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TESTO

1. Auguri di Natale non in serie

don Tonino Bello

Carissimi,
formulare gli auguri di Natale dovrebbe essere la cosa più semplice di questo mondo. Invece, quest'anno sto provando tanta difficoltà. Ho scritto e riscritto cento volte l'attacco di questa lettera, ma mi è parso di dire sempre delle cose estremamente banali. Come sono banali certi presepi bell'e confezionati che si acquistano ai grandi magazzini. Saranno anche attraenti con i loro svolazzi di angeli e con i loro muschi di plastica. Ma sono freddi. Perché fatti in serie.
Ecco: è proprio la «serialità» che mi mette in crisi. Ho l'impressione, cioè, di esporre anch'io la mia merce preconfezionata, e poi lasciare che ognuno si serva da solo, come nei self-service di certi ristoranti.
È qui lo sbaglio: nella pretesa di voler trovare delle formule standard, buone per tutti. Invece, a Natale, non si possono porgere auguri indistinti.

Dire buon Natale a te, Ignazio, che vivi immobilizzato da anni, dopo quel terribile incidente stradale che ti ha ridotto a un rudere, è molto diverso che dire Buon Natale a te, Franco, che hai fatto spese pazze per rinnovarti l'attrezzatura sciistica, e il 25 dicembre lo passerai in montagna, dove hai già prenotato l'albergo per la settimana bianca. Tu, Ignazio, la stella cometa del presepe non la vedi neanche, perché non puoi muovere la testa dal guanciale. E, allora, devo descrivertela io, e dirti che essa fa luce anche per te, e assicurarti che Gesù è venuto a dare senso alla tua tragedia e che, nella Notte Santa, anzi, ogni notte della tua vita, egli trasloca dalla mangiatoia per venirti accanto e farsi scaldare da te. Tu, Franco, la stella cometa non la vedi perché non hai tempo per pensare a queste cose, e in testa hai ben altre stelle. E, allora, devo provocartene io la nostalgia, e dirti che le lampade dei ritrovi mondani dove consumi le tue notti e i tuoi soldi, non fanno luce sufficiente a dar senso alla tua vita.

Dire buon Natale a te, Katia, che il 26 andrai all'altare con Cosimo, è molto diverso che dire buon Natale a Rosaria, che il mese scorso ha firmato la separazione consensuale, dopo che Gigi se n'è andato con un'altra. Perché a te, Katia, basterà l'invito a vedere nel presepe la celebrazione nuziale suprema di Dio che prende in sposa l'umanità, e già ti sentirai coinvolta nel mistero dell'incarnazione. A te, Rosaria, invece, che per la prima volta le feste le passerai sola in casa, e che non hai voglia neppure di andare a pranzo dai tuoi, occorrerà tutta la mia discrezione per farti capire che non è molto dissimile il ripudio subito da Gesù nella notte santa. Buon Natale, Rosaria. E buon Natale anche a Gigi, perché, scorgendo nel bambino del presepe il mistero della fedeltà di Dio, torni presto a casa.

Dire buon Natale a te, carissimo Nicola, che mi sei tanto vicino con la tua amicizia ma anche tanto lontano con l'ateismo che professi, è molto diverso che dire buon Natale a te, don Donato, che le parole di santità, tu sei bravo a dirmele più di quanto io non sappia fare con te. Perché tu, don Donato, hai un cuore che trabocca di tenerezza, e quando parli del Verbo che scende sulla terra e diventa l'Emmanuele, cioè il Dio con noi, si vede che ci credi a quello che dici, e daresti la vita perché anche gli altri ponessero lo sguardo su quel pozzo di luce che rischia di accecare i tuoi occhi. Mentre tu, Nicola, davanti al presepe resti impassibile, e il bue e l'asino ti fanno sorridere, e l'incanto di quella notte ti sembra una fuga dalla realtà, e rassomigli tanto a qualcuno di quei pastori (qualcuno ci deve essere pur stato!) che, all'apparizione degli angeli, non si è neppure scomposto ed è rimasto a scaldarsi davanti al fuoco del suo scetticismo. Non voglio forzare la tua coscienza: ma sei proprio sicuro che, quel bambino non abbia nulla da dirti, e che questo mistero (che tu vorresti confinare tra le favole) di Dio fatto uomo per amore, sia completamente estraneo al tuo bisogno di felicità? Auguri, comunque, perché la tua irreprensibile onestà umana trovi nella culla di Betlemme la sua sorgente e il suo estuario.

