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TESTO Commento Luca 11,1-13

Suor Giuseppina Pisano o.p.

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (29/07/2007)

Vangelo: Lc 11,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:

Padre,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno;

3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,

4e perdona a noi i nostri peccati,

anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,

e non abbandonarci alla tentazione».

5Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, 7e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.

9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

«Signore, insegnaci a pregare...»; la preghiera è il tema centrale della liturgia eucaristica di questa domenica; tema altissimo, e vasto, che, in una riflessione, necessariamente breve, può solo essere accennato, con spunti che, possono esser utili, ad aprire orizzonti di meditazione e di contemplazione.

"L'orazione, scrive Tertulliano, è un sacrificio spirituale..."; essa è l'azione sacra per eccellenza, che l'uomo può compiere, entrando in comunicazione col Dio altissimo, ed è Lui stesso, il Signore, che, col dono del suo Spirito, libera in noi la capacità di pregare: "Apri, Signore, le mie labbra, ci fa dire la liturgia, e, la mia bocca proclamerà la tua lode!", una lode all'infinita maestà e grandezza di Dio, ma, più spesso, una preghiera riconoscente per la misericordia, con la quale Egli si china, su quanti lo supplicano.

È la prima lettura ad offrirci, nel patriarca Abramo, una grandiosa icona di preghiera; con quello splendido, drammatico colloquio con Dio; una preghiera di supplica e di intercessione, per gli abitanti di Sodoma e Gomorra che, a motivo del loro vivere perverso, avevano provocato un giudizio inappellabile da parte di Dio: la distruzione.

L'audacia del Patriarca ha qualcosa di incredibile, essa è segno di una fede sconfinata nel suo Dio, fede nella misericordia di Lui, che non è un Dio inflessibile, o giudice inesorabile, ma, un Dio pronto a cancellare il debito, e, a cancellarlo per amore.

È questa, la frase che il Signore ripete, alla supplica insistente del suo servo: «Se, a Sodoma troverai cinquanta giusti nell'ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutta la città».

I giusti, però, sono veramente pochi, e Abramo lo sa, come lo sa Dio, tuttavia, la preghiera non tace; il numero dei giusti si assottiglia: sono quarantacinque, sono trenta, poi sono venti, e, infine soltanto dieci; ma l'anziano uomo di Dio, non si scoraggia, anzi, col decrescere dei giusti il suo ardire aumenta: «Vedi, come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere...»

L'ardore della supplica, e l'umiltà, in un parlare pur tanto ardito, commuovono il cuore di Dio, il quale, altro non desidera, se non la salvezza dell'uomo.

In Sodoma e Gomorra, come nell'intera umanità, per quanto si cerchi, non c'è un solo giusto; tuttavia, il Signore si mostra paziente, e si rivela un: "... Dio di pietà e compassionevole, lento all'ira e grande nell'amore." ( sl.85), come il Salmista canta.

Bisognerà giungere alla "pienezza dei tempi", per veder sorgere, tra gli uomini, un "sole di giustizia": Cristo Gesù, Figlio di Dio, che, fattosi carico di tutto il dolore dell'uomo, compreso quello del peccato, con la sua morte, renderà giusti, quanti crederanno in Lui e accoglieranno il dono della redenzione.

Ed ecco la seconda icona di preghiera, che oggi la liturgia ci offre: è lo stesso Figlio di Dio, del quale, il racconto di Luca ci parla: "Un giorno, Gesù si trovava in un luogo a pregare...".

Sappiamo che la comunione, come la visione del Padre, nel Figlio di Dio è ininterrotta, comunque, Egli è uomo, veramente e pienamente uomo, e, come tale, prega, in solitudine, nei luoghi appartati, o in presenza a testimoni, ma prega; ed è questa, la ragione principale, per cui, anche noi, dobbiamo pregare.

Scrive Tertulliano, sempre, nel trattato sulla preghiera: "C'è un fatto, che dimostra più di ogni altro il dovere dell'orazione; ecco, è questo: il Signore stesso ha pregato."

