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TESTO Il povero invoca e Dio lo ascolta (309)

don Remigio Menegatti  

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (29/07/2007)

Vangelo: Lc 11,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 11,1-13

1Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:

Padre,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno;

3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,

4e perdona a noi i nostri peccati,

anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,

e non abbandonarci alla tentazione».

5Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, 7e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.

9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature

La prima lettura (Gen 18, 20-21.23-32) racconta il dialogo che Abramo intreccia con Dio per risparmiare le città di Sodoma e Gomorra dalla distruzione prevista per il peccato che cresce in loro. Abramo invita Dio alla misericordia a motivo dei giusti che possono intercedere per i peccatori. Il Signore – "giudice di tutta la terra" – è disposto ad ascoltare l'invocazione del suo amico, e mostrare così il valore della preghiera dell'uomo.

Il vangelo (Lc 11, 1-13) riporta l'insegnamento di Gesù insegna sul valore della preghiera. Il Figlio fatto uomo educa i suoi fratelli a rivolgersi al Padre comune, con l'atteggiamento proprio dei figli verso i loro genitori. Come ci si aspetta ascolto e attenzione dal padre – e dalla madre – così, e molto di più, si deve attendere il dono di Dio, che viene invocato come "Padre" proprio perché così abbiamo imparato a fare dal fratello Gesù. Se gli uomini – che tante volte sono "cattivi" - sanno essere buoni con i loro figli, molto più grande e certo è l'amore di Dio verso quanti lo invocano con fede e fiducia.

Salmo 137
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
A te voglio cantare davanti agli angeli,

mi prostro verso il tuo tempio santo.

Rendo grazie al tuo nome
per la tua fedeltà e la tua misericordia:
hai reso la tua promessa più grande di ogni fama.
Nel giorno in cui t'ho invocato, mi hai risposto,

hai accresciuto in me la forza.

Ti loderanno, Signore, tutti i re della terra
quando udranno le parole della tua bocca.
Canteranno le vie del Signore,
perché grande è la gloria del Signore;
eccelso è il Signore e guarda verso l'umile,

ma al superbo volge lo sguardo da lontano.

Se cammino in mezzo alla sventura
tu mi ridoni vita.
Il Signore completerà per me l'opera sua.
Signore, la tua bontà dura per sempre:

non abbandonare l'opera delle tue mani.

Il salmo esprime il canto di lode di chi ha invocato il Signore e ha sperimentato la sua bontà, ottenendo quanto aveva chiesto. La lode viene innalzata a Dio – "davanti agli angeli" – per ringraziarlo e manifestare agli uomini che l'Altissimo è misericordioso e fedele alle sue promesse. Il canto nasce dal cuore e affiora alle labbra, per essere udito e condiviso da tutti. La lode va condivisa per dar modo a chi ascolta la professione di fede di unirsi alla lode per aver ascoltato Dio:"Ti loderanno, Signore, tutti i re della terra quando udranno le parole della tua bocca. Canteranno le vie del Signore". Dio non abbandona i suoi, soprattutto quando sperimentano la sventura – "se cammino in mezzo alla sventura" – perché non dimentica l'opera delle sue mani, non viene meno al suo progetto di amore verso l'umanità.

Il salmo, come avviene spesso, termina con l'invocazione: si chiede a Dio di continuare la sua opera di salvezza verso chi è umile e lo cerca con fede. Una invocazione che si fonda sulla certezza: "Il Signore completerà per me l'opera sua".

Un commento per ragazzi

Chi ci ha insegnato o indotto a nutrire fiducia e confidenza nei nostri genitori? Chi ci ha convinto che possiamo dare confidenza ai nonni e sentirli come grandi amici? Nessuno, io credo! Nessuno perché questi sentimenti sono nati con noi, abituati "da sempre" a vedere queste persone vicine a noi, a sentire la loro voce come quella più familiare, e riconoscere i lineamenti del loro viso come la realtà più bella che conoscevamo. Il legame, l'affetto, la fiducia sono nati e cresciuti spontaneamente, giorno per giorno.

