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TESTO
Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa: cercherò di non appesantire l'oggi con i pesi delle mie preoccupazioni per il domani – ma anche questo richiede una certa esperienza. Ogni giorno ha già la sua parte. Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso promettere nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L'unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l'unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. Forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. Sì, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali ma anch'esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: (...) tocca a noi aiutare te, difendere fino all'ultimo la tua casa in noi. Esistono persone che all'ultimo momento si preoccupano di mettere in salvo aspirapolveri, forchette e cucchiai d'argento – invece di salvare te, mio Dio.
inviato da Giovanni Vacca, inserito il 29/05/2009
TESTO
Dietrich Bonhoeffer, Sequela
L'inquietudine attivistica del gruppo dei discepoli, che non vuol riconoscere limiti alla propria operatività, e lo zelo che non tiene conto della resistenza, scambiano la parola del vangelo con un'idea capace di imporsi.
L'idea esige dei fanatici, che non conoscono e non badano ad alcuna resistenza.
L'idea è forte. La parola di Dio invece è così debole da lasciarsi disprezzare e respingere dagli uomini.
Per la parola ci sono cuori induriti e porte chiuse; la parola prende atto della resistenza che incontra, e la patisce. È duro a riconoscersi: per l'idea non c'è niente di impossibile, per il vangelo ci sono invece cose impossibili. La parola è più debole dell'idea. Per cui anche i testimoni della parola nel portare questa parola sono più deboli dei propagandisti di un'idea. Ma in questa debolezza sono liberi dall'inquietudine morbosa dei fanatici, essi patiscono appunto assieme alla parola.
I discepoli possono anche cedere, fuggire, purché cedano e fuggano solo con la parola, purché la loro debolezza sia la debolezza della parola stessa, purché essi, nella loro fuga, non abbandonino la parola.
Essi, infatti, non sono altro che servitori e strumenti della parola e non vogliono essere forti, là dove la parola vuole essere debole.
Se volessero imporre al mondo la parola con qualsiasi mezzo, a qualsiasi condizione, trasformerebbero la parola viva di Dio in idea, e a buon diritto il mondo si difenderebbe da un'idea che non può giovarli.
Ma proprio nella loro debole testimonianza, essi sono tra coloro che non cedono, che mantengono le posizioni - naturalmente, solo là dove c'è la parola.
I discepoli che non si rendessero conto affatto di questa debolezza della parola, non riconoscerebbero il mistero dell'abbassamento di Dio.
Questa debole parola, che è capace di patire l'opposizione dei peccatori, è in effetti la sola parola forte e misericordiosa, che converte i peccatori nella profondità del cuore. La sua forza è nascosta nella debolezza; se la parola si presentasse scopertamente nella sua forza si avrebbe il giudizio finale.
È un grande compito di cui viene fatto carico ai discepoli, quello di riconoscere i limiti del loro incarico. Ma l'abuso della parola si ritorcerà contro di loro.
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inviato da Giovanni Vacca, inserito il 07/09/2008
TESTO
La giornata di oggi è l'inizio del nostro destino di uomini, ciò per cui ognuno di noi, l'umanità è stata fatta. Questo destino di felicità, armonia esuberante di tutto il cosmo per il Primo di noi si è già avverato. Egli è già nella felicità che sarà di tutti con il corpo nella scadenza che Dio fisserà. Il mistero dell'Ascensione segna questo inizio. Gli Apostoli senza capirlo bene, con un'adesione fedele, rimasero pieni di gioia. Con il cuore pieno, nella lontananza, anche noi sappiamo che è gioia. È mistero, ma mistero di gioia. Questo destino, il mistero di oggi, è ciò per cui Egli compì la Sua missione, restò nel silenzio, nel nascondimento di trent'anni, in quella lunga tensione, nella lotta con gente cattiva e ignorante, nella Sua morte. In ogni momento della Sua vita era questo giorno la componente ultima, visse per questo giorno, per porre così la parola fine. Destino Suo e per ognuno di noi, per ogni nostro corpo, per ogni nostra anima, così intero sarà questo mistero di Ascensione.