Sarebbe interessante, oltre che utile, per la nostra crescita spirituale, approfondire la conoscenza e la contemplazione della preghiera di Gesù, così, come i quattro Vangeli la descrivono, e tentare di coglierne la grandezza e la profondità; per fare, di essa il modello del nostro pregare.

Luca, oggi, nel suo racconto, ci parla di una preghiera filiale, l'orante cristiano, infatti, non è più prostrato come un servo, ma è in posizione eretta, perché parla a Dio da figlio; ed è questo il primo insegnamento del Maestro, che, sollecitato da uno dei discepoli, dà una traccia di preghiera breve, precisa, completa, vera.

«Quando pregate dite: Padre!...»; quella che Luca riferisce, è la formulazione più breve, di questa preghiera, e, proprio perciò, quella, sicuramente, più vicina alle parole stesse del Maestro, il quale mette in bocca ai discepoli una espressione oltremodo tenera con cui rivolgersi al Padre suo, che è anche Padre nostro; Gesù ci insegna a rivolgerci a Lui con lo stesso linguaggio d'un bimbo, che dice: "Papà mio, papà caro, babbo...".

È dunque, con un atteggiamento semplice e di sconfinata fiducia, che l'uomo deve rivolgersi al suo Dio, innanzitutto, per lodarlo e adorarlo, come è detto nelle parole: «sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno...»; e, solo successivamente, si presentano a Lui le necessità inderogabili, della vita di ogni giorno, come il bisogno di nutrimento, "dacci oggi il pane quotidiano..."; o di ordine morale, come il perdono: "perdona i nostri debiti, perché anche noi perdoniamo.."; infine, l'uomo supplica Dio, perché non lo lasci solo nei momenti della prova:" non ci indurci in tentazione."

«Signore, insegnaci a pregare...», e Gesù, in quella formula, così breve, ci ha insegnato che la preghiera è innanzitutto uno slancio verso l'Alto, con il Tu filiale, che si apre all'adorazione del Padre, e si trasforma, poi, in quel "noi", segno della dimensione fraterna del vivere, che dovrebbe vedere uniti e solidali tutti gli uomini, con i loro bisogni temporali, sintetizzati nel simbolico " pane", e in quelli morali, e, tra questi, innanzitutto, il perdono reciproco e la pace; quella pace profonda, di chi si tiene lontano dalle insidie del peccato.

Una preghiera, questa del "Padre", che non può, non essere esaudita; ed è Gesù stesso a darne la ragione, con due brevi, splendide parabole, tratte dalla vita quotidiana «Se, uno di voi ha un amico, dice il Signore, e va da lui a mezzanotte a dirgli: prestami tre pani, perché...» e, nonostante il ripetuto diniego, il visitatore importuno non demorde, «vi dico, continua il Maestro, che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per l'insistenza.»

L'insistenza, che è anche sinonimo di perseveranza, mossa dalla fiducia, è quella che ottiene, che apre le porte e consente di conseguire quel che si desidera; "chiedete, bussate, cercate" sono i verbi che Gesù usa, per educare ad un atteggiamento di filiale attesa verso Dio, che è Padre; un padre che, in bontà e provvidenza, supera, ogni altro padre sulla terra; infatti, dice il Signore: «Se voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!».

Si, perché alla preghiera dell'uomo, Dio risponde, non soltanto concedendo quel che è necessario per la vita temporale, ma, donando anche se stesso, introducendoci nel Mistero grande della sua vita, che è relazione d'amore tra Padre, Figlio e Spirito Santo.

La preghiera; è dunque un bisogno vitale dell'uomo, che S. Agostino definisce: "gemito del cuore"; un gemito, che non deve mai tacere, possono, talvolta, tacere le labbra, ma il cuore deve sempre pulsare per Dio, ed ogni suo battito è preghiera.

Sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it

 

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