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TESTO Commento su Luca 10,1-12 .17-20 (forma breve: Luca 10,1-9)

Suor Giuseppina Pisano o.p.

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (08/07/2007)

Vangelo: Lc 10,1-12 .17-20 (forma breve: Lc 10,1-9) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,1-12.17-20

In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. 10Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: 11“Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. 12Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.

17I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». 18Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. 19Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. 20Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

Forma breve (Lc 10,1-9):

In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

La liturgia eucaristica di questa domenica ci presenta, ancora, un passo del Vangelo che parla della vocazione;Gesù, in cammino verso Gerusalemme, chiama, a condividere la sua predicazione, altri settantadue discepoli, e, recita il testo, "li inviò a due a due avanti a sé in ogni città dove stava per recarsi".

Il Maestro aveva già scelto i "dodici" (Lc.9,12) coloro che lo avrebbero seguito più da vicino, che avrebbero mangiato con Lui l'ultima Pasqua, e che, per primi, Lo avrebbero visto risorto; ora, è necessario chiamare, per un più vasto annuncio del vangelo, altri, questi, dei quali Luca indica, soltanto, quel simbolico numero: settantadue.

Quanti fossero, esattamente, questi nuovi discepoli, incaricati di preparare i cuori all'accoglienza del messaggio di Cristo, ha poca importanza saperlo, il Vangelo indica quel numero, settantadue, o settanta, come altri codici riportano, numero, che richiama il capitolo 10 del libro della Genesi, nel quale è presentata la tavola delle nazioni, che ricollega tutti i popoli, conosciuti al tempo di Israele, con i figli di Noè; tavola, che può ben essere assunta, come simbolo dell'intera umanità, nella sua ricchezza e varietà, in quell'insieme di differenze e affinità, che son chiamate a connotare una sola famiglia, la famiglia umana che attende un salvatore.

Questo nuovo, numeroso, gruppo di discepoli, che precede, nei diversi luoghi, l'arrivo di Gesù e, nel suo nome annuncia la buona novella, dà il senso dell'universalità della salvezza e della nuova missione che Cristo inaugura, e che ritroviamo nelle parole dette, dallo stesso Maestro, agli apostoli, prima della sua ascensione al cielo: "...Cristo doveva patire e il terzo giorno risuscitare dai morti; e, nel suo nome, saranno predicati a tutte le genti, la conversione e il perdono dei peccati; voi sarete testimoni di tutto questo...." (Lc.24,46-48)

È questa la missione che il Figlio di Dio affida alla sua Chiesa, rappresentata dai Dodici e da altri numerosi discepoli, quei settantadue, primo drappello, e figura dei tanti che li seguiranno, nel corso dei secoli; uomini e donne, che Dio ha scelto per sé, e ai quali il Figlio ha affidato il compito della evangelizzazione, di quella numerosa messe, per la quale, gli operai son sempre pochi.

Domenica scorsa, la liturgia eucaristica si è soffermata, in tutte e tre le letture, sul mistero della vocazione, un mistero umano, ma che ha origine in Dio, perché è Lui che illumina e chiama, ed è il Figlio Gesù che, unito al Padre, ancora, chiama e invia, perché all'uomo giunga la Parola che salva, e nella comunità umana si realizzi quella armonia, che è dono della pace del Risorto.

Sempre, la scorsa domenica, abbiamo visto quanto arduo sia questo cammino di sequela, che non si ferma all'esperienza personale dell'incontro con Cristo, ma si fa missione verso gli altri, una missione senza confini di spazio o di tempo.

In questa domenica, i testi liturgici, a partire dal Vangelo di Luca, continuano a descrivere la chiamata ad un discepolato, che sia partecipe della missione evangelizzatrice; chiamata che deve alimentarsi, innanzitutto, di preghiera, secondo all'esortazione del Maestro il quale dice: «Pregate, dunque, il padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe...».

