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TESTO I beni. Il bene.

Paolo Curtaz  

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (05/08/2007)

Vangelo: Lc 12,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,13-21

In quel tempo, 13uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Dalle stelle alle stalle!

La scorsa domenica ci eravamo inteneriti e consolati con la riflessione sulla preghiera, quella precedente con la luminosa pagina di Marta e Maria e oggi ci tocca parlare di beghe ereditarie!

Tutta la Parola di oggi è incarnata nella pesantezza della quotidianità, nella concretezza delle scelte e delle relazioni, nel difficile rapporto con le cose e le fortune.

Pensavate forse che la fede restasse nascosta tra le nuvole? Ma dai!

Beghe

Alzi la mano chi non ha mai avuto almeno un piccolo dissidio per questioni di soldi.

Ovvio, siamo persone equilibrate e oneste, è sempre una questione di principio e il tale che – tenero! – chiede a Gesù di intervenire con il fratello per una questione di soldi, probabilmente ha ragione: ha subito un torto e vorrebbe essere risarcito. Quante amicizie ho visto spazzate vie per questioni di soldi, quanti (fragili e superficiali) legami di parentela tramutarsi in odio viscerale per qualche metroquadro di casa...

D'altronde, siamo onesti: se gli affetti, le amicizie, le relazioni di parentela non si concretizzano in atteggiamenti di equità e giustizia, se non passano la prova della solidarietà, diventa davvero difficile capire come si concretizza il bene che diciamo di volerci.
Tant'è: Gesù sorride e risponde «no, grazie».

No, grazie

No, grazie: possiamo benissimo capire da noi cosa è giusto fare.

No, grazie: Dio ci ha creati sufficientemente intelligenti per risolvere ogni questione pratica.

No, grazie: smettiamola di chiedere a Dio di fare ciò che potremmo fare benissimo da soli.

No, grazie: Dio ci tratta da adulti, evitiamo di considerarlo come un preside che ci risolve i guai.

No, grazie: Dio non ci allaccia le scarpe, né ci soffia il naso come con i bambini piccoli, né ci risolve i problemi che riusciamo a risolvere benissimo da noi stessi.

Il mondo ha una sua armonia, una sua logica, delle leggi che – in ultima analisi – dipendono da Dio, ma che funzionano da sé.

Dio non si alza al mattino per dare un giro di manovella perché il mondo si metta in moto, lo ha creato pieno di intelligenza e di bellezza, a noi di scoprirne le leggi intrinseche.

L'atteggiamento della Bibbia, a questo proposito, è adulto e maturo: riconosce in Dio l'origine di ogni cosa, ma lascia all'uomo la capacità di gestire il creato. Non occorre sfogliare la Scrittura per sapere cosa è bene per l'economia, la giustizia, la pace, la solidarietà, è sufficiente ascoltare il nostro cuore, la nostra coscienza illuminata.

I beni, il bene

Gesù sa che dietro la domanda del rissoso fratello c'è una questione di soldi e ne approfitta per fare una riflessione sulla ricchezza.

A parole, sempre, siamo tutti liberi e puri, Francescani connaturali.

Proviamo tutti un connaturale pudore nei confronti del denaro, lo consideriamo qualcosa di pericoloso, di sporco, di ambiguo. Una persona ricca è sempre guardata con sospetto e, specie nel nostro mondo cattolico, siamo sempre in imbarazzo a parlare di denaro.

Gesù, paradossalmente, è molto libero a tal proposito: non dice che la ricchezza è una cosa sporca.
Dice solo che è pericolosa.

Guardate al pover'uomo della parabola: un gran lavoratore, non ci viene descritto come un disonesto, né come un avido, anzi, fa tenerezza la sua preoccupazione di far fruttare bene i suoi guadagni per poi goderseli in pace... La sua morte non è una punizione, ma un evento possibile, sempre nell'ordine delle autonomie delle cose di cui sopra.

Chissà: forse troppo stress, troppo lavoro, troppe sigarette sono all'origine della sua morte improvvisa, non certo l'azione di Dio.

Gesù ci ammonisce: la ricchezza promette ciò che non può mantenere, ci illude che possedere servirà a colmare il nostro cuore.

Come leggiamo nell'acida riflessione del Qoelet, anche noi constatiamo come sia inutile affannarsi ad accumulare ricchezze di cui altri godranno. Accogliendo l'invito di Paolo, se davvero abbiamo incontrato Cristo, l'ordine delle nostre priorità è cambiato nel profondo.

Allora

Il nostro mondo suscita bisogni fasulli per colmare il grido di assoluto che scaturisce dal nostro cuore e che Dio solo può colmare.

Un po' di essenzialità, allora, ci può aiutare a ricordarci che siamo pellegrini, che la ricchezza ci può ingannare, e che chi ha avuto dalla Provvidenza un po' di fortuna economica, è per accumulare tesori in cielo aiutando i fratelli più poveri.

La Parola di propone un grande esame di coscienza collettivo, senza farci inutili sensi di colpa, proponendoci essenzialità nel gestire le cose della terra, assoluta correttezza per chi, nelle comunità, deve gestire il denaro a servizio dell'annuncio del Regno.

Andiamo all'essenziale, come il Signore ci chiede, lasciamo che siano le cose importanti a guidare la nostra vita, le nostre scelte.

Non di soldi, ma di ben altre ricchezze ha bisogno il nostro cuore, di beni immensi, di tesori infiniti. Della tenerezza di Dio.

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