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TESTO Audaci come i piccoli

don Elio Dotto  

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (30/06/2002)

Vangelo: Mt 10,37-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,37-42

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Nella nostra vita quotidiana sperimentiamo spesso l'inclinazione a ridurre ogni imprevisto al repertorio di quanto già conosciamo. Ad esempio, ci sono persone che, quando visitano una città o una regione, paiono più preoccupate di verificare che tutto nella realtà corrisponda a quello che hanno visto sulla carta, anziché lasciarsi meravigliare dallo spettacolo di ciò che era sconosciuto: in fondo non si attendono nulla dalla realtà, il loro vero mondo è la carta. Ci sono poi persone che, quando ascoltano, sono più preoccupate di iscrivere quello che sentono nel registro del già noto, anziché cercare di comprendere quanto di sorprendente ci sia nella parola che ascoltano, o nella persona che hanno di fronte. Allo stesso modo, ci sono cristiani che, ascoltando una predica, sono più preoccupati di verificare che tutto corrisponda a quanto essi già sanno, anziché lasciarsi condurre ad una rinnovata meditazione e ricerca.

Gli esempi si potrebbero moltiplicare ancora; ma bastano questi per riconoscere quell'inclinazione diffusa che ci fa fuggire da ogni imprevisto. Accade – lo abbiamo visto – in tutti i settori dell'esperienza; ma dobbiamo riconoscere che accade soprattutto nel campo dell'esperienza religiosa.

Il credente infatti sperimenta di continuo il carattere avventuroso e imprevedibile della sua fede: egli sa che il suo credere è sempre accompagnato dal timore e dalla supplica. E vorrebbe – almeno qualche volta – evitare una simile rischiosa imprevedibilità. Non è però possibile fuggire dal carattere avventuroso della fede. Perché il credente è costituzionalmente un insicuro, uno che "rischia" la vita, attendendo sempre da capo in ogni circostanza di ritrovare quella fede che non può conservare attraverso una facile ricetta.

Gesù conosceva bene tale debolezza dei suoi discepoli, e per questo li chiamava "piccoli", come leggiamo nel Vangelo di domenica (Mt 10,37-42). In favore di essi – quasi a protezione della loro debolezza – pronunciò parole di estrema generosità verso coloro che li avrebbero accolti: "Chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico non perderà la sua ricompensa" (Mt 10,42). Così Gesù difendeva i suoi "piccoli" davanti ai rischi dell'esistenza.

Ma per essere difesi da Gesù i "piccoli" debbono rimanere tali sempre – allora come oggi – e non debbono in nessun modo difendersi da soli: perché soltanto chi è capace di rischiare ogni giorno da capo – soltanto "chi avrà perduto la sua vita" (Mt 10,39) – potrà vivere davvero in pienezza. Certo, questo apparirà talora umiliante, talaltra pericoloso: ma Gesù non ha in nessun modo promesso ai suoi "piccoli" di sollevarli da ogni umiliazione e da ogni pericolo. Anzi, proprio chi è capace di rischiare fino in fondo – al di là di ogni umana certezza – proprio chi ha una simile audacia appartiene alla schiera di quei piccoli che credono.

Così fece 800 anni prima di Cristo in terra di Samaria quella donna facoltosa della città di Sunem che ebbe il coraggio di accogliere il profeta Eliseo nella sua casa, come testimonia la prima lettura di domenica (2Re 4,8-11.14-16a). Accogliere un profeta era certo rischioso, perché i profeti erano personaggi scomodi, spesso malvisti dall'autorità costituita. Ma quella donna preferì rischiare, mettendo a repentaglio la sua vita. E appunto per questa audacia fu ricompensata, al di là di ogni attesa: ricevette infatti la grazia di avere finalmente un figlio da suo marito, nonostante fossero avanti negli anni.

Dunque soltanto chi rischia potrà ricevere sorprese dalla vita: chi invece facilmente fugge da ogni imprevisto non potrà mai vivere in pienezza. Perché il regno di Dio – la pienezza della vita – appartiene ai "piccoli" che sanno ancora essere audaci, e non certo agli "arrivati" che sono ormai senza desideri.

 

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