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TESTO Il Corpo e Sangue del Signore: Sacramento di carità

don Roberto Rossi  

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno C) (10/06/2007)

Vangelo: Lc 9,11-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,11-17

11Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 13Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Possiamo riprendere alcuni passi dell' Esortazione del S. Padre sull'Eucarestia e poi qualche riflessione.

Sacramento della carità, la Santissima Eucaristia è il dono che Gesù Cristo fa di se stesso, rivelandoci l'amore infinito di Dio per ogni uomo. In questo mirabile Sacramento si manifesta l'amore «più grande», quello che spinge a «dare la vita per i propri amici». Gesù, infatti, "li amò fino alla fine". Con questa espressione, l'Evangelista introduce il gesto di infinita umiltà da Lui compiuto: prima di morire sulla croce per noi, messosi un asciugatoio attorno ai fianchi, Egli lava i piedi ai suoi discepoli. Allo stesso modo, Gesù nel Sacramento eucaristico continua ad amarci «fino alla fine», fino al dono del suo corpo e del suo sangue. Quale stupore deve aver preso il cuore degli Apostoli di fronte ai gesti e alle parole del Signore durante quella Cena! Quale meraviglia deve suscitare anche nel nostro cuore il Mistero eucaristico!

Nel Sacramento dell'altare, il Signore viene incontro all'uomo, facendosi suo compagno di viaggio. Infatti, il Signore si fa cibo per l'uomo affamato di verità e di libertà. Poiché solo la verità può renderci liberi davvero, Cristo si fa per noi cibo di Verità.

«Mistero della fede!». Con questa espressione pronunciata immediatamente dopo le parole della consacrazione, il sacerdote proclama il mistero celebrato e manifesta il suo stupore di fronte alla conversione sostanziale del pane e del vino nel corpo e nel sangue del Signore Gesù, una realtà che supera ogni comprensione umana. In effetti, l'Eucaristia è per eccellenza «mistero della fede»: "è il compendio e la somma della nostra fede". La fede della Chiesa è essenzialmente fede eucaristica e si alimenta in modo particolare alla mensa dell'Eucaristia. La fede e i Sacramenti sono due aspetti complementari della vita ecclesiale. Suscitata dall'annuncio della Parola di Dio, la fede è nutrita e cresce nell'incontro di grazia col Signore risorto che si realizza nei Sacramenti: «La fede si esprime nel rito e il rito rafforza e fortifica la fede». Per questo, il Sacramento dell'altare sta sempre al centro della vita ecclesiale; «grazie all'Eucaristia la Chiesa rinasce sempre di nuovo!». Quanto più viva è la fede eucaristica nel Popolo di Dio, tanto più profonda è la sua partecipazione alla vita ecclesiale mediante la convinta adesione alla missione che Cristo ha affidato ai suoi discepoli. Di ciò è testimone la stessa storia della Chiesa. Ogni grande riforma è legata, in qualche modo, alla riscoperta della fede nella presenza eucaristica del Signore in mezzo al suo popolo.

Il pane disceso dal cielo. La prima realtà della fede eucaristica è il mistero stesso di Dio, amore trinitario. Nel dialogo di Gesù con Nicodemo, troviamo un'espressione illuminante a questo proposito: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui». Queste parole mostrano la radice ultima del dono di Dio. Gesù nell'Eucaristia dà non «qualche cosa» ma se stesso; egli offre il suo corpo e versa il suo sangue. In tal modo dona la totalità della propria esistenza, rivelando la fonte originaria di questo amore. Egli è l'eterno Figlio dato per noi dal Padre. Nel Vangelo ascoltiamo ancora Gesù che, dopo aver sfamato la moltitudine con la moltiplicazione dei pani e dei pesci, ai suoi interlocutori che lo avevano seguito fino alla sinagoga di Cafarnao, dice: «Il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo», ed arriva ad identificare se stesso, la propria carne e il proprio sangue, con quel pane: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Gesù si manifesta così come il pane della vita, che l'eterno Padre dona agli uomini. Anche il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, riportato da tutti e quattro gli evangelisti, vuole rendere presente, attuale, manifesta, la potenza divina, richiamando la folla, che seguiva Gesù con la curiosità di chi cerca il nuovo, l'inusuale, al vero senso della vita, che poi è corrispondere all'amore e alla chiamata di Dio. Nella narrazione di questa azione portentosa di Gesù, però, viene usato un linguaggio liturgico, tipico della celebrazione dell'Eucaristia. Si può pensare, allora, che sin dalla catechesi primitiva i catechisti tenessero il miracolo in relazione all'Eucaristia, poiché Gesù, probabilmente, intendeva compiere un segno per rimandare, per anticipare la comprensione dell'Eucaristia che avrebbe istituito.

Il significato più evidente del miracolo è che Gesù, Parola che si fa carne, nutre gli uomini, sazia la loro fame, colma la loro indigenza, è refrigerio per la loro sete. I cinque pani d'orzo rimandano, con tutta probabilità, alla consuetudine di preparare l'Eucaristia proprio con pani d'orzo, che era il pane dei poveri, della gente più povera. Ebbene Gesù "prese quei pani, li

benedisse, li spezzò". È un richiamo evidente all'Ultima Cena, quando l'Eucaristia viene istituita. Distribuiti i pani e i pesci, dopo che i presenti si furono saziati vennero raccolte dodici ceste di parti avanzate Gesù Cristo che si distribuisce, che si fa a pezzi per fare unità, dimostra una passione per l'unità della Chiesa che è eminentemente eucaristica.

Perciò quando si celebra l'Eucaristia, quando si adora il mistero eucaristico, bisogna bruciare nel desiderio dell'unità e bisogna fare quello che Gesù ha fatto: "Fate questo in memoria di me"; cioè dare la carne e dare il sangue perché sia fatta unità. Ma più facilmente, per fare unità saremo in grado di dare una piccola mortificazione d'orgoglio, oppure un silenzio, oppure di contenere uno scatto di nervosismo che ognuno di noi può avere quando la sua suscettibilità è stata ferita. Si potranno evitare calunnie e pregiudizi, insofferenze e divisioni; si potrà perdonare con il cuore, guardarsi negli occhi con simpatia, sentirsi vicini, fratelli nella costruzione del Regno.

L'Eucaristia, dunque, è un miracolo, in quanto segno della presenza di Dio, per mezzo di Cristo, nel suo popolo, tra la sua gente. L'Eucaristia è un segno efficace, che cioè produce ciò che significa. In essa la presenza di Cristo non è soltanto ricordata, ma è reale. Gesù è presente, in quel pane e in quel vino che rendono i fedeli membra vive del suo Corpo. È proprio vero: "Se la gente conoscesse il valore dell'Eucaristia, l'accesso alle chiese dovrebbe essere regolato dalla forza pubblica" (Santa Teresa di Lisieux).

 

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