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TESTO Ma voi chi dite che io sia - rito ambrosiano

don Romeo Maggioni  

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (10/06/2007)

Vangelo: Lc 9,18-24 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,18-24

18Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». 19Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». 20Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». 21Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno.

22«Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

23Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. 24Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà.

Chi è veramente Gesù di Nazaret? Un profeta? il Messia? il crocifisso? il risorto? "Chi sono io?", chiede Gesù.

Gesù di Nazaret è sì un personaggio storico, ma un po' sorprendente, con dei dati che eccedono le nostre aspettative e previsioni. La storia è piena di letture parziali e quindi interessate di Lui. Ci interessa invece la verità sul Cristo.

Perché alla fine solo davanti alla verità si pone il problema d'una scelta, pro o contro, che sospettiamo decisiva per il nostro destino. Cioè una scelta di fede. "Ma voi chi dite che io sia?".

Ecco allora le due domande: Chi è veramente Gesù? E chi è veramente suo discepolo?

1) CHI E' GESU'?

"Pietro, prendendo la parola, rispose: il Cristo di Dio". Riconoscimento esplicito e preciso: Gesù è il Messia, l'inviato promesso e atteso che Dio manda come suo definitivo salvatore del mondo, l'unto dello Spirito che rinnova la faccia della terra. "In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (At 4,12). L'uomo non si salva da sé; cerca in Dio la sua salvezza. Dio ha risposto fissando Lui tempi e modi d'intervento nella nostra storia. Come quindi non c'è salvezza al di fuori di Dio, così non c'è altro modo d'accesso a Lui se non tramite colui che ha inviato. "Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti" (1Tm 2,5).

Ma Gesù è salvatore un po' sorprendente: "deve soffrire molto, essere messo a morte...". E' il modo di essere Messia che sconcerta! Solo quando mi vedrete in croce - dice oggi Gesù - avrete l'immagine giusta del Messia; quella, del resto, già prefigurata dal Servo sofferente di Isaia, "che dà la vita in riscatto per tutti". La croce è lo specifico del Cristianesimo: "Guarderanno a colui che hanno trafitto" (I lett.). "Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12,32). Non è proprio popolare il nostro Salvatore Gesù; i pagani ci ridono su. C'è ancora a Roma al Palatino un crocifisso con testa d'asino a scherno della stupidità dei cristiani che credono in un Dio morto in croce! E' il paradosso della fede. "La parola della croce infatti è stoltezza per quanti vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio" (1Cor 1,18).

La parola che sorprende è quel "deve": "Il Figlio dell'uomo deve soffrire molto". Perché la morte in croce? Al di là di responsabilità storiche del momento, dietro c'è un disegno di Dio che Gesù deve adempiere: "Davvero in questa città si radunarono insieme contro il tuo santo servo Gesù, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli d'Israele, per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato che avvenisse" (At 4,27-28). Ebbene, Dio aveva deciso di salvare non con la potenza, ma con l'amore. L'amore di Dio Padre "che non ha risparmiato il proprio Figlio ma lo ha dato per tutti noi" (Rm 8,32); l'amore del Figlio, "perché non c'è amore più grande di chi dà la vita per i propri amici" (Gv 15,13). Amore anche di un uomo che finalmente sa rispondere degnamente a Dio. La croce è il compimento ultimo dell'Incarnazione, del Figlio di Dio fattosi così solidale con noi da offrirsi a nome nostro e in nostro favore come l'obbediente perfetto al Padre. Se il peccato dell'uomo è stato un no, il suo riscatto è un sì pieno e totale fino allo scacco della morte di croce.

2) CHI E' IL DISCEPOLO?

Per un Gesù così, per un salvatore così, che tipo di discepolo è richiesto? Gesù non fa complimenti: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua". Ciò che spaventa è quel "rinneghi". Una volta compreso bene che la croce di Gesù fu obbedienza, si dà un preciso contenuto alla nostra croce e al nostro rinnegamento. Si tratta, da una parte, di rinunciare a tutto ciò che ci distoglie da Dio, a ciò che è contrario al suo disegno di bene su di noi, ed è quello che noi chiamiamo peccato; dall'altra, si tratta di esprimere con sincerità il nostro amore a Dio, il nostro fidarci di Lui anche quando qualcosa ci costa, perché, si sa, l'amore, come l'oro, si prova col fuoco. E' il senso da dare alle sofferenze e alle prove, come materia d'oblazione d'amore a Dio, come atto di abbandono e di fiducia cieca anche quando tutto sembra assurdo per noi. E' la croce "di ogni giorno".

"Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà". Essenzialmente l'atto di fede vero e profondo consiste in questo: credere che da noi non ci salviamo; nonostante il nostro arrampicarci sui vetri. Alla fine la morte, se non altro, ci schiaccia! Il fai da te qui è perdente! Anche nelle opere buone, perché - ed è il secondo contenuto della fede - la salvezza è dono di Dio non nostra conquista. Anzi - realtà più difficile da accettare - la salvezza alla fine è perdono. Noi siamo, come usa dire la Bibbia, tra GRAZIA E MISERICORDIA. La vita cristiana autentica è coscienza di essere prima enormemente gratificati da Dio (la vita quindi deve essere EUCARISTIA); e poi generosamente e immeritatamente perdonati. Per cui l'unica cosa seria da fare è "perdersi" per Lui e in Lui. Arrendersi, per amore suo!

Gesù si è arreso al Padre: "Nelle tue mani metto il mio spirito" (Lc 23,46), e non è stato deluso! "Il Figlio dell'uomo - aveva predetto - deve risorgere il terzo giorno". La risurrezione è il sigillo della buona scelta fatta da Gesù col fidarsi del Padre; è il risultato d'una vita vissuta come obbedienza d'amore, anche accettando il rischio e la prova. Ora proprio e solo questo salva. Non una vita genericamente buona e onesta; non una vita che ha sofferto comunque; neanche una vita che ha compiuto opere buone; ma una vita che ha obbedito e s'è fidata pienamente di Dio. E - per poter far ciò - una vita che s'è fatta aiutare da Cristo nel poter portare la propria croce. Quanta genericità c'è in giro nel concepire la vita cristiana, cioè l'unica vita che salva!

Perdersi per Gesù alla fine è perdersi anche per gli altri, perché ci si carica della sua passione per l'uomo e la sua salvezza. Altrove Gesù raccolse in un segno la sua morte in croce: lavando i piedi agli apostoli, col dire: "Io sono in mezzo a voi come colui che serve" (Lc 22,27). E sappiamo tutti quanto sia crocifiggente un autentico e disinteressato amore al prossimo.

La logica della salvezza è quella dell'amore, cioè del dono gratuito. Per questo il cristianesimo sarà visto sempre difficile, fino a quando uno non sarà entrato in questa logica, in questa esperienza dell'amore!

 

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