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RACCONTO
Mark Eklund era in terza elementare e io insegnavo al Saint Mary's School a Morris, Minnesota. Ero affezionata a tutti e 34 i miei studenti, ma Mark era uno su un milione. Molto ordinato e preciso in apparenza, ma aveva quell'atteggiamento di essere-felice-di-vivere (happy-to-be-alive attitude) che faceva perfino la sua occasionale birbanteria deliziosa.
Mark parlava incessantemente. Dovevo ricordargli sempre che parlare senza permesso non era accettabile. Ciò che mi impressionava tanto, però, era la sua sincera risposta ogni volta che io dovevo correggerlo per cattivo comportamento: "Grazie per avermi corretto, Sorella!". All'inizio non sapevo cosa fare, ma dopo poco mi abituai a sentirlo molte volte al giorno.
Una mattina la mia pazienza era diventata sottile quando Mark parlò una volta di troppo, ed io commisi un errore da insegnante principiante. Guardai Mark e dissi, "Se dici ancora una parola, ti chiuderò le labbra con il nastro"! Passarono dieci secondi quando Chuck rivelò: "Mark sta parlando ancora." Io non avevo chiesto a nessuno degli studenti di aiutarmi a guardare Mark, ma dovetti punirlo davanti alla classe.
Ricordo la scena come se fosse successa questa mattina. Camminai verso la mia scrivania, aprii intenzionalmente il mio cassetto e tirai fuori un rotolo di nastro adesivo. Senza dire una parola, mi avvicinai al banco di Mark, strappai due pezzi di nastro e feci con essi una grande X sulle sue labbra. Poi tornai all'inizio della stanza. Mentre lanciai un'occhiata per vedere cosa stava facendo, lui mi strizzò l'occhio. Ciò fece! Io iniziai a ridere. La classe si rallegrò e applaudì. Tornai al banco di Mark, tolsi il nastro, e feci spallucce. Le sue prime parole furono: "Grazie per avermi corretto, Sorella."
Alla fine dell'anno, fui richiesta per insegnare alla classe di matematica della scuola media. Gli anni volarono, e presto seppi che Mark era ancora nella mia classe. Era più carino che mai e cosi educato. Poiché lui doveva mettere in lista attentamente le mie istruzioni sulla "nuova matematica", non parlò cosi tanto come aveva fatto in terza. Un venerdì le cose non andavano molto bene. Avevamo lavorato duramente su un nuovo concetto tutta la settimana e avevo la sensazione che gli studenti fossero accigliati, frustrati con se stessi e nervosi gli uni con gli altri. Dovevo fermare questo prima che mi sfuggisse di mano.
Così chiesi a loro di fare una lista con i nomi degli altri studenti nella stanza su due fogli di carta, lasciando uno spazio tra ogni nome. Poi dissi loro di pensare alla cosa più simpatica che potessero dire riguardo ad ognuno dei loro compagni di classe e di scriverla. Per finire il compito, la classe prese il resto del tempo e quando gli studenti lasciarono la stanza, ognuno mi passò il foglio. Charlie sorrise. Mark disse: "Grazie per avermi insegnato, Sorella. Buon fine settimana". Quel sabato annotai il nome di ogni studente su un foglio di carta separato, e misi in lista ciò che ognuno aveva detto di quella persona. Il lunedì diedi ad ogni studente il suo o la sua lista.
Dopo poco, l'intera classe stava sorridendo.
"Davvero?", sentii bisbigliato.
"Non sapevo di significare qualcosa per qualcuno!".
"Non sapevo di piacere cosi tanto agli altri".
Nessuno menzionò mai quei fogli ancora in classe.
Non sapevo se loro li avessero discussi dopo la classe o con i loro genitori, ma ciò non importava.
L'esercizio aveva raggiunto il suo scopo. Gli studenti erano ancora felici con se stessi e gli uni con gli altri. Il gruppo di studenti si era rimesso in marcia.
Diversi anni più tardi, dopo che tornai dalle mie vacanze, i miei genitori mi vennero incontro all'aeroporto. Quando stavamo guidando verso casa, mia Madre mi chiese le solite domande sulla gita, sul tempo, le mie esperienze in generale. Ci fu una pausa nella conversazione. Mia madre diede a mio padre un'occhiata di lato e disse semplicemente: "Papà?". Mio padre si schiarì la gola come faceva di solito prima di qualcosa importante. "Gli Eklunds hanno chiamato la notte scorsa", iniziò. "Davvero?" dissi. "Non li avevo sentiti per anni. Mark come sta?". Mio Padre rispose in modo sommesso: "Mark è stato ucciso in Vietnam", disse. "I funerali sono domani, e i suoi genitori vorrebbero che tu fossi presente". Da quel giorno posso ancora indicare il punto esatto sulla I-494 dove mio Padre mi disse di Mark.
Non avevo mai visto prima un militare in una bara militare. Mark appariva così carino, così maturo. Tutto ciò che potevo pensare in quel momento era: "Mark, darei tutto il nastro adesivo del mondo se solo tu potessi parlarmi". La chiesa era affollata di amici di Mark. La sorella di Chuck canto "L'inno di Guerra della Repubblica". Perché doveva piovere nel giorno dei funerali? Era già difficile così! Il pastore disse le solite preghiere e il trombettiere suonò i colpi. Uno dopo l'altro quelli che amavano Mark si misero in cammino verso la bara e la bagnarono con l'acqua santa. Io fui l'ultima a benedire la bara.
Mentre stavo in piedi, uno dei soldati che avevano portato la bara salì verso di me.
"Era lei l'insegnante di matematica di Mark?" mi chiese.
Io feci cenno di sì con il capo mentre continuavo a fissare la bara.
"Mark ha parlato molto di lei", lui disse.
Dopo il funerale, quasi tutti i vecchi compagni di classe di Mark si diressero alla fattoria di Chuck per il pranzo. La madre e il padre di Mark erano lì; ovviamente mi aspettavano.
"Vogliamo mostrarle qualcosa", suo padre disse, estraendo un portafoglio dalla sua tasca. "Hanno trovato questo su Mark quando fu ucciso. Pensiamo che lei possa riconoscerlo".
Aprendo il portafoglio, con attenzione tolse due pezzi logori di carta di taccuini che erano stati evidentemente legati, piegati e ripiegati molte volte. Sapevo senza guardare che i fogli erano quelli sui quali avevo messo in lista tutte le cose buone che ogni compagno di classe di Mark aveva detto su di lui.
"Grazie tanto per aver fatto ciò", disse la madre di Mark. "Come può vedere, Mark lo ha apprezzato molto".
I compagni di classe di Mark iniziarono a radunarsi intorno a noi.
Charlie sorrise in modo piuttosto imbarazzato e disse: "Io ho ancora la mia lista. E' nel primo cassetto della mia scrivania a casa".
La moglie di Chuck disse: "Chuck mi ha chiesto di mettere la sua nell'album del matrimonio".
"Anch'io ho la mia", disse Marilyn. "E' nel mio diario."
Poi Vicki, un'altra compagna di classe, raggiunse la sua borsetta, prese il suo portafogli e mostrò la sua consumata e logora lista del gruppo. "Io porto questa con me sempre", disse Vicki senza battere ciglio.
"Penso che tutti noi abbiamo salvato la nostra lista".
Qui fu quando alla fine mi sedetti e piansi.
Piansi per Mark e per tutti i suoi amici che non lo avrebbero mai più visto.
La densità delle persone nella società è cosi spessa che dimentichiamo che la vita finirà un giorno. E non sappiamo quando quel giorno sarà. Così per favore, dì alle persone che ami e a cui vuoi bene che sono molto speciali ed importanti. Diglielo, prima che sia troppo tardi.
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La storia dà anche l'idea per un'attività molto carina che si può fare con ragazzi ed adolescenti: come ha fatto l'insegnante di Mark, fate scrivere ad ognuno qualcosa di simpatico o di bello su ognuno degli altri componenti del gruppo, e poi date ad ognuno i suoi foglietti, oppure fateli leggere tutti ad alta voce.
E' un'attività che può andare molto bene sopratutto con gli adolescenti (ma può andare anche con i ragazzi) in quanto spesso hanno "crisi d'identità", o comunque non hanno una sufficiente autostima: il sentirsi dire cose simpatiche o comunque belle sul proprio conto può essere una buona iniezione di fiducia ed autostima.
