezie è arrivato. E' arrivato il tempo del perdono dei peccati. Non è tempo di digiunare per invocarlo, ma è tempo di accoglierlo.

"Ti farò mia sposa per sempre..."

La prima lettura è fondamentale per capire il senso della risposta di Gesù. Il profeta Osea aveva presentato la storia di Israele come una storia di adulteri e prostituzione; ma Dio annuncia che ristabilirà il legame con il popolo infedele. Ci saranno nuove nozze, ricomincerà la storia di amore tra Dio e il suo popolo, e sarà caratterizzata dalla fedeltà e dall'amore reciproco. Gesù annuncia che quel tempo è arrivato, e non ha più senso rivangare il passato. Né ha alcun senso ripiegarsi su se stessi e sulle proprie buone opere. Occorre vedere ciò che Dio sta facendo, e corrispondere alla sua azione.

Il vino nuovo

La parabola del rattoppo e del vino amplia il discorso per far comprendere agli interlocutori che si è giunti ad una svolta radicale. Non si tratta solo di fare qualche aggiustamento e mettere una pezza qua e là; si tratta di indossare un abito completamente nuovo, di svuotare la cantina, gettare via i contenitori vecchi, e rifornirsi del vino nuovo. La vera priorità è accogliere Gesù, per vivere come uomini nuovi.

Una vita nuova

I discepoli dei farisei e di Giovanni fanno una cosa indubbiamente positiva e giusta, ma ne hanno perso il senso. E rischiano di non cogliere il significato nuovo, global edella storia portato da Gesù. E' anche il rischio nostro. Quello di ricadere nel farisaismo, di far consistere la nostra fede nell'esecuzione di una serie di atti di pietà, o nella pratica di una vita onesta, o nel compiere una serie di gesti di carità. La nostra fede è prima di tutto accogliere Gesù, il Messia, lo Sposo, il vino nuovo... dalla relazione con lui nascono gesti di pietà, di onestà, nasce una vita di carità. Quando si perde il filo della propria vita spirituale, diventa impossibile fare il bene, per quanti sforzi si faccia. Si ricade sempre negli stessi errori, negli stessi sbagli, si vede ciò che è giusto e si fa ciò che è sbagliato. Ma allora è impossibile risollevarsi?

Allora digiuneranno

Paolo ne è consapevole: da soli questo è impossibile: "la nostra capacità viene da Dio". Si tratta di riannodare il proprio legame vitale con la persona di Gesù. E non è facile, non solo perché cozza contro le nostre abitudini, contro le tante cose da fare, perché significa modificare questo o quell'atteggiamento. Significa cambiare rotta. Riprendere Gesù come punto di riferimento, dopo che ci siamo abituati a stare senza di lui. "Verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo, e allora digiuneranno": se con la nostra vita ci siamo allontantati da Gesù (magari rimandendo esteriormente "buoni cristiani"), ecco che ritorna per noi di attualità il digiuno. Ritornare a desiderarlo, ad avere fame e sete di lui, a sentire la sua fame e sete di noi. Nella tradizione della Chiesa ogni anno viene proposta la Quaresima, perché abbiamo sempre bisogno di rifare e di consolidare la nostra conversione.

Flash sulla I lettura

Il profeta ha paragonato il popolo ad una donna adultera, che abbandona il marito e si prostituisce con i suoi amanti. L'immagine non è una pura e semplice creazione poetica, ma è una realtà che il profeta stesso ha dolorosamente sperimentato nel suo matrimonio.

La lettura di oggi ci presenta il momento cruciale della denuncia profetica.

"Ti farò mia sposa per sempre...": secondo la normale procedura del tempo, la punizione dovrebbe consistere nel ripudio immediato e nell'esclusione dal gruppo sociale. Invece, sorprendentemente, Dio offre il perdono al popolo adultero e infedele. Nel deserto avviene un nuovo corteggiamento, e un nuovo fidanzamento.

"...ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà": il senso esatto dell'ebraico rischia di sfuggire nella traduzione italiana: sembra infatti che si alluda al "prezzo" che un uomo doveva pagare per stipulare il contratto di matrimonio. In questo caso non si tratta di beni materiali. Dio dice "ti fidanzerò a prezzo di giustizia e diritto, di benevolenza e di amore, di fedeltà...": si tratta di un'offerta da parte sua che precede la fedeltà del popolo, e che chiede di essere corrisposta.

Flash sulla II lettura

Il problema di questo brano è il riconoscimento dell'autorità apostolica di Paolo, messa in discussione da alcuni che si erano presentati vantando lettere di presentazione (forse da parte della Chiesa di Gerusalemme) e mettendo in discussione il valore dell'opera di Paolo. Questo almeno è quello che si può ricostruire in base alle allusioni dello stesso apostolo.

Paolo potrebbe ricorrere allo stesso argomento dei suoi oppositori. Farsi fare a sua volta lettere di raccomandazione. Ma si tratterebbe di una polemica puramente umana, che fa perdere di vista la novità e l'importanza del Vangelo.

"La nostra lettera siete voi...": Paolo ricorda ai Corinti la sua azione in loro favore, o meglio, come i Corinti hanno ricevuto il dono della fede e il dono dello Spirito attraverso la sua azione apostolica. Questa è la vera e più grande garanzia della sua autenticità. Chi ricorre a lettere di presentazione o altre garanzie umane deve ancora provare di essere veramente mandato da Dio.

"...scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori": l'originalità dell'esperienza cristiana che Paolo propone non consiste in nuove leggi scritte, ma nella presenza viva dello Spirito, che rende possbile un nuovo modo di vivere.

"Non però che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio...": per cui l'unica difesa di Paolo è la stessa presenza dello Spirito in mezzo ai Corinti; e in questo modo sono squalificati i presunti apostoli, che vantano garanzie pu ramente umane.

"che ci ha resi ministri adatti di una Nuova Alleanza, non della lettera, ma dello Spirito...": Paolo dunque non comunica un insieme di regole, ma è al servizio dell'azione vivificante dello Spirito nei cuori. Nella sua autodifesa Paolo non scende mai al livello dei suoi detrattori, ma coglie l'occasione per riaffermare sempre la novità del mistero cristiano.

 

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