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TESTO Lo sguardo di Dio

don Marco Pratesi  

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (23/09/2007)

Brano biblico: Am 8,4-7 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,1-13

In quel tempo, 1Gesù diceva ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Forma breve (Lc 16, 10-13):

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: 10«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

La prima lettura è parte di un gruppo di cinque visioni nel libro di Amos (7,1-9,4). Si tratta qui della quarta, nella quale il profeta vede un canestro di frutta matura. Un quadretto apparentemente idilliaco ma dal senso terribile: "È maturata la fine per il mio popolo, Israele: non gli perdonerò più" (8,1-3). Israele è come un frutto maturo per il raccolto, che è in questo caso giudizio di condanna.

Ricordiamo che Amos predica intorno alla metà dell'VIII sec. e si riferisce al regno del nord, che in quel momento sta vivendo un periodo di prosperità e di ottimismo. Si tratta però, denunzia il profeta, di una prosperità mal fondata: prospera anche l'ingiustizia e l'oppressione sui deboli. A commento della visione del cesto di frutta, leggiamo precisamente questa tirata contro i commercianti, i quali costruiscono il loro benessere sulla pelle dei poveri. L'interesse personale prevale su ogni altra considerazione. Le stesse pratiche religiose (novilunio, sabato) non inquadrano e regolano l'attività economica ma risultano da essa inquadrate, ne sono soltanto una scomoda sospensione. Si diminuiscono le misure per somministrare la merce, si aumentano quelle per il denaro in pagamento, si alterano le bilance; si trae profitto dall'indigenza altrui al punto di vendere vantaggiosamente anche gli scarti.

C'è disprezzo della vita umana, posta a servizio del profitto al punto da essere oppressa e soppressa. C'è ingiusta appropriazione dei beni del prossimo, della cui ignoranza o impotenza si approfitta. C'è indifferenza nei confronti di chi non ce la fa e soccombe nella lotta. Non uccidere; non rubare; aiuta il bisognoso: parole rese vane dalla ricerca del profitto come criterio dominante. La conclusione è dura, senza appello: Dio non dimenticherà mai queste azioni.

Il quadro è chiarissimo e non occorrono grandi sforzi per percepirlo nella sua terribile attualità. "Tollerare, da parte della società umana, condizioni di miseria che portano alla morte, senza che ci si sforzi di porvi rimedio, è una scandalosa ingiustizia e una colpa grave" (CCC 2269). Dal livello personale a quello planetario, il giudizio annunziato da Amos ci ricorda che Dio non può che respingere decisamente ogni assetto che riduca l'uomo a semplice strumento di guadagno. Questo si traduce in concreto nel fatto che un tale "ordine" è per sua natura malfermo e destinato a crollare. La realtà ci mostra quanto esso possa risultare devastante sia per la famiglia umana che per l'ambiente. Sarebbe insensato dimenticare che "lo sguardo del Signore è - rimane - sopra il povero (salmo responsoriale): da lì niente può distoglierlo.

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.

 

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