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TESTO Con gli occhi dell'amore

Marco Pedron  

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Natale del Signore - Messa della Notte (25/12/2008)

Vangelo: Lc 2,1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,1-14

1In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 3Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.

8C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». 13E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:

14«Gloria a Dio nel più alto dei cieli

e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Buon Natale a tutti. Buono sta per vero, profondo, non banale o superficiale. Natale sta per nascita, cambiamento, novità, occhi diversi, ed è già un augurio per tutti noi.

Il Natale può essere una grande pagliacciata, un gran business, una bella farsa comune dove tutti “ce la raccontiamo” oppure un evento profondo, forte, significativo, decisivo per la nostra vita. La differenza la fanno i nostri occhi e cosa noi vedremo.

Gesù, storicamente parlando, è nato certamente a Nazareth in Galilea e lì ha vissuto i primi anni. Poi si spostò a Cafarnao sulle rive del lago di Galilea.

La provenienza da Nazareth fu un marchio per tutta la vita: “Nessun profeta può venire dalla Galilea” (Gv 7,52) disse il sinedrio. Gesù era chiamato il Nazareno (Mc 1,24; 10,47; 14,67; 16,6) e Nazareth, si dice “è la sua patria” (Mc 6,1).

Da Gv si capisce che il fatto che Gesù fosse da Nazareth togliesse credibilità alla sua messianicità (Gv 1,45: “Che cosa può venire di buono da Nazareth?”); “Studia e vedrai che dalla Galilea non sorge alcun profeta!” (Gv 7,52) gli dice Nicodemo.

Lc ambienta la nascita a Betlemme per mostrare che Gesù è il Davide tanto atteso. Era stato promesso che da Betlemme di Efrata sarebbe nato il Messia, e così è. La storia di Maria e Giuseppe che non trovano posto nell’albergo e che nessuno vuole; gli angeli che cantano nella volta celeste: “Gloria a Dio e pace in terra”; l’asino, il bue, (che non ci sono scritti nel vangelo), i pastori, la mangiatoia, i Re Magi, la stella, niente di tutto questo storicamente è accaduto.

Vi secca un po’ che sia così? Era così bella quest’immagine poetica del Natale, magari con la neve! Vi sorprende? “Ma come, ci hanno sempre detto... e, invece...”. Siete un po’ senza parole? Ci si sente traditi, vero? Conosco questa sensazione, l’ho passata anch’io quando ho aperto gli occhi: non è bella vero?

Gesù non è nato neppure il 25 di dicembre e neppure a mezzanotte. Il fatto che i pastori vegliassero di notte ha fatto pensare ad una nascita notturna (messa di mezzanotte). Ma certamente Gesù non poteva essere nato il 25 dicembre visto che il gregge passava la notte all’aria aperta da marzo a novembre. Poi faceva troppo freddo.

Gesù è nato il 25 dicembre non perché sia nato proprio quel giorno, ma perché il 25 di dicembre i Romani celebravano la festa del Natalis solis invicti (la festa del sole nascente e vittorioso). E chi più di Gesù è il sole nascente e radioso nella notte del mondo?

La grotta? La parola katalyma (2,7) fa capire che era la stalla degli animali di una casa e non una grotta. E la mangiatoia? La mangiatoia nella Palestina non è mai una cesta messa a terra come si vede nelle immagini natalizie ma è attaccata al muro.

I pastori (2,8)? Non c’era nessun pastore il giorno della nascita di Gesù. Ma poiché Davide era un pastore e Gesù era quel Davide tanto aspettato, allora Lc fa sì che quell’attesa del nuovo Davide, quell’attesa dei pastori, sia finalmente esaudita. La stella? Contraddice tutte le leggi astronomiche.

Il censimento (2,1)? Non ci sono prove chiare di un censimento esteso a tutto l’impero romano sotto Augusto e si ignora un censimento in Palestina all’epoca di Gesù. Inoltre Quirinio non era ancora legato in Siria (dal 6 d.C.).

Perché le persone avrebbero dovuto farsi registrare nella città degli antenati e non nella propria di residenza (2,3)? E perché avrebbero dovuto recarsi anche le donne che non avevano valore giuridico (2,5)? Giuseppe aveva possedimenti a Betlemme (solo in questo caso avrebbe dovuto andare fino a Betlemme 2,4)? E se avesse avuto possedimenti a Betlemme com’è spiegabile che non vi trova alloggio (2,7)? Perché Maria avrebbe dovuto accompagnarlo e affrontare le difficoltà del viaggio pur trovandosi incinta (2,5)? Perché Maria medita e custodisce ciò che le succede, se aveva già tutto chiaro dall’annuncio dell’angelo (2,19)?

