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TESTO La coperta

don Ricciotti Saurino  

XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (19/08/2007)

Vangelo: Lc 12,49-57 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,49-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 49Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! 50Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!

51Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. 52D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; 53si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Ne abbiamo già tanta di divisione tra noi, non ti ci mettere anche tu. Abbiamo già tanti nostri buoni motivi di divisione, non aggiungere anche quelli di religione.

Ma la tua divisione non ha il sapore del nostro egoismo che ci schiera come concorrenti e rivali, la tua è per motivi di coerenza.

C'è una divisione di chi tira la corta coperta sempre dalla sua parte lasciando al freddo gli altri, e c'è quella che non va neppure bene quando uno accetta di rimanere silenziosamente scoperto. Forse da più fastidio questo comportamento che quello di chi ingaggia un tira e molla.

Scatena più rabbia il rinunciatario che il battagliero. Snerva di più il remissivo che chi reagisce. Provoca più l'inerme che quello che schizza proiettili.

Ed è questa provocazione che vuoi innescare, quella che fa più male e che divide più di ogni altra duello.

Sei venuto a portare il fuoco e a soffiarci su perché sia purificante. Il fuoco che separa le impurità, che le rivela, le smaschera non con il giudizio e la condanna dall'esterno, ma con quello delle coscienze che si sentono più rimproverate al confronto di una vita retta del compagno di squadra che dalla correzione del Maestro.

Che il Maestro corregga è ovvio, è perfino doveroso, ma che l'amico, il familiare, il fratello, quello che dovrebbe giustificare e sostenere la mia carenza, quello che dovrebbe appoggiare la mia debolezza perché la vive nella sua stessa carne come me, sia lui a comportarsi coerentemente, non mi dà pace.

Avrei voluto che fosse debole come me e quanto me, la debolezza vissuta insieme diventa forza persuasiva davanti a Dio, giustificazione davanti agli uomini, e invece di essere contento che almeno lui riesce ad essere coerente e forte, mi assale una rabbia che mi porta ad allontanarlo e non a imitarlo.

E le mie energie invece di essere convogliate per superare le mie difficoltà, vengono sprecate per dimostrare che è lui il presuntuoso, il superbo, il disumano e perfino quello che sbaglia.

Ogni santo prima di provocare emulazione ha scatenato divisioni.

Siamo incapaci di saper leggere i segni dei tempi, nonostante la verità abbagli con il suo splendore abbiamo sempre mille motivi per dire che è sbagliata, negando a volte la stessa evidenza. Arriviamo sempre tardi a riconoscerla, tardi non per difetto di vista, ma di persuasione.

Non c'è soddisfazione tirare ancora la coperta quando non avverto nessuna resistenza dall'altra parte e sinceramente non riesce neppure a riscaldarmi. Forse se pensassi a coprire il vicino staremmo meglio tutti e due.

 

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