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PREGHIERA

1. Lettera di un parroco a Gesù Bambino

don Giuseppe Comi, Zenit.org

Caro Gesù Bambino,

da quando il Padre tuo, per mezzo di te, ha creato l'uomo, tu non ti sei mai stancato di amarlo. Per la sua salvezza, ti sei fatto carne nel seno della Vergine. Dalla carne gli hai mostrato quanto è grande la tua compassione, la tua divina carità. Nella carne hai preso tutti i suoi peccati e nel tuo corpo li hai affissi su legno della croce, per toglierli dalle sue spalle. Per attestare che ogni tua parola, ogni tuo gesto d'amore è vero, sei risorto e ora sei assiso nella più alta gloria del Cielo, avendo ricevuto dal Padre un nome che è sopra ogni altro nome.

Dinanzi a te, ogni ginocchio si piega sulla terra, nei cieli, sotto terra e ogni lingua proclama che solo tu sei il Signore. Non esistono altri signori nell'universo. Solo tu sei la Vita di ogni uomo. Questa la tua verità eterna. Questa è la nostra fede. In te, solo in te, l'uomo ritrova la luce, la pace, se stesso.

Dopo la tua gloriosa ascensione, hai bisogno della nostra carne per continuare la tua missione. Hai bisogno del mio corpo per dire la tua parola, per battezzare nel tuo nome, per perdonare i peccati, per fare te pane di vita, per trasformare te in Eucaristia. Per mostrare ad ogni uomo la tua compassione, la tua carità, la tua salvezza, per discerne e separare con taglio netto, più che spada a doppio taglio, la luce dalle tenebre, la verità dalla falsità, il bene dal male, la giustizia dall'ingiustizia, l'amore dall'odio, la pace dalla guerra, la virtù dal vizio.

Non hai bisogno di un corpo di peccato, nel quale non può abitare lo Spirito Santo e il tuo cuore mai potrà muovere il mio. Hai bisogno della mia carne pura, santa, immacolata, come la carne della Madre tua. Se è nel peccato, non può essere data a te, perché appartiene già al principe del mondo. Per questo ti scrivo: per chiederti questa piccola grazia: fa' che la tua carne sia la mia carne, il tuo cuore il mio cuore, la tua anima la mia anima, il tuo Spirito Santo il mio Spirito Santo, i tuoi sentimenti i miei sentimenti.

Conformami a te, perché come te, in te, per te, possa esercitare il mio ministero profetico, sacerdotale, regale come lo hai esercitato tu. Sarò sacerdote secondo il tuo cuore. Il mondo lo vedrà e tutti si lasceranno conquistare a te. Ti prego. Non negarmela. Tu per questo vieni: per farci vita della tua vita, per essere veri strumenti della tua salvezza.

Sarei egoista se pensassi solamente a me. La mia Parrocchia è fatta di molte persone: piccoli giovani, adulti, anziani, sani, ammalati, vicini a te, ma anche tanti che da te sono lontani. Anche per ogni persona affidata alle mie cure pastorali ti chiedo una grazia. Fa' che quanti sono vicini a te, crescano nel tuo amore, diventino tuoi missionari per fare conoscere te a quanti non ti conoscono o si sono stancati di servirti, perché privi del tuo amore nel loro cuore.

Dona a questi tuoi fedeli costanza nel servizio, perseveranza nell'amore, fortezza nell'impegno, zelo nella proclamazione della tua Parola, carità sempre viva perché mai si stanchino di amare, come non ti sei stancato tu, concludendo la tua missione sull'albero della croce. A quanti sono lontani dal tuo cuore e dalla tua parola, manda dal cielo lo Spirito di conversione come hai fatto con Saulo, il tuo persecutore. Tu lo hai convertito e ne hai fatto un tuo apostolo, sempre fedele nel servizio e perennemente obbediente alla tua volontà.

Aiuta quanti sono piccoli a crescere in età, sapienza e grazia. Sostieni i giovani perché non si smarriscano dietro le false profezie del mondo, le ingannevoli promesse e inganni che sempre le tenebre prospettano loro come vera luce. Dona alle famiglia la gioia dell'unità, della pace, del perdono, della mutua carità. Rendi gli uomini liberi per abbracciare la fede nel tuo Vangelo, senza mai vergognarsi di testimoniarti in ogni momento e circostanza della vita.

Ai senza lavoro provvedi perché abbiano il loro pane quotidiano. Agli ammalati porta la consolazione della tua presenza, così come hai fatto con tutti i sofferenti del tuo tempo. A tutti dona la saggezza dello Spirito Santo e la luce della verità.

Tu, Caro Gesù Bambino, dal tuo cielo ci scruti, ci conosci, sai le nostre debolezze, fragilità, carenza di amore. Sai che ci stanchiamo con facilità. Iniziamo tante cose, ma poi non abbiamo la forza di imitarti restando fedeli alla missione. Ti prego, manda con potenza su di noi il tuo Santo Spirito come hai fatto sugli Apostoli il giorno della Pentecoste. Fa' che Lui venga con tutta la potenza dei suoi santi sette doni: sapienza, conoscenza, fortezza, consiglio, intelletto, pietà, timore del Signore.

Senza di lui che ci muove e ci attrae, noi saremo sempre privi di quell'energia divina che ci fa tuoi veri servi. Noi non vogliamo essere discepoli oziosi, infingardi, negligenti, apatici, senza alcuna volontà di amarti. Vogliamo servirti con tutto l'amore che abita nel tuo cuore. Se tu non divieni, con il tuo Santo Spirito, il nostro nuovo alito di vita, mai ti serviremo secondo il tuo cuore e mai porteremo una sola anima a te. Vieni presto, non tardare. Abbiamo bisogno di te, per servire te, per amare te, per mostrare ad ogni uomo te.

Vergine Maria, Madre di Gesù, Madre della Redenzione, presenta la nostra preghiera al tuo Divin Figlio, prima però rivestila con il tuo cuore, avvolgila con la tua anima, così Gesù penserà che se tu che chiedi ogni cosa per te e di certo ti esaudirà. Angeli e Santi, intercedete per noi, gridate al cuore di Gesù perché ascolti la nostra supplica. Vogliamo vivere in lui, per essere di lui, per portare i cuori a Lui. Per lui sempre è Natale quando nasce in un cuore.

nataleGesù Bambinotestimonianzacomunitàevangelizzazionecaritàessere cristiani

4.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 24/12/2016

PREGHIERA

2. Cristo immagine radiosa del Padre

Bruno Forte, dalla Catechesi "Essere missionari: Andate!", a Rio de Janeiro, GMG 2013

Cristo, immagine radiosa del Padre,
principe della pace, che riconcili Dio con l'uomo
e l'uomo con Dio,
Parola eterna divenuta carne,
e carne divinizzata nell'incontro sponsale,
in te soltanto abbracceremo Dio.

Tu che ti sei fatto piccolo per lasciarti afferrare
dalla sete della nostra conoscenza e del nostro amore,
donaci di cercarti con desiderio,
di credere in te nell'oscurità della fede,
di aspettarti ancora nell'ardente speranza,
di amarti nella libertà e nella gioia del cuore.

Fa' che non ci lasciamo vincere dalla potenza delle tenebre,
sedurre dallo scintillio di ciò che passa.
Donaci perciò il tuo Spirito,
che diventi egli stesso in noi desiderio e fede,
speranza e umile amore.

Allora ti cercheremo, Signore, nella notte,
vigileremo per te in ogni tempo,
e i giorni della nostra vita mortale diventeranno
come splendida aurora, in cui tu verrai,
stella chiara del mattino, per essere finalmente per noi il sole,
che non conosce tramonto. Amen. Alleluia

Mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto

fedefiducia in DioattesaoscuritàGesù Cristoincarnazioneumiltàrapporto con Dio

inviato da Qumran2, inserito il 05/09/2016

RACCONTO

3. Il tassista newyorkese ed il segreto per vivere felici   5

David J.Pollay, Efficacemente.com

David era di fretta, il suo treno sarebbe partito tra meno di mezz'ora e le previsioni del traffico non presagivano nulla di buono. Senza pensarci troppo saltò sul primo taxi libero, in direzione della stazione. Il taxi giallo sfrecciava sulla corsia preferenziale, quando all'improvviso una macchina scura sbucò da un parcheggio poco più avanti: il tassista premette con tutta la sua forza il pedale del freno e le ruote iniziarono a fischiare. Dopo alcuni secondi, che erano sembrati interminabili, il taxi finalmente si fermò, a pochi centimetri dalla macchina scura.

David aveva il cuore in gola, ma le sorprese non era ancora finite. Il guidatore disattento, non solo non si scusò, ma iniziò ad inveire contro il tassista, per poi andarsene con un bel dito medio che sporgeva dal finestrino. David non poteva crederci: quel tizio stava per causare un'incidente potenzialmente mortale ed invece di scusarsi si era comportato da perfetto stronzo. Ma a sorprenderlo davvero fu la reazione del tassista...

Il tassista non solo non si scompose più di tanto: sorrise e salutò amichevolmente il guidatore disattento. David era incredulo: "Come hai potuto lasciarlo andare così? Stava per ucciderci!". Fu allora che David venne a conoscenza della "Legge del Camion della Spazzatura". Continuando a sorridere il tassista guardò David nello specchietto e disse:

"Un sacco di persone sono come camion della spazzatura. Vanno in giro pieni di ‘rifiuti': frustrazioni, rabbia, malcontento. Più questi ‘rifiuti' si accumulano e più loro sentono l'urgenza di cercare un posto dove scaricarli. E se glielo permetti, te li scaricheranno addosso. Quindi amico, quando qualcuno cercherà di scaricare la sua rabbia e la sua frustrazione su di te, non prenderla sul personale. Sorridi, augura loro ogni bene e vai avanti. Credimi: sarai più felice."

tranquillitàcalmaserenità

5.0/5 (3 voti)

inserito il 18/07/2015

TESTO

4. Il passo decisivo   2

André Louf, Sotto la guida dello Spirito

Posso benissimo sapere molto a proposito della fede, e anche condividere molto questa conoscenza con altri, senza mai compiere il passo decisivo della fede, che implica sempre un abbandono esistenziale a Gesù.

fedefiduciafiducia in Dioabbandono in Dio

3.0/5 (2 voti)

inviato da Eremo San Biagio, inserito il 14/05/2014

TESTO

5. Avvicinarsi all'altro   3

Rivista Concilium 2/2013, pag 157

Il nostro primo compito nell'avvicinarci a un'altra persona, a un'altra cultura, a un'altra religione è di toglierci i calzari perché il luogo a cui ci stiamo avvicinando è sacro. Sennò potremmo ritrovarci a camminare in un altro sogno. Cosa ancor più grave, potremmo dimenticare che Dio era lì prima del nostro arrivo.

missionepresenza di Dioevangelizzazioneculturarispettoaperturaconoscenza

inviato da Fr. Marcellino Pane, inserito il 20/09/2013

TESTO

6. Vivi e impara   3

Mahatma Gandhi

Vivi come se dovessi morire domani.
Impara come se dovessi vivere sempre.

viaconoscenzaimpegnosenso della vitaprogettualitàcrescita

inviato da Milena Pavan, inserito il 24/06/2012

TESTO

7. Chi vuoi essere   1

Epitteto, Dissertazione III, 23,1

Innanzitutto dì a te stesso chi vuoi essere; poi fa' ogni cosa di conseguenza.

conoscenza di sédeterminazionechiarezzacoscienzaidentitàprogettoazione

5.0/5 (1 voto)

inviato da Mariarosa Bosani, inserito il 08/04/2012

TESTO

8. Il vero sapere

San Bernardo di Chiaravalle, Sermoni sul Cantico dei Cantici, XXXVI, 3

Non dimostro di sapere tante cose se non si sa il modo di saperle.
Vi sono, infatti, coloro che vogliono sapere soltanto per sapere: è curiosità.
Vi sono coloro che vogliono sapere per essere considerati sapienti: è vanità.
Vi sono coloro che vogliono sapere per vendere la loro scienza: è un turpe guadagno.
Vi sono coloro che vogliono sapere per edificare se stessi: è prudenza.
Vi sono, infine, coloro che vogliono sapere per edificare gli altri: è carità.

sapienzaconoscenza

inviato da Luigi Rottini, inserito il 03/09/2010

TESTO

9. Parola silenziosa e carica di vita   1

Detti editi e inediti dei padri del deserto

Abba Isaia disse: "La sapienza non consiste nel parlare; la sapienza sta nel sapere in quale momento parlare. Taci con conoscenza e parla con sapienza. Rifletti prima di parlare e rispondi quello che conviene. Sii ignorante con conoscenza per sfuggire a molte pene. Chi si mostra sapiente accumula pene su di sé. Non vantarti della tua conoscenza, perché nessuno sa qualcosa; ma la perfezione suprema è disprezzare se stessi, ed è cosa buona essere al di sotto del prossimo e tenersi stretti alla divinità".

saggezzasapienza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Paolo Busato, inserito il 03/09/2010

RACCONTO

10. Il dono più grande   4

In una classe, dopo le vacanze natalizie, il professore vuole saggiare il grado di conoscenza religiosa dei suoi alunni. Come è solito fare, pensa opportuno dare loro un tema da svolgere nel corso della settimana dopo la festa dell'Epifania: "I tre Re Magi hanno portato a Gesù tre doni: oro, incenso e mirra. Secondo voi, quale dei tre è il dono più prezioso? E perché?".

