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TESTO Eucaristia: l’immenso dono di Dio

mons. Antonio Riboldi

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno C) (10/06/2007)

Vangelo: Lc 9,11-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,11-17

11Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 13Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Se c'è qualcosa che non ha limiti, nel dono e nel tempo, è l'amore: nel dono, quando si fa dono totale della vita, fino a diventare 'pane della vita', e nel tempo, perché non conosce limiti.
E questo amore è l'Eucarestia.

Oggi la Chiesa nella solennità del Corpus Domini (Corpo del Signore) ci invita ad entrare in questo 'mistero della fede', che il sacerdote, ogni volta celebra la Messa così sintetizza, con le ineffabili parole di Gesù in cui si compie il grande dono di Sé: "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo. Prendete e bevete questo è il calice del mio sangue. Fate questo in memoria di M".

"Mistero della fede", l'assemblea proclama, e "Annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua resurrezione, nell'attesa della tua venuta".

Sono più di 60 anni che, ogni giorno, celebro l'Eucarestia, ed ogni volta, quando pronuncio, nel Nome e con la potenza dell'Amore di Gesù, queste parole, davanti all'immenso miracolo dell'amore donato, provo la commozione di 'essere Cristo che si dona tutto'.

E, per me, ve lo confesso candidamente, ogni giorno non avrebbe senso senza l'Eucarestia, come fossero mie le parole dei martiri di Abitene: "Senza domenica (Eucaristia) non possiamo vivere". Ma lascio la parola al grande servo di Dio, Giovanni Paolo II, un innamorato dell'Eucarestia, che così scriveva nella sua enciclica 'Chiesa ed Eucarestia': "Quando penso all'Eucarestia, guardando alla mia vita di sacerdote, di vescovo, di successore di Pietro, mi viene spontaneo ricordare i tanti momenti e i tanti luoghi in cui mi è successo di celebrarla. Ricordo la Chiesa di Niegowic, dove svolsi il mio primo incarico pastorale, la collegiata di San Fiorenzo a Cracovia, la cattedrale di Wawel, la basilica di San Pietro e le tante basiliche e chiese di Roma e del mondo intero. Ho potuto celebrare la Santa Messa in cappelle poste sui sentieri di montagna, sulle sponde di laghi, sulle rive dei mari, l'ho celebrata in altari costruiti negli stadi, nelle piazze delle città. Questo scenario così variegato, delle mie celebrazioni eucaristiche, me ne fa sperimentare fortemente il carattere universale e, per così dire, cosmico. Sì, cosmico. Perché quando viene celebrata sul piccolo altare di campagna, l'Eucarestia è sempre celebrata, in un certo senso, sull'altare del mondo. Essa unisce il cielo e la terra. Comprende e pervade tutto il creato. Il Figlio di Dio si è fatto uomo, per restituire tutto il creato, in un supremo atto di lode, a Colui che lo ha fatto dal nulla. E così Lui, il sommo ed eterno sacerdote, entrando mediante il sangue della sua croce nel santuario eterno, restituisce al Creatore e Padre tutta la creazione redenta. Lo fa mediante il mistero sacerdotale della Chiesa, a gloria della Trinità Santissima. Davvero è questo, il misterium fidei, che si celebra nell'Eucarestia; il mondo, uscito dalle mani di Dio creatore, torna a Lui, redento da Cristo" (n. 8).

In queste semplici espressioni, Giovanni Paolo II manifesta tutta la sua meraviglia e gioia per il dono di Gesù nella S. Messa e la Chiesa, nella solennità del Corpus Domini, ci ripresenta, come fosse 'oggi', il grande mistero della fede.

Così racconta Luca: "Quando venne l'ora per la cena pasquale, Gesù si mise a tavola con i suoi apostoli. Poi disse loro: Ho tanto desiderato fare questa cena pasquale con voi prima di soffrire. Poi prese un calice, ringraziò Dio e disse: Prendete questo calice e fatelo passare tra di voi. Vi assicuro che da questo momento non berrò più vino fino a quando non verrà il regno di Dio. Poi prese il pane, fece la preghiera di ringraziamento, spezzò il pane, lo diede ai suoi discepoli e disse: Questo è il mio corpo che viene offerto per voi. Fate questo in memoria di Me" (Lc 22, 16). Noi uomini, deboli e quasi impotenti ad abbracciare la grandezza dell' Amore, che non ha limiti nel dono e nella felicità, facciamo difficoltà ad entrare in quello che, invece, dovrebbe farci sussultare di gioia...perché più amati di così si muore...e più felici di così, davvero non si può essere!

Il solo pensare che, nella S. Messa, cui partecipiamo, siamo come i Dodici seduti attorno a Gesù e che, a noi, Gesù fa la stessa offerta, lo stesso Dono, reale e vero, tramite il sacerdote, che in quel momento è Cristo, dovrebbe farci dire: "Signore, dacci sempre questo pane!". Ma è così?