Vi delude tutto questo? Vi lascia un po’ sconcertati? Un po’ amareggiati? Era meglio non saperle certe cose?

Ma allora? Ma allora è tutto falso ciò che è scritto? Che cosa dobbiamo vedere allora in questa notte di Natale? È tutta una finzione?

Se ti fermi agli occhi fisici, se ti fermi alla razionalità allora la risposta è: “Sì”. Se non conosci il linguaggio dell’anima, allora è tutta una bella e poetica bugia.

Adesso ti ritrovi in crisi: prima c’era qualcosa (presepe, angeli, Betlemme, il censimento, ecc) a cui attaccarsi, qualcosa con cui motivare il pranzo di Natale, gli auguri, la messa di mezzanotte, una sfarinata di bontà e di pace. Adesso tutto questo te l’hanno tolto. Perché se tu non conosci il linguaggio dell’anima, dell’amore, dello spirito, di Dio allora tutto questo è falso.

Ma quanto devono brillare di felicità gli occhi di una persona prima che possano vedere risplendere sopra di essi, nell’oscurità della notte, il riflesso del cielo? Soltanto il sogno dell’amore fa brillare gli occhi di una persona. Hai mai visto gli occhi di chi è innamorato? Sono pieni di luce? Certo: sono così luminosi che puoi vedere le stelle, il sole e tutto il firmamento lì dentro.

E quanta gioia deve contenere il cuore di un uomo tanto da poter sentire il canto degli angeli? E’ solo l’amore che fa cantare il cuore dell’uomo. Hai mai sentito il cuore di una madre o di un padre qualche istante dopo la nascita di suo figlio? Il suo cuore non finisce mai di dire: “Meraviglia... grazie... troppo grande... troppo bello... felicità, felicità... non ci sono parole... mi sento pieno... vita, vita, vita”.

E quanta felicità deve albergare nell’anima di un uomo da sentire la terra come luogo di pace? Con tutto ciò che c’è: guerra, conflitti, odio, morte, rabbie, vendette, cos’è che vede un uomo così? Eppure nel colmo della gioia ci si sente uniti a tutti gli esseri e si comprende che la vera realtà è che siamo tutti fratelli; che c’è un’unica, sola grande realtà che tutti ci contiene e di cui tutti ne facciamo parte. Ma è solo un amore grande che ci può far sentire così.

E quanta capacità di sognare richiede l’alzarsi dei pastori e il credere ad un sogno di angeli? Quanta forza vi dev’essere in chi crede e confida nella forza di ciò che ha dentro, in se stesso, in Dio. Quel padre a cui è morto il figlio che dice: “Mi sembra di morire, ma la vita è più grande e io voglio vivere”, da dove trae tutta questa forza? Qual è la sorgente che lo fa andare avanti? Quel magistrato di Palermo a cui hanno scritto: “Prenderemo i tuoi e li faremo a pezzettini vivi”, dove trova la forza per credere al sogno di un mondo più giusto?

E quanto si deve sentire protetta una persona tanto da vedere gli angeli che lo accompagnano e lo preservano dal pericolo? E’ solo l’amore che ti fa vedere in chi ti è vicino degli angeli per il tuo sentiero.

I verbi dell’amore e dell’anima non sono i verbi della mente. La mente conosce, riflette, vuol sapere, collega, razionalizza, spiega, connette. Se tu vuoi capire così il Natale, hai fallito perché a rigor di logica non c’è stato nulla di tutto questo. Ma forse ciò vuol dire proprio che non si può capire con la mente e con tutte le nostre spiegazioni razionali.

I verbi dell’amore, dell’anima sono :

Stupirsi: miein μυειν, rimanere a bocca aperta perché c’è qualcosa che ci supera; quando quello che vivi è troppo grande e le parole troppo piccole.

Ci sono parole che dicono la felicità della nascita di tuo figlio? “Troppo grande!”, non ci sono parole. Di fronte ad un bambino che dorme beatamente nelle braccia di sua madre o che si nutre al suo seno, che c’è da dire? Non c’è niente da dire se non che contemplare in silenzio.

