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TESTO Fa' che ascoltiamo, Signore, la tua voce (310)

don Remigio Menegatti  

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (05/08/2007)

Vangelo: Lc 12,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,13-21

In quel tempo, 13uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature

Nella prima lettura (Qo 1,2; 2, 21-23) il Qohelet, detto anche Ecclesiaste, sembra offrire una base alla parabola di Gesù che ascolteremo nel brano odierno: la vita dell'uomo non dipende dalle sue ricchezze. Anche chi fatica per ottenere molto, scopre che quanto riteneva stabile e definitivo gli può venir sottratto in un momento. La ricchezza accumulata grazie ad un lavoro insonne, spesso è distrutta da chi la riceve senza comprendere lo sforzo alla sua origine. La vita umana appare così come vuoto, vento che passa, nulla... appunto "vanità delle vanità".

Il vangelo (Lc 12, 13-21) parte dalla domanda di un uomo tesa che vuole coinvolgere Gesù per ottenere giustizia per l'eredità da dividere con suo fratello. Il Maestro mette in guardia dal rischio di considerare i beni come fondamento della felicità; la parabola che segue sembra il racconto di fatti di cronaca: la morte improvvisa di chi ha lavorato una vita intera per accumulare ricchezze che deve lasciar cadere. Gesù invita ad accumulare "davanti a Dio", ovvero di puntare su ciò che non viene sottratto con la morte: l'impegno che il Regno di Dio, che non cade con la conclusione della vita.

Salmo 94
Venite, applaudiamo al Signore,
acclamiamo alla roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,

a lui acclamiamo con canti di gioia.

Venite, prostràti adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore
che ci ha creati.
Egli è il nostro Dio, e noi il popolo
del suo pascolo,

il gregge che egli conduce.

Ascoltate oggi la sua voce: «Non indurite
il cuore, come a Meriba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:

mi misero alla prova, pur avendo visto le mie opere».

Il salmo – almeno nel tratto e che proclamiamo in questa domenica – prende le mosse da una constatazione, contenuta nell'ultima strofa. Chi ha sperimentano i gesti grandi dell'amore di Dio può subire la tentazione di fare senza di lui, per cercare la salvezza lontano dal creatore che si mostra anche come liberatore potente. A Massa e Meriba, nel deserto verso la terra promessa, coloro che avevano sperimentato la potenza di Dio mettono alla prova il loro salvatore, dimenticando i prodigi di cui erano diretti testimoni e beneficiari.

L'unico atteggiamento che rende disponibili alla salvezza è riconoscere la grandezza di Dio e applaudire a lui, acclamare alla roccia su cui si può costruire la propria libertà. Infatti lui "ci ha creati. (...) è il nostro Dio" e di conseguenza ci riconosciamo "il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce". La risposta migliore consiste nell'acclamare a lui, rendendogli grazie, prostrarsi in adorazione, elevare a Dio canti di gioia, riconoscendo che la salvezza viene solo da lui. La fede nasce dalla scoperta dell'amore di Dio: un amore che si manifesta nei fatti della storia.

Un commento per ragazzi

Possiamo trovare tantissimi esempi: da chi trasforma in oro tutto ciò che tocca...e in tal modo muore di fame perché scopre che non può nutrirsi di un materiale prezioso; all'ammonimento dei nativi d'America del nord che mettono in guardia i bianchi conquistatori intenti a distruggere la natura e inquinare i fiumi... dal fatto che non potranno cibarsi dei soldi che accumulano. E ancora: il genio della lampada può soddisfare alcuni desideri...ma non porta la felicità. Non dimentichiamo Paperon de Paperoni che vive rinchiuso nel suo deposito, una casa-fortezza, dove nuota nei soldi, preoccupato di salvare il tesoro dagli assalti dei Bassotti. È tanto avaro che gli unici soldi che accetta di spendere servono solo per organizzare viaggi alla scoperta di altri tesori da accumulare.