Credo che non si possa gustare la solennità del Corpus Domini, senza, con sincerità, interpellarsi su cosa significhi per noi la Messa. Dovrebbe essere, almeno la domenica, il grande momento dell'incontro con Gesù che, con noi, 'desidera cenare, dandoci il Suo Corpo e Sangue'. Fa davvero impressione come troppi di noi abbiamo perso questo stupendo momento di indicibile gioia. Una gioia che non traspare, tante volte, neppure in chi partecipa alla Messa.

Il momento della Comunione, quando il celebrante, accostandoci all'altare, ci offre il 'Corpo di Cristo', dovrebbe essere un evento di pace, di completezza, unito alla consapevolezza che, con Gesù, divenuto 'Pane della nostra vita, così fragile', siamo diventati, tutti, 'un solo corpo', al punto che l'assemblea dovrebbe gustare la gioia di essere, in Lui, con tutti, una comunità che si ama.

I Padri, tante volte, ricordavano e ricordano a noi che ogni ostia è fatta di tanti minuscoli grani, che, insieme, diventano una cosa sola. Se capissimo il grande dono dell'Eucarestia, Gesù che si fa vita della nostra vita, e con Lui non siamo più soli, ma partecipiamo alla divinità di Dio, dovremmo dire, come la samaritana al pozzo: "Signore dammi sempre di quest'acqua".

Ci sono persone, anziani e giovani, che ogni giorno iniziano la giornata con la S. Comunione.

"La vita - diceva un grande uomo - prende tutto un altro tono, come se insieme a Gesù fatto 'mia carne', avessi attinto un raggio della gioia celeste. Tutto il resto, dal lavoro, alla vita in famiglia, all'incontro con i fratelli, diventa 'dono di Gesù', come volessi comunicare Cristo che è in me".

Ma, forse, si ripete in tanti quello che avvenne nel momento in cui Gesù annunciò ai suoi discepoli il grande mistero dell'Eucarestia.

"Io sono il pane, quello vero, venuto dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà per sempre. I1 pane che io gli darò è il mio corpo, dato perché il mondo abbia la vita. Gli avversari di Gesù si misero a discutere tra di loro. Dicevano: Come può darci il suo corpo da mangiare? Gesù replicò: Io vi dichiaro una cosa: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete del suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane unito a me e io a lui. Molti discepoli, sentendo Gesù parlare così dissero: Adesso esagera! Chi può ascoltare simili cose? Da quel momento molti discepoli di Gesù si tirarono indietro e non andavano più da Lui. Allora Gesù domandò ai Dodici: Forse volete andarvene anche voi? Rispose Simon Pietro: Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna. E ora noi sappiamo e crediamo che Tu sei quello che Dio ha mandato" (Gv 6, 10-30).

Deve essere stata profonda l'amarezza di Gesù, nel vedersi incompreso e quindi rifiutato, abbandonato, nel momento in cui dichiarava fino a che punto si spingeva il suo amore per noi, per me, per voi. Era un respingere la stessa vita, la gioia, l'amore. Lo sa bene, chi di noi ha offerto il suo amore totale a qualcuno, ma non è stato capito o, peggio ancora, è stato respinto, abbandonato. È la più grave e profonda ferita del cuore.

Purtroppo, e lo dico con tanta amarezza, vedo disertare la Messa festiva da tanti, che, così, chiudono ogni spazio a Gesù che vuole donarsi, preferendo occupare il tempo nel divertimento, come se Dio non ci fosse. Ma ci può essere vera festa senza 'la festa dell'Eucarestia', origine di ogni vera festa dell'uomo? Quanto aveva ragione mamma, quando mi esortava ad iniziare la giornata con la S. Comunione. Tornando la vedevo sulla porta di casa con in mano la mia piccola cartella per la scuola e nell'altra solo un pezzetto di pane: "Antonio, meglio una buona comunione che una colazione".

E allora, carissimi, facciamo festa, oggi, ma una festa senza fine, come è quella di accogliere l'Eucarestia, 'vera gioia del cuore'. Farsi amare da Dio così è dare alla vita quella serenità che diventa poi contagiosa per quanti incontriamo e in quello che facciamo. Solo così si dà senso alle grandi processioni in onore di Gesù che passa vicino alle nostre case.

Con la Chiesa preghiamo: Cristo lascia in sua memoria ciò che ha fatto nell'ultima Cena: noi lo rinnoviamo. Obbedienti al suo comando, consacriamo il pane e il vino, Ostia di salvezza. È certezza a noi cristiani: si trasforma il pane in carne e il vino in sangue. Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma, oltre la natura. Ecco il Pane degli Angeli, Pane dei pellegrini, vero Pane dei figli, non deve essere gettato. Buon Pastore, vero Pane, o Gesù pietà di noi: nutrici e difendici, portaci ai beni eterni nella terra dei viventi. Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo, nella gioia dei tuoi santi.

 

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