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TESTO Dal banco delle imposte alla sequela di Cristo

Monaci Benedettini Silvestrini  

S. Matteo apostolo ed evangelista (21/09/2007)

Vangelo: Mt 9,9-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 9,9-13

9Andando via di là, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.

10Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. 11Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». 12Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. 13Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Fra le tante curiosità che vorremmo soddisfare sulla persona di Cristo c'è anche quella di poter ascoltare la sua voce; ciò non tanto per sentirne l'accento, ma per poterne comprendere la profondità e il fascino che esercitava sugli ascoltatori. Oggi lo sentiamo ancora una volta scandire un comando a una persona che per il ruolo che svolgeva, molti evitavano e non suscitava sicuramente simpatia; poi l'immediata risposta: «Egli si alzò e lo seguì». Il banco delle imposte dove sedeva Matteo poteva essere anche considerato una comoda poltrona e un buon mestiere, che garantiva un reddito sicuro e un discreto prestigio oltre che incutere timore. Non è perciò facile distogliere dalla loro posizione persone così ben accomodate e apparentemente soddisfatte. Gesù lo fa con un imperativo categorico: «Seguimi». Evidentemente il Signore voleva sin dal primo impatto rivelare una grandissima verità al suo futuro apostolo ed evangelista: la forza divina della sua Parola, quella parola che Matteo riporterà fedelmente nel suo Vangelo e che risuona ancora, grazie a lui, in tutto il mondo. Voleva poi che egli in prima persona potesse godere di una predilezione sicuramente immeritata ed insperata affinché potesse raccontare al mondo che Gesù non è venuto per i sani che non hanno bisogno del medico, ma per i malati. Voleva fare di Matteo, convertito dai suoi meschini e forse anche illeciti guadagni, un cantore della misericordia divina; voleva che proprio un pubblicano intonasse quel canto, che tanti e tante hanno poi ripreso e cantato con identico fervore. Voleva infine far comprendere a tutti che i chiamati da Cristo non sono santi prefabbricati, ma anime che, avendolo incontrato e ascoltato la sua voce, hanno il coraggio di seguirlo da vicino dando con tutta la vita una risposta di gratitudine al bene ricevuto dalla divina misericordia. Vediamo perciò in Matteo un primo anello di una catena d'oro, che ha portato la voce viva di Cristo fino a noi, con l'immediatezza con cui egli stesso l'ha accolta e ne ha goduto. Egli ci invita ad accogliere le sollecitazioni divine che ancora giungono a noi per farci conoscere la verità e renderci capaci di viverla nella gioia.

 

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