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TESTO Umiliazione ed esaltazione!

padre Antonio Rungi

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (02/09/2007)

Vangelo: Lc 14,1.7-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,1.7-14

Avvenne che 1un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.

7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

12Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

La Parola di Dio di questa XXII Domenica del tempo ordinario dell'anno liturgico ci offre l'opportunità di riflettere su uno dei brani evangelici più conosciuti e commentati, nel quale si parla di un banchetto nuziale al quale tutti gli invitati facevano a gara a prendere i primi posti. E' l'occasione per Gesù per svolgere un'adeguata catechesi sull'umiltà e sulla vera esaltazione che è quella che ci riconosce e si riconosce in Cristo esaltato sulla croce.

L'evangelista Luca, buon osservatore dei comportamenti umani, nel brano riporta la narrazione del fatto ed anche il messaggio che sottostà al testo e all'insegnamento del Signore.

In genere questo brano lo si riconosce come attribuibile agli altri e particolarmente adatto agli altri, quasi che sempre gli altri siano i superbi, gli orgogliosi, quelli che amano i primi posti, essere adulati, stimati. Come dire che noi siamo umili e gli altri superbi. In realtà, questo è un brano che riguarda tutti e tutto, perché in fatto di umiltà scarseggiamo tutti, e chi apparentemente sempre rifuggie i primi posti, i posti di onore, gli uffici che contano, alla fine è il primo ad aspirare a simili posti e addirittura a brigare per raggiungerli in modo subdolo, indegno, vergognoso e falsificando fatti e carte. E' il carrierismo e l'arrivismo, rampante di questi tempi in tutti gli ambienti, anche in quelli ecclesiastici, tanto da far intervenire più volte l'attuale Papa e il suo predecessore sulle non tante segrete aspirazioni del clero e dei religiosi a posti di onore. Se andiamo a rivolgere lo sguardo su questa nostra società ci accorgiamo quanti falsi modesti ed umili circolano negli ambienti umani e relazionali. C'è la rincorsa e l'accaparramento ad occupare anche fisicamente i primi posti, i posti in prima fila, i posti riservati, perché meritati o semplicemente perché raccomandati. Chi assume questo atteggiamento non solo non è gradito a Dio, ma non lo è particolarmente agli altri. I santi, nonostante la loro vera umiltà, si sentivano orgogliosi e lavoravano molto per smussare le varie angolature e spigolature dei loro caratteri e delle loro personalità, perché emergesse nella loro vita e nei loro comportamenti la vera e non la falsa umiltà. Alla scuola di Gesù Cristo e a quella della Vergine Maria ogni vero credente che vuole incamminarsi sulla strada della perfezione e della santità non può non partire dall'umiltà, dall'ultimo posto per poi avanzare nei gradi dell'ascesi cristiana che è come nel banchetto nuziale di cui parla il Vangelo oggi: è un andare verso i posti più vicini allo Sposo. E in genere, quando nel Vangelo si parla di Sposo e Sposa, si indica rispettivamente Gesù Cristo e la sua Chiesa. Per essere in Cristo e nella Chiesa è necessario un buon grado di umiltà profonda che solo la grazia di Dio può far maturare e crescere giorno dopo giorno. Nel contesto di questo banchetto è interessante pure notare come Gesù nella parabola che fa seguire all'osservazione dei comportamenti degli invitati egli ci ricordi quanto spazio deve avere il nostro cuore verso gli ultimi e i bisognosi. Ai grandi pranzi ed agli appuntamenti con Dio, con la storia, con la gioia, il successo, il benessere non possono essere presenti sempre i ricchi e quanti già hanno tutto, bisogna invece invitare chi non ha nulla perché questi non potranno ricambiare il bene ricevuto e allora il bene fatto avrà un merito davvero grande agli occhi di chi lo riceve e soprattutto agli occhi di Dio. Sappiamo bene che non agiamo come Gesù ci suggerisce. Alle varie tavole del benessere invitiamo solo chi sta già bene e può ricambiarci il bene ricevuto con altrettanto o superiore bene. Operiamo per interesse e il nostro agire ha sempre uno scopo ed una meta da raggiungere per il proprio tornaconto. Nessuno fa niente per nulla.

Al discorso della modestia e dell'umiltà è dedicato anche il breve passo del Libro del Siracide, molto esplicito, che con linguaggio efficace mette in risalto l'essenza della vera grandezza. Quante volte riflettiamo su questi testi sacri e magari vorremmo anche impegnarci di più ad abbassare il maledetto orgoglio che si annida dentro di noi e invece di ottenere il risultato di abbassarci ci innalziamo sempre di più. "Tutti vogliono me; senza di me non sanno fare nulla; tutti mi vogliono bene, mi stimano, mi rimpiangono. Ho fatto questo, ho fatto quell'altro; ho realizzato questo o portato al termine quest'altro. Ho messo da parte, ho guadagnato, tutti mi venerano". Sono modi di dire che nelle piazze, dai pulpiti, nei contatti quotidiani esprimiamo come apprezzamento di noi stessi. E non c'è nessuno che non dica queste cose o non la pensi così. Stranamente c'è il fatto che ci meravigliamo quando gli altri si autoesaltano, sono autoreferenziali. In questa corsa al primo posto, all'onore, si sgomita e ci si fa spazio in modo davvero poco leale e soprattutto cristiano. Da qui il monito che ci viene dal testo sacro: quanto più sei grande, tanto più umiliati. Solo Cristo può dire questo e ha testimoniato questo. Per noi esseri umani, l'umiltà è una lenta e faticosa conquista che non si risolvere con una battuta, né con la simpatia, né con la barzelletta per essere graditi al popolo e per dire ad essi che siamo scesi a loro livello, né con un linguaggio per nulla edificante per dire che non ci differenziamo dagli altri. E ciò con lo scopo di essere considerati alla pari, mentre in realtà siamo diversi gli uni dagli altri ed ognuno deve esprimere sè stesso nella massima libertà. Non possiamo inibirci nei nostri carismi e nelle nostre attività, perché sappiamo che gli altri ci possono giudicare come orgogliosi o come quelli che vogliono stare sempre ai primi posti. Oggi è nata una nuova professione e si chiama "tronista". Sono coloro che stanno sempre in trono a pontificare per gli altri o a rappresentare questo o quella istituzione. Di tronisti ce ne sono tanti oggi, scarseggiano quelli che lavorano dietro le quinte e che nel momento dell'esposizione si fanno dietro ben volentieri per cedere il posto a chi è tronista per modo di fare da sempre, perché cerca in tutti i modi di farsi notare, di stare al centro delle questioni e di richiamare su di sè le attenzioni degli altri con tutti gli strumenti e stratagemmi possibili.

Il breve brano della Lettera agli Ebrei ci riporta alla realtà della vita e dei fatti, letti nell'orizzonte di quella fede che deve guidare il nostro camminare verso il Signore. La nostra vera preoccupazione è accostarsi al trono di Dio con il coraggio dei santi e delle scelte radicali che è doveroso fare, soprattutto quando l'orgoglio ci ostacola a camminare speditamente nella via della santità. Questa via è inconciliabile con la strada della superbia e dell'orgoglio che possiamo comprare a buon mercato in tutte le piazze e le agorà di questa umanità sempre più presuntuosa e piena di sè, ma sempre più vuota e inutile per quello che dice e fa', purtroppo allontanando Dio dalle proprie prospettive.

 

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