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TESTO Piuttosto, pensiamo a servire

padre Gian Franco Scarpitta  

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (02/09/2007)

Vangelo: Lc 14,1.7-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,1.7-14

Avvenne che 1un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.

7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

12Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Nel lontano 1994 feci la prima esperienza sia pure esteriore del Capitolo Generale dell'Ordine, cioè dell'assemblea plenaria dei nostri religiosi che, dopo aver vagliato i problemi della famiglia religiosa e i programmi di lavoro futuro, eleggeva il nuovo P. Generale e Curia.

Mi colpì moltissimo notare come nel giro di pochissimi giorni il Superiore Generale in carica (e di cui mi sarei aspettato la riconferma), che da tanti anni aveva fatto la parte del leone su ogni cosa nell'Ordine ed era sempre stato l'unico referente e nel mio caso l'unico elemento di immediato riferimento, al quale si dava una certa importanza anche in ordine alle attenzioni e alla riverenza, si trovasse improvvisamente a dover accettare di essere sminuito di importanza, diventando un sacerdote religioso come tanti altri; contemporaneamente non seppi trattenere lo stupore e la meraviglia nel notare come un altro religioso fino a quel momento considerato uno fra i tanti, con una posizione in fondo non differente da quella di altri confratelli adesso veniva eletto a Superiore Generale e di conseguenza insignito di tutte quelle cariche e quegli onori che venivano di fatto tolti al precedente.

Toccai con mano in quella circostanza come molte volte avviene il ribaltamento delle situazioni nella vita e come non di rado improvvisamente i ruoli possono invertirsi, le posizioni possono cambiare come pure quello che comunemente ci si aspetta che si verifichi prende improvvisamente ben altra forma. Ciò che è grande può capitolare improvvisamente, mentre quello che viene comunemente definito superfluo e insignificante può ottenere molta più valutazione ed essere lanciato verso altri livelli. In modo particolare feci l'esperienza di come tante volte le posizioni altolocate possano improvvisamente crollare e parimenti elevarsi quelle finora ritenute piccole e irrisorie.

I titoli e le onorificenze possono sempre cambiare come pure può essere improvvisamente ribaltata una situazione mentre noi meno ce lo aspettiamo.

Come disse telefonicamente il mio parroco, si tratta in un certo qual modo di "Scherzi della Provvidenza" che ci invitano a non dare mai nulla per scontato e a non trarre conclusioni prima del tempo e soprattutto a non prefiggerci nella nostra vita alcun obiettivo di grandezza e di altezzosità né alcun ruolo di potere e quando questo ci venga conferito non abusarne né avvalercene spropositatamente fino in fondo, appunto perché è proprio vero che ogni potere che ci è stato conferito potrebbe esserci tolto da un momento all'altro e che non siamo noi a determinare grandezze o piccolezze. Per dirla con Paolo, "passa la scena di questo mondo e chi ne usa deve farlo come se non ne usasse a fondo".

Gesù davanti a Pilato egli affermerà che "tu non avresti alcun potere se non ti provenisse da chi sta al di sopra di te" e con questo sottolineerà il dato di fatto importante che qualunque posizione di dominio e di potere potrebbe esserci tolta come ci è stata data: non siamo noi a stabilire quale posizione occupare nella vita ma... il padrone di casa che ci ha "invitati al banchetto", vale dire Dio; ed è cosa logica che ad un certo punto Questi possa decidere di toglierci la posizione che stiamo occupando, nella maggior parte dei casi proprio perché stiamo esercitando in quella posizione solo un mero predominio di altezzosità e di prestigio senza comprendere il nostro dovere di responsabilità verso gli atri, e peggio ancora facendoci forti delle nostre sicurezze. A questo serve in effetti la riprovazione di Gesù ai commensali che aspirano ai primi posti: essi in realtà nel loro atteggiamento evidenziano la loro attitudine di comportamento nel sociale, caratterizzata dalla smania di ergersi nei confronti degli altri e di auspicare luoghi e posizioni che ad altri sono precluse. Si tratta davvero di situazioni che riecheggiano l'episodio della Torre di Babele (Gen 11) allusiva alla presunzione umana di imporre se stessi al di sopra di tutti in forza di un predominio personale che conduce ad assumere rilievi su tutto ma che alfine può essere sempre sbaragliato da chi sta al di sopra di noi, cioè da Dio.

Piuttosto che aspirare alle posizioni di superiorità e di grandezza occorre piuttosto predisporci a realizzare il bene nella situazione in cui siamo collocati e nei luoghi che ci competono: le stesse posizioni "alte" nella vita, proprio perché richiedono maggiore responsabilità e disposizione al servizio in una dimensione dalle molteplici urgenze e responsabilità, si danno solo per vocazione; solo Dio infatti è in grado di stabilire chi, in che misura e fino a che punto è in condizioni di svolgere un ruolo delicato di supremazia e di potere; a noi è dato piuttosto di servire e donarci agli altri qualunque sia la dimensione di vita in cui siamo collocati esercitando un servizio franco e disinteressato. Ed è in questo senso, potremmo dire, che Gesù approfondisce il suo insegnamento rivolgendosi anche al padrone di casa: "Invita poveri, ciechi, zoppi": non si vuole evincere altro, in queste parole se non la vocazione ineluttabile all'amore e alla donazione che concretamente riguarda non già il dare aspettandoci qualcosa come contraccambio, bensì il dare effettivo, sincero, senza riserve e ragioni di interesse.

Chi "invita a pranzo" (vale a dire) dona col solo intento di ricevere non può che essere ritenuto un opportunista (adesso io do questa cosa a quello lì, così lui poi mi fa' questo favore... Oppure mi darà quella cosa che mi interessa tanto.) e non può essere considerato meritorio da Dio; l'amore invece va inteso come CARITA' effettiva che qualifica già l'uomo d'amor in quanto tale ed è proprio questo il nostro reale obiettivo, prescindendo da quale sarà il nostro posto nel mondo.

 

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