Dopo una settimana i temi sono consegnati e le risposte, come si poteva supporre, sono le più varie e disparate. Chi dice che la mirra è il dono più prezioso perché sottolinea come la sofferenza e la morte in croce di Gesù siano il segno più grande del suo amore per ogni uomo. Chi invece sostiene che il dono dell'incenso mette molto bene in risalto la funzione sacerdotale di Gesù, quale ponte tra cielo e terra che ha unito Dio agli uomini e gli uomini a Dio. Altri studenti invece - la maggior parte - decisamente scelgono il dono dell'oro come segno di colui che, Re del cielo e della terra, è proprietario di tutte le ricchezze che sono state, sono e saranno.

Il professore, dopo essersi congratulato con gli alunni e per il tema svolto, e per la saggezza delle argomentazioni che hanno motivato le diverse scelte e le varie preferenze dei doni, non può però non constatare: "Devo rammaricarmi con lo studente ritenuto il più bravo, che ha consegnato il quaderno, senza scrivere una riga sul tema proposto. Perché?".

Roberto, stranamente sereno e sicuro di sé, si aspettava il rimprovero o almeno una richiesta di giustificazione, e risponde semplicemente che, a suo giudizio, nessuno dei tre doni è importante. "Secondo me, signor professore, il dono più grande che i tre Re Magi hanno fatto a Gesù è stato il loro prostrarsi per adorarlo. Mi pare - continuò il saggio studente - che Gesù abbia gradito dai Magi più l'offerta che hanno fatto di se stessi, che non quanto essi avevano in mano".

Hanno adorato Gesù. Adorare è annientarsi per amore. E' proprio il dono più grande: donare la vita per gli altri. Hanno visto in Gesù un Dio che si annienta per amore dell'uomo. E l'uomo, per rispondere a un Dio che gli si dona, non poteva rispondere meglio che con la propria adorazione, che è il suo sì di ogni momento al prossimo, dono che Gesù ritiene fatto a sé.

L'ammalato gradisce la medicina che l'infermiere o il medico gli porge, ma preferisce il sorriso e l'amore con cui gli viene somministrata. La preziosità del dono non si misura da quello che si dà o da quanto si dà, ma dal cuore con cui lo si dà. Il sorriso che accompagna il dono, vale più del dono stesso.

Nulla è piccolo di ciò che è dato per amore. Il mio, il tuo dono, piccolo o grande, vale quando coinvolge noi stessi.

amoredonodonaredono di séadorazioneepifaniare magi

4.3/5 (3 voti)

inviato da Bianca Biscardi, inserito il 13/12/2009

TESTO

11. La preghiera dell'asino di Betlemme   1

Ivan Bodrozic

Signore,
credo d'averti già molestato troppo
chiedendoti di liberarmi da questa stupida vita d'asino
di un piccolo paese ai margini della Palestina.
Quante volte mi è venuto il desiderio di diventare feroce o velenoso
come tante altre bestie,
giusto per obbligare gli uomini ad essere più accorti nei miei confronti,
ma non te ne sei curato.
Con testarda tenacia ho nutrito il desiderio di libertà,
ma non mi è stato possibile fuggire da questo carico,
sempre meno sopportabile;
non mi stato possibile fuggire dal peso
che gli altri hanno caricato sulle mie spalle,
senza chiedermi nulla, né consenso né permesso,
incuranti delle mie ginocchia traballanti.
Ti ho supplicato di allontanare almeno la verga del mio aguzzino,
che batteva la mia schiena ad ogni tentativo di alzare la testa.
Non sapevo neanche com'è il sole di cui sentivo il calore sulle spalle!
Sconosciuta era per me la bellezza della luna e delle stelle
che di notte rischiarano le vie.
Comunque grazie! Per quella notte di grazia.
Doveva essere gravosa e buia come tutte le altre,
invece ha cambiato il contenuto dei miei pensieri,
il corso della mia vita.
L'uomo e la donna che hai mandato nella mia stalla,
non sono venuti né con la forza né con il bastone,
non fremevano né minacciavano.
Sono entrati piano, umilmente e modestamente.
E allora nell'attimo più buio della notte,
ho visto il Sole in persona.
Quella luce e quel calore verso i quali ho anelato tutta la vita.
A notte fonda, attorno al Bambino adagiato sulla greppia
è risuonato un canto:
"Astro del ciel, Pargol divin, mite Agnello Redentor!".
In un istante ho sentito di non valere meno degli angeli.
Davanti a me e davanti a loro si trovava lo stesso mistero.
Non da meno era la mia meraviglia di fronte al miracolo avvenuto!
Proprio quando mi sono inginocchiato davanti a questo Mistero,
hai reso salde le mie ginocchia vacillanti,
con la forza che lui emanava hai dato fermezza alle mie membra.
Grazie Signore,
perché mi hai liberato a modo tuo e non come io ti ho chiesto.
Non mi hai dato una vita lunga, però me l'hai riempita di senso.
Non hai maledetto le tenebre che mi avvolgevano,
però mi hai mostrato la luce.
Quando non ho potuto né saputo alzare la testa,
tu ti sei chinato davanti a me per mostrarti.
Non hai tolto la croce dalle mie spalle,
mi hai insegnato come portarla.
Sono diventato orgoglioso di me imparando
che è virtuoso portare i pesi degli altri.
Mi hai aperto la porta della conoscenza
quando mi hai persuaso che il tuo giogo è dolce,
il carico leggero.
Ora lo sai perché ho accettato con gioia l'ulteriore peso,
perché mi sono offerto per il viaggio in Egitto,
nonostante gli sforzi e i pericoli.
Grazie,
perché hai scelto me e la mia misera specie per servire la Sacra Famiglia.
Una sola cosa mi ha messo in imbarazzo: quando mi hanno cambiato il nome,
ma ora so che il mio nome era proprio quello,
e sono fiero di essere chiamato Cristoforo,
portatore di Cristo.

serviziosenso della vitaumiltà

5.0/5 (1 voto)

inviato da Antonella Fontana, inserito il 08/12/2009

TESTO

12. Beatitudini degli sposi   5

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3).
Beati voi coniugi, quando siete capaci di fare grandi rinunzie per amore dell'altro; beati voi, quando, consapevoli della vostra inadeguatezza di fronte ai problemi della vita, li deponete insieme ai piedi del Signore.

Beati gli afflitti, perché saranno consolati (Mt 5,4).
Beati voi, quando la prova vi trova uniti, quando la preghiera comune diventa lo strumento per affrontarla, quando vi lasciate illuminare dallo Spirito per gioire e crescere nella conoscenza del progetto di Dio su di voi. La sua consolazione sarà la vostra forza.

Beati i miti, perché erediteranno la terra (Mt 5,5).
Beati voi, quando non date sfogo alla vostra aggressività, quando abbandonate il linguaggio prepotente dell'offesa e della rivendicazione dei meriti, del giudizio o della spartizione fredda dei compiti e assumete le vesti della mitezza inerme e generosa, della tenerezza ospitale e gratuita, del dono disarmato di voi stessi.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati (Mt 5,6).
Beati voi, quando vi lasciate guidare dalla Parola di Dio per distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è, quando lo insegnate ai vostri figli, quando desiderate che a tutto il mondo arrivi il messaggio di speranza contenuto nel Vangelo. Beati voi, quando la vostra vita diventa testimonianza viva della Parola che salva.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia (Mt 5,7).
Beati voi, quando avrete imparato a perdonarvi, ad accettarvi nella vostra debolezza e fragilità, beati voi, quando della crisi fate un momento di crescita personale e comune, quando la vostra riconciliazione diventa pedagogia d'amore per i vostri figli.

Beati i puri di cuore perché vedranno Dio (Mt 5,8).
Beati voi sposi, quando sgombrate gli occhi e la mente dalle lusinghe del mondo e guardate a ciò che è essenziale, cercandolo nella Parola di Dio. Beati voi, quando la Parola diventa stile di vita, quando vi riconosceranno discepoli di Cristo, pur restando in silenzio.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9).
Beati voi, uniti nel Sacro Vincolo del Matrimonio, quando coltivate la pace nelle relazioni all'interno della vostra famiglia, beati voi quando, usciti fuori dell'appartamento, sentite insopprimibile il desiderio di creare ponti, di collegare cuori con l'infinita misericordia di Dio.

Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,10).
Beati voi, quando decidete di andare contro corrente e rimanete sordi alle logiche del mondo. Beati voi, quando mostrate la bellezza del progetto di Dio sulla famiglia e lo sostenete con la tenacia e la forza che solo il Signore può dare. Beati voi quando, attaccati da ogni parte, continuate a mostrare la gioia del mattino di Pasqua.

matrimoniosposicoppiafamigliabeatitudini

4.5/5 (2 voti)

inviato da Antonietta, inserito il 08/12/2009

PREGHIERA

13. Madre degli infermi

Rimani, Maria, accanto a tutti gli ammalati del mondo,
di colo­ro che in questo momento, hanno perso conoscenza e stanno per morire;
di coloro che stanno iniziando una lunga agonia,
di coloro che hanno perso ogni speranza di guarigione;
di coloro che gridano e piangono per la sofferenza;
di coloro che non possono curarsi per­ché poveri;
di quelli che vorrebbero camminare e devono restare immobili;
di quelli che vorrebbero riposare e la miseria costringe a lavorare ancora.
Di quelli che cercano una sistemazione meno dolorosa nella loro vita e non la trovano;
di quelli che sono tormentati dal pensiero di una famiglia in miseria;
di quanti devono rinunciare ai loro proget­ti più cari per il futuro;
di quanti soprattutto non credono in una vita migliore;
di quanti si ribellano e bestemmiano Dio;
di quanti non sanno o non ricordano che il Cristo ha sofferto come loro.

mariamalatiinfermiammalatimalattiainfermità

inviato da Qumran2, inserito il 25/11/2009

PREGHIERA

14. O Vergine

Andrea di Creta

O Vergine, da te,
come da montagna non tagliata,
fu staccato Cristo, la pietra angolare
che ha unito le nature divise.
Per questo ci rallegriamo
e ti magnifichiamo, o Teotòkos!

Venite, ricordiamo con cuore puro e animo sobrio
la Figlia del Re, lo splendore della Chiesa,
più brillante dell'oro,
e magnifichiamola!

Salve! e gioisci, o Sposa del gran Re,
tu che rifletti splendidamente
la bellezza del tuo sposo,
ed esclami con il tuo popolo:
O Datare della vita,
ti magnifichiamo!

O Salvatore, dona il tuo celeste aiuto alla tua Chiesa;
essa non riconosce altro Dio
e liberatore all'infuori di te,
che hai dato la tua vita per essa
e ti glorifica in conoscenza.