Dire buon Natale a te, Corrado, che vivi nella casa di riposo, e la sera ti lasci cullare dalle nenie pastorali, e te ne vai sulle ali della fantasia ai tempi di quando eri bambino, e la tua anima brulica di ricordi più di quanto i tratturi del presepe non brulichino di percorelle, e pensi che questo sarà forse il tuo ultimo Natale, e ti raffiguri già il momento in cui Gesù lo contemplerai faccia a faccia con i tuoi occhi... è molto diverso che fare gli auguri a te, Antonietta, che hai vent'anni e tutti dicono che non sei più quella di una volta, e l'altro giorno mi hai confidato che non fai più parte del coro e che forse quest'anno non ti confesserai neppure. Buon Natale, Antonietta. Pregherò perché tu possa trovare cinque minuti per piangere da sola davanti alla culla, e in quel pianto tu possa sperimentare le stesse emozioni di quando la semplice carta stagnola del presepe ti faceva trasalire di felicità.

Un conto è dire buon Natale a te, Gianni, che stai in ospedale e oggi anche i medici se ne sono andati e tu non vedi l'ora che arrivi il momento delle visite per poter parlare con qualcuno, e un conto è dire buon Natale a te, Piero, che in carcere nessuno verrà a trovare dopo che ne hai combinate di tutti i colori perfino a tuo padre e a tua madre. Auguri a tutti e due, comunque, e ai vostri compagni di corsia o di cella: Gesù Cristo vi restituisca la salute del corpo e quella dello spirito.

Buon Natale a te, Carmela, che sei rimasta vedova. A te, Marina, che sei felice perché le cose vanno bene. A te, Michele, che ti disperi perché le cose vanno male. A te, Mussif, e a tutti i profughi albanesi che vivono insieme nella casa di accoglienza. A te, Sahid, che guardi alla televisioni gli spettacoli dell'Unicef sui bambini irakeni e slavi decimati dalla fame, e, per un'associazione di immagini non certo molto strana, pensi ai tuoi figli che hai lasciato in Tunisia.

Dopo che l'ho poggiata sull'altare, profumata d'incenso e grondante ancora di benedizioni divine, voglio dare la mano a tutti, sicuro che nessuno tirerà indietro la sua.

Perché a Natale, felice o triste che sia, fedele o miscredente, miserabile o miliardario, ognuno avverte, chi sa per quale mistero, che di quel bambino «avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia», una volta che l'ha conosciuto, non può più fare a meno.

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5.0/5 (1 voto)

inserito il 19/02/2018

PREGHIERA

2. La morte corporale   1

Carlo Maria Martini, Credo la vita eterna

Riconosco, Signore, che la durata della mia condizione mortale è gravata dalla maligna separazione che nell'incredulità si produce tra il nostro tempo e il tuo. E so che questa separazione si riflette nell'angoscia in cui trascorre il tempo che ciascuno di noi cerca di avere soltanto per se stesso. La malinconia del tempo inesorabilmente passato è figlia dell'incredulità e madre della disperazione.

La morte si presenta allora e solo allora come una dimostrazione dell'inutilità del tempo dell'amore. I colpi in cui il dolore percuote l'uscio di casa diventano i sogni di un destino implacabile che assegna alla morte l'ultima parola. La nostalgia del tempo perduto si trasforma in una malattia che rende cronica la perdita di ogni senso di tempo.

Ma se io, Signore, tendo l'orecchio e imparo a discernere i segni dei tempi, distintamente odo i segnali della tua rassicurante presenza alla mia porta. E quando ti apro e ti accolgo come ospite gradito nella mia casa, il tempo che passiamo insieme mi rinfranca.