Di fronte ad una volta celeste piena di stelle, alla luna, al cielo terso e frizzante di queste mattine, che c’è da dire? C’è qualcosa da dire? O non c’è che da fermarsi e riempirsi, fare silenzio e “mangiarne”?

Entusiasmarsi: (εν-θεος) vuol dire avere dentro un Dio. Entusiasmarsi lasciarsi contagiare, avvolgere dalla gioia; sento e lascio entrare la festa che si vive. Entusiasmarsi vuol dire lasciare che la vita, la vitalità circolino, si muovano, fluiscano.

Quando un tuo amico si sposa, quando qualcuno raggiunge qualche tappa, quando un’illuminazione ti accade, quando compi un passaggio di vita, quando realizzi qualcosa di importante, lasciati andare. Lascia che la vita interiore viva, non bloccarla: entusiasmati!

Meravigliarsi: θαυμαζο è meravigliarsi, stupirsi (θαυμα è la cosa meravigliosa, portentosa, il miracolo); è quando accade ciò che non credevi, che neppure osavi sperare o immaginare. Ti dicevi: “Non c’è più niente da fare; ormai è andata; troppo tardi; non riesco più a cambiare; non ce la faccio”. Ma poi succede qualcosa e come per miracolo tutto cambia.

Un uomo beveva, era violento, moglie e figli erano scappati di casa. Da tanti anni era così. Ma un giorno, chissà cos’è successo!, ha smesso. Oggi non beve più e la sua famiglia si è riunita. Non è meraviglioso?

Una donna, non più giovane, si era rassegnata al fatto che non avrebbe mai trovato nessun uomo. Poi come un fulmine a ciel sereno arriva colui che ora è suo marito. Miracolo, meraviglia, in-credibile!

L’anima vive di meraviglia e di gratitudine. L’anima si nutre di sorprese e dei regali che la vita le fa. L’anima muore quando tutto viene dato per scontato, quando non c’è niente di nuovo, quando si sa già tutto.

Piangere: è l’espressione primordiale, la prima, la più naturale; la prima cosa che abbiamo fatto a questo mondo. Se uno non sa piangere allora è davvero bloccato; allora è come un iceberg freddo: se lo accarezzi, ti graffi! L’anima vive di commozione: è quando la felicità è traboccante ed esce dai tuoi occhi.

Quando tuo figlio fa la recita di Natale e lo vedi tutto preso e impegnato e così fiero e orgoglioso di farti vedere quello che fa e quello che sa fare, come fai a non commuoverti? Solo se sei senza cuore rimani duro!

L’anima vive di lacrime: “Adamo” (uomo, umanità) םדא è il Dio א che si raggiunge solo con il “sangue” םד (dam). Dio è una meta a cui puoi arrivare solamente passando attraverso le lacrime e il pianto (S. Efrem voleva che l’ottavo sacramento fossero le lacrime!). E “lacrima” העםד (dimah) è “il sangue םד dell’occhio o alla sua sorgente”. Ma “lacrima” è anche “la provenienza ם della conoscenza העד”. Si sta in piedi, ci si “verticalizza” דעם (amad) solo attraverso il dono delle lacrime. Ci sono cose che conosceremo solo attraverso le lacrime e in nessun'altra maniera. Le lacrime, il pianto, sono necessari, imprescindibili per diventare uomini e per conoscere il mistero della vita.

Quando si sta male che si fa? Si piange; è così naturale, così normale. È la vita nel suo aspetto doloroso, sofferente che esce da noi. È il modo con cui esprimiamo il dolore e non ce lo teniamo dentro. Quando piove cosa fa la terra? La prende! Quando si soffre è adeguato alla realtà piangere.

Cantare: è dire ciò che non si può dire. Il linguaggio è solo una variante, una modificazione del canto. Con il canto e con le urla i primi uomini esprimevano ciò che vivevano e ciò che provavano. Era il loro linguaggio.

Perché ci sono cose che possono solo essere urlate, cantate, gridate, perché dirle con le parole le sminuisce, le rende povere, asettiche, fredde.

Danzare è lasciare che il corpo segua la musica interna del cuore e dell’anima. In tutte le culture la danza è un’alta forma di preghiera. Solo noi occidentali ridiamo di queste forme: ridiamo perché non comprendiamo, perché non riusciamo ad entrare in contatto con la musica del cuore e non riusciamo ad abbandonarci ad essa per cui ci sembrano movimenti profani.

