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TESTO Commento su Luca 12,49-57

mons. Ilvo Corniglia

XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (19/08/2007)

Vangelo: Lc 12,49-57 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 49Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! 50Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!

51Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. 52D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; 53si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

La prima lettura narra il momento più tragico nella vita del profeta Geremia e nella sorte di Gerusalemme (Ger 38,4-10). La città è assediata dai Babilonesi e Geremia è condannato a morte. Il profeta in nome di Dio proclamava inutile ogni resistenza armata, perché il Signore aveva deciso il giudizio del suo popolo per la sua infedeltà. Per questo Geremia era accusato come un disfattista e alleato dei nemici. Era quindi considerato meritevole di morte. La "passione" di Geremia annuncia e prefigura quella di Gesù, accusato lui pure di sobillare il popolo e di essere nemico di Cesare. Il re Sedecia, debole, lo consegna nelle mani dei suoi avversari, anticipando la scena di Gesù e Pilato. Geremia è buttato in una cisterna melmosa, simbolo della morte e del regno dei morti: "affondò nel fango" fisicamente, psicologicamente e simbolicamente. Era veramente sulla soglia della morte. Gesù invece sprofondò nella morte realmente. Geremia mostra in modo concreto quanto soffre chi vuole rimanere fedele a Dio e in questo richiama vivamente la figura di Gesù sofferente e crocifisso. Ma per l'intervento di uno straniero etiope Geremia è tirato fuori da una cisterna: rimando velato alla risurrezione vera di Gesù.

Nel testo evangelico odierno Gesù – come nel caso di Geremia – è consapevole che l'esercizio della sua missione è legato intimamente alla sofferenza, ma la sua decisione di rimanere fedele fino in fondo è ferma e incrollabile. È quanto possiamo cogliere in una serie di detti, non tutti di facile e immediata comprensione, ma carichi di una forza dirompente e tali da richiedere un'urgente presa di posizione in chi ascolta. Anzitutto Gesù descrive la sua missione:

"Sono venuto a portare il fuoco sulla terra". Gesù si considera il portatore del fuoco di Dio nel mondo. La sua venuta, la sua presenza può essere paragonata a un fuoco che si espande rapidamente in un campo secco e dilaga sempre di più.

Ma che cos'è questo fuoco? Nell'AT simboleggia la parola di Dio pronunciata dai profeti e il giudizio di Dio che - come il fuoco - distrugge, divide i buoni dai cattivi, purifica. Soprattutto in Luca si tratta del fuoco dello Spirito Santo che Gesù risorto comunicherà (Atti 2,3: lo Spirito scende sui discepoli sotto forma di lingue di fuoco). In realtà il giudizio di Dio sul mondo è il dono del suo Spirito.

Questa missione di Gesù nei confronti dell'umanità, però, sarà resa pienamente possibile da un evento tragico che riguarda Lui stesso:

"C'è un battesimo che devo ricevere". Il verbo "battezzare"significa propriamente "immergere, sommergere nell'acqua". Gesù è consapevole che dovrà passare attraverso le onde della sofferenza e della morte. Non è la necessità imposta da un destino cieco e crudele. Ma è il disegno del Padre, per la salvezza degli uomini, che Gesù accetta in una resa totale e incondizionata. Un'esperienza tutt'altro che indolore ("Come sono angosciato!"). Questa morte d'amore, sarà, però, seguita dalla risurrezione, che scatenerà l'invasione dello Spirito e accenderà, così, il fuoco dell'amore. Si attuerà l'annuncio profetico del Battista: "Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco" (Lc 3,16).

Gesù attribuisce all'intero suo agire, all'intera sua presenza e persona il carattere del fuoco. Un detto di Gesù, non riportato dai Vangeli, ma che ha molta probabilità di essere autentico, suona così. "Chi è vicino a me è vicino al fuoco. Chi è lontano da me è lontano dal Regno". In effetti Gesù, "pieno di Spirito Santo (Lc 4,1.14), annunzia la buona notizia ai poveri (Lc 4, 18ss.). Fa conoscere ai piccoli e ai miseri la misericordia di Dio. Facendo questo, vuole accendere, incendiare, infiammare: vuole scuotere dalla neutralità e dall'indifferenza, vuole superare ogni freddezza e distanza. Dove Lui arriva, non lascia le cose come stanno. Tutto ciò che Egli fa e dice mira a provocare un incontro intenso e decisivo con Lui. Ma proprio da qui nascono divisioni e discordie. Infatti di fronte a Gesù non si può non prendere posizione e allora il diverso esito dell'incontro con Lui conduce a contrasti fra gli uomini (c'è chi lo accoglie e c'è chi lo rifiuta ) e fino alla divisione all'interno di una stessa famiglia.

Certamente Gesù è venuto a portare la pace (cfr. es. Lc 2,14) e l'unità tra gli uomini. Non è però una pace di facciata e a buon mercato, bensì a caro prezzo. A prezzo di una relazione integrale con Dio. vissuta nell'appartenenza a Gesù. A seconda della diversa presa di posizione personale nei confronti di Lui, i membri di una stessa famiglia, che per natura sono intimamente legati fra loro, si dividono.