Inoltre, aiuta tutti a guardare ad ognuno degli altri componenti del gruppo in modo positivo, e questo è ottimo per due motivi: innanzitutto fa fare lo sforzo di pensare a tutti gli altri, quando invece spesso qualcuno è messo da parte e non lo si considera mai; in secondo luogo, fa pensare agli altri in modo positivo, e anche questa è una cosa molto buona.
amiciziaamoreimportanza del singolocomplimentibontàconoscenzapositivopositività
inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 24/05/2002
TESTO
182. Le cose che ho imparato nella vita 1
Ecco alcune delle cose che ho imparato nella vita:
Che non importa quanto sia buona una persona, ogni tanto ti ferirà. E per questo, bisognerà che tu la perdoni.
Che ci vogliono anni per costruire la fiducia e solo pochi secondi per distruggerla.
Che non dobbiamo cambiare amici, se comprendiamo che gli amici cambiano.
Che le circostanze e l'ambiente hanno influenza su di noi, ma noi siamo responsabili di noi stessi.
Che, o sarai tu a controllare i tuoi atti, o essi controlleranno te.
Ho imparato che gli eroi sono persone che hanno fatto ciò che era necessario fare, affrontandone le conseguenze.
Che la pazienza richiede molta pratica.
Che ci sono persone che ci amano, ma che semplicemente non sanno come dimostrarlo.
Che a volte, la persona che tu pensi ti sferrerà il colpo mortale quando cadrai, è invece una di quelle poche che ti aiuteranno a rialzarti.
Che solo perché qualcuno non ti ama come tu vorresti, non significa che non ti ami con tutto se stesso.
Che non si deve mai dire a un bambino che i sogni sono sciocchezze: sarebbe una tragedia se lo credesse.
Che non sempre è sufficiente essere perdonato da qualcuno. Nella maggior parte dei casi sei tu a dover perdonare te stesso.
Che non importa in quanti pezzi il tuo cuore si è spezzato; il mondo non si ferma, aspettando che tu lo ripari.
Forse Dio vuole che incontriamo un po' di gente sbagliata prima di incontrare quella giusta, così quando finalmente la incontriamo, sapremo come essere riconoscenti per quel regalo.
Quando la porta della felicità si chiude, un'altra si apre, ma tante volte guardiamo così a lungo quella chiusa, che non vediamo quella che è stata aperta per noi.
La miglior specie d'amico è quel tipo con cui puoi stare seduto in un portico e camminarci insieme, senza dire un parola, e quando vai via senti come se è stata la miglior conversazione mai avuta.
E' vero che non conosciamo ciò che abbiamo prima di perderlo, ma è anche vero che non sappiamo ciò che ci è mancato prima che arrivi.
Ci vuole solo un minuto per offendere qualcuno, un'ora per piacergli, e un giorno per amarlo, ma ci vuole un vita per dimenticarlo.
Non cercare le apparenze, possono ingannare.
Non cercare la salute, anche quella può affievolirsi.
Cerca qualcuno che ti faccia sorridere perché ci vuole solo un sorriso per far sembrare brillante un giornataccia.
Trova quello che fa sorridere il tuo cuore. Ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni per abbracciarlo davvero!
Sogna ciò che ti va; vai dove vuoi; sii ciò che vuoi essere, perché hai solo una vita e una possibilità di fare le cose che vuoi fare.
Puoi avere abbastanza felicità da renderti dolce, difficoltà a sufficienza da renderti forte, dolore abbastanza da renderti umano, speranza sufficiente a renderti felice.
Mettiti sempre nei panni degli altri. Se ti senti stretto, probabilmente anche loro si sentono così.
Le più felici delle persone, non necessariamente hanno il meglio di ogni cosa; soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino.
La felicità è ingannevole per quelli che piangono, quelli che fanno male, quelli che hanno provato, solo così possono apprezzare l'importanza delle persone che hanno toccato le loro vite.
L'amore comincia con un sorriso, cresce con un bacio e finisce con un thé.
Il miglior futuro è basato sul passato dimenticato, non puoi andare bene nella vita prima di lasciare andare i tuoi fallimenti passati e i tuoi dolori.
Quando sei nato, stavi piangendo e tutti intorno a te sorridevano. Vivi la tua vita in modo che quando morirai, tu sia l'unico che sorride e ognuno intorno a te pianga.
inviato da Mariangela Molari, inserito il 22/05/2002
TESTO
Credo nell'amore perché in sé racchiude tutto il significato della nostra vita: nasciamo per amore, cresciamo nell'amore e siamo chiamati ad amare, in condivisione e comunione completa con i nostri fratelli, perché elevato fino a Dio l'amore può andare oltre i limiti dell'uomo.
Credo nell'altro perché è in chi mi sta accanto che ritrovo il tuo volto.
Credo nell'amicizia perché riconosco in essa un importante punto di riferimento che mi dà sicurezza, fiducia in me e negli altri, insegnandomi a crescere e a maturare.
Credo nella vita come grande dono che Dio ci ha concesso e con il quale possiamo realizzare quel progetto che lui ha posto in noi.
Credo nella preghiera perché ci permette di entrare in intimità con un amico sempre disponibile ad ascoltarci e confortarci; perché ci consente di elevarci fino a lui dimenticando tutto ciò che ci preoccupa ed affanna e perché in essa ritroviamo la forza per fare della nostra vita una grande esperienza d'amore.
Credo nell'intelligenza perché ci permette di affrontare con consapevolezza e responsabilità le scelte della vita.
Credo nella sincerità perché rende più puri e veri i nostri sentimenti.
Credo nella fiducia perché ci consente di non rimanere mai soli.
Credo nella felicità perché ci rende vivi e capaci di donare con spontaneità e senza pretese.
Credo nel rispetto poiché non siamo nati per giudicare o condannare, ma per imparare a crescere nella scoperta del grande valore che l'altro rappresenta per noi.
Credo nella vita eterna perché consente di superare il limite umano, la materialità, dando un senso ancora più profondo alla vita terrena.
Credo nella semplicità perché Dio ha scelto la semplicità del pane e del vino per essere sempre presente e vivo in mezzo a noi.
Credo nella conversione perché solo attraverso essa posso liberare la mia anima ed avvicinarmi a Dio privo di condizionamenti e nel totale appagamento.
Credo nel silenzio perché ci consente di superare la confusione delle parole, di riflettere, di capire, ascoltare e confortare meglio di quanto possa fare qualunque parola o qualunque orecchio.
Credo nella musica come modo di comunicare universale, diretto, spontaneo; la musica ci parla della nostra vita e ci dà l'opportunità di riflettere.
Credo nella volontà perché è grazie al desiderio e allo stimolo che Dio suscita nel cuore dell'uomo che egli riesce ad affrontare di tutto per poter, alla fine, raggiungere il suo scopo e trovare la piena felicità in esso.
Credo nella Verità poiché tutti noi abbiamo bisogno di sapere la verità; l'uomo ha sete di verità.
Credo nella gratuità perché nessuna ricompensa è più grande della gioia che sa donarci la felicità espressa dal sorriso di un volto amico.
Credo nella Provvidenza perché con essa in noi nulla ci può mancare anche quando non abbiamo niente.
Credo nel camposcuola come stimolo, spinta verso un cammino di crescita che ci fa forti nella fede e ci rende testimoni della Tua misteriosa e preziosa presenza.
Credo nella perfetta letizia, nel dono di Dio di perdonare e sentirsi perdonati. Un amore senza misura che riempie il cuore di gioia e dà il coraggio di affrontare la vita.
Credo nella libertà di essere se stessi perché ci rende unici, veri, autentici e liberi.
Credo nella pace perché è nella pace che si costruisce un mondo fatto d'amore, di felicità e di quella serenità che ci rende liberi pellegrini verso te, Signore.
Credo nel creato perché ovunque Lo sento: nelle montagne, nel cielo, nelle nuvole, nelle stelle, nel sole, nel vento... Tutto ci parla di Lui.
Credo in tutto questo perché credo in te.
inviato da Francesco G., inserito il 21/05/2002
TESTO
S. Biavaschi, Il profeta del vento
Nessuno è creato dalla Vita come sostegno per i vostri sogni, perché due occhi non sono fatti per guardare l'uno verso l'altro, ma entrambi verso la stessa direzione; diventando così ognuno luce per l'altro. Crescete comprendendo questo, e troverete, assieme a ciò che cercavate, anche ciò che non cercavate. Ma dopo questo, non dubitate più. Se dubitate che sia Amore, infatti, già non è Amore. E non calcolate. Se calcolate i vostri passi, infatti, già non è Amore.
Non appoggiatevi all'altro con tutto il vostro peso. Ma posatevi come un raggio di Sole su una foglia. E come una foglia accogliete l'altro raggio di Sole. Asciugate le vostre lacrime e senza timore concedete al vostro cuore questa luce e al vostro animo questo calore. Ma state attenti agli incanti! Perché i raggi di Sole non sono il Sole. Non riversate sull'altro tutta la vostra nostalgia di cielo: egli non è in grado di contenerlo, né mai voi potreste contenere il suo. Non valutate l'altro per ciò che non potrebbe mai avere, o finirete per svalutare voi. E tutto questo non è Amore. Non precipitate l'uno dentro l'altro, ma tenendovi per mano camminate insieme.
Portate l'amato non al centro del vostro cuore, ma del suo, perché lì troverà anche il vostro, e insieme troverete il cuore al centro del cosmo.
Sarete sottoposti a molte prove, e spesso l'orgoglio vi chiederà di scegliere sé al posto dell'Amore. Ma non ritiratevi da queste battaglie, perché altre non ve ne sono di più utili per voi. Se vincerete, avrete vinto. Se perderete combattendo e affilando il cuore, avrete vinto. E quando il tempo vi avrà condotto fino a farvi decidere di fondere per sempre le vostre due vite, conoscerete quote più alte, ma anche la durezza di cadute mai pensate. E vedrete spesso andare in frantumi tutti i vostri sogni. Ma sarà allora che potrete dischiudere davvero le vostre ali.
Non maledite gli eventi, perché siete voi che avete in mano il timone del vostro destino. E non sarà rompendo questo vostro vaso e dicendo addio all'amato, che le vostre radici troveranno nuova forza: questa gabbia di creta è in realtà ciò che le salva dall'essiccare.
Siete voi che dite, quando non vi sentite amati: l'Amore è finito. Quella è invece la stagione in cui comincia. Poiché il valore di chi governa la nave è nel condurla anche controvento.
Siete voi che dite, quando finiscono le sensazioni: Ma io non amo più. Non scambiate però l'Amore con le sue sole sensazioni. Poiché il valore di chi governa la nave è nel condurla talvolta anche a vele sgonfie, fino ad altre zone di Vento.
Pertanto siate fedeli, perché nell'infedeltà diventate doppi e quadrupli. E se vi è già difficile condurre una vita, come potreste condusse due o quattro? Dividendo in due un germoglio non si hanno due vite, ma nessuna. Pensando di incontrare nuove gioie incontrereste dolori maggiori di quelli cui voltate le spalle. Perciò tornate a guardare verso chi vi aspetta, ma non per dirgli: Tu non mi ami. Bensì: lo non so amarti. Questo è necessario per far scendere l'Amore sull'amato.
Alzate lo sguardo sulle virtù dell'altro, perché avete passato il tempo senza conoscervi.
Ma se poteste entrare, e a volerlo potreste, nella mente di chi vi ha accompagnato, per sfogliare insieme il libro della vostra vita, scoprireste quanto siano belle in realtà tutte quelle pagine già scritte, e quanto saranno belle tutte quelle ancora bianche.
Ricordate che il vostro cuore nasconde un Vento inesauribile che saprebbe amare, oltre al vostro amato, anche oltre il vostro amato. E attraverso di lui amare anche tutto quanto il mondo.
Ergetevi come gabbiani in queste possibilità di volo assieme. Non fatevi orfani di gioie grandi e di dolori grandi, accontentandovi di rischiare solo in parte. Ma alzate il capo e abbiate fiducia, poiché se di questo Amore amerete, sarete come due raggi che si incontrano al centro della ruota, ove poter cogliere assieme tutto il senso del nuotare della Vita.
amoreinnamoramentodialogocoppiafamigliamatrimonio
inviato da Luca Peyron, inserito il 20/05/2002
TESTO
185. Gli indizi per trovare l'amore vero 1
Esite un modo per verificare se un amore è Amore vero? Vi proponiamo sei domande a cui dare una risposta.
1 - Prova dei criteri. Se i criteri di scelta del lui/lei si basano su: "mi piace" e "stiamo bene insieme" tutto può finire presto perché sono criteri non sufficienti. La prima domanda di prova è: ho fatto di me stesso/a un dono, lungamente preparato, anche con sacrificio? Ho un progetto di vita ben chiaro che ho scoperto coincide perfettamente con quello dell'altro/a? Ho alle spalle una maturità, non solo fisica, ma soprattutto psichica e una preparazione adeguata?
2 - Prova della partecipazione. L'amore vero vuole partecipare, condividere, dare, raggiungere. La seconda domanda di prova è: siamo capaci di partecipare, condividere? Voglio diventare felice o fare felice l'altro/a e gli altri (servizio... volontariato...)?
3 - Prova del rispetto. Non vi è vero amore senza rispetto, senza la capacità di rispettarsi reciprocamente. La terza domanda è: abbiamo veramente abbastanza rispetto reciproco, sia per il corpo che per le idee dell'altro/a? Sono orgoglioso del mio fidanzato/a?
4 - Prova delle abitudini. L'amore accetta l'altro con le sue abitudini. Non sposatevi sperando che le cose cambino con il tempo. Il pensiero: "Spero di cambiarlo/a" ha sempre fallito! Occorre accettare l'altro/a come è ora, incluse le sue abitudini ed i suoi difetti (non i vizi!) La quarta domanda è: oltre ad amarlo, vi piacciono le sue abitudini?
5 - Prova della disputa. E' importante aver veramente discusso, non tanto per la discussione in sé, quanto per l'essere poi riusciti a riconciliarsi, per aver cioè sperimentato la capacità di perdonarsi. La quinta domanda è: siamo capaci di perdonarci a vicenda e di cedere l'uno all'altro?
6 - Prova del tempo. Non sposatevi se, maturi e preparati, non avete passato almeno un'estate ed un inverno attraverso un cammino di conoscenza reciproca. Se per caso avete dei dubbi sui vostri sentimenti di amore, il tempo vi darà la risposta. Se i dubbi riguardano la sincerità dei sentimenti dell'altro/a allora il chiedere un lecito sacrificio può fugare i sospetti. La sesta ed ultima domanda di prova è: il nostro amore ha passato l'estate e l'inverno? Ci siamo conosciuti, dentro, sufficientemente?
amorematrimoniofidanzamentocoppiadialogofamiglia
inviato da Luca Peyron, inserito il 19/05/2002
TESTO
"Mi ami tu?": è l'ultima domanda di Gesù a Pietro, Pietro era triste al pensiero di aver rinnegato tre volte Gesù, prima della sua crocifissione. Ed ecco il Risorto sta dinanzi a lui. Gesù non lo condanna per il suo rinnegamento. Non prende l'atteggiamento del forte. Non tira sulla corda della cattiva coscienza già attaccata al collo di Pietro.
Nel Cristo vi sono viscere d'umanità: Lui pure durante la sua vita terrena ha percorso cammini d'oscurità.
A Pietro, Cristo dice solo queste tre parole: "Mi ami tu?" e Pietro risponde: "Signore, tu sai che ti amo". Una seconda volta Gesù riprende: "MI ami tu?". E Pietro di nuovo: "Ma lo sai che ti amo". Una terza volta Gesù insiste: "Mi ami più di tutti costoro?" E Pietro scosso: "Signore, tu conosci ogni cosa, tu sai che ti amo":
Da quel giorno ad ogni essere umano sulla terra, il Cristo instancabilmente domanda: "Mi ami tu?".
Vi sono giorno in cui ci turiamo le orecchie: la domanda ci è insopportabile. Essa è intollerabile per colui che non ha mai sperimentato l'amore umano, per chi esperimenta solo l'abbandono, o la ferita ricevuta nell'innocenza della sua infanzia.
Essa è intollerabile per noi tutti quando ci rivela quella parte di solitudine che nessuna intimità umana può colmare, quella parte di solitudine nella quale Dio ci aspetta. E quando la rivolta si esaspera, la domanda ci appare come una condanna poiché per amare non basta un atto della volontà.
Lo sappiamo abbastanza? Il Cristo non obbliga mai ad amarlo. Ma Lui, il Vivente, rimane al fianco di ciascuno, come un povero, come un oscuro. E' presente anche negli eventi più squallidi, nella fragilità dell'esistenza. Il suo amore è presenza non d'un solo istante ma di sempre. Quell'amore d'eternità apre un aldilà al nostro vivere. Senza quell'altrove, senza quell'aldilà, l'uomo non ha più speranza... e svanisce il gusto di procedere. Di fronte a quell'amore d'eternità, lo sentiamo, la nostra risposta concreta non può essere fuggitiva, per un periodo soltanto, con la possibilità di ritornare sulle nostre decisioni in seguito. La nostra risposta non può neppure essere uno sforzo della volontà; taluni vi si infrangerebbero. Essa è innanzitutto un abbandonarsi.
Rimanere dinanzi a Lui, con o senza parole, significa sapere dove riposare il nostro cuore, significa rispondergli da poveri. In questo consiste la molla segreta dell'esistenza, il rischio del Vangelo.
"Anche se talvolta io non so più se ti amo o no, o Cristo, tu sai tutto, tu sai che ti amo".
Grandi felicità sono offerte a colui che corre il rischio di un tale amore, senza calcolarne troppo le conseguenze. Quando ricerchiamo in primo luogo la felicità per noi stessi, essa a breve o lunga scadenza ci abbandona. Quanto più ardentemente la inseguiamo, tanto più lontano se ne fugge da noi.
Cercatore appassionato del suo amore d'eternità, chiunque tu sia saprai dove riposare il tuo cuore? Attraverso le tue stesse ferite, egli apre la porta della pienezza: la lode del suo amore. Abbandonati, donati. In questo consiste la guarigione delle ferite, e non solo delle tue: già, in Lui, ci guariamo reciprocamente.
felicitàgioiapeccatoconversioneamore di Dio
inviato da Mariangela Molari, inserito il 10/05/2002
TESTO
Alla radice di ogni guerra sta la paura: non tanto la paura che gli uomini hanno gli uni degli altri, quanto la paura che essi hanno di tutto. Non è soltanto che non si fidino gli uni degli altri: non si fidano neppure di se stessi. Se dubitano che qualcuno possa voltarsi ed ucciderli, ancor più dubitano di poter essi stessi voltarsi ed uccidere. In nulla possono riporre la loro fiducia perché hanno cessato di credere in Dio.
Porrete fine alle guerre chiedendo agli uomini di fidarsi di uomini che evidentemente non meritano fiducia? No. Insegnate loro ad amare Dio e ad aver fiducia in Lui; allora essi saranno in grado di amare gli uomini in cui non possono avere fiducia ed oseranno far pace con loro, fidandosi non di loro ma di Dio.
Perché soltanto l'amore - che significa umiltà - può scacciare il timore che sta alla radice di ogni guerra.
Se gli uomini volessero davvero la pace, la chiederebbero a Dio ed Egli la darebbe loro. Ma perché Egli dovrebbe dare al mondo una pace che in realtà il mondo non desidera? Perché quella pace che il mondo sembra desiderare non è affatto pace.
Per alcuni, pace significa semplicemente libertà di sfruttare altri senza pericolo di rappresaglie o di interferenze. Per altri, pace significa la possibilità di derubarsi continuamente a vicenda. Per altri ancora significa facoltà di divorare i beni della terra senza essere costretti a interrompere i propri piaceri per nutrire coloro che vengono affamati dalla loro avidità. E per la grande maggioranza, pace significa semplicemente l'assenza di ogni violenza fisica che possa gettare una ombra su vite dedite alla soddisfazione dei propri appetiti animali di comodità e di piacere.
Molti uomini come questi hanno domandato a Dio ciò che essi credevano fosse la «pace» e si sono chiesti perché le loro preghiere non fossero state esaudite. Essi non potevano comprendere che in realtà erano esaudite. Dio ha lasciato loro ciò che desideravano, perché la loro idea di pace era soltanto un'altra forma di guerra.
Così, invece di amare ciò che tu credi sia la pace, ama gli altri uomini e ama soprattutto Dio. E invece di odiare coloro che credi fomentatori di guerra, odia gli appetiti e il disordine della tua anima, che sono le cause della guerra.
inviato da Don Angelo, inserito il 09/05/2002
ESPERIENZA
Teresio Bosco, Madre Teresa di Calcutta, biografia
C'è un episodio, nella vita di madre Teresa, che sconvolge molte convinzioni e lascia pensosi, forse uno degli episodi-chiave per capire questa figura. Lo raccontò lei stessa.
«Durante una notte passata nella stazione di Howrah, a Calcutta, verso mezzanotte quando i treni sono tutti fermi per qualche ora, arrivò una poverissima famiglia che veniva di solito a dormire alla stazione. Erano una madre e quattro figli, dai cinque agli undici anni. La madre era una buffa', piccola cosa avvolta in un sari bianco di cotone, sottile per quella notte di novembre, con i capelli rasi a zero, stranamente per una donna. Aveva con sé dei recipienti di latta, qualche straccetto e dei pezzi di pane, tutto quanto possedeva per sé e per i suoi figli. Erano mendicanti. La stazione era la loro casa.
I bambini, tre ragazze e un bimbo che era il più piccolo, erano come la madre pieni di vivacità. A quell'ora, in piena notte, sedettero tutti su un marciapiede della stazione presso le rotaie, vicino ad altre innumerevoli famiglie e mendicanti solitari che già dormivano tutt'intorno, e fecero il loro pasto serale di pane secco, probabilmente quanto era avanzato a un rivenditore che verso sera lo aveva ceduto a un prezzo bassissimo. Ma non fu un pasto triste. Essi parlavano, ridevano e scherzavano. Sarebbe difficile trovare una riunione di famiglia più felice di quella.
Quando il breve pasto fu finito, andarono tutti a una pompa con grande allegria, si lavarono, bevettero e lavarono i loro recipienti di latta. Poi stesero con cura i loro stracci per dormire vicini, e un pezzo di lenzuolo per coprirsi tutti.
E fu allora che il ragazzino fece qualcosa di assolutamente meraviglioso: si mise a danzare.
Saltava e rideva fra i binari, rideva e cantava sommesso con incontenibile gioia.
Una simile danza, in una simile ora, in così assoluta miseria!».
Madre Teresa affermò tante volte che per noi occidentali, tristi nella nostra ricchezza, rintanati nelle nostre lussuose caverne, il povero è un «profeta». Pur nella miseria dove la nostra economia scaltra l'ha esiliato, egli ci insegna dei valori grandi che noi abbiamo dimenticato: l'amore per gli altri, la gioia che nasce dal gustare le piccole cose, l'amicizia, la capacità di entusiasmarsi per qualche cosa.
«Noi lo aiutiamo ad uscire dalla miseria. Ma lui ci regala qualcosa di più: ci insegna una maniera diversa di vivere: servirsi delle cose, ma non diventare prigionieri delle cose, credere che ci sono valori assai più importanti del denaro: l'amore, il calore della famiglia, il sorriso dei bambini, l'amicizia, la gioia...».
inviato da Marianna Sebastiani, inserito il 08/05/2002
PREGHIERA
David Maria Turoldo, Il sesto angelo, Mondadori, 1976
Tempo del primo avvento
tempo del secondo avvento
sempre tempo d'avvento:
esistenza, condizione
d'esilio e di rimpianto.
Anche il grano attende
anche l'albero attende
attendono anche le pietre
tutta la creazione attende.
Tempo del concepimento
di un Dio che ha sempre da nascere.
(Quando per la donna è giunta la sua ora
è in grande pressura
ma poi tutta la sua tristezza
si muterà in gaudio
perché è nato al mondo un uomo.)
Questo è il vero lungo inverno del mondo:
Avvento, tempo del desiderio
tempo di nostalgia e ricordi
(paradiso lontano e impossibile!)
Avvento, tempo di solitudine
e tenerezza e speranza.
Oh, se sperassimo tutti insieme
tutti la stessa speranza
e intensamente
ferocemente sperassimo
sperassimo con le pietre
e gli alberi e il grano sotto la neve
e gridessimo con la carne e il sangue
con gli occhi e le mani e il sangue;
sperassimo con tutte le viscere
con tutta la mente e il cuore
Lui solo sperassimo;
oh se sperassimo tutti insieme
con tutte le cose
sperassimo Lui solamente
desiderio dell'intera creazione;
e sperassimo con tutti i disperati
con tutti i carcerati
come i minatori quando escono
dalle viscere della terra,
sperassimo con la forza cieca
del morente che non vuol morire,
come l'innocente dopo il processo
in attesa della sentenza,
oppure con il condannato
avanti il plotone d'esecuzione
sicuro che i fucili non spareranno;
se sperassimo come l'amante
che ha l'amore lontano
e tutti insieme sperassimo,
a un punto solo
tutta la terra uomini
e ogni essere vivente
sperasse con noi
e foreste e fiumi e oceani,
la terra fosse un solo
oceano di speranza
e la speranza avesse una voce sola
un boato come quello del mare,
e tutti i fanciulli e quanti
non hanno favella
per prodigio
a un punto convenuto
tutti insieme
affamati malati disperati,
e quanti non hanno fede
ma ugualmente abbiano speranza
e con noi gridassero
astri e pietre,
purché di nuovo un silenzio altissimo
- il silenzio delle origini -
prima fasci la terra intera
e la notte sia al suo vertice;
quando ormai ogni motore riposi
e sia ucciso ogni rumore
ogni parola uccisa
- finito questo vaniloquio! -
e un silenzio mai prima udito
(anche il vento faccia silenzio
anche il mare abbia un attimo di silenzio,
un attimo che sarà la sospensione del mondo),
quando si farà questo
disperato silenzio
e stringerà il cuore della terra
e noi finalmente in quell'attimo dicessimo
quest'unica parola
perché delusi di ogni altra attesa
disperati di ogni altra speranza,
quando appunto così disperati
sperassimo e urlassimo
(ma tutti insieme
e a quel punto convenuti)
certi che non vale chiedere più nulla
ma solo quella cosa
allora appunto urlassimo
in nome di tutto il creato
(ma tutti insieme e a quel punto)
VIENI VIENI VIENI, Signore
vieni da qualunque parte del cielo
o degli abissi della terra
o dalle profondità di noi stessi
(ciò non importa) ma vieni,
urlassimo solo: VIENI!
Allora come il lam po guizza dall'oriente
fino all'occidente così sarà la sua venuta
e cavalcherà sulle nubi;
e il mare uscirà dai suoi confini
e il sole più non darà la sua luce
né la luna il suo chiarore
e le stelle cadranno fulminate
saranno scosse le potenze dei cieli.
E lo Spirito e la sposa dicano: Vieni!
e chi ascolta dica: vieni!
e chi ha sete venga
chi vuole attinga acqua di vita
per bagnarsi le labbra
e continuare a gridare: vieni!
Allora Egli non avrà neppure da dire
eccomi, vengo - perché già viene.
E così! Vieni Signore Gesù,
vieni nella nostra notte,
questa altissima notte
la lunga invincibile notte,
e questo silenzio del mondo
dove solo questa parola sia udita;
e neppure un fratello
conosce il volto del fratello
tanta è fitta la tenebra;
ma solo questa voce
quest'unica voce
questa sola voce si oda:
VIENI VIENI VIENI, Signore!
- Allora tutto si riaccenderà
alla sua luce
e il cielo di prima
e la terra di prima
son sono più
e non ci sarà più né lutto
né grido di dolore
perché le cose di prima passarono
e sarà tersa ogni lacrima dai nostri occhi
perché anche la morte non sarà più.
E una nuova città scenderà dal cielo
bella come una sposa
per la notte d'amore
(non più questi termitai
non più catene dolomitiche
di grattacieli
non più urli di sirene
non più guardie
a presiedere le porte
non più selve di ciminiere).
- Allora il nostro stesso desiderio
avrà bruciato tutte le cose di prima
e la terra arderà dentro un unico incendio
e anche i cieli bruceranno
in quest'unico incendio
e anche noi, gli uomini,
saremo in quest'unico incendio
e invece di incenerire usciremo
nuovi come zaffiri
e avremo occhi di topazio:
quando appunto Egli dirà
"ecco, già nuove sono fatte tutte le cose"
allora canteremo
allora ameremo
allora allora...
MARANATHA', VIENI SIGNORE GESU'!
inviato da Emilio Centomo, inserito il 08/05/2002
RACCONTO
190. Il grillo del signor Fabre 1
Bruno Ferrero, Il canto del grillo
Siamo a Londra. In una vasta e tumultuosa via alberata di Londra. Strepito di cavalli e di carrozze, vociare di mercanti e di strilloni. Trambusto di uomini e di mezzi. Chi corre perché ha fretta. Chi passeggia. Un po' di tutto. Un via vai continuo. Ma ecco... quel signore che si è fermato. Pare in ascolto. Ma di che? Trattiene per un braccio l'amico e gli sussurra: "Senti? C'è un grillo!". L'amico lo guarda stralunato: com'è possibile sentire il cri-cri di un grillo in quel mondo di rumori? "Ma cosa dice, professore? Un grillo?!". E il signore, che si è fermato, come guidato da un radar, si accosta lentamente a un minuscolo ciuffo d'erba ai piedi di un albero. Con delicatezza sposta steli e dice: "Eccolo!". L'amico si curva. E' davvero un piccolo grillo. Stupore per il fatto del grillo a Londra. Ma doppio stupore per averlo sentito. D'accordo. Per avvertire certe "voci", occorre grande capacità d'ascolto. E quel signore ce l'aveva.
Era il grande etmologo francese Jean Henry Fabre. E la sua grande capacità di ascolto era rivolta in modo specifico al mondo degli insetti.
"Ma come ha fatto a sentire il grillo in tutto questo chiasso?" domanda l'amico al signor Fabre, mentre riprendono il cammino.
"Perché voglio bene a quelle piccole creature. Tutti sentono le voci che amano, anche se sono debolissime. Vuoi che proviamo?".
Il signor Fabre si ferma. Estrae dal borsellino una sterlina d'oro e la lascia cadere a terra. E' un piccolo din, ma una decina di persone che camminano sul marciapiede si voltano di scatto a fissare la moneta.
"Hai visto" dice il signor Fabre, "Queste persone amano il denaro e ne percepiscono il suono, anche tra lo strepito più chiassoso".
Per avvertire certe "voci" occorre una grande capacità di ascolto. E la capacità di ascolto di certe "voci" c'è, se tu quelle "voci" le ami. Il signor Fabre è stato un grande nel mondo degli insetti per la sua capacità di ascolto, scaturitagli dal suo amore verso quelle piccole creature.
Chi vuol diventare "grande" - in qualunque campo, soprattutto nel "campo" di Dio" - deve avere una grande capacità di ascolto.
inviato da Mariangela Molari, inserito il 05/05/2002
RACCONTO
Bruno Ferrero, Cerchi nell'acqua
C'era una volta, tanto tempo fa, in un piccolo villaggio, la bottega di un falegname. Un giorno, durante l'assenza del padrone, tutti i suoi arnesi da lavoro tennero un gran consiglio.
La seduta fu lunga e animata, talvolta anche veemente. Si trattava di escludere dalla onorata comunità degli utensili un certo numero di membri.
Uno prese la parola: "Dobbiamo espellere nostra sorella Sega, perché morde e fa scricchiolare i denti. Ha il carattere più mordace della terra".
Un altro intervenne: "Non possiamo tenere fra noi sorella Pialla: ha un carattere tagliente e pignolo, da spelacchiare tutto quello che tocca".
"Fratel Martello - protestò un altro - ha un caratteraccio pesante e violento. Lo definirei un picchiatore. E' urtante il suo modo di ribattere continuamente e dà sui nervi a tutti. Escludiamolo!".
"E i Chiodi? SI può vivere con gente così pungente? Che se ne vadano. E anche Lima e Raspa. A vivere con loro è un attrito continuo. E cacciamo anche Cartavetro, la cui unica ragion d'essere sembra quella di graffiare il prossimo!".
Così discutevano, sempre più animosamente, gli attrezzi del falegname. Parlavano tutti insieme. Il martello voleva espellere la lima e la pialla, questi volevano a loro volta l'espulsione di chiodi e martello, e così via. Alla fine della seduta tutti avevano espulso tutti.
La riunione fu bruscamente interrotta dall'arrivo del falegname. Tutti gli utensili tacquero quando lo videro avvicinarsi al bancone di lavoro. L'uomo prese un asse e lo segò con la Sega mordace. Lo piallò con la Pialla che spela tutto quello che tocca. Sorella Ascia che ferisce crudelmente, sorella Raspa che dalla lingua scabra, sorella Cartavetro che raschia e graffia, entrarono in azione subito dopo.
Il falegname prese poi i fratelli Chiodi dal carattere pungente e il Martello che picchia e batte.
Si servì di tutti i suoi attrezzi di brutto carattere per fabbricare una culla. Una bellissima culla per accogliere un bambino che stava per nascere. Per accogliere la Vita.
Dio ci guarda con l'occhio del falegname.
occhi di Dio su di noiamore di Diocorrezione fraternaconvivere
inviato da Stefania Raspo, inserito il 05/05/2002
TESTO
Leo Buscaglia, Vivere amare capirsi
Abbiamo paura di vivere la vita, e perciò non facciamo esperienze, non vediamo. Non sentiamo. Non rischiamo! Non prendiamo a cuore nulla! Non viviamo... perché la vita significa essere coinvolti attivamente. Vivere significa sporcarvi le mani. Vivere significa buttarvi con coraggio. Vivere significa cadere e sbattere il muso. Vivere significa andare al di là di voi stessi... tra le stelle!
Ma dovete decidere voi, per voi stessi. "Cosa significa per me la vita?" Sono convinto che se ogni giorno dedicassimo a pensare alla vita e a vivere e ad amare lo stesso tempo... no, un quarto del tempo che dedichiamo a preparare i pasti, saremmo incredibili!
Ma la vita ha un modo meraviglioso per risolvere questo problema. Per me è sempre affascinante perché, quando la vita non viene vissuta, esplode in noi. E' come cercare di bloccare il coperchio di una pentola che bolle. Succederà qualcosa, ne sono convinto. Finirete per piombare nella paura, nella sofferenza, nella solitudine, nella paranoia o nell'apatia. Tutti segni del fatto che non state vivendo! Quindi, se avvertite uno di questi sintomi, rimboccatevi le maniche e dite: "Ora devo vivere". Nell'attimo in cui incominciate a lasciarvi coinvolgere nella vita, il vapore fuoriesce, e siete salvi. Non è facile: ma la vita ci fa sapere che deve essere vissuta. Meraviglioso!
Perché c'è la morte? Io non so perché c'è la morte. Perché c'è la sofferenza? Vorrei che non ci fosse, ma non so perché c'è. Se passassi la vita a cercare le risposte a questi interrogativi, non vivrei mai.
Però a quelli che vengono da me dico che so qualcosa della vita. C'è una cosa chiamata gioia, perché io l'ho provata. E c'è una cosa chiamata follia meravigliosa, perché l'ho vissuta. E so che c'è una cosa chiamata amore perché ho amato. E so che c'è una cosa chiamata estasi perché ho conosciuto l'estasi. E so anche - perché ho conosciuto gente che ne ha fatto l'esperienza - che c'è una cosa chiamata rapimento. Oh, mi piace questa parola, "rapimento"! Cercate il rapimento! Mi rifiuto di morire fino a quando non avrò imparato che cos'è!
Perché uno si comporti così, bisogna che faccia molte scelte. Una delle più importanti è "scegliere se stesso".
Scegliete voi stessi.
Finitela di odiarvi. Finitela di buttarvi giù. Abbracciatevi e dite: "Sai, va bene così! Starai perdendo i capelli, ma sei tutto ciò che ho!".
Quando vi riconciliate con le vostre debolezze, ce l'avete fatta! Non sono enormi, sono soltanto una piccola parte di voi.
Dovete scegliere voi stessi. Sono sicuro che coloro che si tolgono la vita, che non vivono, sono soprattutto coloro che non hanno rispetto per se stessi. Non so quando è stata l'ultima volta che qualcuno ha detto questo, ma voglio sottolinearlo: Voi siete un miracolo.
senso della vitaricerca di sensosuicidiomortevitaprogettostuporeaccettazione di séottimismosperanza
inviato da Emilio Centomo, inserito il 05/05/2002
TESTO
193. Preghiera di un pupazzo di stracci 1
Se per un istante Dio dimenticasse che io sono un pupazzo di stracci e mi regalasse un poco di vita, forse non direi tutto quello che penso ma in definitiva penserei tutto quello che dico.
Darei valore alle cose, non per ciò che valgono, ma per quello che significano.
Dormirei poco, sognerei di più, sapendo che per ogni minuto che chiudiamo gli occhi perdiamo sessanta secondi di luce.
Andrei quando gli altri si fermano, starei sveglio quando gli altri dormono.
Ascolterei quando gli altri parlano, e come gusterei un buon gelato di cioccolata.
Se Dio mi concedesse un poco di vita, vestirei leggero, mi appiattirei al sole, lasciando scoperto non solo il mio corpo ma anche la mia anima.
Dio mio, se avessi un cuore...
Scriverei il mio odio sul ghiaccio e aspetterei il sorgere del sole.
Dipingerei sulle stelle una poesia di Benedetti con un sogno di Van Gogh, e una canzone di Serrat sarebbe la serenata che dedicherei alla luna.
Annaffierei con le mie lacrime le rose, per sentire il dolore delle spine e il bacio incarnato dei petali.
Dio mio, se avessi un poco di vita...
Non lascerei passare un solo giorno senza dire alla gente che amo, che la amo.
Convincerei ogni donna o uomo che sono i miei preferiti e vivrei innamorato dell'amore.
Agli uomini dimostrerei quanto si sbagliano a pensare che si smette di innamorarsi quando si invecchia, senza sapere che si invecchia quando si smette di innamorarsi.
A un bambino darei ali, ma lascerei che imparasse a volare da solo.
Ai vecchi insegnerei che la morte non arriva con la vecchiaia, ma con il dimenticare.
Tante cose ho appreso da voi uomini...
Ho appreso che ognuno vuole vivere in cima alla montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel modo di salire la scarpata.
Ho appreso che quando un neonato stringe con il suo piccolo pugno, per la prima volta, il dito di suo padre, lo tiene intrappolato per sempre.
Ho appreso che un uomo ha il diritto di guardarne un altro dall'alto in basso soltanto quando deve aiutarlo ad alzarsi.
Sono tante le cose che ho potuto imparare da voi, ma alla fine non potranno servirmi molto, perché, quando mi riporrete dentro la valigia, purtroppo io starò morendo...
vitaprogettofuturorinasceresperanza
inviato da Michela De Santis, inserito il 04/05/2002
PREGHIERA
194. Il dono di nozze da parte di Dio 3
La creatura che hai al fianco è mia. Io l'ho creata.
Io le ho voluto bene da sempre, prima di te e più di te.
Per lei non ho esitato a dare la mia vita. Te la affido.
La prendi dalle mie mani e ne diventi responsabile.
Quando l'hai incontrata l'hai trovata amabile e bella.
Sono le mie mani che hanno plasmato la sua bellezza,
è il mio cuore che ha messo in lei tenerezza ed amore,
è la mia sapienza che ha formato la sua sensibilità,
la sua intelligenza e tutte le qualità che hai trovato in lei.
Ma non puoi limitarti a godere del suo fascino.
Devi impegnarti a rispondere ai suoi bisogni, ai suoi desideri.
Ha bisogno di serenità e di gioia, di affetto e di tenerezza,
di piacere e di divertimento, di accoglienza e di dialogo,
di rapporti umani, di soddisfazione nel lavoro, e di tante altre cose.
Ma ricorda che ha bisogno soprattutto di me.
Sono Io, e non tu, il principio, il fine, il destino di tutta la sua vita.
Aiutala ad incontrarmi nella preghiera, nella Parola,
nel perdono, nella speranza.
Abbi fiducia in me.
La ameremo insieme. Io la amo da sempre.
Tu hai cominciato ad amarla da qualche anno,
da quando vi siete innamorati.
Sono Io che ho messo nel tuo cuore l'amore per lei.
Era il modo più bello per dirti "Ecco te l'affido.
Gioisci della sua bellezza e delle sue qualità".
Con le parole "Prometto di esserti fedele,
di amarti e rispettarti per tutta la vita",
è come se mi rispondessi che sei felice di accoglierla
nella tua vita e di prenderti cura di lei.
Da quel momento siamo in due ad amarla.
Anzi Io ti rendo capace di amarla "da Dio",
regalandoti un supplemento di amore
che trasforma il tuo amore di creatura e lo rende simile al mio.
E' il mio dono di nozze: la grazia del sacramento del matrimonio.
Io sarò sempre con voi e farò di voi gli strumenti del mio amore
e della mia tenerezza:
continuerò ad amarvi attraverso i vostri gesti d'amore.
matrimoniocoppiaamorefamigliainnamoramento
inviato da Francesco Sessa, inserito il 04/05/2002
TESTO
195. Dieci consigli per ben litigare 1
1. Litigare: tenendo l'altro al centro della propria attenzione.
2. Ascoltarsi: significa cercare di captare le parole e i sentimenti che si trovano dietro le parole. Significa recepire con tutta la propria persona quello che l'altro trasmette e lasciare che questi esprima pienamente, nella massima libertà e sincerità, quello che pensa e sente su un determinato argomento. Significa evitare di intervenire sempre, senza lasciare spazio al partner per dire la sua.
3. Capire bene: il messaggio che viene comunicato, in modo obiettivo, senza prenderlo come una critica o come mancanza di amore e di rispetto.
4. Focalizzare: correttamente il vero problema, ossia determinare con chiarezza qual è il vero nocciolo dell'argomento. Capita di iniziare a discutere o a litigare su una questione e da questa ne derivano in fila tante altre, fino a che non si parla più del primo oggetto del discorso.
5. Non rifarsi al passato: non riportare, cioè, episodi che ormai fanno parte del "museo coniugale". E' inutile tirar fuori quello che può essere accaduto prima del matrimonio o prima dell'attuale litigio.
6. Riflettere bene: prima di replicare o lanciare accuse. Spesso la mancanza di riflessione è segno di mancanza di maturità, di poca obiettività e di una certa aggressività. Non si devono formulare accuse fondate solo su intuizioni, sospetti o sentito dire.
7. Dimostrare buona volontà: affermando il proprio desiderio di trovare qualche soluzione per uscire dalla situazione. Ciò significa discutere, cercare insieme ed essere disponibili ad accettare insieme una soluzione non propria. Si può sempre arrivare al compromesso.
8. Elencare le soluzioni e le alternative proposte, esaminarle insieme, non solo in base al sentimento, ed esprimere con sincerità ciò che si pensa a favore o contro questa o quell'altra soluzione. Tenere conto del bene di entrambi come coppia e come famiglia. Occorre per questo una buona dose di saggezza, di umiltà e di sacrificio.
9. Decidere insieme la soluzione: non significa arrendersi, ma cercare il bene migliore per tutti, anche se costa. In mancanza di unanimità, uno dei due deve delegare l'altro con la facoltà di decidere. Si può anche stabilire in quali situazioni deve decidere il marito o la moglie. A volte è necessario ricorrere a una terza persona o a un consultorio per verificarsi insieme.
10. Dimenticare e perdonare: questa deve essere la caratteristica del coniuge cristiano. Dimenticare ciò che è successo significa decidere di chiuderlo nel "museo coniugale" senza più tirarlo fuori. Perdonare con tutto il cuore, perché ci sono state e ci saranno ancora situazioni in cui anche noi possiamo sbagliare. Non rifiutare né di dare né di ricevere perdono.
famigliacoppiamatrimoniolitigiperdono
inviato da Rossella Di Cosmo, inserito il 03/05/2002
ESPERIENZA
196. Stupendo "Presepe vivente" non pubblicizzato a...
In questi giorni tutti i mezzi di comunicazione annunciano che le amministrazioni comunali, le parrocchie, le associazioni, hanno organizzato il: "Presepe vivente a..., nei giorni..., dalle ore... alle ore...; il 6 gennaio l'arrivo dei Magi con i doni...; comparse numero...; scenario suggestivo sul...; prenotarsi allo..., offerta libera" e noi annotiamo le date per poterli vedere tutti. Con questa mia lettera volevo fare anche io un po' di pubblicità ad un presepe reale...
La Società Consumista, Egoista, ha organizzato sulla Campi - Lecce, un presepe vivente, dal 1 gennaio al 31 dicembre (fin quando non ci diamo una mossa); dalle ore 00,00 alle ore 24,00; arrivano i doni (vestiti usati, pasta, olio, burro tutto aiuto CEE). I personaggi (non comparse) sono circa 300; le grotte sono fatte di roulotte bucate, senza finestre, freddissime d'inverno, bollenti in estate; le luminarie: poca luce di giorno (la notte salta sempre perché non avendo il bue e l'asino per riscaldarsi accendono tutti le stufe ed è normale che la piccola cabina elettrica non riesca a mantenere e quindi i vari bambinelli rimangono al freddo e al gelo, riscaldati dalla disperazione dei genitori che danno un po' di calore abbracciandoli, col rischio di soffocarli); gli animali: topi, scarafaggi; i servizi (se così si possono chiamare): una quindicina per 300 persone, acqua fredda; l'assistenza medica (solo le urgenze al pronto soccorso, se fanno in tempo; ma è meglio prevenire che curare). Il resto lo vedrete voi. Ah! Dimenticavo, non bisogna prenotarsi, né fare lunghe code, l'ingresso è gratuito, anzi uscendo da questo presepe vi accorgerete come loro vi avranno dato qualcosa: sì, capirete molte cose della vita. Uscendo non direte Che bello e poi tutto finisce lì. Non avrete parole, ma ve lo ricorderete per tutta la vita. Lo spazio Campo Sosta Panareo per realizzare questo presepe è stato messo a disposizione (e abbandonato) dal Comune di Lecce.
I personaggi di questo presepe mi fanno venire in mente i pastori al tempo di Gesù: non godevano di diritti civili ed erano considerati gli ultimi della società. Vivevano immersi nell'abiezione e dal punto di vista delle norme religiose nell'impurità totale, senza alcuna possibilità di riscatto. Venivano trattati alla stregua di bestie, con una differenza a favore delle bestie: si può tirare un animale caduto in un fosso, ma non un pastore. Proprio a costoro si rivolge l'angelo. Non parole di condanna, ma un annunzio di grande gioia, la nascita di colui che li libererà dall'emarginazione. Quelli che gli uomini avevano confinato nelle tenebre (in un campo sosta) sono i primi a rendersi conto della luce che risplende, mentre quanti vivono nello splendore (ricchezza) rimangono nelle tenebre. Quando Gesù si presenta nella storia, nessun sacerdote di Gerusalemme se ne accorge. I pastori sì, loro se ne andarono dalla grotta "glorificando e lodando Dio": questo era compito esclusivo degli angeli.
Correremo anche noi il rischio di non accorgerci della nascita di Gesù? Ci inginocchieremo davanti ad un bambino fatto di gesso che non soffre né il caldo né il gelo e ci dimenticheremo che nasce in carne ed ossa nel "Campo Sosta Panareo"?. E i musulmani del Campo quella notte ascolteranno gli angeli che canteranno "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama", e il giorno di Natale, stando ai semafori delle nostre città o davanti alle porte delle nostre chiese, ci annunceranno la grande gioia che Gesù è nato anche per loro. Ci vogliamo impegnare quanto prima a cambiare un po' lo scenario di questo presepe vivente (ci vuole qualche novità per l'anno prossimo)? Andate a vedere e decidete quale modifica apportare. Magari un prefabbricato andrebbe bene.
Santo Natale a tutti.
Natalepovertàsolidarietàcaritàamore
inviato da Fra Angelo De Padova, inserito il 30/04/2002
TESTO
Quando dopo un'uscita faticosa ed impegnativa rifletti sui risultati ottenuti non indugiare, non aspettare: inginocchiati e ringrazia Dio per ciò che ti ha permesso di vivere e sperimentare, prega per i tuoi ragazzi, per le loro speranze i loro sogni e le loro sofferenze.
Quando ti sembra di aver dato il massimo della tua intelligenza, competenza, disponibilità e creatività, non dimenticare di donare senza limiti entusiasmo gioia e amore.
Quando accetti di essere un capo, ricordati di accettare un capo sopra di te.
Quando fai coraggiosa proposta di vita in cui credi, vivila intensamente con tutta la tua generosità.
Quando un problema ti assilla, la tristezza sta per avere il sopravvento, la paura ti assale, non fuggire nel frastuono delle parole o nella polverizzazione di mille esperienze, taci e nel silenzio della solitudine, ascolta.
Quando ti accorgi di ripetere esperienze già fatte, discorsi orecchiati, attività già vissute, impara a sognare: proiezione per il futuro.
Quando ti senti soddisfatto per ciò che hai fatto e ciò che sei riuscito ad ottenere non voltarti e non attendere: riparti subito.
Quando sai imporre le tue idee con chiarezza e determinazione, con dialettica e convinzione, rifletti e medita con serietà sulle idee e proposte contrarie alle tue.
Quando un ragazzo ti parla, non sottovalutare mai la ricchezza del dialogo e dell'incontro, anche il più banale.
Quando hai la sensazione che tutto vada bene, che non ci siano problemi, che ciò che hai fatto e che fai è giusto, sappi che sei fuori strada, qualcosa non va sei tu.
Quando capisci che la tua presenza è inutile, la tua strada coi ragazzi l'hai percorsa, ciò che dovevi dire l'hai detto, sappi salutare e senza voltarti riprendere il tuo zaino per continuare il tuo cammino da solo. Incontrerai altra gente da aiutare, da ascoltare, da amare, per ricevere il dono più grosso che Dio ci ha dato in questa vita: l'amore che è felicità.
Quando credi di sapere già, di conoscere tutto, di non aver bisogno degli altri, non fare il capo. Meglio la tua incertezza, la tua titubanza, la tua modestia, ostinatamente orientate verso la ricerca della verità.
Quando ti poni degli obiettivi educativi, cercali sempre nel profondo del tuo cuore ed illuminali con la ricchezza della tua intelligenza.
Quando le cose non vanno, quando tutto ti sembra crollarti addosso, quando ti viene voglia di mandare tutto all'aria, non disperare, tieni duro, non piegarti in ginocchio se non per pregare.
Quando ti accorgerai che gioie e dolori dei tuoi ragazzi ti interrogano continuamente e ti fanno gioire e soffrire, con loro ringrazia Dio per questo dono immenso che ti ha dato.