Alla tua mensa divido con te il pane della tenerezza e della forza, il vino della letizia e del sacrificio, la parola della sapienza e della promessa, la preghiera del ringraziamento e dell'abbandono nelle mani del Padre. E ritorno alla fatica del vivere con indistruttibile pace. Il tempo che è passato con te sia che mangiamo sia che beviamo è sottratto alla morte.

Adesso, anche se è lei a bussare, io so che sarai tu ad entrare; il tempo della morte è finito. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo per esplorare danzando le iridescenti tracce della Sapienza dei mondi. E infiniti sguardi d'intesa per assaporarne la Bellezza. Amen.

preghierarapporto con Diomortevita eternaabbandonosperanzadisperazionesenso della vitaricerca di senso

3.0/5 (2 voti)

inviato da Simone Pestelli, inserito il 07/02/2016

TESTO

3. La morte non è nulla   2

Henry Scott Holland

La morte non è nulla. Non conta.
Io me ne sono solo andato nella stanza accanto.
Non è successo nulla.
Tutto resta esattamente come era.
Io sono io e tu sei tu
e la vita passata che abbiamo vissuto così bene insieme
è immutata, intatta.
Quello che eravamo prima l'uno per l'altro lo siamo ancora.
Chiamami con il vecchio nome familiare.
Parlami nello stesso modo affettuoso
che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce,
non assumere un'aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano
quando eravamo insieme.
Sorridi, pensa a me e prega per me.
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima.
Pronuncialo senza la minima traccia d'ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato
che ha sempre avuto:
È la stessa di prima,
c'è una continuità che non si spezza.
Cos'è questa morte se non un incidente insignificante?
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri
e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall'altra parte,
proprio dietro l'angolo.
Va tutto bene; nulla è perduto.
Un breve istante e tutto sarà come prima.
E come rideremo dei problemi della separazione
quando ci incontreremo di nuovo!

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5.0/5 (1 voto)

inviato da Simone Pestelli, inserito il 07/02/2016

PREGHIERA

4. Luci di speranza per la famiglia ferita

don Paolo Gentili e Tommaso e Giulia Cioncolini, Preghiera per il Sinodo dei vescovi sulla famiglia

Signore e Dio di ogni paternità che, con le tue carezze, curi la pecora ferita e lenisci i suoi dolori con il balsamo della tua Parola, illuminaci affinché sappiamo accogliere, con il tuo stesso amore, le persone separate ed i fedeli che, nel divorzio, sono passati ad una nuova unione.

Dai luce ai nostri occhi, affinché possiamo vedere nel dolore delle famiglie spezzate l'apice dell'incapacità di amare che sperimenta qualsiasi uomo e qualsiasi donna.

Insegnaci, con la Grazia dello Spirito, a discernere le differenti situazioni, con sincera fedeltà alle indicazioni del Magistero, evitando inopportune confusioni e illuminando la via buona da seguire.

Sostienici per annunciare loro la Verità del Vangelo e essere, nello stesso tempo, segno della materna tenerezza della Chiesa e delle sue viscere di misericordia.

Fa' che possiamo, come comunità cristiana, divenire locanda per l'umanità ferita, e accompagnare nel doloroso Calvario le persone separate, condividendo con loro la fatica del cammino.

Illumina il nostro cuore affinché, stando accanto, possiamo far percepire loro che non sono sole, e che possono ristorarsi nell'abbraccio dei fratelli, nella presenza feconda della tua Parola, nella preghiera intima e comunitaria, nelle relazioni umane risanate da Cristo.

Concedi ai presbiteri, ai religiosi e religiose, agli sposi e alle persone separate, che si fanno compagni di viaggio per chi vive la separazione ed il divorzio, di educare alla potenza salvifica di Cristo che sa trasformare una vita distrutta nel profumo della vita buona del Vangelo.