Ci sconcerta, è quasi un peso, quando la nostra coscienza si lascia così facilmente andare. Ogni volta che ci alziamo la mattina dovrebbe riapparirci questo mistero. Egli ascese al cielo per porre l'inizio al compimento del Suo regno. Per tutti si avveri questo regno. Nel primo svegliarsi - peso, disagio, lavoro da riprendere - ci deve venire in mente il destino di questa fatica, che razionalizzi la sensazione iniziale con cui ci svegliamo. «Mando voi fino agli estremi confini della terra». Andandosene come fenomeno umano, ha lasciato il compito a noi (per questo gli Atti chiamano a uno a uno per nome gli Apostoli), il compito di essere Sua carne, Sua parola, Sua presenza. Esiste con certezza la proclamazione della felicità dell'uomo - «Io sarò con voi fino alla fine dei tempi» -, miracolo di resurrezione, di tempra che si crea all'improvviso. Il corpo mistico di Cristo in noi continua.
ascensionepasquaimpegnovita eternaparadisomorte
inviato da Giovanni Vacca, inserito il 23/09/2005
TESTO
André Louf, Generati dallo Spirito
Il peccato non è mai nel desiderio preso in sé, che è sempre fondamentalmente buono. Ora, se il male provvisorio consiste quaggiù nel travestimento o nella distorsione del desiderio, sarà importante sbarazzare quest'ultimo dal suo travestimento, raddrizzare questa distorsione che lo snatura. Se una tale operazione potesse riuscire - non lo è mai interamente -, ciò che resta allora del desiderio si confonderebbe con il bene. Or dunque, il bene che si nasconde dietro il desiderio apparentemente "cattivo", questo bene merita sempre di essere preso in considerazione e onorato nel suo giusto valore. Di più: ciò che vi è di bene in questo desiderio merita di essere esaudito, in tutta la misura in cui è ancora possibile.
Lo Spirito è la fonte e l'ordine dei nostri desideri, perché è Amore. Non ci sono desideri essenzialmente cattivi o che sarebbero unicamente il risultato di un'azione diabolica. Se i desideri si presentano a volte sotto forme un po' strane o spingono a comportamenti che con tutta evidenza hanno qualche legame con il cosiddetto peccato, è semplicemente perché non sono bene "a posto", è perché sono "male ordinati" (direbbe Bernardo). Ora, l'insieme dei desideri non può essere ordinato e messo a posto - potremmo dire anche: "strutturato" - se non dall'amore. Solo un amore vero ordina i desideri. E se la maggior parte delle persone, per non dire all'incirca tutte, soffrono di desideri che ritengono "disordinati", è perché noi siamo degli esseri più o meno feriti, degli handicappati dell'amore.
Ogni desiderio può diventare pericoloso unicamente nella misura in cui non è stato ordinato da un grande amore o non è stato sufficientemente esaudito nel più profondo dell'essere umano.
inviato da Giovanni Vacca, inserito il 23/09/2005
RACCONTO
5. Coprendo il sole con una mano
Un discepolo cercò il rabbino Nahman di Braslaw. "Non continuerò i miei studi dei Testi Sacri", disse. "Abito in una piccola casa con i miei fratelli e i genitori, e non trovo mai le condizioni ideali per concentrarmi su ciò che è importante".
Nahman indicò il sole e chiese al suo discepolo di mettersi la mano davanti al viso, in modo da occultarlo. Il discepolo lo fece. "La tua mano è piccola, eppure riesce a coprire completamente la forza, la luce e la maestosità dell'immenso sole. Nella stessa maniera, i piccoli problemi riescono a darti la scusa necessaria per non proseguire nella tua ricerca spirituale. Così come la mano può avere il potere di nascondere il sole, la mediocrità ha il potere di nascondere la luce interiore. Non incolpare gli altri per la tua incompetenza".
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inviato da Giovanni Vacca, inserito il 01/07/2005
TESTO
Innamorarsi di Gesù Cristo, come fa chi ama perdutamente una persona e imposta tutto il suo impegno umano e professionale su di lei, attorno a lei raccorda le scelte della sua vita, rettifica i progetti, coltiva gli interessi, adatta i gusti, corregge i difetti, modifica il suo carattere, sempre in funzione della sintonia con lei. Cosa non fa ad esempio un uomo per la sua donna, perché ha impostato la sua vita su di lei?
Osservando la vita di tanti nostri amici, dei nostri compagni di studi, ci accorgiamo come l'amore totalizzante investe non soltanto l'aspetto della loro affettività, ma trascina nel suo vortice i giorni, le notti, il riposo, il lavoro, la gioia, il dolore, le delusioni, le speranze. E' un investimento totale.
Quando parlo di innamoramento di Gesù Cristo voglio dire questo: un investimento totale della nostra vita. Per noi il Signore non è una fascia, una frangia, un merletto, sia pure notevole, che si aggiunge al panneggio della nostra esistenza.
L'amore per Cristo, se non ha il marchio della totalità, è ambiguo. Il Part-time, il servizio a ore, magari col compenso maggiorato per lo straordinario, con Cristo non è ammissibile; un servizio a ore saprebbe di mercificazione...