Accetta le suppliche del tuo popolo,
o Vergine Madre di Dio,
ed intercedi senza posa presso tuo Figlio, affinché liberi noi che ti lodiamo
dai pericoli e tentazioni.
Tu sei infatti la nostra ambasciatrice
e la nostra speranza.

maria

inviato da Suor Maria Roberta Tiberio O.S.B., inserito il 25/11/2009

TESTO

15. Dio fa di me suo figlio   1

Carlo Carretto, Commento alla preghiera di C. de Foucauld "Padre Mio", ed. Città Nuova

Dio fa di me suo figlio
Altro è fare una stella
altro è fare un figlio.
Altro è fare un fiore
altro è fare un figlio.
Altro è fare una libellula
altro è fare un figlio.
Dio mi ha fatto prima come un frammento di stella e mi ha dato la vita,
poi mi ha disegnato come un fiore e mi ha dato la forma,
poi ancora mi ha infuso la coscienza e mi ha fatto amore.
Io credo all'evoluzione nella creatività di Dio e mi piace pensare che Dio prese materiale dalle rocce per fare il mio corpo e disegni dei fiori per mettere assieme le mie cellule nervose.
Ma quando pensò alla mia coscienza cercò il modello dentro di sé, nella sua vita trinitaria,
e mi fece a sua immagine e somiglianza: comunicazione, libertà, vita eterna.
Tutto ciò significa fare un figlio, perché il figlio è vita della stessa vita del Padre,
è libertà della stessa libertà del Padre,
è comunicazione della stessa comunicazione del Padre.
Ci sono molti disegni nel cosmo visibile e nel cielo invisibile, ma tutti sono espressione di un unico disegno da parte di Dio: fare di me un figlio.
Un figlio che abbia la stessa vita sua e sia eterno, la stessa libertà e sia felice,
la stessa comunicabilità e sia come lui Amore.
Naturalmente il piano non è finito e il lavoro non è compiuto perché non è un lavoro facile.
La storia dell'uomo sulla terra non è che la storia lunga e drammatica e impegnativa della sua trasformazione, che è un'autentica gestazione a figlio di Dio fino al giorno della vera nascita, quando pronuncerà con perfetta coscienza "Padre mio"... e...
entrare nella sua casa a titolo di figlio, non di un quadro che decora la parete;
a titolo di figlio, non di un vaso di fiori;
a titolo di figlio, non di un animale ignaro o assente perché incapace della conoscenza del Padre.
Dio si serve del cosmo e della storia per fare l'ambiente divino della mia nascita a suo figlio.

padrefigliocreazioneuomorapporto con Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Anna Piccirillo, inserito il 11/10/2009

RACCONTO

16. Il falco pigro   7

Bruno Ferrero, Ma noi abbiamo le ali

Un grande re ricevette in omaggio due pulcini di falco e si affrettò a consegnarli al Maestro di Falconeria perché li addestrasse. Dopo qualche mese, il maestro comunicò al re che uno dei due falchi era perfettamente addestrato. «E l'altro?» chiese il re.
«Mi dispiace, sire, ma l'altro falco si comporta stranamente; forse è stato colpito da una malattia rara, che non siamo in grado di curare. Nessuno riesce a smuoverlo dal ramo dell'albero su cui è stato posato il primo giorno. Un inserviente deve arrampicarsi ogni giorno per portargli cibo».
Il re convocò veterinari e guaritori ed esperti di ogni tipo, ma nessuno riuscì a far volare il falco. Incaricò del compito i membri della corte, i generali, i consiglieri più saggi, ma nessuno poté schiodare il falco dal suo ramo. Dalla finestra del suo appartamento, il monarca poteva vedere il falco immobile sull'albero, giorno e notte.
Un giorno fece proclamare un editto in cui chiedeva ai suoi sudditi un aiuto per il problema. Il mattino seguente, il re spalancò la finestra e, con grande stupore, vide il falco che volava superbamente tra gli alberi del giardino. «Portatemi l'autore di questo miracolo», ordinò.
Poco dopo gli presentarono un giovane contadino. «Tu hai fatto volare il falco? Come hai fatto? Sei un mago, per caso?», gli chiese il re.
Intimidito e felice, il giovane spiegò: «Non è stato difficile, maestà. Io ho semplicemente tagliato il ramo. Il falco si è reso conto di avere le ali ed ha incominciato a volare».

Talvolta, Dio permette a qualcuno di tagliare il ramo a cui siamo tenacemente attaccati, affinché ci rendiamo conto di avere le ali.

Altra Morale. Siamo tutti nati per volare, per sprigionare l'incredibile potenziale che possediamo come esseri umani. Ma a volte ci sediamo sui nostri comodi rami casalinghi, abbarbicati alle cose che per noi sono familiari. Le possibilità sono infinite, ma per molti di noi, rimangono inesplorate. Ci conformiamo alla familiarità, al comfort e all'ordinario. Così per molte persone le vite sono mediocri invece che eccitanti, emozionanti e elettrizzanti.
Quello che è successo al pennuto di questa bellissima storia è ciò che ci succede quando riusciamo ad allontanarsi dalla nosetra cosiddetta "zona di comfort", superando le paure e i limiti che spesso ci tengono bloccati.

vitasofferenzaconoscenza di sévita nuovaricononoscere i propri talenti

4.8/5 (4 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 18/07/2009

TESTO

17. La conoscenza di Dio

Bayazid al Bistami

La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano.

ricercaricerca di Dioconoscenzarapporto con Dio

inviato da Rita Spinelli, inserito il 12/06/2009

PREGHIERA

18. Una verità al di là di tutto   2

Carlo Maria Martini

Donaci, Signore,
una vera, nuova e più approfondita
conoscenza di te.
Anche attraverso le parole
che non comprendiamo,
fa' che possiamo intuire con l'affetto del cuore
il mistero tuo che è al di là di ogni comprendere.
Fa' che l'esercizio di pazienza della mente,
il percorso spinoso dell'intelligenza
sia il segno di una verità
che non è raggiunta semplicemente
coi canoni della ragione umana,
ma è al di là di tutto
e, proprio per questo, è la luce senza confini,
mistero inaccessibile e insieme nutritivo
per l'esistenza dell'uomo,
per i suoi drammi e le sue apparenti assurdità.
Donaci di conoscere te, di conoscere noi stessi,
di conoscere le sofferenze dell'umanità,
di conoscere le difficoltà
nelle quali si dibattono molti cuori
e di ritornare a una sempre nuova
e più vera esperienza di te. Amen.

veritàconoscenza

1.0/5 (1 voto)

inviato da Cesarina, inserito il 16/03/2009

TESTO

19. Ama il silenzio!

Isacco di Ninive, Un'umile speranza, Qiqajon

Se ami la verità sii amante del silenzio che, come il sole, ti illuminerà in Dio. Il silenzio ti libererà dalla falsa conoscenza e ti aprirà a Dio stesso.

silenzioricerca di Dio

inviato da Chiara, inserito il 11/11/2007

PREGHIERA

20. Preghiera per la sera prima degli esami

Signore,
sono qui la sera prima dell'esame.
Se metto quello che ho fatto e quello che ho tralasciato,
come sempre davanti a te non mi trovo.

Ho lavorato, come ho potuto,
forse da matricola inesperta,
forse ho perso tempo prezioso, ho dimenticato di dare spazio alla conoscenza dell'uomo,
forse ho smarrito la serenità affannandomi dietro cose marginali,
forse ho valutato il mio studio per quello che mi fa essere davanti agli altri e non davanti a te.

Ora, sfinito e un po' sfiduciato,
mi sento di non aver del tutto completato, di aver potuto far meglio.

Eppure, in coscienza ho dato il massimo,
ha dato quello che potevo dare,
ho dato tutto
per te, per te solo.

Ho dato tutto anche la mia inesperienza, la mia difficoltà nello studio,
la mia scarsa volontà, ho capito che in futuro potrò dare di più,
ma stasera accogli il mio tutto di oggi.

E tu, che sei fedele,
e doni in misura sovrabbondante e paghi l'operaio dell'ultima ora per amore
con la ricompensa della tua grazia,
non lasciarmi mancare la luce e la forza del tuo Spirito di sapienza, per incoraggiarmi nelle mie incertezze e per illuminarmi nelle mie mancanze.

Tu che sei il fine del mio studio,
siine anche la forza e la grazia. Amen.

studioimpegno

inviato da Margherita Di Palma, inserito il 29/10/2007

PREGHIERA

21. Preghiera per i malati

Cappella Ospedale "C. Magati", Scandiano

Vergine Maria,
sii al capezzale di tutti i malati del mondo:
di coloro che, in questo momento,
hanno perduto conoscenza e stanno per morire;
di coloro che stanno per iniziare la loro agonia;
di coloro che hanno abbandonato
ogni speranza di guarigione;
di coloro che gridano e piangono di dolore;
di coloro che non riescono a curarsi
per mancanza di denaro;
di coloro che vorrebbero camminare
e che devono rimanere immobili;
di coloro che dovrebbero mettersi a letto
e che la miseria costringe a lavorare;
di coloro che cercano invano, nel letto,
una posizione meno dolorosa;
di coloro che passano delle lunghe notti
senza poter dormire;
di coloro che sono tormentati
dalla preoccupazione di una famiglia nell'indigenza;
di coloro che devono rinunciare
ai loro più cari progetti per l'avvenire;
di coloro, soprattutto, che non credono ad una vita migliore;
di coloro che si ribellano e maledicono Dio;
di coloro che non sanno che il Cristo ha sofferto come loro.
Sii per questi nostri fratelli ammalati,
Madre di conforto e consolazione.
Amen.

sofferenzamalattiamalatoospedalecroce

inviato da Gina Rivi, inserito il 02/11/2006

PREGHIERA

22. Donami lo sguardo interiore   1

S. Agostino

Vieni in me, Spirito Santo, Spirito di sapienza:
donami lo sguardo e l'udito interiore,
perché non mi attacchi alla cose materiali,
ma ricerchi sempre le realtà spirituali.

Vieni in me, Spirito Santo, Spirito dell'amore:
riversa sempre più la carità nel mio cuore.

Vieni in me, Spirito Santo, Spirito di verità:
concedimi di pervenire alla conoscenza della verità
in tutta la sua pienezza.

Vieni in me, Spirito Santo,
acqua viva che zampilla per la vita eterna:
fammi la grazia di giungere a contemplare
il volto del Padre nella vita e nella gioia senza fine. Amen

Spirito SantoPentecoste

5.0/5 (2 voti)

inviato da Ester Da Ponte, inserito il 25/08/2006

TESTO

23. Il Segno della Croce

Matteo Salvatti

Che dono, che grande dono, il Segno della Croce! Non dovremmo mai stancarci di ringraziare il Signore per questo gesto di amore verso di noi. Un dono eterno, che mai si esaurisce e che sempre possiamo sfruttare a nostro beneficio.

Con il segno della santa croce noi veniamo inglobati, subito, all'istante, nel grande vortice del paradiso. Siamo già in paradiso, siamo già con Lui! Non c'è istante della vita in cui non possa essere composta questa melodia del cielo. Non c'è problema che non sia immediatamente alleviato da quel gesto. Un gesto universale, perché non esiste preghiera tanto semplice e tanto bella. Una preghiera così universale che ingloba tutti, che si esprime con il solo linguaggio dell'amore, che travalica, supera ogni lingua, così che davanti a quel gesto tutte le nazioni, tutti i continenti si scoprono davvero fratelli.Ogni volta che tracciamo il segno della croce su di noi, ci tocchiamo prima il capo: simbolo della ragione, perché la ragione è essenziale per giungere a Dio, la cui conoscenza non è gioco cieco, avventura spericolata. Poi ci tocchiamo il cuore, perché la fede è l'amore, è l'amore di Dio, è il Suo dono gratuito, senza il quale non possiamo credere, è fondamentale la sua grazia. E infine ci tocchiamo le spalle, perché è il nostro corpo, la nostra responsabilità, la nostra singolarità di persone che alla fine deve accettare Dio. Ognuno lo deve accettare singolarmente, con una adesione personale.

Ma il segno della croce non testimonia solo la fede: il segno della croce testimonia anche la carità. Noi ci tocchiamo il capo, perché dobbiamo conoscere Dio con le parole, tramite la Sua rivelazione, tramite la Sua parola rivelata, ma ci tocchiamo anche il cuore, perché poi dobbiamo saper meditare, come Maria, tutto nell'amore, e infine ci tocchiamo per due volte le spalle: perché tutto deve trasformarsi in carità operosa, altrimenti tutto diventa sterile.

Il segno della santa croce: tracciamo su di noi il segno della croce di Gesù, il vessillo glorioso, la nostra salvezza. Con quel gesto noi abbracciando noi stessi con le nostre stesse braccia abbracciamo Gesù e ci doniamo completamente e totalmente a Lui, accettiamo apertamente la Sua Croce.

Il segno della Santa Croce: l'orgoglio dei cristiani: quel gesto da compiere tutti i giorni, più volte al giorno, in tutte le circostanze. Anche quando la malattia impedisce la parola o neppure ci si può alzare dal letto, quel gesto fatto con fede quanta pace dona, quanta gioia, quanti miracoli ottiene!

crocesegno di croce

inviato da Matteo Salvatti, inserito il 09/12/2005

PREGHIERA

24. All'inizio della giornata

San Tommaso d'Aquino, Adattamento di una preghiera recitatata ogni giorno davanti al Crocifisso.