Il Messia non ha la missione di trasformare con un colpo di bacchetta magica il cuore degli uomini. Ma, nel rispetto della loro libertà, li invita alla conversione. Li chiama a decidersi per Lui.

Gli abitanti della Palestina sapevano interpretare i fenomeni metereologici e quindi erano in grado di prevedere il tempo. Gesù parte da questa constatazione per lanciare una denuncia pesante:

"Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?" Vale a dire, sapete capire il tempo metereologico e premunirvi di conseguenza. Ma non sapete con uguale bravura discernere - perché non volete - "questo tempo", cioè questo momento decisivo nella storia e nella vostra vita. Non sapete riconoscere l'opportunità favolosa che Dio vi sta offrendo per la vostra felicità e salvezza: accogliere Gesù e in Lui Dio stesso che si dona a voi come Padre e Amico. Insomma, non volete convertirvi.

Questa constatazione amara, questo rimprovero cocente Gesù non lo rivolge anche alla nostra generazione? Si ha la fondata impressione che oggi più che mai, a causa soprattutto dei messaggi contraddittori che i mezzi di comunicazione sociale ci rovesciano sopra, molti perdono la capacità di discernere ciò che è giusto e lecito da ciò che non lo è, il necessario dal superfluo, l'apparenza dalla realtà, il vero dal falso, il bene dal male. Anche perché scegliere e vivere i valori morali e ciò che veramente vale per il bene proprio e della società, costa grande fatica e sacrificio. Soprattutto costa affidarsi interamente a Cristo, perché diventi Lui il cardine e la spiegazione del nostro agire.

"Come mai non sapete...?". Questo interrogativo rivela la sorpresa, la delusione, il dolore di Gesù di fronte a un comportamento inqualificabile. E' anche per noi, per me questo rimprovero?

In che modo convertirci seriamente a Gesù? L'impegno sarà raccogliere il suo immenso desiderio: che cioè il fuoco da Lui portato - il fuoco dello Spirito, il fuoco dell'amore - divampi dovunque, nella nostra vita anzitutto.

: Non "fuochi di paglia", ma perseveranti. Nel testo della lettera agli Ebrei (12, 1-4: II lettura) l'autore esorta una comunità di cristiani che sperimentano la persecuzione e la fatica che il restare fedeli a Cristo comporta. Lo fa ricorrendo ad un'immagine sportiva ben nota ai suoi destinatari: lo stadio dove si svolge una gara di resistenza. Sui gradini assistono come spettatori e testimoni i grandi campioni della fede, che sono stati richiamati nel capitolo precedente. Tutti personaggi dell'AT: da Abele, Abramo e Sara a Mosè e i profeti...Noi cristiani aggiungiamo tutti i santi ( a partire da Maria e dagli Apostoli) di ieri e di oggi. Gli atleti in gara nell'arena sono i cristiani attuali. Siamo noi, ai quali gli spettatori, coloro che hanno già concluso vittoriosamente la corsa, fanno sentire il coro di incoraggiamento e il loro "tifo". Quanti familiari e amici fanno già parte di questi spettatori e seguono con trepidazione la nostra gara esortandoci a mettere la massima concentrazione e il massimo sforzo! Chi prende parte alla corsa si alleggerisce di quanto lo ingombra. La zavorra micidiale è il peccato cioè, l'apostasia dalla fede. Quella del cristiano è una "lotta contro il peccato". Qui troviamo una nuova immagine molto efficace, desunta dalla vita militare o ancora dalla competizione sportiva. Chi corre non può guardare a destra o a sinistra, ma deve avere lo sguardo fisso alla meta: "tenendo fisso lo sguardo su Gesù". La meta è Lui, che ci ha preceduti nella corsa, un vero pioniere nella via della fede. La prova a cui Egli fu sottoposto (la croce) fu molto maggiore di quelle che subiamo noi. Ma il traguardo che ha raggiunto e il premio che ha ottenuto ("si è assiso alla destra del trono di Dio") ci spronano e ci consolano. Nel rapporto di fede rinnovato in Gesù i cristiani trovano ogni volta la forza di non ritirarsi dalla corsa e di riprendere nuovo slancio.

È lecito fare un sogno: in più punti della parrocchia e della città c'è un fuoco acceso (es. quella persona, quella famiglia, quella comunità), un fuoco che cresce e a poco a poco tutta la parrocchia e la città diventano un incendio... È il sogno stesso di Gesù. È la nostra vocazione di cristiani a essere "incendiari" e non "pompieri": testimoni gioiosi ed entusiasti di Gesù risorto, speranza del mondo. Un sogno che comincia a realizzarsi senza che forse lo notiamo. Pregherò perché Gesù conceda a me e a tanti di condividere e ravvivare questo sogno. "Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo". (Giovanni Paolo II ai giovani citando santa Caterina da Siena).

 

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