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TESTO La ricchezza che conduce alla perdizione

padre Antonio Rungi

XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (30/09/2007)

Vangelo: Lc 16,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,19-31

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: 19C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. 20Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, 21bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. 22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. 24Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. 25Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. 27E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. 29Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. 30E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. 31Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

La Parola di Dio di questa XXVI Domenica del tempo ordinario dell'anno liturgico ci fa riflettere sulla ricchezza che porta all'infelicità eterna e alla perdizione. Il brano della Vangelo con la parabola del ricco epulone ci aiuta ad entrare con grande responsabilità nel discorso della salvezza dell'anima e quali sono gli ostacoli della vita terrena perché questo progetto di vita si realizzi davvero per ognuno di noi. Certo a leggere con attenzione il brano del vangelo di oggi, al di là del linguaggio utilizzato e le immagini impiegate per esprimere ciò che è la realtà futura, c'è da preoccuparsi seriamente se non facciamo qualcosa di buono, soprattutto in ordine alla carità, alla disponibilità, al distacco dai beni della terra, ad uno stile di povertà che deve riguardare tutti e tutto, in questo passaggio terreno. Passaggio che a volte è così breve che non si ha neppure il tempo di organizzare il domani, in quanto il tramonto della nostra vita bussa prepotentemente alla porta della nostra casa terrena.

Tutto il testo e il contesto del messaggio è davvero un'ulteriore conferma all'insegnamento della Chiesa in ordine al destino eterno dell'uomo: esiste la morte, ed esiste il giudizio di Dio, il quale o è per la felicità eterna dell'uomo o per la sua condanna definitiva e senza appello. La parabola lo fa intendere chiaramente e noi, nelle sofferenze del ricco epulone che sperimenta le pene dell'inferno, dobbiamo cogliere il messaggio perché tale situazione non si verifichi per noi al termine della nostra vita. Dall'altro lato, è consolante e confortante sapere che, dopo le tante sofferenze della vita presente, per chi ha sperimentato il dolore alla luce del mistero del Cristo crocifisso una prospettiva di serenità e felicità senza fine è legittima attenderla e aspettarla dalla bontà e misericordia di Dio. Il vero dramma dell'uomo di oggi è quello di convincersi sempre di più che senza Dio si può vivere ugualmente e forse meglio su questa terra. E infatti molti vivono come se Dio non esistesse e come non ci fosse un'eternità. Il Vangelo di Luca ci rivolge un caloroso invito a ripensare tutto il nostro sistema di vita ed improntarlo ad un orientamento generale che ha punto e un termine fisso nell'eternità.

In questa prospettiva si fa particolarmente carico di suggerimenti e inviti al personale rinnovamento quanto leggiamo nel brano della prima lettura di questa domenica, tratto dal libro del profeta Amos, che ci ricorda e ci richiama a più ragionevoli e morali comportamenti nella vita presente.

Il testo termina con una predizione chiara: cesserà l'orgia dei buontemponi. Quante persone oggi, pieni di soldi e di se stessi, con disponibilità economiche di grande respiro, frutto anche dei sacrifici degli altri che hanno messo da parte, si godono la vita, non fanno bene a nessuno e tutta la loro esistenza sta nel soddisfare i vizi e i piaceri di ogni genere. Agli occhi degli stolti di questo mondo essi sono persone felici e beate; ma non è così nella prospettiva di quel vangelo di oggi che ci riporta a più miti consigli, affinché la nostra vita non si trasformi solo un godimento terreno che potrà sì allietare per un momento o un tempo, ma non potrà mai compensare il bisogno di un felicità che sorpassa il tempo ed il materiale. L'insegnamento di un grande padre della Chiesa, Sant'Agostino, ci dice che il cuore dell'uomo non potrà riposare perfettamente in pace, né potrà godere della vera gioia fin quando in esso non alberga Dio e l'uomo riposa nel cuore di Dio.

Una terapia d'urto a questa tendenza materialistica ed edonistica della vita, una vera e propria metodologia della ricerca della felicità senza fine, la troviamo espressa e sintetizzata nel brano della prima lettera di san Paolo apostolo a Timoteo, nella quale sono raccomandate alcune cose fondamentali, che noi consideriamo essenziali per un cammino spirituale verso la salvezza eterna e la nostra santificazione personale.

Lo stile di vita di una persona che ha a cuore la salvezza eterna è quello che noi troviamo espresso nelle parole quanto mai convincenti dell'Apostolo delle Genti: tendere alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combattere la buona battaglia della fede, cercare di raggiungere la vita eterna alla quale siamo stati tutti chiamati di cui dobbiamo dare testimonianza ovunque siamo, in ragione del fatto che il Figlio di Dio è morto sulla croce proprio per questa ragione. Si tratta allora di conservare senza macchia e irreprensibile il dono della fede, di esercitarsi accuratamente nella carità e nelle opere di bene, di alimentare costantemente la speranza di una felicità che avrà il suo pieno compimento nell'eternità. Sia questa la nostra umile preghiera al Signore: "O Dio, tu chiami per nome i tuoi poveri, mentre non ha nome il ricco epulone; stabilisci con giustizia la sorte di tutti gli oppressi, poni fine all'orgia degli spensierati, e fa' che aderiamo in tempo alla tua Parola, per credere che il tuo Cristo è risorto dai morti e ci accoglierà nel tuo regno". Amen.

 

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