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TESTO Commento su Luca 17,5-10

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XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (07/10/2007)

Vangelo: Lc 17,5-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,5-10

In quel tempo, 5gli apostoli dissero al Signore: 6«Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.

7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? 8Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

La schiavitù non più visibile nelle catene continua a mostrarsi oggi in molteplici mode e forme. Il cristiano è colui che appartiene a Dio in quanto da lui generato, amato, salvato. In questa prima domenica di ottobre, mese che la Chiesa dedica specificatamente al tema missionario, la liturgia della Parola ci offre una visuale molto interessante: avere fede significa vivere da appartenenti totalmente a Dio vivendo nella società e nel mondo. Se nei brani delle passate domeniche, sempre tratti dall'evangelista Luca che ci sta accompagnando in questo anno liturgico, si è stati aiutati ad entrare dentro la dinamica della relazione alla gratuità quale via evangelica, con il brano odierno Gesù dice una cosa basilare: è la relazione con lui a generare e fecondare tutte le altre.

Il centro di ogni relazione è sempre ciò che sta al di fuori di essa. Tra due fidanzati e sposi ciò che da sostegno e nutrimento alla coppia è quel desiderio di amore che è alla periferia della loro storia e vita. Se solo per un attimo essi pensassero di trovare la fonte al loro interno è allora che la sorgente si prosciugherebbe sotto i loro occhi. Riprendendo le parole del Papa ai giovani convenuti a Loreto (attenzione ad archiviare troppo velocemente la ricchezza e l'abbondanza di quei discorsi) e per coniugarle con le parole del Vangelo odierno, Benedetto XVI a proposito del vero centro motore di ogni cosa e nel rispondere alla domande di un giovane sulla fatica a vivere nelle periferie delle città, così dice: "Si parla spesso nella Chiesa di periferia e di centro, che sarebbe Roma, ma in realtà nella Chiesa non c'è periferia, perché dove c'è Cristo, lì c'è tutto il centro. Dove si celebra l'Eucaristia, dove c'è il Tabernacolo, c'è Cristo e quindi lì è il centro e dobbiamo fare di tutto perché questi centri vivi siano efficaci, presenti e siano realmente una forza che si oppone a questa emarginazione. Sì c'è speranza anche oggi, ciascuno di voi è importante, perché ognuno è conosciuto e voluto da Dio e per ognuno Dio ha un suo progetto. Dobbiamo scoprirlo e corrispondervi, perché sia possibile, nonostante queste situazioni di precarietà e di marginalità, realizzare il progetto di Dio su di noi. Ma, per andare ai dettagli, Lei ci ha presentato realisticamente la situazione di una società: nelle periferie sembra difficile andare avanti, cambiare il mondo per il meglio. Tutto sembra concentrato nei grandi centri del potere economico e politico, le grandi burocrazie dominano e chi si trova nelle periferie realmente sembra essere escluso da questa vita. Dobbiamo fare il possibile perché la famiglia sia viva, sia anche oggi la cellula vitale, il centro nella periferia".

Sono parole forti e che puntano diritto alle situazioni umane di tante città che hanno periferie straripanti di persone, problemi e difficoltà, assieme anche a gioie, soddisfazioni e speranze. Il dire sintetico di Gesù "siamo servi inutili" non traduce correttamente in italiano; il suo vero significato è "siamo semplicemente schiavi" che appartengono al Padre, ovvero, Dio. Ogni associazione di impronta cattolica, con il rilascio della tessera al suo associato, sia un costante ricordo di sapersi appartenenti a Dio e alla sua Chiesa presente nella storia. È da questo profondo e intimo appartenere che sgorga l'autentico verbo "credere" da declinare nella vita ordinaria e quotidiana. Quell'"aumenta la nostra fede" è possibile per l'uomo tanto quanto è realmente radicato in Cristo e nella sua grazia. Quel "fare e fatto" che ritorna nel brano di Vangelo vuole sottolineare che l'azione primaria è il servizio della santità tessuta nella ferialità. "L'ordine ricevuto" è la cosa che sta all'inizio di tutto: il desiderio di Dio e della vita divina. La vita parrocchiale, claustrale, associativa, familiare, presbiterale sia il segno visibile di tale desiderio, senza sconto alcuno.

Commento a cura di don Giacomo Ruggeri

 

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