Dio di misericordia, fa' che io desideri ardentemente ciò che ti piace,
lo ricerchi con prudenza,
lo riconosca nella verità e lo compia perfettamente a lode e gloria del tuo nome.
Aiutami a mettere ordine nella mia vita, fammi conoscere ciò che vuoi io faccia
perché lo compia bene per l'utilità e la salvezza della mia anima.
Fa', o Signore, che io venga incontro a te su una strada sicura,
diritta e senza asperità,
che conduca alla mèta e non mi perda tra prosperità o avversità.
Che io ti possa ringraziare nella gioia e cercare pazientemente nella sofferenza.
Allontana da me lo spirito di esaltazione o di abbattimento.

conoscenzavolontà di Diodiscernimentobuongiornonuovo giorno

inviato da Anna, inserito il 23/09/2005

TESTO

25. Vivere da innamorati...

Tonino Bello

Innamorarsi di Gesù Cristo, come fa chi ama perdutamente una persona e imposta tutto il suo impegno umano e professionale su di lei, attorno a lei raccorda le scelte della sua vita, rettifica i progetti, coltiva gli interessi, adatta i gusti, corregge i difetti, modifica il suo carattere, sempre in funzione della sintonia con lei. Cosa non fa ad esempio un uomo per la sua donna, perché ha impostato la sua vita su di lei?

Osservando la vita di tanti nostri amici, dei nostri compagni di studi, ci accorgiamo come l'amore totalizzante investe non soltanto l'aspetto della loro affettività, ma trascina nel suo vortice i giorni, le notti, il riposo, il lavoro, la gioia, il dolore, le delusioni, le speranze. E' un investimento totale.

Quando parlo di innamoramento di Gesù Cristo voglio dire questo: un investimento totale della nostra vita. Per noi il Signore non è una fascia, una frangia, un merletto, sia pure notevole, che si aggiunge al panneggio della nostra esistenza.

L'amore per Cristo, se non ha il marchio della totalità, è ambiguo. Il Part-time, il servizio a ore, magari col compenso maggiorato per lo straordinario, con Cristo non è ammissibile; un servizio a ore saprebbe di mercificazione...

Innamorarsi di Gesù Cristo vuol dire: conoscenza profonda di lui, dimestichezza con lui, frequenza diuturna nella sua casa, assimilazione del suo pensiero, accoglimento senza sconti delle esigenze più radicali del Vangelo. Vuol dire ricentrare davvero la vita intorno al Signore Gesù, perché la nostra esistenza, come diceva Dietrich Bonhoeffer, diventi "una esistenza teologica".

amoresequelaGesù Cristoradicalità

inviato da Giovanni Vacca, inserito il 21/06/2005

TESTO

26. Il paradosso del nostro tempo   1

George Carlin

Il paradosso del nostro tempo nella storia è che:
abbiamo edifici sempre più alti, ma moralità più basse,
autostrade sempre più larghe, ma orizzonti più ristretti.

Spendiamo di più, ma abbiamo meno,
comperiamo di più, ma godiamo meno.
Abbiamo case più grandi e famiglie più piccole,
più comodità, ma meno tempo.

Abbiamo più istruzione, ma meno buon senso,
più conoscenza, ma meno giudizio,
più esperti, ed ancora più problemi,
più medicine, ma meno benessere.
Beviamo troppo, fumiamo troppo,
spendiamo senza ritegno, ridiamo troppo poco,
guidiamo troppo veloci, ci arrabbiamo troppo,
facciamo le ore piccole, ci alziamo stanchi,
vediamo troppa TV, e preghiamo di rado.

Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà,
ma ridotto i nostri valori.
Parliamo troppo, amiamo troppo poco
ed odiamo troppo spesso.
Abbiamo imparato come guadagnarci da vivere,
ma non come vivere.
Abbiamo aggiunto anni alla vita, ma non vita agli anni.

Siamo andati e tornati dalla Luna,
ma non riusciamo ad attraversare la strada
per incontrare un nuovo vicino di casa.
Abbiamo conquistato lo spazio esterno, ma non lo spazio interno.

Abbiamo creato cose più grandi, ma non migliori.
Abbiamo pulito l'aria, ma inquinato l'anima.
Abbiamo dominato l'atomo, ma non i pregiudizi.

Scriviamo di più, ma impariamo meno.
Pianifichiamo di più, ma realizziamo meno.
Abbiamo imparato a sbrigarci, ma non ad aspettare.

Costruiamo computers più grandi per contenere più informazioni,
per produrre più copie che mai, ma comunichiamo sempre meno.

Questi sono i tempi del fast food e della digestione lenta,
grandi uomini e piccoli caratteri,
ricchi profitti e povere relazioni.

Questi sono i tempi di due redditi e più divorzi,
case più belle ma famiglie distrutte.

Questi sono i tempi dei viaggi veloci, dei pannolini usa e getta,
della moralità a perdere, delle relazioni di una notte,
dei corpi sovrappeso e delle pillole che possono farti fare di tutto,
dal rallegrarti al calmarti, all'ucciderti.

E' un tempo in cui ci sono tante cose in vetrina
e niente in magazzino.

Ricorda sempre:
la vita non si misura da quanti respiri facciamo,
ma dai momenti che ci tolgono il respiro.

tempovitasenso della vitainterioritàesteriorità

4.0/5 (1 voto)

inviato da Cesarina Volontè, inserito il 30/01/2005

TESTO

27. Il frutto della preghiera è la fede

Madre Teresa di Calcutta

La fede è dono di Dio e cresce mediante la preghiera,
come la speranza e l'amore:
e queste sono le tre virtù principali della vita interiore.
Conoscerti e credere in te stesso significa poter conoscere Dio e credere in Dio.
La conoscenza di se stessi infonde umiltà e la conoscenza di Dio infonde amore.

virtùfedepreghierarapporto con Dio

inviato da Giuseppe Puccio, inserito il 22/09/2004

RACCONTO

28. Il piccolo re solitario   1

Bruno Ferrero, Nuove Storie, Ed. Elle Di Ci

Lontano, lontano da qui, in un mare dal nome strano, c'era una piccola isola, con le spiagge bianche e le colline verdi. Sull'isola c'era un castello e nel castello viveva un piccolo re. Era un re abbastanza strano, perché non aveva sudditi. Nemmeno uno.

Ogni mattina il piccolo re, dopo aver sbadigliato ed essersi stiracchiato, si lavava le orecchie e si spazzolava i denti; poi si calcava in testa la corona e cominciava la sua giornata. Se splendeva il sole, il piccolo re correva sulla spiaggia a fare sport. Era un grande sportivo. Deteneva infatti tutti i record del regno: da quello dei cento metri di corsa sulla sabbia, al lancio della pietra, a tutte le specialità di nuoto, eccetto lo sci acquatico, perché non trovava nessuno che guidasse il reale motoscafo. E dopo ogni gara, il re si premiava con la medaglia d'oro. Ne aveva ormai tre stanze piene.

Ogni volta che si appuntava la medaglia sul petto, si rispondeva con garbo: "Grazie, maestà!".

Nel castello c'era una biblioteca, e gli scaffali erano pieni di libri. Al re piacevano molto i fumetti d'avventure. Un po' meno le fiabe, perché nelle fiabe tutti i re avevano dei sudditi. "E io neanche uno!" si diceva il re. "Ma come dice il proverbio: è meglio essere soli che male accompagnati".

E quando faceva i compiti, si dava sempre dei bellissimi voti. "Con i complimenti di sua maestà", si dichiarava.

Una sera, però, sentì un certo nonsoché che lo rendeva malinconico; camminò fino alla spiaggia, deciso a cercare qualche suddito, e pensava: "Se solo avessi cento sudditi".

Allora proseguì sulla spiaggia verso destra, ma la riva era completamente deserta.

"Se solo avessi cinquanta sudditi", disse il re; tornò indietro e camminò sulla spiaggia verso sinistra fino a che poté, ma la riva era ugualmente deserta. Il re si sedette su uno scoglio ed era un po' triste; e di conseguenza non si accorse nemmeno che quella sera c'era un magnifico tramonto.

"Se solo avessi dieci sudditi, probabilmente sarei più felice".

Notò lontano sul mare alcuni pescatori sulle loro barche e si rallegrò.

"Sudditi", gridò il re; "sudditi, da questa parte, ecco il re, urrà!".

Ma i pescatori non lo sentirono, e tutto quel gridare rese rauco il re. Tornò a casa e scivolò sotto la sua bella trapunta colorata; si addormentò e sognò un milione di sudditi che gridavano "urrà" nel momento in cui lo vedevano.

Non dormì a lungo. Un vociare forte e disordinato lo svegliò. Il piccolo re non aveva sudditi, ma aveva dei nemici accaniti. Erano i pirati del terribile Barbarossa.

Sembravano sbucare dall'orizzonte, con la loro nave irta di cannoni, con i loro baffi spioventi e il ghigno feroce, e i coltellacci fra i denti.

"All'arrembaggio!", gridava Barbarossa, il più feroce di tutti. E i trentotto pirati entravano urlando nel castello e facevano man bassa di tutto quello che trovavano. A forza di scorrerie, nel castello era rimasto ben poco di asportabile, così i pirati avevano preso l'abitudine di riportare qualcosa ogni volta per poterlo rubare nella scorreria successiva.

Il piccolo re aveva una paura tremenda dei pirati e soprattutto del crudele Barbarossa che ogni volta sbraitava: "Se prendo il re, lo appendo all'albero della nave!".

Così, quando sentiva arrivare i pirati, si nascondeva in uno dei tanti nascondigli segreti del castello. Dentro, rannicchiato nel buio, aspettava la partenza dei pirati. Era così da tanto tempo ormai, e il piccolo re non si sentiva affatto un fifone. "Se avessi un esercito", pensava, "Barbarossa e la sua ciurma non la passerebbero liscia".

Un mattino, il re si svegliò a un suono completamente nuovo. Lo ascoltò e si rese conto che non aveva mai udito un suono simile. "Forse sono arrivati i miei sudditi", pensò il re, e andò ad aprire la porta. Sul gradino della porta sedeva un enorme gatto arancione.

"Buongiorno", disse il re con grande dignità; "io sono il re, urrà".
"E io sono il gatto", disse il gatto.
"Tu sei mio suddito", disse il re.
"Lasciami entrare", ribatté il gatto; "ho fame e ho freddo".

Il re lasciò entrare il gatto nella sua casa, e il gatto fece un giro intorno e vide quanto era grande e confortevole.
"Che bellissima casa hai".

"Sì, non è male", disse il re; e improvvisamente si accorse di tutte le cose che non aveva mai visto in molti anni.

"E' perché io sono il re", disse il re; ed era molto soddisfatto.

"Io resterò qui", decise il gatto, e si sistemò nella casa per vivere con il re; e il re fu felice perché ora aveva finalmente un suddito.

"Dammi del cibo", disse il gatto, e il re corse via immediatamente per andare a prendere cibo per il gatto.

"Fammi un letto", disse il gatto; e il re corse alla ricerca di una trapunta e di un cuscino.

"Ho freddo", disse il gatto; e il re accese un fuoco affinché il gatto potesse scaldarsi.
"Ecco fatto, signor Suddito", disse il re al gatto.
E il gatto rispose: "Grazie, signor Re".

E il re non notò neppure che, sebbene fosse il re, serviva il gatto.

Il tempo passava e il re era felice in compagnia del gatto, e il gatto mostrava al re ogni cosa che il re nella sua solitudine era riuscito a dimenticare: il tramonto, la rugiada del mattino, le conchiglie colorate e la luna che scivolava attraverso il cielo come la barca dei pescatori sul mare.

Qualche volta accadeva al re di passare davanti a uno specchio, e quando vedeva la sua immagine diceva: "Il re, urrà". E si salutava. Non era più il campione assoluto dell'isola. Il gatto lo batteva nel salto in alto, in lungo e nell'arrampicata sugli alberi; ma il re continuava a eccellere nel nuoto e nel lancio della pietra.

Un mattino, il re sentì bussare alla porta del castello. Corse ad aprire, pensando: "Arrivano i sudditi". Si trovò davanti un piccoletto con la faccia allegra. Era un pinguino, con la camicia bianca e il frac di un bel nero lucente.

"Buongiorno", disse il re con grande dignità; "io sono il re, urrà".
"E io sono un pinguino", disse il pinguino.
"Tu sei mio suddito", disse il re.

"Lasciami entrare", ribatté il pinguino; "ho fame e ho i piedi congelati. Sono stufo di abitare su un iceberg".

