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TESTO Essere un volto

don Maurizio Prandi

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (09/09/2007)

Vangelo: Lc 14,25-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,25-33

In quel tempo, 25una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 26«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

28Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Siccome molta gente andava con lui... Tante persone intorno a Gesù e lui ne approfitta per mettere le cose in chiaro. Il vangelo dice: poiché molta gente andava con lui e subito dopo: se uno viene a me... Gesù si rivolge alla folla sottolineando però che il rapporto, la relazione non è con la massa, con i grandi numeri, ma con il singolo, con un volto. Il Figlio di Dio si rivolge a ciascun individuo in mezzo alla folla. Ecco allora l'invito importante che Gesù fa ad ognuno di noi in questa pagina: essere un volto. Il primo tratto del discepolo allora è proprio questo, non un qualcuno che si perde nella massa ma che è capace di strutturarsi personalmente. Mi pare di poter dire allora che siamo arrivati ad un vertice del percorso delle ultime settimane, una vetta. Ricordate come siamo partiti, dal serissimo invito che Gesù ci ha fatto: perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? Ovvero il pensare con la propria testa. Abbiamo continuato poi dicendo che passaggio fondamentale è quello attraverso la porta stretta... è un passaggio decisivo perché dipende da noi il fare quel passo. Oggi arriviamo a dire: sto davanti al Signore con tutto me stesso, con la responsabilità del mio pensare e del mio agire. A me, proprio a me che spesso mi nascondo, proprio a me che spesso mi mimetizzo, proprio a me che spesso mi confondo in mezzo alla folla è chiesto di stare di fronte a Dio, mi è chiesto di seguirlo, in Gesù... mi è chiesto il coraggio di esserci, mi è chiesto di uscire fuori dall'anonimato.

Chi non porta la propria croce non può essere mio discepolo... la croce è un po' lo specchio del nostro volto... l'essere un volto non può prescindere dalla croce, perché è quello il segno distintivo del discepolo. Qui bisogna fare attenzione però, perché portare la croce non significa vivere un'esistenza infelice, da "poveretti", da "derelitti", da "mortificati"... prendere la croce significa "scegliere un progetto di vita che ci mette contro Erode, contro Caifa e contro Pilato, dalla parte dei "poveri di Dio", di coloro che non hanno, per farsi strada in questo mondo, né la ricchezza, né il potere, né la cultura" (don Daniele Simonazzi). Credo che stia un po' qui anche il senso di quell'odiare il padre, la madre, i fratelli... non che Gesù inviti ad andare contro il comandamento dell'onorare il padre e la madre o provi a scardinare la famiglia come valore. Credo che Gesù voglia dire che la famiglia può diventare il luogo dell'appiattimento, dell'omologazione, del non-coraggio, della protezione...

Cerco di spiegarmi raccontandovi quanto don Bruno Maggioni disse a noi seminaristi nel 1996 durante gli esercizi spirituali: " se volete morire martiri (la croce), non dovete far poi niente di straordinario, dovete dire le cose più ovvie del mondo secondo il vangelo; vi manderanno in una parrocchia un giorno e se predicate bene saranno contenti, poche cose magari, dette bene, senza annoiare... se poi fate giocare i ragazzi diventate immediatamente gli idoli di tutte le famiglie... se poi dovete restaurare la chiesa magari brontolano un po' ma i soldi ve li danno perché di un parroco che tiene le cose a posto sono contenti... se poi avete un po' di spirito missionario magari con un po' più di fatica, ma qualcosa vi daranno lo stesso... ma io ho assistito alla rivolta delle famiglie quando un parroco ha cominciato a parlare di accoglienza e a proporre di dare i locali della parrocchia ad una famiglia di extracomunitari... il CPAE disapprova e vi ficcano le dita negli occhi!!!".

Può accadere che il valore-famiglia in alcuni casi si scontri con il valore-Gesù (la vicenda di S. Francesco è nota a tutti ad esempio) e colui che è chiamato a scegliere poi resta schiavo di una certa ideologia familiare. Leggevo un testo in cui bene si spiegava che spesso anche le famiglie buone trasmettono una vera e propria eredità ideologica, dove il denaro prevale sugli affetti, il che cosa mai dirà la gente? prevale sulla espressione autentica dei sentimenti, l'attaccamento alla tradizione (si è sempre fatto così) prevale sulla creatività, sul desiderio di novità. E qui che si inserisce l'invito di Gesù ad odiare un certo tipo di famiglia, perché carica di una forte componente di mediocrità, di chiusura. E' in famiglia che si tramandano l'appartenenza politica, le scelte sociali e religiose: "se uno non è capace di fare scelte autonome, ma si lascia plagiare dall'ambiente in cui vive, può dirsi una persona matura per diventare discepolo di Cristo?" (don L. Pozzoli). Si tratta, dice Gesù, di prender la propria croce... ma non c'è da temere, perché altro non vuol dire se non: amare. Prendi la tua croce, cioè esci dall'orizzonte angusto, ristretto in cui ti trovi... liberati da tutti i limiti del tuo mondo, personale e familiare e prova a ragionare con un'altra logica, muovendoti finalmente entro spazi sconfinati, quegli spazi sconfinati che solo l'amore evangelico conosce.

 

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