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TESTO Rendete a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio

don Romeo Maggioni  

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VIII domenica dopo Pentecoste (Anno C) (18/07/2010)

Vangelo: Mt 22,15-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 22,15-22

15Allora i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». 18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». 21Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». 22A queste parole rimasero meravigliati, lo lasciarono e se ne andarono.

Un giorno anche Israele volle un re - "come avviene per tutti i popoli" - e lo chiese al vecchio profeta Samuele. Parve a costui un torto fatto a Dio, quasi il popolo di Dio volesse gestire la vita civile indipendentemente dai criteri morali dati nella grande carta dei Comandamenti, dimenticando magari tutti i gesti di salvezza che Dio aveva operato per loro. E li mise in guardia da un tal pericolo, quasi presago di ciò che poi un giorno Gesù ebbe a denunciare con sarcasmo: "Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono" (Mt 20,25).

L'esplosiva situazione politica creatasi al tempo di Gesù con la presenza dell'occupante Romano, alimentata dall'attesa religiosa di un Messia liberatore politico, doveva o prima o poi approdare polemicamente davanti a Lui: "E' lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?". Tradotto significa: dobbiamo essere collaborazionisti o rivoluzionari?

La risposta di Gesù, certamente legata al contesto concreto immediato, ha anche una indicazione universale che la comunità cristiana istruita da Matteo ha voluto trasmettere a tutta la Chiesa. Questo insegnamento appunto ci interessa.

1) RENDETE A DIO

Appare immediato il disimpegno di Gesù a voler dirimere la questione politica concreta, ponendosi su un altro piano, con una risposta che va ben al di là.. di Cesare: "Rendete a Dio quello che è di Dio". Si fa riferimento all'uomo nella sua più intima realtà, al di là dei ruoli storici che riveste. Si potrebbe dire: l'uomo nei suoi valori umani, individuali e sociali, nel suo profilo destinale, in quel che concerne la sua riuscita e salvezza ultima. E' il piano del senso dell'uomo e della sua identità, della dignità della persona umana, fondata su Dio e sul suo disegno eterno: "Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità" (Epist.). La salvezza che Gesù porta è integrale, nel senso che riguarda l'uomo totale nel suo rapporto con Dio, coi fratelli e col creato, ossia nella sua umanità più profonda e vera; in questo senso è universale. Chiaramente il piano in cui Gesù vuol porre la sua opera e il suo messianismo è quello religioso, non politico. Dichiarerà esplicitamente davanti a Pilato: "Il mio regno non è di questo mondo" (Gv 18,36).

L'invito di Paolo è per la preghiera: "Che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio". Convivenza pacifica tra i due poteri, anzi servizio e apporto positivo reciproco. Dice il Concilio: "La Chiesa di Cristo è come un sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità del genere umano" (LG 1). Aiuta l'unità tra gli uomini, ne è l'inizio e il segno, per realizzare una vita civile più vivibile, basata sulla giustizia, la solidarietà e il rispetto di ogni persona. In particolare la fede è stimolo, motivazione e forza ad agire per il bene di tutti, come traduzione sociale di quel comando della carità la quale sola ci rende simili a quel Dio che ama ogni uomo con gratuità. Si parla di "carità politica", la più difficile da attuare. E' facile che la politica slitti in qualche interesse di parte o in ideologizzazioni, causa di gravi schiavitù imposte all'uomo.

Oggi, di fronte alle sfide della nostra cultura secolarizzata e, in apparenza, così impermeabile a Dio, sembra sia richiesta anche più spiritualità e misticismo, che ricostruisca una speranza di fronte ad un mondo disperato. Più stile di comunione, anche, come forza attrattiva nei confronti di una umanità disgregata e piena di lotte. Assieme ad una forte testimonianza di solidarietà e servizio gratuito entro un mondo che soffre per troppo interesse e potere. E' il modo oggi della Chiesa di ridivenire "anima del mondo", abbandonando supplenze, "presenze" troppo compromesse, per ridiventare lievito, sale e luce. In una parola: stile evangelico e santità. Qualcuno ha scritto: "Il cristianesimo del XXI secolo o sarà santo o non sarà", cioè finirà!

2) RENDETE A CESARE

Detto questo - cioè "a Dio quello che è di Dio" - si inquadra bene anche quello che va dato a Cesare. La sfera politica attiene all'ordine dei mezzi e dei fini intermedi, non è un assoluto, è parte della realtà penultima, perché deve stare entro il quadro etico che le dà senso. La politica deve essere in funzione dell'uomo, un servizio alla sua crescita e libertà perché realizzi in pieno la sua vocazione globale, compresa quella soprannaturale. La politica non può essere neutra; deve mirare a creare condizioni con le quali ogni uomo possa sempre più facilmente realizzare se stesso in consonanza e con l'apporto degli altri. Il bene comune - fine primario della politica - è questa rete di opportunità e aiuti affinché l'uomo divenga sempre più uomo.

Il rispetto della persona richiede il criterio della "sussidiarietà": lo statalismo - si dice con enfasi esagerata "lo stato di diritto" - è comune in concezioni di destra e di sinistra. In particolare va salvaguardata l'attenzione alla famiglia e alla sua primaria libertà di educare. Non è sufficiente proclamare principi: bisogna che la libertà di tutti e dei più deboli sia effettivamente garantita, istituzionalizzata e realizzata. Discorso più complesso, ma non meno decisivo - tra accoglienza e integrazione - è oggi quello della immigrazione, sempre più irreversibile. Non esiste solo il criterio della sicurezza, ma anche il diritto di chi chiede asilo e il necessario apporto economico e culturale che ne viene ad una società come la nostra oggi anche in crisi demografica.

Bisogna che si rispetti l'ambito proprio della politica, della sua opinabilità, come lo è sempre l'ambito dei mezzi. Evitare cioè confessionalismo o fondamentalismo, oggi rinascenti e non solo tra culture diverse dalle nostre. Nessuno deve pensare di avere il monopolio delle formule politiche per salvare l'uomo. Le scelte politiche devono essere frutto di collaborazione e di dialogo con quanti sinceramente cercano il bene comune e determinano in concreto, in un certo tempo e luogo, formule più corrispondenti alla dignità dell'uomo, ai bisogni immediati, alla partecipazione più larga, tenendo conto anche dei più deboli. E' sulla base di un pacchetto di valori prima e poi di programmi che si deve giocare la collaborazione e l'unità degli uomini di buona volontà.

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In questo ambito "politico" sappiamo che la Chiesa contemporanea ha elaborato una Dottrina Sociale tra le più avanzate e le più stimate, anche dalla cultura laica. Uno dei più bei documenti, di largo respiro ma al tempo stesso preciso in formulazioni etiche concrete, è la "Centesimus Annus". O anche il Compedio della Dottrina Sociale della Chiesa. Vale la pena che ogni serio credente ne conosca direttamente il contenuto. Leggendola farà la scoperta gioiosa di chi - se uomo sincero e pensoso - dovrà dire: guarda, vi è scritto proprio quello che in fondo al cuore avevo sempre voluto in fatto di giustizia, solidarietà, libertà e pace!

Ma... non è mai troppo tardi per queste scoperte che ci esaltano come uomini e come cristiani.

 

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