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TESTO La sapienza che viene da Dio e che ci guida verso il cielo

padre Antonio Rungi

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XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (05/08/2007)

Vangelo: Lc 12,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,13-21

In quel tempo, 13uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

La Parola di Dio di questa XVIII Domenica del tempo ordinario dell'anno liturgico ci invita a riflettere sulla precarietà dell'esistenza umana ed impegnarci a vivere in questo mondo con il cuore aperto all'eternità. Siamo chiamati a recuperare quella sapienza che viene dal Cielo e da Dio e che spesso dimentichiamo nel nostro agire quotidiano. E' soprattutto il testo del Vangelo di oggi che ci introduce in una meditazione di carattere ascetico che impegna la nostra mente a valutare attentamente i beni della terra nella continua ricerca dei beni del cielo, considerato che non siamo cittadini definitivi su questo terra, ma siamo pellegrini verso l'eternità. Non possiamo improntare la nostra vita ad accumulare beni e tesori materiali, dimenticandoci di quello che mettiamo da parte, tra l'altro senza mai fare del bene agli altri, non ce lo porteremo all'altro mondo, ma lo lasceremo in eredità a chi avrà diritto di prenderne possesso dopo la nostra morte. Ciò ci fa capire la necessità di essere più distaccati dal possedere e dall'accumulare e di essere, invece, più generosi ed altruisti nella vita di tutti i giorni, pensando di fare il bene a tutti, specie se siamo nelle condizioni materiali ed economiche di poter dare e dare con una certa abbondanza. Ecco il brano del Vangelo che ascoltiamo e su quale è necessario interrogarsi, al di là di avere o meno beni materiali in giacenza o in accumulo crescente, fino a raggiungere proprietà eccessive e non più gestibili per la mole degli affari che produce e ci rende. Quanti ricchi che sperimentano il gusto del possedere e che piangono per altri e più seri motivi, ben sapendo che la ricchezza non rende felice, né risolve tutti i problemi della vita presente"!

Il monito del vangelo è esplicito: bisogna guardarsi dalla cupidigia, dalla mania del possedere sempre di più, quasi a mettere una garanzia, un'assicurazione sulla vita per i beni che si possiedono. Il vivere ed arrivare al giorno di domani sta solo nelle possibilità e nelle mani di Dio e per quanto ci vogliamo dare da fare, non possiamo prolungare neppure per un attimo ciò che è stabilito dall'eternità per ciascuno di noi e che solo Dio conosce e solo Dio decide per amore.

Il testo del Vangelo di integra perfettamente con la prima lettura della giornata odierna, tratto dal libro del Qoelet, dove si parla della vanità di ogni cosa umana e terrena, ovvero della precarietà dell'esistenza umana e dei beni materiali. Un testo ben conosciuto nella letteratura e nella religiosità popolare sul quale sono stati composti ed elaborati testi musicali, canori, legislativi e comunicativi di diversi generi espressioni. Un antico canto popolare, molto cantato anni fa, soprattutto nel corso delle missioni popolari dei passionisti recitava così: "Vanità di vanità. Tutto il mondo è vanità. Alla morte che sarà? Ogni cosa è vanità", che ricalca il testo originario della parola di Dio.

Ed un invito esplicito a liberarci dalle cose che passano, dagli attaccamenti morbosi a persone e beni di questo mondo ci viene dalla seconda lettura, tratta da San Paolo Apostolo ai Colossesi, nella quale si parla chiaramente del destino eterno dell'uomo ed in ragione di questa meta ultima come agire in questo mondo, liberandoci da tante forme di schiavitù, che blocca l'uomo nell'orizzonte del successo, del piacere, del benessere, delle cose che contano solo su questa terra e per le quali si lotta, si fa guerra, si distruggono gli altri, ci si affanna nell'illusione che siano esse a dare la felicità all'uomo. E' la fotografia di questo nostro tempo, ove le denunce fatte dall'Apostolo Paolo nel brano che ascoltiamo oggi sono esattamente rispondenti ai tanti modi di pensare, esprimersi e vivere dell'uomo. Il cristiano vola alto, il vero discepolo del Cristo risorto sa discernere il bene dal male, il vizio dalla virtù, la bontà dalla cattiveria, la libertà dalla schiavitù del sesso, del denaro e del potere.

In questo tempo e periodo di vacanze la parola di Dio di oggi, prima domenica di agosto e primo vero giorno di ferie collettive e di massa, richiama l'attenzione su questi temi: potrebbe risultare un controsenso, ma penso che sia opportuno richiamare la precarietà della vita umana e tutto il connesso ad un'esistenza che non finisce con la morte, ma inizia proprio ove apparentemente la vita finisce, perché inizia una nuova vita, quella infinita con Dio nel santo Paradiso.

 

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