C’è un bellissimo testo apocrifo (Atti di Giovanni, un testo gnostico del II sec. d.C) che dice: “Cristo era nel mezzo. Attorno a lui, in cerchio, si muovevano i dodici apostoli. Di lì a poco i nemici sarebbero venuti, avrebbero crocifisso il figlio di Dio e sul mondo sarebbe calata la tenebra. Ma prima che ciò avvenisse, Cristo aveva invitato i suoi discepoli a danzare con lui. Dal centro, egli diceva: “Sarò salvato e salverò. Sarò liberato e libererò. Sarò ferito e ferirò. Sarò generato e genererò. Sarò consumato e consumerò”. I discepoli danzavano in cerchio, tenendosi le mani. A ognuna delle espressioni di Cristo, rispondevano: “Amen”. Cristo continuava: “Sono una torcia a te che mi vedi. Sono uno specchio a te che mi scorgi. Sono una porta a te che bussi. Sono una via a te che passi”.

Danzare è lasciare che la vita che c’è in noi ci muova, agisca, ci porti e ci conduca.

Appassionarsi. Passione παθος vuol dire sentire, sperimentare, provare, patire ed indica un sentimento intenso.

Quando sono con te, sono con te, con tutto me stesso; ti sento, ti provo, ti ascolto, insomma, ci sono.

Quando lavoro, lavoro, sono presente a quello che sto facendo, sono qui, ci sono.

Quando mangio, mangio, assaporo, sento cosa mangio e lo gusto.

Quando faccio silenzio, sto con me, mi sento, mi percepisco, sto in ascolto di me, sono presente a me.

Quando ti ascolto, ti ascolto, ti sento, ti percepisco, ci sono per te.

Quando soffro, soffro, sento la sofferenza, il dolore, il male che vive dentro di me; ci sono anche qui.

E quando amo, amo, e lo faccio con tutte le mie forze, con tutte le mie energie, con tutta la passione, l’intensità, la tenerezza e la sensualità che posso. Ci sono con tutto me stesso.

Questa è passione, esserci, consapevolezza, intensità, vita dell’anima.

Vorrei chiedervi: le nostre celebrazioni cos’hanno di tutto questo? Vorrei chiedervi: cos’ha la vostra vita di tutto questo? Vorrei chiedervi: che spazio ha l’anima nella nostra società? Fate voi!

Esiste la stalla? Con gli occhi fisici non s’è vista nessuna stalla duemila anni fa. Ma l’amore ha visto!

Se ami capisci benissimo cosa voleva dire il vangelo: Dio viene dentro la tua vita che è una stalla. Perché a volte siamo proprio finiti nella “merda”, ci facciamo schifo da soli, neppure ci guardiamo allo specchio.

Un uomo, credendo che il suo vicino di casa avesse una relazione con la moglie, l’ha picchiato mandandolo in ospedale. Poi si è reso conto che quella relazione non esisteva, “se l’era creata tutta lui”: adesso si fa schifo.

Quando finisci in certi giri o in certi tunnel o cadi in certe miserie allora è proprio come se fossi finito in un letamaio.

Ma Dio non si vergogna di te e viene a prenderti anche lì; tu lo rifiuti: “No, faccio schifo, non vedi dove sono?”, ma Lui viene e ti abbraccia lo stesso; Lui non teme nessuna stalla; Lui è nato dentro una stalla perché anche chi finisce così in basso si possa sentire compreso e abbracciato da Lui.

E cosa vuol dire (se lo si permette) sentirsi amati quando si è nella merda? E’ la salvezza! Quando Dio viene nel fetore e nella puzza della stalla della tuo cuore (e tu lo lasci entrare senza vergognarti e respingerlo) allora sì che è Natale, allora sì che la tua vita ti cambia.

Esistono gli angeli? Con gli occhi fisici non c’è stato nessun angelo.
Ma certo che esistono gli angeli, eccome!

L’angelo ti annuncia una realtà diversa dal grigiore quotidiano. Nel vangelo di Natale l’angelo ha due funzioni: l’angelo è colui che annuncia una grande gioia, una sorpresa ed è colui che ti dice: “Non aver paura”.

