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TESTO Adoperarsi senza riserve

padre Gian Franco Scarpitta  

XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (26/08/2007)

Vangelo: Lc 13,22-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 13,22-30

In quel tempo, Gesù 22passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. 23Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: 24«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. 26Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. 27Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. 28Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. 29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

Durante i miei studi universitari mi ricordo di un professore che qualche volta aveva la tendenza a penalizzare gli studenti, dando loro un voto più basso di quello che essi si aspettavano. Come spesso avviene nell'ambito accademico, qualcuno rifiutava siffatto voto concordando con il docente di ripetere l'esame nella sessione successiva, in modo tale da poter guadagnare un punteggio più adeguato e proporzionato; ma al ripetersi del colloquio, il professore, memore del primo rifiuto da parte dello studente, abbassava ora ulteriormente il voto, non concedendo quindi neppure la valutazione iniziale. Per fare un esempio: se al primo colloquio lo studente rifiutava un 27/30 e ripeteva l'esame nella sessione successiva, in questa sede il docente scriveva sul suo libretto 25/30, penalizzando quella che a suo giudizio era la sua vacua pretestuosità legata a pigrizia e negligenza.

Sempre durante gli studi universitari mi capitò di conoscere un giovane religioso che desiderava continuare gli studi specialistici a Roma, mentre i Superiori per ragioni di ministero desideravano che tornasse nella sua terra di origine per proseguire la specializzazione nella locale facoltà teologica; si oppose strenuamente a tali decisioni, protestando e ricorrendo ad altre persone ecclesiastiche, ma venni a sapere successivamente che non gli fu concesso di studiare nemmeno nella propria terra: non si specializzò né a Roma né in altro luogo.

Anche se i suddetti paragoni non calzano interamente con il nostro tema liturgico, credo che in essi si possa evincere il significato delle parole di Gesù in merito all'invito di "passare per la porta stretta", cioè di accettare le tappe più difficili della vita quotidiana, sopportare le fatiche e la sfiducia, lo sconforto, le ansie e la lotta nel raggiungere i nostri obiettivi e realizzare i nostri propositi. Più in generale, la porta stretta indica la via della salvezza, che non è mai un itinerario esente da rischi e da difficoltà, ma comporta non pochi patemi e fastidi che lo stesso Signore ha previsto nel nostro discepolato: ci si salva non viaggiando comodamente su un vagone letto, ma percorrendo il binario a piedi nudi sulle pietre.

Vi è chi vorrebbe raggiungere la salvezza attraverso sentieri di comodismo e di rilassatezza, esentandosi dai pesi e dal minimo sassolino sulla scarpa e ricusando la prospettiva della "porta stretta", ritenuta innecessaria e perniciosa. Molte volte si suole evitare il tedio di questa porta insidiosa e fastidiosa preferendo procedimenti spianati e liberi, e tuttavia quando ci si accorge che la comodità e il lassismo conducono alla dissolutezza e per ciò stesso alla perdizione, allora si rimpiange di non essere entrati per quella porta: si comprende infatti che, seppure difficile e angusta, era solo quella la porta in grado di permetterci l'obiettivo; di conseguenza saremo presi dall'ansia di volerla imboccare... ma sarà troppo tardi. Ci sarà stata chiusa definitivamente e non potremo neppure entrare per quell'ingresso che prima biasimavamo. Avverrà come nel caso dello studente punito al secondo colloquio d'esame: la sua cupidigia non gli merita più neppure il voto "deludente" del primo colloquio.

La domanda dell'interlocutore di Gesù"Sono pochi quelli che si salvano?" si riferisce ad una particolare tematica che verrà poi delucidata dall'apostolo Paolo inerente la salvezza indirizzata ai solo Giudei o anche ai pagani. Gesù affronta la tematica invitando a spostare l'attenzione su ben altro versante: è urgente considerare infatti non già il problema del numero degli eletti o su CHI è ammesso alla salvezza, quanto piuttosto sulla determinazione e sull'impegno da parte nostra nel raggiungere siffatto obiettivo: il Profeta Isaia, in un brano così ricco e intenso quale quello della Prima Lettura odierna, garantisce infatti che la salvezza è destinata a tutti i popoli e a tutte le nazioni che hanno ricevuto appuntamento a Gerusalemme dal Signore che li sta radunando da ogni parte del globo, e Paolo ravviserà che in Cristo non vi è più distinzione fra Giudei, Greci, pagani, schiavi, liberi e altre categorie di persone, giacché nel Salvatore noi saremo un solo popolo destinato all'obiettivo della gioia eterna. La salvezza è insomma un fattore universale e indefinito. Ragion per cui nostro interesse deve essere il solo impegno per meritare di essere salvati e il nostro sforzo affinché non sia resa vana la gratuità della grazia di Dio. Occorre insomma piuttosto che ci si adoperi per guadagnare il premio lavorando costantemente e con fiducia nella realizzazione del Regno di Dio con tutti gli imprevisti e le difficoltà che tale missione comporta ma sempre fiduciosi nel Signore che non mancherà di esaltare coloro che di fatto si impegnano e che per ciò stesso sono umili e ben disposti: "gli ultimi saranno i primi".

Se il Signore ci giustifica con i mezzi della grazia garantendo con il suo sangue che è avvenuto il nostro riscatto e pertanto tutti possiamo essere salvati non giustifica la nostra negligenza e la nostra passività di fronte al dono di Dio, ma motiva piuttosto lo slancio nel procacciare la salvezza attraverso la vita nel bene e nella donazione al prossimo nella logica dell'amore e nella dinamica del Regno; ciò tuttavia comporta lo sforzo di incastrarci nei vani di questa porta stretta e difficile che comunque sarà meritoria di ricompense.

E non possiamo smentire che sia conveniente che da parte di Dio noi possiamo essere salvati in forza del suo amore e tuttavia non senza il nostro sforzo quotidiano che fra l'altro non manca mai di guadagnarci il dono della virtù e della realizzazione presente oltre che al guiderdone futuro della gloria poiché la sola grazia di Dio comporterebbe da parte nostra la pretesa di salvarci senza alcun merito e soprattutto senza aver avuto l'opportunità di esercitarci nella virtù e di essere apportatori per gli altri dello stesso amore salvifico divino.

E' raccomandabile allora che nella circostanza della porta stretta che il nostro itinerario evangelico ci propone noi consideriamo l'opportunità che ci si pone davanti di poter edificare noi stessi e gli altri e di innalzarci attraverso tappe che altri rifiutano.

 

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