Il re lasciò entrare il pinguino nella sua casa e gli presentò il gatto, che fu molto felice di fare conoscenza con il pinguino.
"Penso che mi fermerò qui con voi", disse il pinguino.

Il re ne fu felicissimo. Adesso aveva due sudditi. Corse a preparare una buona cenetta per il pinguino, mentre il gatto portava al nuovo ospite due soffici pantofole.

"Io farò il maggiordomo. Mi ci sento portato", dichiarò il pinguino. "Terrò in ordine il castello e servirò gli aperitivi in terrazza".

Così furono in tre a guardare i tramonti. Ed era ancora meglio che in due. Il re non vinceva più molte gare sportive, perché il pinguino lo batteva a nuoto e nei tuffi. Scoprì, sorprendentemente, che si può essere contenti anche se non si vince sempre.

Ma una sera, lontano all'orizzonte, apparve la nave del pirata Barbarossa.
"Presto scappiamo a nasconderci", gridò il re.

"Neanche per sogno", disse il gatto. "Siamo in tre e possiamo battere quei prepotenti".
"Certo", ribatté il pinguino. "Basta avere un piano".

"Nell'armeria del castello c'è l'armatura del gigante Latus", disse il re.

"Bene", disse il gatto. "Ci infileremo nell'armatura e affronteremo i pirati".

"Il gatto si metterà sulle mie spalle, e il re sul gatto, così potrà brandire la spada", continuò il pinguino.
"Approvo il piano", concluse il re.

Così fecero. Quando approdarono alla spiaggia, i pirati rimasero paralizzati dalla sorpresa. Verso di loro, a grandi passi ondeggianti, avanzava un gigante che brandiva un enorme e minaccioso spadone. "E' tornato il gigante Latus!", gridarono. "Si salvi chi può!". E si buttarono in acqua per raggiungere la nave. Da allora nessuno li vide mai più.

Sulla spiaggia dell'isola il piccolo re, il gatto e il pinguino si abbracciarono ridendo. Poi il gatto e il pinguino sollevarono il re e lo gettarono in aria gridando: "Re è il migliore amico che c'è, urrà!".

amiciziasolitudineservizio

inviato da Suor Lucia Brasca FMA, inserito il 27/07/2004

RACCONTO

29. La finestra   2

Due uomini, entrambi molto malati, occupavano la stessa stanza d'ospedale.

A uno dei due uomini era permesso mettersi seduto sul letto per un'ora ogni pomeriggio per aiutare il drenaggio dei fluidi dal suo corpo.

Il suo letto era vicino all'unica finestra della stanza. L'altro uomo doveva restare sempre sdraiato. Infine i due uomini fecero conoscenza e cominciarono a parlare per ore. Parlarono delle loro mogli e delle loro famiglie, delle loro case, del loro lavoro, del loro servizio militare e dei viaggi che avevano fatto.

Ogni pomeriggio l'uomo che stava nel letto vicino alla finestra poteva sedersi e passava il tempo raccontando al suo compagno di stanza tutte le cose che poteva vedere fuori dalla finestra. L'uomo nell'altro letto cominciò a vivere per quelle singole ore nelle quali il suo mondo era reso più bello e più vivo da tutte le cose e i colori del mondo esterno. La finestra dava su un parco con un delizioso laghetto. Le anatre e i cigni giocavano nell'acqua mentre i bambini facevano navigare le loro barche giocattolo. Giovani innamorati camminavano abbracciati tra fiori di ogni colore e c'era una bella vista della città in lontananza. Mentre l'uomo vicino alla finestra descriveva tutto ciò nei minimi dettagli, l'uomo dall'altra parte della stanza chiudeva gli occhi e immaginava la scena. In un caldo pomeriggio l'uomo della finestra descrisse una parata che stava passando. Sebbene l'altro uomo non potesse vedere la banda, poteva sentirla. Con gli occhi della sua mente così come l'uomo dalla finestra gliela descriveva. Passarono i giorni e le settimane.

Un mattino l'infermiera del turno di giorno portò loro l'acqua per il bagno e trovò il corpo senza vita dell'uomo vicino alla finestra, morto pacificamente nel sonno. L'infermiera diventò molto triste e chiamò gli inservienti per portare via il corpo.

Non appena gli sembrò appropriato, l'altro uomo chiese se poteva spostarsi nel letto vicino alla finestra. L'infermiera fu felice di fare il cambio, e dopo essersi assicurata che stesse bene, lo lasciò solo.

Lentamente, dolorosamente, l'uomo si sollevò su un gomito per vedere per la prima volta il mondo esterno. Si sforzò e si voltò lentamente per guardare fuori dalla finestra vicina al letto. Essa si affacciava su un muro bianco. L'uomo chiese all'infermiera che cosa poteva avere spinto il suo amico morto a descrivere delle cose così meravigliose al di fuori da quella finestra. L'infermiera rispose che l'uomo era cieco e non poteva nemmeno vedere il muro. ''Forse, voleva farle coraggio.'' disse.

Vi è una straordinaria felicità nel rendere felici gli altri, anche a dispetto della nostra situazione. Un dolore diviso è dimezzato, ma la felicità divisa è raddoppiata.
Se vuoi sentirti ricco conta le cose che possiedi che il denaro non può comprare.
L'oggi è un dono, è per questo motivo che si chiama presente.

dono di séfelicitàgioiadonaresacrificio

inviato da Anna Barbi, inserito il 27/08/2003

RACCONTO

30. Il significato della vita   5

Bruno Ferrero, Solo il vento lo sa

Un professore concluse la sua lezione con le parole di rito: "Ci sono domande?".
Uno studente gli chiese: "Professore, qual è il significato della vita?".
Qualcuno, tra i presenti che si apprestavano a uscire, rise. Il professore guardò a lungo lo studente, chiedendo con lo sguardo se era una domanda seria. Comprese che lo era. "Le risponderò" gli disse. Estrasse il portafoglio dalla tasca dei pantaloni, ne tirò fuori uno specchietto rotondo, non più grande di una moneta. Poi disse: "Ero bambino durante la guerra. Un giorno, sulla strada, vidi uno specchio andato in frantumi. Ne conservai il frammento più grande. Eccolo. Cominciai a giocarci e mi lasciai incantare dalla possibilità di dirigere la luce riflessa negli angoli bui dove il sole non brillava mai: buche profonde, crepacci, ripostigli. Conservai il piccolo specchio. Diventando uomo finii per capire che non era soltanto il gioco di un bambino, ma la metafora di quello che avrei potuto fare nella vita. Anch'io sono il frammento di uno specchio che non conosco nella sua interezza. Con quello che ho, però, posso mandare la luce, la verità, la comprensione, la conoscenza, la bontà, la tenerezza nei bui recessi del cuore degli uomini e cambiare qualcosa in qualcuno. Forse altre persone vedranno e faranno altrettanto. In questo per me sta il significato della vita".

senso della vitatestimonianzamissioneimpegnoresponsabilitàesempio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Claudio Galeazzi, inserito il 01/04/2003

TESTO

31. Tu sei speciale ed unico   1

Almeno 5 persone in questo mondo ti amano tanto che darebbero la vita per te.
Almeno 15 persone in questo mondo ti amano in qualche modo.
L'unica ragione per cui qualcuno ti potrebbe mai odiare è perché vorrebbe essere proprio come te.
Un tuo sorriso può dare felicità a qualcuno, anche se non gli piaci.
Tutte le notti qualcuno pensa a te prima di addormentarsi.
Tu significhi il mondo per qualcuno.
Se non fosse per te, qualcuno potrebbe non essere vivo.
Tu sei speciale ed unico.
Qualcuno che tu non sai neanche che esista ti ama.
Quando fai il più grande errore della tua vita, qualcosa di buono viene anche da questo.
Quando pensi che il mondo ti abbia girato la schiena, guarda, più facilmente tu hai girato la schiena al mondo.
Quando pensi che non hai più possibilità di avere quello che vuoi, probabilmente non l'avrai, ma, se credi in te stesso, probabilmente presto o tardi l'avrai.
Ricorda sempre i complimenti che ricevi, dimentica i rudi commenti negativi.
Dì sempre a tutti che cosa pensi di loro, ti sentirai molto meglio quando lo sapranno.
Se hai un grande amico, prendi il tempo per fargli sapere quanto è grande.

amiciziaconoscenza di séottimismosperanzapositività

5.0/5 (2 voti)

inviato da Giuseppe, inserito il 14/12/2002

TESTO

32. La prova del vero amore

S. Teresa di Gesù

E' nel mezzo delle tentazioni che si conosce l'amore, non in luoghi segreti; e, credetemi, il nostro beneficio sarà incomparabilmente maggiore, anche se si possono commettere errori e si può anche cadere.
Noi giungiamo a conoscere quello che siamo e se le nostre virtù sono reali. Chi è sempre solo, per quanto santo creda di essere, non può sapere se è paziente ed umile e non ha mezzi per saperlo. Ritengo che un solo giorno di quella conoscenza di sé che rende umili, per quanto ci provochi tristezza e dolore, sia una grazia concessaci da nostro Signore, più grande di molti giorni di preghiera.
Sarebbe triste se potessimo pregare soltanto in luoghi segreti.

amoretentazioneumiltà

5.0/5 (1 voto)

inviato da Elena Mencarelli, inserito il 14/12/2002

TESTO

33. Sto cercando Dio

Solo lo sciocco percorre correndo il cammino della vita,
senza soffermarsi ad osservare le bellezze del creato.
Senza soffermarsi a gustare la grandezza del creato.
Sto cercando Dio,
e non lo riesco a trovare in chiese o moschee;
in libri scritti da uomini;
in religioni codificate e, pertanto, mediate da uomini.
Come posso accettare di credere
nella maniera in cui qualcuno mi sta dicendo,
se quel qualcuno è indeciso come me,
è un essere finito come me?
Come può un essere finito come me
pretendere d'aver capito l'infinità di Dio
cercando di spiegarmela in modo finito?
Dio si manifesta nell'infinità di ciò che ha creato.
infinità che ha poi farcito con cose ed esseri finiti.
Ed è così per l'uccello.
Per tutta la lunghezza della sua vita
potrà cercare di volare sempre più in alto,
ma non troverà mai il tetto .
Potrà spingersi sempre più in là,
ma non troverà mai il muro della fine.
Potrà trovare un ostacolo nell'alta montagna,
ma se riesce ad alzarsi di più,
potrà continuare a volare libero fino alla fine dei suoi giorni.
Ed è così per il pesce.
Per tutta la durata della sua vita
potrà continuare a nuotare senza trovare la secca .
Potrà finire nella secca, ma non è il limite del mondo.
E' solo il limite della sua vita.
Potrà trovare acque a lui meno congeniali.
Più calde, più fredde, più dolci, più salate,
ma, se riesce ad adattarsi,
potrà nuotare libero fino alla fine dei suoi giorni.
potrà nuotare libero fino alla fine dei suoi giorni.
Ed è così per qualsiasi altro animale della terra.
Se non viene costretto dall'uomo in recinti o steccati,
può scorrazzare in lungo ed in largo
per tutta la durata della sua vita. Senza limiti.
Ma il pesce, l'uccello e gli altri animali,
non si pongono il problema dell'infinità di Dio.
Non cercano di capirla.
Non cercano di spiegarla.
L'accettano naturalmente.
E questo è il loro modo di ringraziare Dio.
L'uomo no!
L'uomo, a cui è stata data intelligenza
per conservare e sviluppare in modo finito
le bellezze dell'infinità create,
non si adatta.
Pretende di capire e spiegare l'infinità
attraverso la sua intelligenza limitata, finita.
E allora ha cominciato a cercare dove il mondo finisce.
Ma, pur continuando a camminare,
vedeva sempre davanti a sé la stessa distanza
che il suo occhio gli consentiva di vedere.
E ha trovato l'acqua.
Ma, pur accorgendosi di poter galleggiare,
non riusciva ad andare troppo lontano.
E si convinse che la fine era dove finiva l'acqua.
E costruì zattere, piroghe, barche, navi.
Ma, per quanto costruisse imbarcazioni sempre più attrezzate,
sempre più adatte ad affrontare ogni insidia e difficoltà,
si accorse che alla fine del fiume c'era il mare.
E poi l'oceano immenso.
Ma, per quanto navigasse,
riusciva a vedere intorno a sé solo acqua.
E poi qualcuno trovò terre lontanissime.
Ma l'uomo scoprì amaramente che non erano la fine del mondo.
Il mondo continuava ancora.
E l'uomo vedeva sempre davanti a sé la stessa distanza
che i suoi occhi gli consentivano di vedere.
E allora l'uomo disse:
E' chiaro che la fine del mondo non può essere sulla terra dove vivo.
Certamente Dio l'ha messa dove io non posso arrivare. In alto! "
E allora si ingegnò.
Studiò gli uccelli
e cominciò a costruire qualcosa che si alzasse da terra.
E lo continuò a perfezionare.
Volò sempre più velocemente,
sempre più lontano, sempre più alto.
Raggiunse altri mondi e tanti altri ne raggiungerà.
Ma ogni volta s'accorgerà che, per quanto voli alto e lontano,
vedrà sempre davanti a sé la stessa distanza
che i suoi occhi gli consentiranno di vedere.
Ed ogni volta che costruirà qualcosa per guardare sempre più lontano,
s'accorgerà che, dietro, c'è un'immensità sempre più grande.
E per quanto cercherà di conoscere cose,
si renderà conto di quante altre non conosce.
Perché qualsiasi cosa l'uomo costruisca,
case, strade, macchine,
sono sempre cose finite, con confini ben precisi.
E qualsiasi tipo di computer riuscirà a costruire,
e di qualsiasi sofisticata memoria riuscirà a dotarlo
per scoprire ed immagazzinare notizie e conoscenze
che la mente umana, da sola, mai sarebbe in grado di fare,
s'accorgerà di quante ne esistano ancora.
Perché, per quanto sofisticato, quel computer avrà sempre dei limiti.
E così facendo,
utilizzando la sua intelligenza
nella sciocca ed inutile corsa verso la conoscenza dell'infinito ,
l'uomo avrà solo accelerato
la distruzione della sua vita terrena.
Se solo si soffermasse a pensare
che solo un essere infinito
poteva creare l'infinità dell'universo;
per andarci, magari, a passeggiare.
Se solo si soffermasse a godere
delle bellezze che lo circondano:
un prato, un fiore, il mare, l'oceano, una montagna,
il deserto, il cielo, le stelle,
gli occhi di un bambino...
Ma l'uomo corre, corre, corre sempre più forte
per tentare di raggiungere i confini del mondo.
Per tentare di spiegare l'infinità di Dio.
Sto cercando Dio.
Ma non lo riesco a trovare in chiese, moschee, libri,
ed in ciò che l'uomo mi dice.
Sto cercando Dio.
E lo ritrovo in ogni istante.
In ogni cosa che mi circonda.

