PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Commento su Luca 15,1-32 (forma breve: Luca 15,1-10)

Agenzia SIR  

XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (16/09/2007)

Vangelo: Lc 15,1-32 (forma breve: Lc 15,1-10) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 15,1-32

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Forma breve (Lc 15, 1-10):

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

Il cuore di Dio ha un unico e grande desiderio: che ogni uomo non si perda e quantunque si perdesse la tenacia del Padre è quella di esserlo sempre e comunque verso i suoi figli. La misericordia di Dio, tipico tema lucano, è come un costante occhio che cerca ciò che non ha ancora trovato e brama di abbracciare ciò che si è perso. Il capitolo quindici dell'evangelista Luca, unico nella produzione dei quattro Vangeli, è di certo uno dei testi più conosciuto sin dai tempi della formazione catechistica dell'infanzia. E come ogni cosa e testo noto, porta con sé delle vene di sorpresa.

Il mormorare e il chiacchierare fini a se stessi sono delle erbe cattive che nascono anche nel terreno ecclesiale. Vengono in mente le parole di Gesù quando, in un altro passo, dice: "Il vostro parlare sia sì sì, no no. Il di più viene dal maligno" a ribadire la trasparenza e l'essenzialità delle parole e tutto ciò che è di più rischia di ferire ed imbrattare il fratello. Mentre i peccatori e pubblicani (persone non ben viste a quel tempo, ma cercate da Gesù) si avvicinano al Maestro per ascoltarlo, i farisei e gli scribi (uomini in vista e oggetto di giudizio da parte di Gesù) se ne stavano ben lontani da lui. E mormoravano. La mormorazione è una pianta che non va seminata, ma qualora spuntasse dal terreno è bene sradicarla alla radice.

Molte volte essa ha arrecato danni morali, spirituali e relazionali gettando in cattiva luce persone buone. Ma la mormorazione quando trova un terreno ostile alla sua riproduzione si ritrae senza dare frutto. Nella vita di parrocchia tale pianta non è esente dal nascere e fiorire. È importante recuperare il buon uso del silenzio che non è sinonimo di tacere, ma di saper parlare solo per edificare, crescere e correggere. Antidoto alla mormorazione è la saggezza di usare parole vere, sobrie, misericordiose proprio perché ciò che è male viene annientato solo dal bene, e non da altro male.

Il parlare e il giudicare può portare alla solitudine e all'emarginazione della persona, sino a perdersi. Come le parole del fratello maggiore che, invitato da suo padre, non voleva entrare in casa in quanto contrario all'atteggiamento e comportamento di suo fratello minore. Non credo che sia solo una questione di gelosia, ma vedo una sorta di agire che spesso serpeggia anche tra i credenti. È quell'atteggiamento insoddisfatto nel vedere che l'amore venga sprecato! Come a dire: dopo tutto ciò che ha commesso mio fratello, anche la festa in grande stile si è meritato. Perché a lui tanto e a me poco? Questa domande è posta, non a caso, in apertura della Bibbia nel libro della Genesi nella storia di relazione tra Caino e Abele: qui finì con la morte del secondo. Nel brano di Luca termina con l'autoesclusione volontaria dall'amore del Padre che non fa differenza di persone.

Ritrovare, far entrare, chiamare per far festa, lasciare per trovare: sono alcuni dei verbi che caratterizzano il brano del Vangelo e che ci ricordano lo scopo per cui siamo sulla terra. Quello di sapersi sempre nella pupilla dell'occhio di Dio che "quand'era ancora lontano il Padre lo vide" non come occhio che viola la privacy, ma come luce che dona vita alla pianta che vive esclusivamente di essa. Sono verbi, questi, che vanno coniugati nella relazione tra vescovo e sacerdoti, parroco e vice, tra catechisti e ragazzi, tra genitori e figli, madre badessa e consorelle della medesima comunità. Dalla declinazione di tali verbi prende vita quella nuova tavola alla quale mangiare il cibo della relazione nutriente con Dio. Ci si guardi bene dal voler cercare altre tavole o surrogate di esse, perché è da queste che prende vita la relazione con Dio. Stare lontano da questa tavola comporta il cibarsi delle proprie opinioni e pensieri, giudicando chi – da peccatore agli occhi nostri, ma cercato come figlio agli occhi di Dio – si avvicina per essere parte integrante di questa tavola.

Commento a cura di don Giacomo Ruggeri

 

Ricerca avanzata  (54009 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: