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TESTO Quello che i soldi non possono garantire...

padre Gian Franco Scarpitta  

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (05/08/2007)

Vangelo: Lc 12,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,13-21

In quel tempo, 13uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

L'ultima parte della commedia "Napoli milionaria" di Edoardo de Filippo è molto espressiva di valori e di sentimenti, specialmente per quanto riguarda la fondamentale vanità del denaro: una bambina è in serio pericolo di vita; nessun farmaco e nessuna cura la può salvare, se non una rarissima medicina che risulta introvabile. La mamma della piccola (Donna Amalia) cerca disperatamente il farmaco per ogni dove, consultando tutte le farmacie e i medici di Napoli, senza riuscire a trovarlo; tutti a casa si dispera che la bambina possa restare in vita e si è disposti a spendere qualunque cifra pur di ottenere quel prezioso medicinale; finalmente si scopre che uno dei parenti della famiglia possiede già da diverso tempo il prodotto tanto agognato. Lo concede a donna Amalia e permetterà che la bambina si salvi, non senza tuttavia sottolineare come anche lui, in diverse circostanze, si sia trovato in estrema difficoltà senza ottenere mai aiuto dai parenti e dagli amici e rimproverando alla donna che in moltissimi casi il denaro non conta nulla, specialmente quando, come nel caso presente, a tirarci fuori dai guai sono necessari solidarietà e apertura gli uni verso gli altri.

Ci sono situazioni nelle quali, per quanto ricchi e possidenti possiamo essere, i soldi non possono aiutarci e in fondo noi pur senza accorgercene ci ritroviamo a fare esperienza di questa verità poiché non di rado tutti, chi più chi meno, ci si ritrova nelle condizioni analoghe a quella descritta da Edoardo De Filippo: sono moltissimi i casi in cui ci si accorge di persona che il denaro non da' quello che di norma offrono i rapporti umani, poiché nessuno potrà mai compare la compagnia nella solitudine, la salute quando si è gravemente ammalati, la serenità quando si è interiormente turbati o anche la vicinanza e il conforto di un amico quando ci si trovi nell'abbandono.

In questi casi, piuttosto che i soldi, sono indispensabili la costanza nella prova, la fiducia, la speranza che ci aiutino a coltivare la nostra fede forte nel Signore, ma soprattutto sono urgenti amore e solidarietà da parte degli altri, che noi non potremo mai pretendere di ottenere se non saremo stati disposti a darle noi stessi.

A ragione allora la Scrittura attribuisce il carattere di vanità e inutilità delle ricchezze: esse non garantiscono affatto la felicità e anche al termine della nostra vita ci costringeranno ad un serio raffronto con noi stessi e con quello che avremo realizzato poiché se avremo impiegato il nostro tempo semplicemente nell'accumulo dei beni e nella ricerca di insulsi tesori scopriremo di aver vanificato tutta la nostra vita e di aver perduto il nostro tempo dietro a cose che non possono comprare affatto un ultimo respiro, mentre l'accanimento nella ricerca dei piaceri terreni e delle voluttà ha il prezzo della sua stessa inutilità. A comprendere la fondamentale inutilità el possesso e del guadagno forse (anzi certamente) ci aiuta la considerazione attenta di quello che i soldi non possono garantire piuttosto che lo spasimo e la gioia per quanto con essi possiamo comprare; e in effettti quello che il denaro non è in grado di offrirci non si conta con una sola mano...

Ma è proprio il denaro che la Bibbia, specialmente nei testi sapienziali, aborrisce?

Non esattamente, visto che i beni materiali hanno nella stessa Scrittura la loro utilità e non di rado si dimostra che attraverso i soldi è possibile concretare moltissimo a favore degli altri, specialmente dei più bisognosi: San Giovanni Bosco non di rado esprimeva il desiderio che la sua fontana in luogo dell'acqua potesse zampillare del denaro, non certo con la finalità di arricchire se stesso ma per sostenere le innumerevoli spese che richiedeva il suo centro di assistenza e di educazione dei giovani. Il denaro infatti non di rado si mostra indispensabile e non possiamo che definire un dono di Dio la presenza di quanti ne dispongono in misura superiore della media, visto che nei tesori materiali si trova lo strumento per la realizzazione concreta della carità e moltissime opere non si potrebbero di fatto realizzare senza l'ausilio di ingenti somme di denaro.

Quello che va condannato ed esorcizzato è invece il rischio che il denaro – come diceva San Francesco di Paola- possa diventare "il vischio dell'anima", ossia un elemento talmente accattivante da riuscire a manipolare i nostri sentimenti e la nostra stessa vita, al punto da renderci sospettosi e indifferenti nei confronti degli altri. In altre parole è riprovevole non il denaro in se stesso, ma la cupidigia, quella caratteristica che induce tutti a considerare i soldi come un fine piuttosto che come un mezzo provocando assurde e inutili affezioni verso i beni materiali che ci renderebbero indifferenti e scostanti accrescendo in noi il cinismo e l'indifferenza verso gli altri nonché l'inesistenza dei rapporti umani e delle relazioni intersoggetive, poiché anche le persone sarebbero viste nell'ottica esclusiva dei nostri interessi.

Il vero ricco è invece colui che mostra padronanza sulle cose materiali riuscendo a domonarle senza lascirsi da esse soggiogare e soprattutto considerando il loro valore solamente strumentale e la provvisorietà della vita di tutti i giorni per la quale non vale la pena accanirsi oltremisura nella ricerca dei beni di consumo. E soprattutto è veramente ricco chi non esita a prodigare se stesso e i propri mezzi a beneficio del prossimo e specialmente del prossimo bisognoso, considerando che siamo sempre tuti poveri quando ci viene a mancare quello che i soldi non potranno mai garantire.

 

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