Dionaturaricercafedecreatocreazioneinfinitouomomondoricerca di senso

inviato da Barbara, inserito il 11/12/2002

TESTO

34. Una fiaccola nel cuore

Kahlil Gibran

Dio ha collocato nei nostri cuori una fiaccola che risplende di conoscenza e di bellezza; è peccato lasciar morire la fiamma e seppellirla tra la cenere.

interioritàanima

inviato da Barbara, inserito il 03/12/2002

TESTO

35. La fede è l'intelligenza nella sua riuscita

C. Tresmontant

È all'intelligenza che Gesù fa costantemente appello. E la sollecita. Il rimprovero costante sulla sua bocca è: non comprendete, non avete intelligenza? Non credete ancora? aggiunge anche. La fede che sollecita non ha nulla a che vedere con la credulità. Questa fede è precisamente l'accesso dell'intelligenza a una verità, il riconoscimento di questa verità, il sì dell'intelligenza convinta e non una rinuncia all'intelligenza, un sacrificio dell'intelletto. L'opposizione tra fede e ragione è una opposizione profondamente non cristiana, non evangelica. Bisogna dimenticare questa dialettica troppo celebre, troppo famosa per comprendere ciò che nel Nuovo Testamento si intende per fede, che è l'intelligenza stessa nel suo atto, nella sua riuscita, e la conoscenza stessa della verità insegnata, il riconoscimento del Maestro: il credere nei Vangeli è questa scoperta, questa intelligenza della verità che è proposta. Al ragazzo cui si insegna a nuotare, si spiega che in virtù di leggi naturali non deve aver paura, nuoterà se farà alcuni movimenti molto semplici. Il ragazzo ha paura, si irrigidisce, e non crede. Viene il momento in cui fa esperienza che ciò che gli è stato detto è possibile, crede, nuota. Non si dirà che la fede, in questo caso, si oppone alla ragione, se ne differenzia. Essa è per lui piuttosto identica; anche se la fede è un'altra cosa dell'intelligenza, il sì dell'intelligenza alla verità che essa vede, l'adesione alla verità vista e riconosciuta. Questo è il significato della parola pistis, pisteuein, nei Vangeli. Nel quarto Vangelo, la fede e la conoscenza sono costantemente associate come inseparabili: "Essi hanno conosciuto ed hanno creduto che tu sei il figlio del Dio vivente". È appunto alla nostra intelligenza che Gesù si indirizza e non alla nostra credulità. Contrariamente a quanto alcuni vorrebbero farci credere, la credulità e la debolezza di giudizio non sono affatto un omaggio gradito a Dio. La verità non richiede che l'uomo si abbassi ad animale, né che umilii la ragione, che gli è, al contrario, necessaria per attingere la conoscenza di Dio. Noi subiamo in Occidente da parecchi secoli una tradizione che pretende fondare la conoscenza di Dio sul deprezzamento della ragione, su una frustrazione dell'esigenza di razionalità e di intelligibilità. Questa cattiva coscienza nei riguardi della ragione non è giustificata nella tradizione biblica ed evangelica.

federagioneintelligenzafiduciaabbandono in Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Eleonora Polo, inserito il 18/11/2002

TESTO

36. Il mare in una buca   1

S. Agostino

Mi ero alzato presto quel mattino, e camminavo lungo la riva del mare. Mi capita spesso di fare così quando la mia mente non riesce a comprendere, cose più grandi me: con la sola forza della mia intelligenza cercavo di spiegarmi tante cose di Dio. Ero così preso dai miei pensieri che quasi non mi ero accorto che di fronte a me, a quell'ora dell'alba stava giocando un bambino. Aveva fatto una buca nella sabbia e continuava a correre da lì fino a riva, avanti e indietro, trasportando ogni volta un po' d'acqua.

«A che gioco stai giocando a quest'ora?» gli chiesi.

Il bambino mi rispose che non era affatto un gioco, e che voleva solo riversare tutto il mare in quella buca. Sorridendo per la sua impresa cercai di farlo ragionare, dicendogli che non ci sarebbe mai riuscito, perché il mare è troppo grande per essere contenuto in una piccola buca nella sabbia. Anche lui mi sorrise, ma continuò nel suo gioco. Così proseguii il mio cammino. Non avevo fatto nemmeno dieci passi che il bambino alle mie spalle rispose.

«Forse hai ragione Agostino, ma sappi che è più facile per me travasare qui le acque dell'intero Oceano che alla tua mente scorgere i confini dell'amore di Dio.»

infinitoconoscenza di Dioamore di DioTrinità

inviato da Viola, inserito il 17/09/2002

RACCONTO

37. I due lumini   2

G. Francesco

C'era in un piccolo paese di montagna un chiesa molto famosa per i suoi meravigliosi quadri, dipinti da artisti di ogni secolo. Questa chiesa era così famosa che andava a visitarla anche gente proveniente da paesi lontani.
Oltre a questi meravigliosi capolavori, in un angolo quasi dimenticato, vi era anche un crocifisso di legno; a differenza dei quadri, ben visibili a tutti i visitatori perché illuminati da potentissimi fari che evidenziavano contorni e colori delle immagini, il piccolo crocifisso, posto nel buio, passava quasi sempre inosservato. Così era molto triste e sconfortato, perché si rendeva conto che nessuno poteva vederlo e quindi non poteva fare quello che doveva fare.
Un giorno, uno spiraglio di luce riuscì ad illuminare una zona di quell'angolino. Il crocifisso, incuriosito da questo fascio di luce, cercò di vedere cosa c'era lì attorno e con grande sorpresa, notò proprio accanto a lui, due lumini.

Con un po' di coraggio tentò di attirare la loro attenzione:
"Salve, io sono il Crocifisso di legno ed avrei un gran bisogno del vostro aiuto".
Uno dei due lumini, con aria da superiore e un po' infastidito, rispose:
"Il mio aiuto? E perché dovrei aiutarti? Non ho proprio voglia di fare niente! E poi non saprei proprio cosa poter fare per te".
Il crocifisso, turbato dalla risposta, ribatté al primo lumino: "Come non sai come potermi aiutare?! Non sai che tu hai la capacità di generare luce?!".
Riprese il primo lumino: "Luce? E come potrei produrla? A me nessuno ha mai detto per che cosa sono stato creato; mi hanno lasciato qui e qui sono rimasto, senza farmi tante domande".
Replicò il crocifisso: "Allora te lo dico io. Tu, con la tua cera e con il tuo stoppino, hai la possibilità di dar vita ad una luce piccola, ma sufficiente ad illuminarmi. Purtroppo però, questa luce non è eterna: la fiamma da cui proviene scioglie, con il suo calore, la cera e la consuma".
E il primo lumino, spaventato: "Cosa vuoi dire? Che perderò la mia forma rotonda e alta? Che mi vedrò morire a poco a poco?".
Rispose il crocifisso: "Sì. E voglio dirti che ad un certo punto non ci sarai più".
"Neanche a pensarci!" disse il lumino, "io non farò niente di quello che tu mi hai detto. Preferisco stare qui, in questo angolo buio, piuttosto che rovinarmi e perdere ciò che ho".
Il crocifisso, ascoltate le parole del lumino, perse la speranza.

Ad un tratto però, si sentì chiamare: "Scusa. Ehi crocifisso, mi senti? Posso parlarti un secondo?".
Il crocifisso volse lo sguardo; capì che quella vocina proveniva dal secondo lumino e rispose: "Sì che puoi parlarmi!".
Allora il secondo lumino domandò: "Ma è vero che io ho il dono di creare luce? E che così facendo potrei aiutarti?".
Rispose il crocifisso: "Sì, è proprio vero. Ma è anche vero che per aiutarmi dovrai sacrificare te stesso".
Il secondo lumino stette un po' in silenzio; poi, con sicurezza, sentenziò: "Ok, ti aiuterò. Lo faccio perché è ciò che voglio fare. Ora che sono a conoscenza del mio dono, voglio farlo fruttificare, anche se dovrò andare incontro alla mia fine. Tu non preoccuparti perché aiutando te, farò qualcosa anche per me stesso: mi potrò realizzare".
Il crocifisso, commosso, ringraziò di tutto cuore il lumino. Si sentiva molto felice perché adesso, illuminato dal suo piccolo amico, poteva fare ciò per cui era stato creato.

Da quel giorno, nella chiesetta, non sono più solo i quadri ad attirare l'attenzione dei fedeli visitatori: c'è un oggettino che esprime umiltà e semplicità; è illuminato da una luce tiepida e tenue che misteriosamente richiama chiunque lo noti, a fermarsi un attimo. Non è un quadro artisticamente meraviglioso, ma ha qualcosa di particolare: mostra l'immagine del Figlio di Dio, Gesù, colui che ha posto i doni del Padre al nostro servizio, dando loro così, un valore ancora più grande. E come se non bastasse, ha infine sacrificato se stesso, facendosi crocifiggere, per noi, perché quello era il destino che Qualcuno aveva disegnato.
Nella chiesetta risuona ancora oggi la storia di un lumino, che oramai vecchio e coperto di polvere, è rimasto abbandonato e solo nel suo buio angolino; e di un lumino che ormai non c'è più, ma che ha fatto la sua storia, lasciando traccia di sé nel cuore di un crocifisso che, grazie al suo amico lumino, narra, ancora oggi, l'umiltà e la bontà di chi ha scelto di vivere e morire per noi.

vitatalentisacrificioGesù Cristocrocesofferenza

5.0/5 (2 voti)

inviato da Giaccaglia Francesco, inserito il 29/08/2002

ESPERIENZA

38. In due gocce d'acqua   1

Giovanni Dutto, Eucarestia, cuore della missione

Venceslaa è ora un'anziana missionaria in Colombia. L'ho conosciuta quand'era una giovane suora e dirigeva alcune opere di una grande comunità. E' stato allora che mi ha insegnato una cosa bellissima sulla messa.

Io la osservavo con ammirazione: aveva molto da fare, ma si muoveva tutto il giorno con uno splendido sorriso e una fine disponibilità. Le cose non andavano sempre bene; anzi, si verificò nella comunità un tristissimo episodio, fortunatamente rimasto a conoscenza di pochi. Essa ne era al corrente, eppure continuava a sorridere e a servire come se nulla fosse. Gliene volli parlare: "Come fa a mantenersi sempre serena, anche nei momenti difficili?". Mi rispose: "E' la Messa, Padre!".