Quando sei un capo, non cessare mai di meravigliarti e di stupirti sempre di tutto e di tutti. Allena il tuo occhio, la tua mente ed il tuo cuore a scoprire, anche nelle cose vecchie, quelle nuove che le circostanze diverse mettono in evidenza, per cogliere il bello e l'inedito di ogni istante.
Quando la tua presenza offusca o adombra qualcuno o qualcosa, sforzati di essere trasparente tu stesso ed allora la luce passerà senza riflessi.
Quando... lascia che la Grazia di Dio riempia i vuoti che inevitabilmente tu lasci.
inviato da Maria Vitali, inserito il 30/04/2002
PREGHIERA
198. Amare - La preghiera dell'adolescente 2
Michel Quoist, Preghiere
Signore, vorrei amare, ho bisogno d'amare.
Tutto il mio essere non è che desiderio:
il mio cuore, il mio corpo,
si protendono nella notte verso uno sconosciuto da amare.
Le mie braccia brancicano nell'aria verso uno sconosciuto da amare.
Sono solo mentre vorrei essere due.
Parlo e nessuno è presente ad ascoltarmi.
Vivo e nessuno coglie la mia vita.
Perché essere così ricco e non aver nessuno da arricchire?
Donde viene quest'amore? Dove va?
Vorrei amare, Signore,
ho bisogno d'amare.
Ecco stasera, Signore, tutto il mio amore inutilizzato.
Ascolta, mio caro,
fermati,
fai, in silenzio, un lungo pellegrinaggio fino in fondo al tuo cuore.
Cammina lungo il tuo amore nuovo,
così come si risale un ruscello per scoprirne la sorgente.
E al termine, laggiù in fondo, nell'infinito mistero della tua
anima turbata, Mi incontrerai,
perché io mi chiamo Amore piccolo,
ed Io non sono altro che Amore, da sempre,
E l'amore è in te.
Io ti ho fatto per amare, per amare eternamente.
Ed il tuo amore sarà un altro te stesso.
Lei sta cercando;
Rassicurati, è già sulla tua strada,
In cammino da sempre,
Sulla strada del Mio Amore.
Bisogna aspettare il suo passaggio,
lei si avvicina,
tu ti avvicini,
vi riconoscerete,
perché Io ho fatto il suo corpo per te,
ho creato il tuo per lei,
ho fatto il tuo cuore per lei, ho creato il suo per te,
e voi vi state ricercando nella notte,
nella mia notte che diventerà luce
se voi avrete fiducia in Me.
Conservati per lei, piccolo mio,
come lei si conserva per te.
Io vi custodirò l'uno per l'altra,
e, giacché hai fame d'amore,
ho posto sul tuo cammino tutti i tuoi fratelli da amare.
Credimi, è un lungo tirocinio l'amore,
e non vi sono diverse specie di amore:
amare, vuol sempre solo dire abbandonare se stessi
per darsi agli altri...
Signore, aiutami a dimenticarmi per gli uomini miei fratelli,
perché dando me stesso impari ad amare.
amoresessualitàamareaffettività
inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 26/04/2002
TESTO
199. Amami come sei (versione lunga) 2
Conosco la tua miseria, le lotte e le tribolazioni della tua anima, le deficienze e le infermità del tuo corpo; so la tua viltà, i tuoi peccati, e ti dico lo stesso: Dammi il tuo cuore, amami come sei...
Se aspetti di essere un angelo per abbandonarti all'amore, non amerai mai. Anche se sei vile nella pratica della virtù e del dovere, se ricadi spesso in quelle colpe che vorresti non commettere più, non ti permetto di non amarmi. Amami come sei.
In ogni istante e in qualunque situazione tu sia, nel fervore o nell'aridità, nella fedeltà o nell'infedeltà, amami... come sei... voglio l'amore del tuo povero cuore; se aspetti di essere perfetto, non mi amerai mai.
Non potrei forse fare di ogni granello di sabbia un serafino radioso di purezza, di nobiltà e di amore? Non sono io l'Onnipotente? E se mi piace lasciare nel nulla quegli esseri meravigliosi e preferire il povero amore del tuo cuore, non sono io padrone del mio amore?
Figlio mio, lascia che ti ami, voglio il tuo cuore. Certo voglio col tempo trasformarti, ma per ora ti amo come sei... e desidero che tu faccia lo stesso; io voglio vedere dai bassifondi della miseria salire l'amore. Amo in te anche la tua debolezza, amo l'amore dei poveri e dei miserabili; voglio che dai cenci salga continuamente un gran grido: Gesù ti amo.
Voglio unicamente il canto del tuo cuore, non ho bisogno né della tua scienza, né del tuo talento. Una cosa sola mi importa, di vederti lavorare con amore.
Non sono le tue virtù che desidero; se te ne dessi, sei così debole che alimenterebbero il tuo amor proprio; non ti preoccupare di questo. Avrei potuto destinarti a grandi cose; no, sarai il servo inutile; ti prenderò persino il poco che hai... perché ti ho creato soltanto per l'amore.
Oggi sto alla porta del tuo cuore come un mendicante, io il Re dei Re! Busso e aspetto; affrettati ad aprirmi. Non allargare la tua miseria; se tu conoscessi perfettamente la tua indigenza, moriresti di dolore. Ciò che mi ferirebbe il cuore sarebbe di vederti dubitare di me e mancare di fiducia.
Voglio che tu pensi a me ogni ora del giorno e della notte; voglio che tu faccia anche l'azione più insignificante soltanto per amore. Conto su di te per darmi gioia...
Non ti preoccupare di non possedere virtù; ti darò le mie. Quando dovrai soffrire, ti darò la forza. Mi hai dato l'amore, ti darò di poter amare al di là di quanto puoi sognare...
Ma ricordati... Amami come sei...
Ti ho dato mia Madre: fa passare, fa passare tutto dal suo Cuore così puro.
Qualunque cosa accade, non aspettare di essere santo per abbandonarti all'amore, non mi ameresti mai... Va...
accettazione di séamare Dioamore di Dio
inviato da Sara D'Erasmo, inserito il 26/04/2002
TESTO
Kahlil Gibran, Il profeta
Quando l'amore vi fa cenno, seguitelo,
benché le sue strade siano aspre e scoscese.
E quando le sue ali vi avvolgono,
abbandonatevi a lui,
benché la spada che nasconde tra le penne possa ferirvi.
E quando vi parla, credetegli,
anche se la sua voce può mandare in frantumi i vostri sogni
come il vento del nord lascia spoglio il giardino.
Perché come l'amore vi incorona, così vi crocifigge.
E come per voi è maturazione, così è anche potatura.
E come sale alla vostra cima e accarezza i rami più teneri che fremono al sole,
così discenderà alle vostre radici che scuoterà dove si aggrappano con più forza alla terra.
Come fastelli di grano vi raccoglierà.
Vi batterà per denudarvi.
Vi passerà al crivello per liberarvi dalla pula.
Vi macinerà fino a farvi farina.
Vi impasterà fino a rendervi plasmabili.
E poi vi assegnerà al fuoco sacro,
perché possiate diventare pane sacro nei sacri conviti di Dio.
Tutto questo farà in voi l'amore,
affinché conosciate i segreti del cuore,
e in quella conoscenza diventiate un frammento del cuore della vita.
Ma se avrete paura, e cercherete soltanto la pace dell'amore
ed il piacere dell'amore,
allora è meglio che copriate le vostre nudità,
e passiate lontano dall'aia dell'amore,
nel mondo senza stagioni dove potrete ridere,
ma non tutto il vostro riso,
e piangere, ma non tutto il vostro pianto.
L'amore non dà nulla all'infuori di sé,
né prende nulla se non da se stesso.
L'amore non possiede né vuol essere posseduto,
perché l'amore basta all'amore.
Quando amate non dovreste dire: "Dio è nel mio cuore".
Ma, semmai, "sono nel cuore di Dio".
E non crediate di guidare il corso dell'amore,
poiché l'amore, se vi trova degni,
guiderà lui il vostro corso.
L'amore non desidera che il proprio compimento.
Ma se amate e quindi avete desideri,
i vostri desideri siano questi:
sciogliersi e farsi simili a un ruscello
che scorra e canti nella notte la sua melodia;
conoscere il martirio della troppa tenerezza;
esser feriti dal vostro proprio intendere l'amore;
e sanguinare di buon grado, gioiosamente;
svegliarsi all'alba con un cuore alato
e dire grazie a un nuovo giorno d'amore;
Riposare al pomeriggio e meditare sull'estasi amorosa,
tornare a casa con gratitudine la sera,
e addormentarsi con una preghiera per chi amate nel cuore,
e un canto di lode sulle labbra.
inviato da Cristiano Ciferri, inserito il 16/04/2002