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TESTO Signore, insegnaci a pregare

mons. Antonio Riboldi

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (29/07/2007)

Vangelo: Lc 11,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:

Padre,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno;

3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,

4e perdona a noi i nostri peccati,

anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,

e non abbandonarci alla tentazione».

5Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, 7e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.

9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Nella vita di noi credenti un Padre, che ci ama, attende che Lo si ami e vuole dialogare con noi, ma spesso non ci trova. Quando sappiamo vivere la dimensione di figli-credenti ritroviamo la gioia infinita del 'dialogo', 'dialogo affettuoso'!

Purtroppo, come tutte le cose belle che Dio ci offre, il dialogo con Lui troppo pochi lo conoscono, solo pochi lo 'coltivano', molti forse lo considerano un perditempo.

Se c'è un aspetto meraviglioso dell'esistenza, tra coloro che vivono l'amore in profondità e non in superficie, è proprio il profondo desiderio di dialogo, ossia di donarsi nella comunicazione quello che si è, si pensa, si ama.

Quando scende il silenzio e cessa il dialogo, è il momento difficile dell'amore.

Mi sono trovato un giorno in una cittadina dove era stato programmato un incontro di giovani. Interprete di quell'incontro - ed erano migliaia i giovani che l'attendevano - era Madre Teresa di Calcutta, insieme al sottoscritto.

Madre Teresa giunse molto prima dell'orario previsto e si recò nella cappella adiacente l'auditorium. Era sola in quella Chiesa, totalmente immersa in un dialogo che si poteva contemplare, ma non udire. Ero vicino a lei, non visto, e i miei occhi non si staccavano dal suo volto: i suoi occhi erano come persi negli occhi di Dio, le labbra si muovevano a stento. Ma il volto diceva che tra Dio e lei vi era un profondo e confidenziale rapporto. Stette così per un'ora, senza dare cenno di stanchezza. Anzi, quando le accennai che i giovani attendevano, fu come averla distolta da una visione che non avrebbe voluto abbandonare.

Mi seguì e le due ore seguenti ciò che disse sembrò il prolungamento del suo 'tète a tète' con Dio. Si parlò di povertà, della povertà nel mondo, e chi meglio di lei poteva descrivere i poveri, ma li descrisse quasi rivestendoli di abiti celesti, che certamente aveva 'scoperto' nella preghiera. Io avrei dovuto parlare dei poveri in Italia e confesso che era altra cosa. Mi mancava quel divino che l'aveva come avvolta tutta nella preghiera.

La stessa esperienza avvenne con un altro maestro di preghiera che, nella mia vita di rosminiano, scoprii nel grande Padre Clemente Rebora: il poeta convertito alla fede a 40 anni. Aveva chiesto che la sua cameretta fosse posta vicino alla parete al di là della quale vi era la cappella, con il tabernacolo e Gesù sacramentato. Viveva la sua giornata così, in continua preghiera e, a volte, visitandolo, notavo sul suo volto come un velo di luce. Uomo davvero di preghiera.

E potrei raccontare tanti esempi simili, che mettono in discussione il nostro modo di pregare: esempi di ascolto-dialogo improntato da una tenera confidenza, che non si preoccupa di chiedere, ma è felice di contemplare.

Nel Vangelo di oggi Luca mette in bocca agli apostoli la domanda che vorremmo fosse nostra, mia.

"Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito, uno dei discepoli gli disse: Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli. Egli disse loro: Quando pregate dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore e non ci indurre in tentazione".

Poi raccontò la parabole dell'uomo che, ritornato all'improvviso da un lungo viaggio, di notte va a svegliare un amico, per chiedere dei pani: "Non importunarmi, ora non posso alzarmi per accontentarti". "Vi dico - afferma Gesù - che se anche non si alzerà per darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti ne occorrono, almeno per la sua insistenza. Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto" (Lc 11, 1-13).

E come a mostrare l'ascolto che Dio ha verso chi prega e insiste, la Parola di Dio ci offre, in Gn 18, 20-32, l'esempio di Abramo, che prega perché sia risparmiata Gomorra.