E mi raccontò: "Quando avevo dodici anni, in parrocchia si tenne un ritiro. Il predicatore parlò della messa, spiegò il rito delle gocce d'acqua nel calice, all'offertorio. Le gocce d'acqua sono così insignificanti che si perdono nel vino. Possiamo dire che diventano vino. Quando il sacerdote offre il calice non le menziona più: 'Benedetto sei tu, Signore, per questo vino'... Ora, l'evangelista Giovanni fa capire che il vino ricorda la natura divina e l'acqua la natura umana. Sulla scia di Giovanni, i Padri della Chiesa hanno ricalcato questo simbolismo: il vino ricorda il Verbo Eterno, l'acqua l'umanità assunta - il vino il Redentore, l'acqua l'umanità redenta; il vino Gesù capo, l'acqua gli uomini membra del suo corpo; il vino Gesù, l'acqua l'assemblea e ognuno dei partecipanti. Questa dottrina mi folgorò. Da quel giorno non ho più potuto perdere una sola messa. Abitavo a tre chilometri dalla chiesa, nella campagna. La strada non era asfaltata e a volte poteva essere fangosa. La celebrazione avveniva all'alba, perché contadini e operai potessero parteciparvi prima di andare al lavoro. Ma ogni mattino, col buio, sulla mia bicicletta, dovevo recarmi là: ero troppo interessata ad essere una delle piccole gocce d'acqua. Mi capitava a volte di essere distratta prima o dopo, ma mai durante quel momento. E tutto questo mi sostiene. Le gioie e le difficoltà non mi appartengono e vengono prese da Gesù".

EucaristiaMessa

3.0/5 (1 voto)

inviato da Stefania Raspo, inserito il 11/06/2002

TESTO

39. Il vero viaggio   2

Marcel Proust

Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi.

conoscenzaprofonditàessenzialitàinteriorità

inviato da Stefania Raspo, inserito il 02/06/2002

RACCONTO

40. La storia di Mark

Mark Eklund era in terza elementare e io insegnavo al Saint Mary's School a Morris, Minnesota. Ero affezionata a tutti e 34 i miei studenti, ma Mark era uno su un milione. Molto ordinato e preciso in apparenza, ma aveva quell'atteggiamento di essere-felice-di-vivere (happy-to-be-alive attitude) che faceva perfino la sua occasionale birbanteria deliziosa.

Mark parlava incessantemente. Dovevo ricordargli sempre che parlare senza permesso non era accettabile. Ciò che mi impressionava tanto, però, era la sua sincera risposta ogni volta che io dovevo correggerlo per cattivo comportamento: "Grazie per avermi corretto, Sorella!". All'inizio non sapevo cosa fare, ma dopo poco mi abituai a sentirlo molte volte al giorno.

Una mattina la mia pazienza era diventata sottile quando Mark parlò una volta di troppo, ed io commisi un errore da insegnante principiante. Guardai Mark e dissi, "Se dici ancora una parola, ti chiuderò le labbra con il nastro"! Passarono dieci secondi quando Chuck rivelò: "Mark sta parlando ancora." Io non avevo chiesto a nessuno degli studenti di aiutarmi a guardare Mark, ma dovetti punirlo davanti alla classe.

Ricordo la scena come se fosse successa questa mattina. Camminai verso la mia scrivania, aprii intenzionalmente il mio cassetto e tirai fuori un rotolo di nastro adesivo. Senza dire una parola, mi avvicinai al banco di Mark, strappai due pezzi di nastro e feci con essi una grande X sulle sue labbra. Poi tornai all'inizio della stanza. Mentre lanciai un'occhiata per vedere cosa stava facendo, lui mi strizzò l'occhio. Ciò fece! Io iniziai a ridere. La classe si rallegrò e applaudì. Tornai al banco di Mark, tolsi il nastro, e feci spallucce. Le sue prime parole furono: "Grazie per avermi corretto, Sorella."

Alla fine dell'anno, fui richiesta per insegnare alla classe di matematica della scuola media. Gli anni volarono, e presto seppi che Mark era ancora nella mia classe. Era più carino che mai e cosi educato. Poiché lui doveva mettere in lista attentamente le mie istruzioni sulla "nuova matematica", non parlò cosi tanto come aveva fatto in terza. Un venerdì le cose non andavano molto bene. Avevamo lavorato duramente su un nuovo concetto tutta la settimana e avevo la sensazione che gli studenti fossero accigliati, frustrati con se stessi e nervosi gli uni con gli altri. Dovevo fermare questo prima che mi sfuggisse di mano.

Così chiesi a loro di fare una lista con i nomi degli altri studenti nella stanza su due fogli di carta, lasciando uno spazio tra ogni nome. Poi dissi loro di pensare alla cosa più simpatica che potessero dire riguardo ad ognuno dei loro compagni di classe e di scriverla. Per finire il compito, la classe prese il resto del tempo e quando gli studenti lasciarono la stanza, ognuno mi passò il foglio. Charlie sorrise. Mark disse: "Grazie per avermi insegnato, Sorella. Buon fine settimana". Quel sabato annotai il nome di ogni studente su un foglio di carta separato, e misi in lista ciò che ognuno aveva detto di quella persona. Il lunedì diedi ad ogni studente il suo o la sua lista.
Dopo poco, l'intera classe stava sorridendo.
"Davvero?", sentii bisbigliato.
"Non sapevo di significare qualcosa per qualcuno!".
"Non sapevo di piacere cosi tanto agli altri".
Nessuno menzionò mai quei fogli ancora in classe.
Non sapevo se loro li avessero discussi dopo la classe o con i loro genitori, ma ciò non importava.
L'esercizio aveva raggiunto il suo scopo. Gli studenti erano ancora felici con se stessi e gli uni con gli altri. Il gruppo di studenti si era rimesso in marcia.

Diversi anni più tardi, dopo che tornai dalle mie vacanze, i miei genitori mi vennero incontro all'aeroporto. Quando stavamo guidando verso casa, mia Madre mi chiese le solite domande sulla gita, sul tempo, le mie esperienze in generale. Ci fu una pausa nella conversazione. Mia madre diede a mio padre un'occhiata di lato e disse semplicemente: "Papà?". Mio padre si schiarì la gola come faceva di solito prima di qualcosa importante. "Gli Eklunds hanno chiamato la notte scorsa", iniziò. "Davvero?" dissi. "Non li avevo sentiti per anni. Mark come sta?". Mio Padre rispose in modo sommesso: "Mark è stato ucciso in Vietnam", disse. "I funerali sono domani, e i suoi genitori vorrebbero che tu fossi presente". Da quel giorno posso ancora indicare il punto esatto sulla I-494 dove mio Padre mi disse di Mark.

Non avevo mai visto prima un militare in una bara militare. Mark appariva così carino, così maturo. Tutto ciò che potevo pensare in quel momento era: "Mark, darei tutto il nastro adesivo del mondo se solo tu potessi parlarmi". La chiesa era affollata di amici di Mark. La sorella di Chuck canto "L'inno di Guerra della Repubblica". Perché doveva piovere nel giorno dei funerali? Era già difficile così! Il pastore disse le solite preghiere e il trombettiere suonò i colpi. Uno dopo l'altro quelli che amavano Mark si misero in cammino verso la bara e la bagnarono con l'acqua santa. Io fui l'ultima a benedire la bara.
Mentre stavo in piedi, uno dei soldati che avevano portato la bara salì verso di me.
"Era lei l'insegnante di matematica di Mark?" mi chiese.
Io feci cenno di sì con il capo mentre continuavo a fissare la bara.
"Mark ha parlato molto di lei", lui disse.
Dopo il funerale, quasi tutti i vecchi compagni di classe di Mark si diressero alla fattoria di Chuck per il pranzo. La madre e il padre di Mark erano lì; ovviamente mi aspettavano.
"Vogliamo mostrarle qualcosa", suo padre disse, estraendo un portafoglio dalla sua tasca. "Hanno trovato questo su Mark quando fu ucciso. Pensiamo che lei possa riconoscerlo".

Aprendo il portafoglio, con attenzione tolse due pezzi logori di carta di taccuini che erano stati evidentemente legati, piegati e ripiegati molte volte. Sapevo senza guardare che i fogli erano quelli sui quali avevo messo in lista tutte le cose buone che ogni compagno di classe di Mark aveva detto su di lui.

"Grazie tanto per aver fatto ciò", disse la madre di Mark. "Come può vedere, Mark lo ha apprezzato molto".

I compagni di classe di Mark iniziarono a radunarsi intorno a noi.
Charlie sorrise in modo piuttosto imbarazzato e disse: "Io ho ancora la mia lista. E' nel primo cassetto della mia scrivania a casa".
La moglie di Chuck disse: "Chuck mi ha chiesto di mettere la sua nell'album del matrimonio".
"Anch'io ho la mia", disse Marilyn. "E' nel mio diario."
Poi Vicki, un'altra compagna di classe, raggiunse la sua borsetta, prese il suo portafogli e mostrò la sua consumata e logora lista del gruppo. "Io porto questa con me sempre", disse Vicki senza battere ciglio.
"Penso che tutti noi abbiamo salvato la nostra lista".
Qui fu quando alla fine mi sedetti e piansi.
Piansi per Mark e per tutti i suoi amici che non lo avrebbero mai più visto.

La densità delle persone nella società è cosi spessa che dimentichiamo che la vita finirà un giorno. E non sappiamo quando quel giorno sarà. Così per favore, dì alle persone che ami e a cui vuoi bene che sono molto speciali ed importanti. Diglielo, prima che sia troppo tardi.

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La storia dà anche l'idea per un'attività molto carina che si può fare con ragazzi ed adolescenti: come ha fatto l'insegnante di Mark, fate scrivere ad ognuno qualcosa di simpatico o di bello su ognuno degli altri componenti del gruppo, e poi date ad ognuno i suoi foglietti, oppure fateli leggere tutti ad alta voce.

E' un'attività che può andare molto bene sopratutto con gli adolescenti (ma può andare anche con i ragazzi) in quanto spesso hanno "crisi d'identità", o comunque non hanno una sufficiente autostima: il sentirsi dire cose simpatiche o comunque belle sul proprio conto può essere una buona iniezione di fiducia ed autostima.

Inoltre, aiuta tutti a guardare ad ognuno degli altri componenti del gruppo in modo positivo, e questo è ottimo per due motivi: innanzitutto fa fare lo sforzo di pensare a tutti gli altri, quando invece spesso qualcuno è messo da parte e non lo si considera mai; in secondo luogo, fa pensare agli altri in modo positivo, e anche questa è una cosa molto buona.

amiciziaamoreimportanza del singolocomplimentibontàconoscenzapositivopositività

5.0/5 (2 voti)

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 24/05/2002

PREGHIERA

41. Vivere di te (Preghiera del Catechista)   3

Tonino Bello

Chiamato ad annunciare la tua Parola,
aiutami, Signore, a vivere di Te,
e a essere strumento della tua pace.

Assistimi con la tua luce, perché i ragazzi
che la comunità mi ha affidato
trovino in me un testimone credibile del Vangelo.

Toccami il cuore e rendimi trasparente la vita,
perché le parole, quando veicolano la tua,
non suonino false sulle mie labbra.

Esercita su di me un fascino così potente,
che, prima ancora dei miei ragazzi,
io abbia a pensare come Te,
ad amare la gente come Te
a giudicare la storia come Te.

Concedimi il gaudio di lavorare in comunione,
e inondami di tristezza ogni volta che,
isolandomi dagli altri,
pretendo di fare la mia corsa da solo.

Ho paura, Signore, della mia povertà.
Regalami, perciò, il conforto
di veder crescere i miei ragazzi
nella conoscenza e nel servizio di Te,
Uomo libero e irresistibile amante della vita.

Infondi in me una grande passione per la Verità,
e impediscimi di parlare in tuo nome
se prima non ti ho consultato con lo studio
e non ho tribolato nella ricerca.

Salvami dalla presunzione di sapere tutto,
dall'arroganza di chi non ammette dubbi;
dalla durezza di chi non tollera ritardi;
dal rigore di chi non perdona debolezze;
dall'ipocrisia di chi salva i principi e uccide le persone.

Trasportami, dal Tabor della contemplazione,
alla pianura dell'impegno quotidiano.
E se l'azione inaridirà la mia vita,
riconducimi sulla montagna del silenzio.
Dalle alture scoprirò ì segreti della «contemplatività»,
e il mio sguardo missionario
arriverà più facilmente agli estremi confini della terra.

