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TESTO Taglia 52

don Ricciotti Saurino  

XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (30/09/2007)

Vangelo: Lc 16,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,19-31

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: 19C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. 20Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, 21bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. 22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. 24Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. 25Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. 27E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. 29Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. 30E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. 31Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

Che fastidio mi danno, ai semafori, quegli uomini, "casual" vestiti, che insistono per lavare il parabrezza della mia auto. E, forse, ancora più fastidio mi dà il loro sorriso, mentre ringraziano degli spiccioli che, malvolentieri, ho fatto scivolare nelle loro mani.

Che pena mi fanno i bambini infreddoliti che dormono tra le braccia delle madri, accoccolate sui marciapiedi a questuare.

Borbotto tra i denti che le strade andrebbero ripulite da questo sconcio, che l'accattonaggio è una vergogna della civiltà.

Invoco una giustizia, una però che non mi tocchi, magari quella dello Stato, che non mi importa se risolve i loro problemi, ma che mi faccia godere in pace quello che ho,... mentre continuo a scegliere sul palmo della mano la moneta più piccola. Forse lo faccio perché il poco per loro è più salutare!

Punti di vista! Per me le monetine sono miseria, le semino e ammucchio sulla scrivania, vicino al telefono, perché danno fastidio o le riservo per far giocare i bambini con la tombola di Natale.

Si può sorridere per venti centesimi? E ci si può infastidire nel dare gli stessi venti centesimi?

Eppure se non ci fosse quella mano tesa non capirei la mia ingordigia, se non ci fosse quel sorriso non mi accorgerei della mia insofferenza, se non ci fosse quel bambino infreddolito, perderei il richiamo alla condivisione e alla realtà del Regno.

Pensavo che fosse una favola d'altri tempi quella del ricco Epulone, grosso, paffuto e obeso, e invece scopro che ha la mia taglia.

La nostra società ci ha spalancato le fauci del benessere, della opulenza, e continua a farci banchettare soddisfatti, mentre c'è chi, ai nostri piedi, attende e sorride solo per uno spicciolo.

"Non è colpa mia se ho qualcosa in più di qualche altro" – mi dico.

"Non è colpa l'avere, è grave ignorare le necessità altrui!"- mi sento rispondere.

"Basta! Ora tocca a me! E mi godo la mia ricchezza. Male per chi non ne ha. Anche se, per quanto lunga possa essere la vita, è sempre troppo breve per godere. Il godimento, poi, è più esaltante quando mi confronto con gli altri, altrimenti che gusto ci sarebbe a godere".

"Se non sbaglio prima hai invocato una giustizia, anche se a modo tuo. Una giustizia che portasse tutti al tuo stesso livello, anche se questo ti toglierebbe il godimento della differenza".
"Pazienza! Mi va bene lo stesso!"

"Illuso! Una giustizia ci sarà! E se giustizia è, non è quella che livella, ma quella che capovolge!"

"Non mi spaventi affatto, mancano le prove! E poi è ingiusto che siano scambiate le posizioni, soprattutto per un ricco".

"E sì, è sempre ingiusto per il ricco, chi non ha niente non ha diritto neppure alla giustizia".

"Se ci sarà questo capovolgimento, perché qualcuno non mi avverte?"

"Perché la scelta della condivisione è libera e per amore e non dettata dalla paura o dalla imposizione. E poi l'abisso di incomunicabilità l'hai scavato tu quando con la tua abbondanza hai sepolto e messo a tacere ciò che era così chiaramente detto dalla Scrittura".

"Sì, ma se avessi saputo con certezza, sarei stato più attento!"

"La certezza del pericolo di circolazione è affidata ad un segnale stradale, come la certezza dell'eternità è affidata alla Scrittura. La tua ebbrezza spesso ti fa sottovalutare il cartello, come la tua sete di godimento ti ha fatto ignorare ciò che 'sta scritto'.
"Se è così, posso avvertire i miei?"

"Ah! Ma allora è un vizio di famiglia? Siete tutti così? Credi che se lo dici tu ti crederanno?"

"Di' loro che imparino a leggere le mani tese, i sorrisi per una monetina e i bimbi infreddoliti! E se non è sufficientemente chiaro tutto questo possono facilmente trovarlo nel Vangelo di Luca al capitolo 16".

Le coordinate sono precise, forse è il 'testo' che manca, perché dove c'è l'abbondanza, non di rado, scarseggia il necessario!

 

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