"Il grido di Sodoma e Gomorra, dice il Signore, è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Allora Abramo gli si avvicinò e gli disse: Davvero sterminerai il giusto con l'empio? Forse ci sono 50 giusti nella città, davvero li vorrai sopprimere? Lungi da te il far morire il giusto con l'empio, così che il giusto sia trattato come l'empio? Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?. Rispose il Signore: Se a Sodomia troverò 50 giusti, nell'ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutta la città. Abramo riprese e disse: Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere. Forse ai 50 giusti ne mancheranno 5: per questi cinque distruggerai tutta la città? Rispose: Non la distruggerò se ne trovo 45. Abramo riprese ancora a parlargli: Forse là se ne troveranno 40. Riprese: Non si adìri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno 30. Rispose il Signore: Non lo farò se ne trovo 30. Riprese Abramo: Vedi come ardisco parlare al mio Signore: forse là se ne troveranno 20. Rispose: Non la distruggerò per riguardo a quei 20. Riprese: Non si adìri il mio Signore se parlo ancora una volta: forse là se ne troveranno 10. Rispose: Non la distruggerò per riguardo a quei 10".

Un esempio di come la preghiera davvero è un dialogo rispettoso, ma confidente, fra il Padre e il figlio. Una preghiera che sembra la fotocopia del Vangelo di oggi: "...si alzerà a dargliene, quanti ne occorrono, almeno per la sua insistenza".

E qui credo sia opportuno che ciascuno di noi si interroghi sul come intende la preghiera, perché credo che non sempre sappiamo pregare e tanto meno fare nostra la domande degli Apostoli: "Signore, insegnaci a pregare".

Mi affido ad una riflessione di Paolo VI, del 1971: "Si prega, oggi? Si avverte quale significato abbia l'orazione nella nostra vita? Se ne sente il dovere? Il bisogno? La consolazione? Dovremmo innanzitutto tentare ciascuno per conto nostro, di fare questa esplorazione e di coniare per uso personale una definizione della preghiera. E potremmo proporcene una molto elementare: la preghiera è un dialogo, una conversazione con Dio. E subito vediamo che essa dipende dal senso di Presenza di Dio che noi riusciamo rappresentare al nostro spirito, sia per intuito naturale sia per fede. Il nostro è un atteggiamento come quello di un cieco che non vede, ma sa di avere davanti a sé un Essere reale, personale, infinito, vivo, che osserva, ascolta, ama l'orante? Allora la conversazione nasce. Un Altro è qui e quest'altro è Dio. Se mancasse questa avvertenza che Lui, cioè Dio, è in qualche misura in comunicazione con l'uomo che prega, questa si effonderebbe in un monologo, non sarebbe un dialogo. Purtroppo dobbiamo ammettere che il mondo di oggi non prega volentieri, non prega facilmente, non cerca ordinatamente la preghiera e, quindi, non la gusta, anzi spesso non la vuole. Fate da voi stessi l'analisi delle difficoltà che oggi cercano di spegnere la preghiera. Una causa è l'incapacità, dove non è arrivata una qualche istruzione".

Ma possiamo davvero sentire la bellezza del soprannaturale, dove risiede la vera nostra felicità, senza il dialogo con Dio? È un poco come tra due persone che dicono di volersi bene, ma quando viene a cessare il desiderio del dialogo cessa la gioia ed è come fosse spenta la stessa amicizia. Ricordo come un giorno, mentre stavo recitando il breviario, la preghiera della Chiesa che accompagna la giornata, mi si avvicinò un Padre che conosceva bene l'arte della preghiera. Vedendomi leggere i versetti del salmo, forse in fretta, mi interruppe e mi disse: "Questo non è dialogo. Le parole che leggi sono il dialogo che Dio vuole fare con te. A volte una frase ti colpisce? Fermati. È il momento dell'ascolto". E aveva ragione.

Voglio fare dono di uno stralcio di preghiera del caro amico vescovo Tonino Bello, che sempre sapeva cogliere il momento per conversare con Dio. Egli pregava per la sua gente così: "Una seconda cosa ti chiedo, Signore: fa' trovare a questa gente, che lascio, l'ebbrezza di camminare insieme. Donale una solidarietà nuova, una comunione profonda e donazione tenace. Falle sentire che per crescere insieme, non basta tirare fuori dall'armadio i ricordi del passato, splendidi e fastosi, ma occorre spalancare la finestra sul futuro, progettando insieme, sacrificandosi insieme. Concedile il bisogno di alimentare questa sua coscienza di popolo con l'ascolto della tua Parola. Concedi a questo popolo la letizia della domenica, il senso della festa, la gioia dell'incontro. Fa' che le sue Messe siano una danza di giovinezza, una liberazione di speranze prigioniere, il dissolvimento di attese comuni, interrate nelle caverne dell'anima".

 

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