Affidami a tua Madre.
Dammi la gioia di custodire i miei ragazzi
come Lei custodì Giovanni.
E quando, come Lei, anch'io sarò provato dal martirio,
fa' che ogni tanto possa trovare riposo
reclinando il capo sulla sua spalla. Amen.

educareeducatorianimatoricatechistitestimonianzaannunciomissionetabor

5.0/5 (1 voto)

inviato da Polda, inserito il 21/05/2002

TESTO

42. Gli indizi per trovare l'amore vero   1

Turriseburnea.it

Esite un modo per verificare se un amore è Amore vero? Vi proponiamo sei domande a cui dare una risposta.

1 - Prova dei criteri. Se i criteri di scelta del lui/lei si basano su: "mi piace" e "stiamo bene insieme" tutto può finire presto perché sono criteri non sufficienti. La prima domanda di prova è: ho fatto di me stesso/a un dono, lungamente preparato, anche con sacrificio? Ho un progetto di vita ben chiaro che ho scoperto coincide perfettamente con quello dell'altro/a? Ho alle spalle una maturità, non solo fisica, ma soprattutto psichica e una preparazione adeguata?

2 - Prova della partecipazione. L'amore vero vuole partecipare, condividere, dare, raggiungere. La seconda domanda di prova è: siamo capaci di partecipare, condividere? Voglio diventare felice o fare felice l'altro/a e gli altri (servizio... volontariato...)?

3 - Prova del rispetto. Non vi è vero amore senza rispetto, senza la capacità di rispettarsi reciprocamente. La terza domanda è: abbiamo veramente abbastanza rispetto reciproco, sia per il corpo che per le idee dell'altro/a? Sono orgoglioso del mio fidanzato/a?

4 - Prova delle abitudini. L'amore accetta l'altro con le sue abitudini. Non sposatevi sperando che le cose cambino con il tempo. Il pensiero: "Spero di cambiarlo/a" ha sempre fallito! Occorre accettare l'altro/a come è ora, incluse le sue abitudini ed i suoi difetti (non i vizi!) La quarta domanda è: oltre ad amarlo, vi piacciono le sue abitudini?

5 - Prova della disputa. E' importante aver veramente discusso, non tanto per la discussione in sé, quanto per l'essere poi riusciti a riconciliarsi, per aver cioè sperimentato la capacità di perdonarsi. La quinta domanda è: siamo capaci di perdonarci a vicenda e di cedere l'uno all'altro?

6 - Prova del tempo. Non sposatevi se, maturi e preparati, non avete passato almeno un'estate ed un inverno attraverso un cammino di conoscenza reciproca. Se per caso avete dei dubbi sui vostri sentimenti di amore, il tempo vi darà la risposta. Se i dubbi riguardano la sincerità dei sentimenti dell'altro/a allora il chiedere un lecito sacrificio può fugare i sospetti. La sesta ed ultima domanda di prova è: il nostro amore ha passato l'estate e l'inverno? Ci siamo conosciuti, dentro, sufficientemente?

amorematrimoniofidanzamentocoppiadialogofamiglia

5.0/5 (2 voti)

inviato da Luca Peyron, inserito il 19/05/2002

RACCONTO

43. L'aquila che si credeva un pollo   2

Anthony De Mello

Un uomo trovò un uovo d'aquila e lo mise nel nido di una chioccia. L'uovo si schiuse contemporaneamente a quelli della covata e l'aquilotto crebbe insieme ai pulcini.

Per tutta la vita l'aquilotto fece quel che facevano i polli nel cortile, pensando di essere uno di loro. Frugava il terreno in cerca di vermi e insetti, chiocciava e schiamazzava, scuoteva le ali alzandosi da terra di qualche decimetro.
Trascorsero gli anni e l'aquila divenne molto vecchia.

Un giorno vide sopra di sé, nel cielo sgombro di nubi, uno splendido uccello che planava, maestoso ed elegante, in mezzo alle forti correnti d'aria, muovendo appena le robuste ali dorate.

La vecchia aquila alzò lo sguardo, stupita. "Chi è quello?", chiese. "E' l'aquila, il re degli uccelli", rispose il suo vicino. "Appartiene al cielo. Noi invece apparteniamo alla terra, perché siamo polli".

E così l'aquila visse e morì come un pollo, perché pensava di essere tale.

vitaprogettocoraggioconsapevolezzaconoscenza di sésenso della vitaricerca di senso

5.0/5 (1 voto)

inviato da Emilio Centomo, inserito il 08/05/2002

TESTO

44. Il povero e la perla   1

Swami Paramananda

La perla di gran valore è nascosta profondamente.
Come un pescatore di perle, o anima mia, tuffati,
tuffati nel profondo,
tuffati ancora più giù, e cerca!
Forse non troverai nulla la prima volta.
Come un pescatore di perle, o anima mia,
senza stancarti, persisti e persisti ancora,
tuffati nel profondo, sempre più giù,
e cerca!
Quelli che non sanno il segreto,
si burleranno di te,
e tu ne sarai rattristato.
Ma non perdere coraggio,
pescatore di perle, o anima mia!
La perla di gran valore è proprio là nascosta,
nascosta proprio in fondo.
E' la tua fede che ti aiuterà a trovare il tesoro
ed è essa che permetterà che quello che era nascosto
sia infine rivelato.
Tuffati nel profondo, tuffati ancora più giù,
come un pescatore di perle, o anima mia.
E cerca, cerca senza stancarti!

conoscenza di sétalentiricerca di Dioperla preziosa

5.0/5 (1 voto)

inviato da Emilio Centomo, inserito il 08/05/2002

PREGHIERA

45. Parafrasi del "Padre Nostro"   2

San Francesco d'Assisi

O santissimo Padre nostro:
creatore, redentore, consolatore e salvatore nostro.

Che sei nei cieli
negli angeli e nei santi,
illuminandoli alla conoscenza, perché tu, Signore, sei luce;
infiammandoli all'amore, perché tu, Signore, sei amore;
ponendo la tua dimora in loro e riempiendoli di beatitudine,
perché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno,
dal quale proviene ogni bene e senza il quale non esiste alcun bene.

Sia santificato il tuo nome
si faccia luminosa in noi la conoscenza di te,
affinché possiamo conoscere l'ampiezza dei tuoi benefici,
l'estensione delle tue promesse,
la sublimità della tua maestà
e la profondità dei tuoi giudizi.

Venga il tuo regno
perché tu regni in noi per mezzo della grazia
e ci faccia giungere nel tuo regno,
ove la visione di te è senza veli,
l'amore di te è perfetto,
la comunione di te è beata,
il godimento di te senza fine.

Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra
affinché ti amiamo con tutto il cuore sempre pensando a te;
con tutta l'anima, sempre desiderando te;
con tutta la mente, orientando a te tutte le nostre intenzioni
e in ogni cosa cercando il tuo onore;
e con tutte le nostre forze,
spendendo tutte le energie e sensibilità dell'anima e del corpo
a servizio del tuo amore e non per altro;
e affinché possiamo amare i nostri prossimi come noi stessi,
trascinando tutti con ogni nostro potere al tuo amore,
godendo dei beni altrui come dei nostri
e nei mali soffrendo insieme con loro
e non recando nessuna offesa a nessuno.

Il nostro pane quotidiano dà a noi oggi
il tuo Figlio diletto,
il Signore nostro Gesù Cristo,
dà a noi oggi:
in memoria, comprensione e reverenza dell'amore
che egli ebbe per noi e di tutto quello
che per noi disse, fece e patì.

E rimetti a noi i nostri debiti
per la tua ineffabile misericordia,
per la potenza della passione del tuo Figlio diletto
e per i meriti e l'intercessione della beatissima Vergine
e di tutti i tuoi eletti.

Come noi li rimettiamo ai nostri debitori
e quello che non sappiamo pienamente perdonare,
Tu, Signore, fa' che pienamente perdoniamo,
sì che, per amor tuo, amiamo veramente i nemici
e devotamente intercediamo presso di te,
non rendendo a nessuno male per male
e impegnandoci in te ad essere di giovamento a tutti.

E non ci indurre in tentazione
nascosta o manifesta, improvvisa o insistente.

Ma liberaci dal male
passato, presente e futuro.

Amen.

padre nostro

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inviato da Giovanni Ferroni, inserito il 03/05/2002

PREGHIERA

46. Preghiera del Capo (scout)   1

Preghiere Scout, ed. ELLE DI CI, pag 16

Fa', o Signore, che io ti conosca.
E la conoscenza mi porti ad amarti,
e l'amore mi sproni a servirti
ogni giorno più generosamente.
Che io veda, ami e serva te in tutti i miei fratelli,
ma particolarmente in coloro che mi hai affidati.
Te li raccomando perciò, Signore,
come quanto ho di più caro,
perché sei tu che me li hai dati,
e a te devono ritornare.
Con la tua grazia, Signore,
fa' che io sia sempre loro di esempio e mai di inciampo:
che essi in me vedano te,
e io in loro te solo cerchi:
così l'amore nostro sarà perfetto.
E al termine della mia giornata terrena
l'essere stato capo mi sia di lode e non di condanna.
Amen.

scouteducare

inviato da Maria Vitali, inserito il 29/04/2002

TESTO

47. Amore   2

Kahlil Gibran, Il profeta

Quando l'amore vi fa cenno, seguitelo,
benché le sue strade siano aspre e scoscese.
E quando le sue ali vi avvolgono,
abbandonatevi a lui,
benché la spada che nasconde tra le penne possa ferirvi.
E quando vi parla, credetegli,
anche se la sua voce può mandare in frantumi i vostri sogni
come il vento del nord lascia spoglio il giardino.
Perché come l'amore vi incorona, così vi crocifigge.
E come per voi è maturazione, così è anche potatura.
E come sale alla vostra cima e accarezza i rami più teneri che fremono al sole,
così discenderà alle vostre radici che scuoterà dove si aggrappano con più forza alla terra.
Come fastelli di grano vi raccoglierà.
Vi batterà per denudarvi.
Vi passerà al crivello per liberarvi dalla pula.
Vi macinerà fino a farvi farina.
Vi impasterà fino a rendervi plasmabili.
E poi vi assegnerà al fuoco sacro,
perché possiate diventare pane sacro nei sacri conviti di Dio.
Tutto questo farà in voi l'amore,
affinché conosciate i segreti del cuore,
e in quella conoscenza diventiate un frammento del cuore della vita.
Ma se avrete paura, e cercherete soltanto la pace dell'amore
ed il piacere dell'amore,
allora è meglio che copriate le vostre nudità,
e passiate lontano dall'aia dell'amore,
nel mondo senza stagioni dove potrete ridere,
ma non tutto il vostro riso,
e piangere, ma non tutto il vostro pianto.
L'amore non dà nulla all'infuori di sé,
né prende nulla se non da se stesso.
L'amore non possiede né vuol essere posseduto,
perché l'amore basta all'amore.
Quando amate non dovreste dire: "Dio è nel mio cuore".
Ma, semmai, "sono nel cuore di Dio".
E non crediate di guidare il corso dell'amore,
poiché l'amore, se vi trova degni,
guiderà lui il vostro corso.
L'amore non desidera che il proprio compimento.
Ma se amate e quindi avete desideri,
i vostri desideri siano questi:
sciogliersi e farsi simili a un ruscello
che scorra e canti nella notte la sua melodia;
conoscere il martirio della troppa tenerezza;
esser feriti dal vostro proprio intendere l'amore;
e sanguinare di buon grado, gioiosamente;
svegliarsi all'alba con un cuore alato
e dire grazie a un nuovo giorno d'amore;
Riposare al pomeriggio e meditare sull'estasi amorosa,
tornare a casa con gratitudine la sera,
e addormentarsi con una preghiera per chi amate nel cuore,
e un canto di lode sulle labbra.

amore

5.0/5 (1 voto)

inviato da Cristiano Ciferri, inserito il 16/04/2002

TESTO

48. Orgoglio e umiltà nel conoscere

Galileo Galilei, Il saggiatore

Parmi d'aver per lunghe esperienze osservato, tale esser la condizione umana intorno alle cose intellettuali, che quanto altri meno ne intende e ne sa, tanto più risolutamente voglia discorrerne; e che, all'incontro, la moltitudine delle cose conosciute ed intese renda più lento ed irresoluto al sentenziare circa qualche novità.

conoscenzaorgoglioumiltà

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 05/04/2002