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TESTO Fra il denaro e le ingiustizie

padre Gian Franco Scarpitta  

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (23/09/2007)

Vangelo: Lc 16,1-13 (forma breve: Lc 16,10-13) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,1-13

In quel tempo, 1Gesù diceva ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Forma breve (Lc 16, 10-13):

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: 10«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Nelle parole del profeta Amos e in quelle paraboliche di Gesù, che sottendono la concretezza strabiliante di alcuni aspetti della nostra vita, siamo invitati a prendrere atto dell'amara realtà delle cose che nessuno oggigiorno può fuggire e nella quale ci troviamo a barcamenarci continuamente lottando contro ogni sua manifestazione che avviene sotto molteplici forme, ossia la realtà dell'ingiustizia e della cattiveria.

Se la stessa Bibbia ne parla diffusamente in moltissimi testi (soprattutto quelli sapienziali) delineando a più riprese episodi di sopruso e di sopraffazione, questo ci ravvisa che essa è sempre stata una costante nella storia dell'umanità e non deve stupirci se anche adesso noi ne facciamo esperienza parimenti che in altre epoche.

Espressioni riluttanti come "usare bilance false", "calpestare il povero", "diminuire le misure (delle merci) e aumentare il siclo" si riferiscono alla prosperità economica in cui versava il paese del profeta Amos nell'VIII secolo, che molto spesso dava l'occasione ai benestanti di adoperare espedienti di truffa e di raggiro soprattutto a danno dei poveri per rimpinguare le proprie casse e arricchire se stessi in modo illecito e truffaldino. Amos condanna aspramente questa società perversa e cattiva che, ben lungi dal lodare Dio per il benessere che sta concedendo, lo oltraggia nella persona di molti infelici costretti a subire sempre più umiliazioni e ingiustizie, e l'eco di questa condanna si ripercuote anche ai nostri giorni nella molteplicità delle sperequazioni sui capitali e delle ingiustizie a cui i ceti deboli sono sempre più soggetti man mano che prospera la prevaricazione dei potenti: solo per citare qualche esempio, sono sconcertatni le condizioni di ristrettezza economica in cui versano numerose famiglie monoreddito (ormai ufficilamente etichettate come povere) nelle quali a stento si riesce a sopravvivere decorosamente specialmente nelle grandi città raffrontante con il benessere sproporzionato di chi guadagna moltissimo quasi senza alcuna fatica. L'estrema precarietà di motissimi pensionati costretti a calcolare anche i centesimi, i salti mortali di chi mantiene la propria famiglia versando esose cifre mensili di affitto ed è costretto a ricorrere al lavoro nero; il mancato riconoscimento dei diritti dei lavoratori sottopagati; il costo sempre più elevato dei farmaci indispesabili che la mutua non concede più neppure ai malati cronici; ingenti cifre da capogiro versate ai calciatori durante il calcio mercato solo per uno svago sportivo che diventa business (io per questo non lo seguo) raportate al salario miserando di chi trascorre intere giornate in ufficio o sui campi e altre carenze deplorevoli che oggi andiamo sempre più constatando, costituiscono già di per sé una grossa ingiustizia e disuguaglienzz sociale..

Ma ancora più deplorevole e aberrate è il dato di fatto che vi siano persone che tendano ad accrescere il proprio capitale sulla pelle dei poveri e degli indifesi, soprattutto ricorrendo al raggiro, alla truffa', alla corruzione. Sappiamo benissimo come abbia gravato sul bilancio degli Italiani il dramma di Tangentopoli e come determinati fatti di intrallazzo e tratteggino il nostro paese proprio negli stessi termini che Amos adoperava sul regno di Samaria.

Le parole del Vangelo di Gesù ci mettono poi in guardia su quanto sia difficile vivere da figli della luce in una situzione di globale perversità quale quella appena descritta: non si smentisce affatto qui il valore della testimonianza evangelica della nostra appartenenza a Cristo e non è affatto smentito l'invito ad essere apportatori di verità e di giustizia lottando contro corrente; ci viene però riveleato da Gesù che la nostra missione non è facile, soprattutto perché "i figli delle tenebre sono più scaltri dei figli della luce" e chi vive nella disonestà è abituato a trovare tutti i cavilli e le pretestuosità per sfruttare la bontà e la buona disposizione di chi agisce animato dalla bontà e dalla rettitudine della propria coscienza. Tale è infatti il linguaggio della parabola, che descrive una situzione concreta di disonestà da parte di un amministratore di cui viene biasimato l'atteggiamento eppure lodata la capacità di togliersi dai guai forse lesinando poco sugli interessi che gli spettano e riconquistando la stima dei suoi clienti: i furbi e i levantini sanno sempre come cavarsi da ogni impiccio, perché sanno come accattivarsi mellifluamente la simpatia degli altri per conseguire i propri vantaggi mrentre gli onesti e i mansueti agiscono con una semplicità e una disinvoltura talmente singolare che spesso viene confusa con l'ingenuità... E in alcuni casi lo è.

E' congeniale allora per il cristiano affinare la bontà con l'attenzione poiché occorre sempre essere guardinghi e circospetti in un mondo di tenebre e di ingiustizie, che va combattutto in primo luogo evitando di lasciarsi ingannare e lo stesso Gesù fornisce la regola d'oro di ogni atteggiamento: "Semplici come le colombe, astuti come i serpenti". Siamo buoni, ma non stupidi e di fronte alle ingiustizie sappiamo anche quali sono i nostri diritti, fra l'altro rivendicati anche dalla morale.

Per quanto riguarda l'utilizzo dei beni materiali, noi abbiamo la carta vincente che ci è di sprone ad assumere padronanza e superiorità di fronte alle cattiverie e alle ingiustizie che si palesano con l'irrazionalità dei guadagni e riguarda lo sfruttamento dei beni materiali per la sola necessità economica e per il procacciamento dei nostri soli bisogni, senza che essi ci attirino oltre il necessario ma soprattutto apprezzare il denaro come strumento finalizzato al bene del prossimo e all'amore che con esso è possibile concretare nei riguardi dei bisognosi e degli indigenti che saranno sempre i nostri amici, anche nella vita futura quando avverrà il momento del giudizio. Loro ci chiameranno in causa fungendo da nostri garanti davanti a Dio se avremo convinto le persone ingiuste e i reprobi in merito alla vera funzionalità del denaro, ossia se avremo amato e ci saremo prodigati volentieri per gli altri mettendo a disposizione anche i nostri beni.

La moneta corrente è la più ambita fin quando è in corso legale; quando invece scade il suo valore essa diventa fuori corso e allora non ci si china più a raccoglierla per la strada, non ci si affanna più per collezionarne altre e non ci si inasprisce più nelle violenze per conquistarla a tutti i costi, come avveniva prima, perché ora è inutilizzabile. Questo è sufficiente a sottolinare che in realtà l'unico valroe del denaro consiste nella sua utilità e che questa può essere razionalmente orientata in vista del bene del prossimo piuttosto che per il nostro esclusivo tornanconto.

 

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