Ma tanti altri sono gli ammonimenti che mettono l'accento sul rischio della ricchezza fine a se stessa. Il "denaro, se lo sai usare è a tuo servizio; altrimenti è tuo padrone" è la libera traduzione del moto di una banca dalle mie parti.

Gesù si mostra severo con chi accumula i beni, ponendo come scopo ultimo e supremo della sua vita proprio il guadagno fine a se stesso. Succede così di trasformare il denaro, e il potere ad esso sovente collegato, in una divinità a cui sacrificare sia la vita terrena che quella eterna. Infatti il ricco che trova nel successo economico lo scopo ultimo della vita, scruta un orizzonte che solo agli sciocchi può sembrare ampio. È come Paperone che solca gli oceani e scende nelle profondità della terra, oppure esplora l'universo... avendo come scopo sempre e solo di portare a casa altri tesori. L'orizzonte del ricco della parabola di fatto risulta limitato a questa vita. I suoi eredi potrebbero dilapidare in breve tempo quanto lui ha accumulato in tutta la vita. Il vero problema nasce quando si sentirà dire: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita". Il problema non è costituito dal cambio dello stemma sul portone d'ingresso della grande villa, che un tempo fu sua. La sofferenza vera è scoprire le sue mani, abituate ad accumulare infinite ricchezze, divenute vuote, se non anche macchiate da ingiustizie.

Ora si trova davanti a un Dio che non guarda il conto in banca, o le quotazioni di borsa, non valuta le persone per i titoli accumulati, ma cerca nei suoi figli i gesti di amore e di servizio che lui ha insegnato, e il suo Figlio ha mostrato come vero tesoro. Dio non ci accoglie dividendoci in due gruppi: chi veste firmato e chi no, chi possiede l'ultima versione del cellulare e chi si accontenta di meno...e dialoga di più; chi viene a scuola in fuoriserie con l'autista e chi prende l'autobus... Dio ci separerà in due gruppi: da una parte chi ha aiutato quanti avevano fame, sete, erano forestieri, nudi, malati, in carcere, anche senza scorgerci in questi "poveri" lo stesso Figlio di Dio. Dall'altra parte si ritroverà chi aveva le stesse opportunità, ma ha rinunciato a fare del bene...se questo non ritorna come immagine pubblicitaria o espediente per ridurre le tasse. Gesù ci spiega che in questo consiste il giudizio "ultimo", quello inappellabile, senza sconti o "esami di riparazione". Per una conferma basta leggere Matteo 25, 31 - 46, ma anche le parabole precedenti: le 10 ragazze in attesa dello sposo, e i servi a cui sono affidati i talenti del padrone.

Attenzione a non fermarsi su un aspetto della parabola: pensare che la persona di cui parla Gesù sia un adulto, se non anche anziano. Potrebbe trattarsi di questo, certo; il messaggio di Gesù è per tutti, compresi i ragazzi. Lo stile di vita lo si assume da piccoli, e poi è difficile cambiarlo, anche perché fino ad un certo punto non si capisce proprio perché si dovrebbe rinunciare al capo firmato, al cellulare ultima generazione, al computer più potente per far "girare" l'ultimo videogioco sul mercato. Abituati a discriminare gli amici in base al loro vestito o al conto in banca dei loro genitori, ci dimentichiamo del reale valore delle persone: i sentimenti, l'intelligenza, la generosità, la collaborazione, la fiducia negli altri, uno sguardo sereno sulla vita che fa apprezzare le cose per quello che valgono e non solo per quanto vorrebbero farci credere quanti devono vendercele. Gesù ci mette in guardia anche se solo ragazzi, per la nostra vera felicità. Provare per credere!

Un suggerimento per la preghiera

O Dio, anche noi ti riconosciamo come unico "principio e fine di tutte le cose". Tu "in Cristo tuo Figlio ci hai chiamati a possedere il regno". Ti chiediamo con fiducia: "fa' che operando con le nostre forze a sottomettere la terra non ci lasciamo dominare dalla cupidigia e dall'egoismo, ma cerchiamo sempre ciò che vale davanti a te." Con noi lo chiede Gesù Cristo.

Libri di don Remigio Menegatti

 

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