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TESTO Conseguenze drastiche per chi è "ricco"

padre Gian Franco Scarpitta  

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XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (30/09/2007)

Vangelo: Lc 16,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,19-31

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: 19C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. 20Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, 21bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. 22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. 24Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. 25Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. 27E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. 29Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. 30E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. 31Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

La scorsa Domenica si parlava dell'ingiusto dislivello mai estinto fra i ricchi, sempre più ovattati nelle loro sicurezze e nelle smanie di possesso, e i poveri, che sono sempre più numerosi e oggetto di continue ingiustizie, soprusi e cattiverie. Cìè chi accresce il proprio patrimonio materiale sfruttando le condizioni di miseria in cui versano tante persone e approfittando della loro debolezza.

Adesso però siamo invitati a guardare alle conseguenze della voluttà e della miseria morale che il possesso sproporzionato e innecessario dei beni comporta e l'accento della liturgia della Parola cade sempre sulla condanna dei ricchi.

Intendiamoci: non si vuole deprezzare in alcun modo la persona del ricco intesa come il possessore di beni, il proprietario terriero, l'industriale o chiunque disponga di un considerevole numero di beni materiali, giacché il guadagno e il possedimento in se stessi non recano alcun danno a nessuno e offrono anzi concrete posssibilità di apertura e di genersoità nei confronti del prossimo bisognoso e di chi versa nella necessità; quel che si vuole sisapprovare in queste letture è poittosto la cupidigia che conducie al guadagno sfrenato molte volte inconsulto precludendoci ogni apertura agli altri: l'eccessiva sicurezza nei beni materiali, l'affanno nell'accumulare e nel moltiplicare i nostri beni, la bramosia di possesso conducono a riscontrare come necessario quello che in realtà è solo marginale e di conseguenza a procciarci mere illusioni nel piacere effimero e nella frivolezza.

Ciò apporta alla conseguenza della distruzione anticipata della nostra vita che si riscontra nell'illusione di vivere e nella futilità di molte nostre azioni che si commenta da se stessa a motivo della sua meschinità, ma nell'ottica di Dio la conseguenza è quella della giustizia, ossia della realizzazione del diritto degli oppressi e della sconfitta definitiva dei potenti. La Scrittura, seppure descrive ripetutamente le situazioni di disuguaglianza sostanziale fra ricchi e poveri prende tuttavia le difese di questi ultimi, considerati come i prediletti da parte di Dio (anawim) promettendo la giusta ridistrubuzione delle parti. Dio si mostra sempre benevolo nei confronti dei sofferenti e sempre pronto a ricompensare equamente e in modo proporzionato quanti soffrono le privazioni e l'umiliazione da parte dei potenti e non manca di attribuire a ciascuno il giusto merito. Nei testi biblici si prendono sempre le distanze dalle altezzosità degli uomini facoltosi e presuntuosi e ci si avvicina con amore agli ultimi e ai poveri, questi considerati come il primario oggetto della benevolenza divina.

Che Dio si schieri dalla parte dei miseri, degli umili e degli indigenti è cosa evidente e a dir poco facile a verificarsi attraverso la Scrittura, e soprattutto nel nostro Signore Gesù Cristo, che si è reso Egli stesso ultimo e meschino anche in senso materiale sin dall'infanzia per poter condividere la stessa condizione di precarietà e di sofferenza dei poveri, mentre il suo ministero, se qualche discriminazione o preferenza di persona ha messo in atto, certo questo è avvenuto per la difesa e la tutela dei poveri.

Così la prima lettura del profeta Amos, intento a condannare la dissolutezza e la cattiveria del popolo di Samaria dell'VIII secolo, ci ravvisa del triste destino che è riservato a coloro che sono fautori di torti e di cattiverie verso i poveri; concetto che si rende ancora più evidente nella seconda parte del nostro assunto parabolico, cioè nella circostanza di morte dell'uomo ricco che non può più tornare indietro nemmeno a preavvisare i parenti perché non facciano la stessa fine: ormai infatti è troppo tardi, giacché in vita aveva ricevuto da parte della Scrittura moniti ben precisi in vista dell'amore al prossimo e nulla può giustificarlo adesso se lui non li aveva osservati. Inoltre, se qualcuno davvero tornasse dall'aldilà ad ammonire i viventi perché si comportino bene non è affatto garantito che questi emenderebbero la propria condotta: vi sono infatti persone che non mutano i loro atteggiamenti neppure di fronte ai miracoli e alle apparizioni, poiché se non vi è alla base al conversione del cuore e la convinzione suscitata dalla Parola di Dio nessun obiettivo è mai possibile a realizzarsi, tantomeno quelli inerenti al nostro emendamento.

Gesù nella parabola descrive comunque il ribaltamento della situazione fra il povero e il ricco una volta che ci si trovi al cospetto di Dio: chi ha ingiustamente sofferto sarà innalzato ed elevato anche perché le privazioni gli hanno intanto infuso amore e sensibilità per le cose del Regno permettendogli di incrementare la propria conficenza con Dio, chi invece si è vantato delle proprie ricchezze riponendo ogni fiducia sui beni e sul possesso materiale pagherà il frutto delle sue certezze illusorie.

Ma vi è anche un altro espediente con il quale Dio intende intervenire operando il giusto e perseguendo il bene ed è quello di raggiungere i poveri attraverso la nostra sensibilità alle opere di bene e all'apertura nei confronti di chi ha bisogno e per questo occorre che anche noi ci rendiamo struementi della giustizia di Dio che in fondo è solo amore donando noi stessi e quanto abbiamo a disposizione a beneficio dei miseri e dei sofferenti e soprattutto eliminando da noi stessi quel morbo maligno quanto inutile che è l'indifferenza.

 

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