Succede però che queste stesse persone possano apparire come estranee, forse lontane, comunque severe, per altri ragazzi, che magari li hanno come insegnanti a scuola, oppure in altri ruoli importanti. Per questi nostri coetanei era necessario far nascere pian piano la confidenza e la fiducia in quelle stesse persone che per noi sono da sempre tanto familiari. E mentre noi le chiamiamo affettuosamente "mamma", "papà", "nonno" o "nonna", i nostri amici si rivolgono a questi stessi dando del lei e chiamandoli professore, dottore, maresciallo...La confidenza fa scoprire legami che non appaiono quando la conoscenza rimane superficiale, oppure il ruolo appare lontano, difficile, istituzionale, e soprattutto severo.

Ci sono degli "amici di Dio" che trattano con lui con estrema familiarità, senza paura di dialogare e di chiedere, pure con insistenza, qualcosa che può sembrare esagerato. È il caso di Abramo, che parla con insistenza con Dio al fine di salvare Sodoma e Gomorra. Una confidenza ancora maggiore appare in colui che è Figlio di Dio. Gesù vive e insegna la bontà e la tenerezza di chi anche noi possiamo chiamare "Padre". Il rischio, infatti, è di farci un'idea strana di Dio, di sentirlo lontano, estraneo, troppo severo, indifferente alla nostra vita.

Gesù si incarica di mostrare il vero volto di Dio: è Padre, non solo suo, ma anche nostro. E come lui vive momenti di intensa preghiera – passava spesso le notti in dialogo profondo con il Padre – così insegna che anche noi possiamo usare la preghiera non come delle formule per costringere Dio ad ascoltarci, quasi ad annoiarlo e tediarlo per estorcergli un po' di attenzione. Gesù ci educa a scoprire l'opportunità di dialogare con Dio vivendo una grande confidenza e maturando una grande fiducia, perché è Padre buono.

La preghiera è come il dialogo fatto di parole e di gesti d'affetto, di sguardi e di tanta tenerezza che abbiamo maturato "da sempre" con genitori, nonni, fratelli; qualcosa di naturale, ovvio, normale. La preghiera non come "penitenza" per le nostre colpe – del resto già confessate e perdonate – che ci porta a pensarla come "multa" da pagare, versando qualche "padrenostro" o "avemaria". Tanto meno la preghiera come punizione per qualche marachella (fanno un gran danno gli animatori dei campi scuola che usano questo metodo assurdo verso i ragazzi che non rispettano delle regole!). Una preghiera invece che ha il senso del sorriso che ci rincuora e rasserena, della mano che è bello stringere perché dà sicurezza e gioia; preghiera come avvertire il passo di chi ci cammina accanto e pensa a noi. È questa la preghiera che Gesù vive e insegna ai suoi fratelli. Una preghiera da imparare, come stile, e non soltanto come parole fissate nella memoria.

Come cambia il dialogo con i genitori e i nonni, così può maturare il dialogo con Dio, la fiducia in lui, la confidenza che da sempre abbiamo e deve crescere con noi.

Il rischio infatti è di vedere la preghiera come "cose da bambini" (se poi i grandi parlano di "preghierine" non ci aiutano di certo). Un rischio da superare per non chiudere la comunicazione con chi ci ama e vuole rivelarsi a noi con tenerezza per farci scoprire il segreto della gioia: siamo figli di Dio.

Una preghiera che passa dalla famiglia, perché pregare con i genitori è un modo per scoprire che anche per loro è motivo di gioia avvertire l'abbraccio di Dio ed ascoltare le sue parole cariche di attenzione. Una preghiera che non può ridursi alla "sigla di apertura" e chiusura delle riunioni o dei pasti, con una formula detta in fretta... "così adesso possiamo cominciare".

Un suggerimento per la preghiera

Aiutai dalle parole del tuo Figlio, anche noi ti invochiamo con fiducia e ti chiediamo: "rivelaci, o Padre, il mistero della preghiera filiale di Cristo, nostro fratello e salvatore e donaci il tuo Spirito, perché invocandoti con fiducia e perseveranza, come egli ci ha insegnato, cresciamo nell'esperienza del tuo amore".

Libri di don Remigio Menegatti

 

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