Guarda con particolare amore ai figli delle famiglie separate, perché possano scoprire nuovi orizzonti di senso attraverso il dono di sé. Accompagna, in questo tempo, la nostra Chiesa, perché, coniugando Verità e Carità, sia ogni giorno capace di offrire luci di speranza per la famiglia ferita. Amen.

famigliaseparazioneseparatidivorziodivorziatimisericordia

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran, inserito il 09/06/2015

TESTO

5. Cuore Trafitto

Amici della Zizzi, Commento al Vangelo Giovanni 19-31-37

La nostra salvezza è venuta dal cuore trafitto di Gesù. La salvezza del nostro prossimo deve passare attraverso le ferite che infliggeranno al nostro cuore.

Vi siete mai domandati perché ci sono così tanti divorzi? Perché molte persone iniziano a fare volontariato e poi smettono o cambiano direzione? Perché in tanti lasciano la fede? Il motivo alla base di tutto è la paura di farsi male.

Quando tra marito e moglie si crea un malinteso, o non sono d'accordo su qualcosa bisognerebbe parlarne, ma ciò provoca dolore, turbamento, doversi dire cose spiacevoli ed in molti casi si evita. Così accade che da una piccola cosa si vengano a creare brutte situazioni dalle quali è poi difficile uscirne. Se nella rete di un pescatore si forma un piccolo nodo, se non lo si leva subito, darà origine a due piccoli nodi, che a loro volta creeranno quattro piccoli nodi e poi otto ed in men che non si dica diverranno una matassa talmente intricata che la soluzione più veloce diventerà il taglio della rete.

Ma la soluzione c'è ed è molto semplice, ogni nodo che si forma lo si deve togliere con minuziosa pazienza.

In un rapporto, qualunque esso sia, si deve imparare a soffrire per il bene dell'altro e tanto maggiore e duratura è questa sofferenza, maggiore è il bene che all'altro deriverà.

Oggigiorno l'egoismo imperversa e una persona possa sacrificarsi per il prossimo è cosa assai rara da trovare, ma vedete che alone di amore che crea attorno, un alone nel quale anche chi soffre per gli altri troverà la sua pace e la sua gioia.

Gesù morendo sulla Croce ha sofferto ed è nata la fede. Dio soffrendo ogni giorno per noi che siamo suoi figli crea attorno a noi protezione e speranza.

Non facciamo così noi genitori verso i figli? Non siamo disposti a disposti a soffrire, a sacrificarci, a farci trafiggere il cuore per dargli un'opportunità in più?

famigliamatrimoniodivorzioseparazioneamoreproblemisoluzionedoloresacrificio

inviato da Riccardo Ripoli, inserito il 19/06/2012

PREGHIERA

6. La speranza basta

Magdalena Altwegg

Sì, lo so, Signore,
la mancanza di fiducia è peccato.
Il peccato è allontanamento da te,
è separazione,
è distanza,
e la distanza è la nostra colpa,
la mia colpa.
Tu l'hai scavalcata
con la tua sofferenza
per tutti gli uomini.
Tu hai messo dei punti fermi:
le tue parole.
Tu hai acceso delle luci:
le tue opere.
Il tuo Vangelo è verità e via:
cosa potrei desiderare di più?
La speranza basta.

speranzapeccatoabbandono in Diofedefiducia

inviato da Anna Lianza, inserito il 11/12/2002

TESTO

7. La profondità dell'amore

Kahlil Gibran

Non si conosce la profondità dell'amore se non al momento della separazione.

amorecoppiainnamoramento

inviato da Barbara, inserito il 03/12/2002

PREGHIERA

8. Guardo la folla

Rabindranath Tagore

Guardo la folla dei fratelli e chiedo
un posto in mezzo a tutti,
dove non c'è poltrona da pagare
né segno alcuno di separazione,
dove né onore c'è né disonore:
un posto in mezzo a tutti.

Dove non sono maschere né veli
e ognuno vede il volto del fratello
nella sua verità:
dove il "mio" non esiste
né regna l'egoismo;
dove altissimo il dono del Signore
ricolmerà ogni cuore.

Guardo la folla dei fratelli e chiedo
un posto in mezzo a tutti.

fratellanzaconviverecomunitàimportanza del singolo

inviato da Barbara, inserito il 25/09/2002