Innamorarsi di Gesù Cristo vuol dire: conoscenza profonda di lui, dimestichezza con lui, frequenza diuturna nella sua casa, assimilazione del suo pensiero, accoglimento senza sconti delle esigenze più radicali del Vangelo. Vuol dire ricentrare davvero la vita intorno al Signore Gesù, perché la nostra esistenza, come diceva Dietrich Bonhoeffer, diventi "una esistenza teologica".
amoresequelaGesù Cristoradicalità
inviato da Giovanni Vacca, inserito il 21/06/2005
TESTO
Non credo
al diritto dei più forti,
al linguaggio delle armi,
alla potenza dei potenti.
Voglio credere
ai diritti dell'uomo,
alla mano aperta,
alla potenza dei non-violenti.
Non credo alla razza o alla ricchezza,
ai privilegi, all'ordine della forza e dell'ingiustizia:
è un disordine.
Non credo di potermi disinteressare
a ciò che accade lontano da qui.
Voglio credere che il mondo intero
è la mia casa e il campo nel quale semino,
e che tutti mietono ciò che tutti hanno seminato.
Non credo
di poter combattere altrove l'oppressione,
se tollero l'ingiustizia qui.
Voglio credere che il diritto è uno,
tanto qui che altrove,
che non sono libero finché un solo uomo è schiavo.
Non credo che la guerra e la fame siano inevitabili
e la pace irraggiungibile.
Voglio credere all'azione semplice,
all'amore a mani nude,
alla pace sulla terra.
Non credo che ogni sofferenza sia vana.
Non credo che il sogno degli uomini resterà un sogno
e che la morte sarà la fine.
Oso credere invece, sempre e nonostante tutto,
all'uomo nuovo.
Oso credere al tuo sogno, o Dio,
un cielo nuovo, una terra nuova dove abiterà la giustizia.
giustiziasperanzaimpegnoresponsabilità
inviato da Giovanni Vacca, inserito il 21/06/2005
TESTO
8. Andiamo fino a Betlemme (versione breve)
Andiamo fino a Betlem, come i pastori. L'importante è muoversi. Per Gesù Cristo vale la pena lasciare tutto: ve lo assicuro. E se, invece di un Dio glorioso, ci imbattiamo nella fragilità di un bambino, con tutte le connotazioni della miseria, non ci venga il dubbio di aver sbagliato percorso.
Perché, da quella notte, le fasce della debolezza e la mangiatoia della povertà sono divenuti i simboli nuovi dell'onnipotenza di Dio. Anzi, da quel Natale, il volto spaurito degli oppressi, le membra dei sofferenti, la solitudine degli infelici, l'amarezza di tutti gli ultimi della terra, sono divenuti il luogo dove egli continua a vivere in clandestinità. A noi il compito di cercarlo. E saremo beati se sapremo riconoscere il tempo della sua visita.
Mettiamoci in cammino, senza paura. Il Natale di quest'anno ci farà trovare Gesù e, con lui, il bandolo della nostra esistenza redenta, la festa di vivere, il gusto dell'essenziale, il sapore delle cose semplici, la fontana della pace, la gioia del dialogo, il piacere della collaborazione, la voglia dell'impegno storico, lo stupore della vera libertà, la tenerezza della preghiera.
Allora, finalmente, non solo il cielo dei nostri presepi, ma anche quello della nostra anima sarà libero di smog, privo di segni di morte, e illuminato di stelle.
E dal nostro cuore, non più pietrificato dalle delusioni, strariperà la speranza.
nataleincarnazionericerca di Diosperanza
inviato da Giovanni Vacca, inserito il 19/06/2005
PREGHIERA
La tua ascensione al cielo, Signore,
mi colma di gioia perché è finito per me
il tempo di stare a guardare ciò che fai
e comincia il tempo del mio impegno.
Ciò che mi hai affidato,
rompe il guscio del mio individualismo
e del mio stare a guardare
facendomi sentire responsabile
in prima persona della salvezza del mondo.
A me, Signore, hai affidato il tuo Vangelo,
perché lo annunciassi su tutte le strade del mondo.
Dammi la forza della fede,
come ebbero i tuoi primi apostoli,
così che non mi vinca il timore,
non mi fermino le difficoltà,
non mi avvilisca l'incomprensione,
ma sempre e dovunque, io sia tua lieta notizia,
rivelatore del tuo amore,
come lo sono i martiri e i santi
nella storia di tutti i popoli del mondo.
ascensioneresponsabilitàimpegnotestimonianza
inviato da Giovanni Vacca, inserito il 19/06/2005