La vocazione alla evangelizzazione, cresce, perciò, nella preghiera, quel colloquio ininterrotto col Padre, ad imitazione del Figlio, il quale, sovente, si ritirava in solitudine per pregare; è in questo colloquio che ci si educa alla carità, la quale si esprime, poi, in sollecitudine, attenzione e dedizione all'altro, chiunque esso sia.

Essere operai, nella messe di Dio, o nella sua vigna, o del suo Regno, sono queste le immagini che Cristo usa, per indicare una medesima, unica, realtà, significa riconoscersi chiamati da Dio e da Lui inviati, quali ambasciatori del Vangelo di Cristo redentore, il " buon pastore" come Lui stesso si definisce (Gv.cap.10) e che Luca descrive nella splendida, tenera parabola della pecorella smarrita. (Lc.15,4-7)

Ed ecco il significato di quelle parole: "... io vi mando come agnelli in mezzo a lupi..."; il discepolo di Cristo, uomo di carità, è anche uomo di pace, uomo mite, che non parla con alterigia, che non ha interessi personali o di gruppo, ma, serve, esclusivamente, quelli di Cristo, il Figlio di Dio, che ha dato se stesso per la salvezza di tutti.

Come Lui, che non ha dove posare il capo, il discepolo va verso gli altri, in povertà: "non portate borsa, né bisaccia, né sandali... restate in quella casa, (che vi riceverà) mangiando e bevendo di quello che vi sarà messo dinanzi, perché l'operaio è degno della sua mercede. "; in cambio del poco che riceve, il missionario del Vangelo, porta in dono la pace di Cristo, la verità che fa liberi, e la misericordia del Padre, verso quanti hanno bisogno di esser risanati, confortati e guidati dalla Parola di Dio, che è rigeneratrice di vita.

Pacifici, miti, poveri, misericordiosi, questi discepoli, che attraversano la storia, in nome di Cristo, e portano tra gli uomini l'immagine del Pastore buono, sono anche capaci di un taglio netto, quando le circostanze, impongano di non scendere a compromessi, di non cedere alla debolezza di quella falsa benevolenza, che è la compiacenza, la quale scivola, poi, quasi inavvertitamente, nella connivenza con l'errore.

Non è facile vivere questa missione, e portarla avanti; essa non è, semplicemente opera umana, ma vive della forza che viene da Dio, e dalla comunione col Figlio Gesù Cristo, vera anima della missione, come Paolo, magistralmente scrive nella lettera ai Galati: "Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura..." ( Gal.6,14-18)

"I settantadue tornarono pieni di gioia...", recita il testo del Vangelo, è la gioia legittima di chi vede i frutti della sua attività, e i settantadue, avevano visto i demoni sottomettersi a loro, che predicavano ed operavano nel nome di Cristo; un entusiasmo che dava loro coraggio e li riempiva di esultanza; ma il Maestro corregge prontamente la rotta: «Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi, rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli».

La gioia vera, quella profonda, duratura, inalterabile e che niente e nessuno potrà mai intaccare, non viene, infatti, dalle mutevoli vicende temporali, ma nasce dall'eterna comunione col Dio che salva.

Così, in qualunque modo procedano le vicende della vita, per chi è alla sequela di Cristo, annunciatore della sua Parola e operaio laborioso e fedele del Regno, che sia egli accolto o rifiutato, ascoltato o perseguitato, la ricompensa vera è oltre i confini del tempo, è in quella Gerusalemme eterna, di cui il profeta Isaia, oggi, ci parla con immagini suggestive: "Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò; in Gerusalemme sarete consolati. Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore, le vostre ossa saranno rigogliose come erba fresca. La mano del Signore si farà manifesta ai suoi servi". ( Isaia 66, 10 14)

La gioia intensa della vocazione che viene da Dio, infatti, solo in Lui sperimenta la sua pienezza ineffabile che è la gioia, destinata al servo fedele, che abiterà, per sempre, col suo Signore e Padre.

Sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it

 

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