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TESTO Dio ti perdona, non morirai

don Marco Pratesi  

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XI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (17/06/2007)

Brano biblico: 2Sam 12,7-10.13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 7,36-8,3

In quel tempo, 36uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 39Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».

40Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». 41«Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. 42Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». 43Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 44E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. 47Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». 48Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». 49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». 50Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».

1In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici 2e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; 3Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.

Forma breve (Lc 7,36-50):

In quel tempo,36uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 39Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».

40Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». 41«Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. 42Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». 43Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 44E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. 47Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». 48Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». 49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». 50Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».

La prima lettura inizia in modo brusco, soffrendo brutalmente la sua brevità, con l'affermazione del profeta Natan: "Tu sei quell'uomo!". L'espressione è incomprensibile se non si tiene presente che essa rappresenta il culmine drammatico di una breve parabola che il profeta ha appena raccontato al re allo scopo di accendere il suo zelo per la giustizia, portandolo poi a riconoscere nel colpevole di quel reato il re stesso (cf. 12,1-6). A sua volta, la comprensione della parabola suppone la conoscenza dell'intera storia del peccato di Davide con Betsabea (c. 11).

Come ci presenta il peccato questo testo? Esso è un "disprezzare" il Signore e quanto egli ha fatto e detto: "Perché hai disprezzato la parola del Signore?" (v. 9). Questa domanda segue l'elenco di quanto Dio ha operato per Davide, dei tanti doni che gli ha fatto. Perciò qui dabar (parola/fatto) si deve intendere prima di tutto come "fatto": Natan rimprovera a Davide di aver dimenticato, di non aver tenuto conto di tutto quanto Dio ha fatto per lui. Quando l'uomo pecca, tralascia di considerare i doni di Dio, agisce come se fosse da solo a procurarsi la vita.

Certo, con e in queste azioni benefiche di Dio per l'uomo, viene la sua Parola, la quale, mentre chiarifica il senso delle situazioni e del mondo, prescrive anche di perseguire un ben preciso bene e fuggire il male. Anche questa viene trascurata dal peccatore, che non tiene conto delle indicazioni date.

Tutto questo significa "disprezzare Dio" stesso (v. 10), dimenticarlo, mostrare di non apprezzarlo, di non valutarlo per quello che è: non possiamo trascurare quanto una persona fa e dice, pretendendo di onorarla! C'è nel peccato una ingratitudine verso i doni di Dio e una perdita di ogni fiducia in lui.

Di per sé una tale azione produce la morte di chi la compie, ed è naturale: chi cerca vita laddove non c'è non può che morire. Non andiamo troppo alla svelta a invocare il Nuovo Testamento, che in realtà conferma questa dottrina (vedi p. es. Lc 13,1-5).

Tuttavia Davide riconosce in modo franco la propria colpa: non cerca giustificazioni e confessa: "ho peccato contro il Signore!". Notiamo che egli non esprime esplicitamente pentimento, soltanto riconosce il peccato. Le due cose sono strettamente legate, fino ad essere inseparabili, al punto che chi si dichiara peccatore sconfessa il peccato, e chi non vuole sconfessarlo e pentirsene nemmeno acconsentirà ad ammettere l'esistenza di un proprio peccato, e persino negherà l'esistenza del peccato come tale.

Il leale riconoscimento di Davide fa sì che il potere mortale del peccato venga spezzato: "tu non morirai" (v. 13). La tua ammissione di colpevolezza ti salva, perché di fronte ad essa il Signore non bada più al tuo peccato (tale è il senso del verbo ebraico usato qui per "perdonare", v. 13), ma alla tua umiliazione. Ai suoi occhi diventi un bisognoso, uno che chiede aiuto, e la sua generosità non gli consente di rimanere insensibile. Se il Signore presta attenzione al peccato, questo significa in pratica che il peccato conserva tutta la sua capacità di uccidere: "se consideri le colpe chi potrà sussistere?" (Sal 130,3). Adesso, invece, alla morte viene negato il diritto di impadronirsi del peccatore.

Nonostante questo, il peccato produrrà comunque effetti negativi. Davide sperimenterà i frutti del male sotto tre aspetti. Tu hai ucciso Uria con la spada degli Ammoniti, e "la spada non si allontanerà mai dalla tua casa" (v. 9); tu hai voluto la moglie di un altro, e un altro avrà le tue mogli (vv. 11-12, non letto); infine, il figlio dell'adulterio morirà (v. 14, non letto).

Può sconvolgere, ma il male ha i suoi frutti; anche il male perdonato da Dio. Il perdono di Dio non è colpo di spugna che cancella tutto e risolve magicamente le situazioni. Il peccato ha una serie di conseguenze, dentro e fuori di noi, che comunque bisognerà saper portare, sopportare e gestire. Anche qui, non crediamo che col Nuovo Testamento tutto questo sia abolito: il peccato di Adamo è redento dal nuovo Adamo, ma essere redenti da Cristo non significa ritrovarsi nell'Eden. La morte è sconfitta, ma conserva ancora un certo potere: essa sarò l'ultimo nemico a cedere il passo (cf. 1Cor 15,20-26).

Già albeggia la Buona Notizia di Gesù: la colpa cerca il perdono, la paura cede il passo alla fiducia, alla morte è posto un limite dalla Vita.

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.

 

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