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don Marco Pratesi  

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (02/09/2007)

Brano biblico: Sir 3,17-18.20.28-29 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,1.7-14

Avvenne che 1un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.

7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

12Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

La prima lettura risulta dalla composizione di due testi del c. 3 del Siracide: i vv. 17-20, che vertono sull'umiltà e la mansuetudine, e i vv. 28-29, sulla saggezza dell'ascolto e l'elemosina.

I quattro elementi si possono ridurre a un denominatore comune: il rapporto col proprio io. Umile è colui che non perde la coscienza del proprio limite, e mansueto chi non si impone in modo aggressivo e in qualunque modo violento. Ed è saggio colui che non presume di sapere già tutto e, cosciente delle ricchezze che stanno fuori di lui, si mette in ascolto: ascoltare è dimenticarsi di sé. Aperto all'esterno è anche colui che ha misericordia del bisognoso: si lascia toccare, perché il suo orizzonte non è interamente occupato dal proprio io.

Il Siracide dunque ci addita come strada alla felicità. l'apertura. Essa ci mette in armonia con Dio, che risponderà con nuova effusione di grazia; con gli altri, che in linea di massima reagiranno mostrando a loro volta apertura e benevolenza; con noi stessi, dandoci una pace mai sperimentabile dall'egoista.

Chi, spinto dalla determinazione di far risaltare le proprie ricchezze (di qualunque tipo), si vanta e vuole mettersi in evidenza, non può che suscitare antipatia e ostilità. Per vincere le resistenze e proseguire sulla propria strada non può che ricorrere sempre di più all'aggressività, diventando arrogante. Non ha bisogno di ascoltare nessuno, né Dio né uomini, e non ha occhi che per se stesso, incapace di vedere le sofferenze degli altri.

La lezione del Siracide è importante: l'io può crescere a un punto tale da invadere tutto, soffocando ogni altra istanza e infine anche se stesso, non permettendo a Dio di respirare in noi di quel grande, apertissimo respiro che è il suo Spirito. Umiltà, mansuetudine, ascolto e misericordia ci salvano da questo soffocamento, dando a un tempo gloria a Dio e vita all'uomo.

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.

 

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