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TESTO L'eleganza non è farsi notare ma farsi ricordare

don Marco Pozza  

VI Domenica di Pasqua (Anno B) (10/05/2015)

Vangelo: Gv 15,9-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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9Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.

Con il fiatone della partenza addosso, tutto preso dagli ultimi preparativi. Quella cena ardentemente desiderata, la passione ancor tutta da vivere appieno, quel bacio che farà di un amico il traditore - anche se per Lui rimarrà amico ad oltranza -. E poi il catino e l'asciugatoio, la brocca e l'acqua, il pane e il vino. Il legno e la croce, quel sabato tessuto di silenzio, il lenzuolo e la sorpresa. Tutto avverrà, tutto deve ancora accadere; i tempi, però, stanno maturando. Sono maturi. Eccolo l'ultimo preparativo, un anticipo di testamento arruffato come meglio non si poteva. Un promemoria lasciato in calce ad una storia d'amore, alla loro storia d'amore: a quella che è rimasta la più bella tra le storie d'amore possibili. Quella tra loro e Lui, tra l'Eterno e l'umano: «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore». Cioè starete al sicuro, come sulle ali d'aquila del vecchio testamento, tra le braccia di un Dio che è padre e madre. Se osserverete, starete al sicuro: protetti e custoditi.

Cose dette all'imbrunire, che sono poi confidenze così intime da dirsi sottovoce, quasi di nascosto dall'indiscrezione: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». Non c'è più spazio per il Dio invidioso pitturato dalla bestia di Lucifero, tutt'altro. C'è un Dio rimasto amico dell'uomo, così amico da sognare che la sua gioia sia in loro e che quella gioia sia la più piena. Tutto come all'inizio, come dentro quello splendido scenario d'amore e d'intrallazzi di speranza: nell'Eden si stava da Dio ma, oltretutto, si stava con Dio. Il resto venne dopo, venne come seguito e fu cagione di mille cicatrici e di altrettanti inizi: Dio non molla la speranza. Se appare arrogante è pur sempre più gustoso di un disertore. Più pastore che mercenario. Satana è l'altro: più mercenario che pastore. Abbindola, illude e scarica: robe da diavolo.

Eppur i comandamenti saranno il sei meno meno in questa ricca storia d'amore. Per i dubbiosi è rimasta ad imperitura memoria la storia di quel giovane, ricco e infelice. Lui sì che i comandamenti li aveva sempre rispettati: tutti, tra l'altro, fin dalla sua giovinezza. Dove trovarlo un bambino così festoso e giulivo, amante dell'eterno e appassionato all'esistenza? Quella volta non bastarono, però, per fare ingresso nella vita eterna. Occorreva un di più che, a ben pensarci, era assai poco, il meno che rimaneva in quella scalata alla santità. Non gli si chiese di gettare alle ortiche la ricchezza e gli averi, non gli venne nemmeno chiesto di rinnegare il suo passato da bravo bambino; tanto meno di nascondersi dietro ad una finta carità. Gli venne prospettata la più umana delle prospettive: non più servo delle cose, bensì padrone di esse. Non gettare la ricchezza, giovane: usala tu invece che lasciarti usare da lei. Il che, a ben pensarci, era un anticipo del testamento di Cristo: «(Che) la vostra gioia sia piena». Mica un Dio geloso: protettivo e lungimirante. Che cercava l'esplosione di quella gioia, la felicità per quel ragazzo già contento, l'eterno per uno che nell'effimero s'era comportato sempre bene. Fallì quel tentativo che, però, lasciò il monito che divenne confidenza: non ci sarà mai gioia - e gioia piena - senza libertà.

Non servi. Non più servi, ma amici. L'amico: quel tipo con cui puoi stare seduto in un portico e camminarci insieme, senza dire una parola, e quando vai via sentire come quella sia stata la miglior conversazione mai avuta. Dio come amico, il silenzio di Dio come loquacità d'amanti, la sua dipartita come l'esplodere dell'amore. Gli amici che Dio si scelse, quelli coi quali bastò uno sguardo per iniziare il brogliaccio di una storia assieme: «Gli amici ti conosceranno meglio nel primo minuto dell'incontro di quanto gli estranei possano conoscerti in mille anni» (Richard Bach, Illusioni). Che la gioia possa essere piena non significa che la gioia sarà piena: da amico, Dio scelse di dipendere in un certo modo dall'uomo. Perché nessun uomo sia condannato alla servitù; perché ogni uomo possa avere la chance di diventare amico dell'Amico. Felice appieno.

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