L’angelo è colui che ti fa vedere chi sei veramente (figlio di Dio), colui che ti dice: “Vieni su... vieni fuori... esci... slegati... vai per la tua strada... non aver paura... prendi il volo... scegli... confida in te”.

Ricorderò sempre quell’angelo che un giorno mi disse con forza: “Tu devi credere in te perché dentro sei potente”. Parole semplici, dette con forza e passione che cambiarono la mia vita.

Gli angeli sono tutte quelle persone (o quei fatti, quegli incontri, quelle situazioni, quegli incroci) che hanno cambiato la nostra vita, che le hanno dato una direzione diversa, che l’hanno trasformata, che hanno tirato fuori il meglio di noi, che hanno creduto in noi.

L’angelo è colui che ti custodisce, che ti rassicura, che ti dice: “Dai fallo, non aver paura!... ma dai, provaci!... ma sì che si fa!... ti accompagno io... io ci sono e tu agisci”.

Sei sposato e ti innamori di un’altra donna. Vorresti far finta di niente; vorresti insabbiare tutto e dirti: “Ma sì passa; è solo una infatuazione!”. L’angelo ti dice: “Non aver paura, proviamo a vedere perché è successo”.

Devi lasciare l’azienda di famiglia. Sai che i tuoi genitori se la prenderanno a morte; sai che i tuoi fratelli saranno terribilmente delusi (confidavano così tanto in te!), allora hai paura. L’angelo ti dice: “Non aver paura, fallo”.

Hai deciso di far un viaggio da solo... c’è una scelta che devi fare ma non è condivisa da chi ti è vicino..., devi uscire di casa ma i tuoi genitori ti dicono: “Ma perché vuoi andartene, qui hai tutto, cosa ti manca?”..., vorresti iniziare un cammino per capire chi veramente sei..., devi dire qualcosa a qualcuno ma lo temi o hai paura di perderlo..., l’angelo ti dice: “Non aver paura, dai, fallo, ci sono io, ti accompagno”.

Gli angeli del Natale annunciano una cosa meravigliosa, quasi impossibile da pensare, da credere, ma è così. Quando viene un angelo nella mia vita allora un nuovo spazio e un nuovo cielo si aprono.

E il bue e l’asino? Che ci fanno nel presepe? Cosa c’entrano? Ci sono stati? No, non ci sono mai stati. Ma con gli occhi dell’amore è ovvio che il bue e l’asino ci siano nel presepe, per due motivi.Il bue e l’asino rappresentano sia i nostri istinti che le nostre pulsioni (l’asino simboleggia perfino la lussuria).

I nostri istinti, le nostre pulsioni, sono proprio vicine al Bambin Gesù. Molte persone controllano tutta questa vitalità, ne hanno paura, la dominano. Molte persone vivono solo di testa e non concedono spazio alla loro parte più animale, più istintiva, più umana.

\Nella mente di tante persone dire “istinti” era come dire peccato, “cose da non fare”. Ma invece l’istinto, il bue e l’asino sono proprio vicini al Signore nel presepe; anzi la tradizione dice che con il loro alito riscaldavano il Bambino. Allora: non devo temere i miei istinti perché possono essere fonte di calore per la mia vita, possono essere energia che mi spinge e che mi porta a Dio. C’è molta più saggezza nel tuo corpo che in tutto la tua mente.

L’asino è anche cocciuto, testardo; il bue è pesante, lento e si carica di ogni peso. Gesù vuole nascere anche dove c’è cocciutaggine, testardaggine, dove c’è ottusità e ignoranza. Gesù vuole portare il nuovo e la vita dove c’è fissità, rigidità e immobilità.

E il censimento? Nessun censimento è stato motivo della nascita di Gesù. Ma gli occhi dell’amore vedono benissimo questo censimento.

Il censimento censisce, conta: tu sei un numero, un emerito sconosciuto, un niente. Sei una fra i tanti, che tu ci sia o che tu non ci sia non cambia niente. Quante persone si sentono nessuno; sentono che potrebbero non esserci e tutto filerebbe via liscio lo stesso.

Ma il vangelo di Natale mi ricorda, invece, che ogni volta che un bambino nasce gli angeli cantano, il cielo si rallegra, tutta la creazione sorride e tutto l’universo si ferma per guardare chi è nato. “Tu sei importante!; tu non sei nessuno; Dio conosce il tuo nome; prendi coscienza di chi sei”.

E i pastori? Nessun pastore fuori all’aperto in dicembre. Nessun pastore è andato a Betlemme. I pastori sono coloro che vegliano, che attendono, che non dormono, che aspettano la luce del giorno. Gli occhi dell’amore sanno benissimo cosa vuol dire attendere, aspettare la luce.

Una donna deve fare un esame: sospetto di leucemia. Ma l’esame dà esito negativo. Che gioia! Una donna ha atteso otto anni per rimanere incinta, poi un giorno... Che gioia! Un uomo ha atteso quindici anni per non sudare più di notte e non fare più incubi. Che gioia! Israele attendeva da sempre la venuta del Messia: finalmente è arrivato Gesù. Che gioia!

Quando attendi, aspetti e non arriva niente allora sei come quei pastori che attendono la luce. Quando arriva la Luce è Natale!

E la nascita? Gesù non è nato di certo a Betlemme e forse neppure è nato in viaggio. Ma gli occhi dell’amore sanno benissimo quanto sia vero tutto questo.

Nascere, venire alla luce, essere se stessi, esprimere e tirar fuori la propria parte divina, è un avventura fatta di pericoli, di insidie e di nemici (Erode);

c’è sempre qualcuno che tenta di ucciderti e di impedire che ciò avvenga (strage degli innocenti);

è un viaggio lungo dove tu devi confrontarti con la tua schiavitù (Egitto);

dove si viene rifiutati dagli altri, dove non si è voluti per quello che si è (non c’era posto nell’albergo).

Nascere, partorirsi, sarà sempre un travaglio di dolore, sofferenza e difficoltà. Ma è la cosa più grande che ci può succedere: perché nascere è vivere.

Durante la preghiera mattutina un angelo apparve a cinque rabbini e disse: “Oggi vedrete il Messia!”. Era sera e il sole come una palla di fuoco rosso scendeva nella calda Palestina.

Il primo era un razionale: “E’ tutto un inganno, è tutta una produzione della mente, ci siamo creati tutto noi. In realtà non c’è niente da vedere”.

Il secondo era una iena, pieno di rabbia: “Quell’angelo maledetto, mi aveva promesso che l’Avrei visto!”.

Il terzo era un rassegnato: “Dio non si può vedere. Dio nessuno lo ha mai visto, perché dovrei vederlo io?”.

Il quarto era un ossessivo: “Sto guardando tutti i volti per vederlo, ma non l’ho ancora visto. Ma lo troverò, dovessi trovarlo fra cent’anni, lo troverò!”.

Il quinto di ritorno dal lavoro, si sedette lungo la strada e guardò con meraviglia e stupore la discesa del sole, l’intensità dei colori; si lasciò riempire dal silenzio e dai lievi rumori attorno; sentì che quel sole c’era fuori e c’era dentro di lui; si sentì terribilmente felice, immerso nel creato e al centro dell’universo e disse: “E’ vero, oggi ho visto Dio”.

Il teologo brasiliano Leonardo Boff racconta un aneddoto riguardante sua madre. Un giorno sua madre gli disse: “Tu che sei teologo, hai mai visto Dio?”. E Boff risponde: “Mamma, nessuno vede Dio”. Insiste la madre: “Ma come, è tanti anni che sei prete e teologo e non hai mai visto Dio? E’ una vergogna!”. Allora il figlio le chiede: “Ma tu lo hai mai visto?”. E lei: “Chiaro che lo vedo! Di quando in quando, al tramonto le nuvole si mettono in una determinata maniera, io mi fermo a guardare e lui passa via con il suo manto, sorridendo; e dietro di lui viene tuo padre defunto, guardandomi e sorridendo, e io resto per tutta la settimana con la gioia nel cuore”. Boff commenta così quest’episodio: “La vera teologa è lei, nonostante sia analfabeta”.

Con gli occhi dell’amore sarà Natale, altrimenti sarà solo un altro 25 dicembre.

Con gli occhi dell’amore la vita nascerà proprio quest’anno, e la vedrete, e la sentirete e la sentire pulsare dentro di voi; altrimenti sarà un’abbuffata di panettoni, dolci, regali e auguri.

Con gli occhi dell’amore, seguendo la vostra stella o il vostro angelo lo incontrerete; altrimenti tutto passerà e tutto continuerà come prima.

Pensiero della Settimana

Gli occhi dell’amore fanno di una persona il tuo amore.

 

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