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PREGHIERA

1. Preghiera Via Crucis Colosseo 2019

Papa Francesco, Via Crucis al Colosseo, Venerdì Santo, 19 aprile 2019

Signore Gesù, aiutaci a vedere nella Tua Croce tutte le croci del mondo:
la croce delle persone affamate di pane e di amore;
la croce delle persone sole e abbandonate perfino dai propri figli e parenti;
la croce delle persone assetate di giustizia e di pace;
la croce delle persone che non hanno il conforto della fede;
la croce degli anziani che si trascinano sotto il peso degli anni e della solitudine;
la croce dei migranti che trovano le porte chiuse a causa della paura e dei cuori blindati dai calcoli politici;
la croce dei piccoli, feriti nella loro innocenza e nella loro purezza;
la croce dell'umanità che vaga nel buio dell'incertezza e nell'oscurità della cultura del momentaneo;
la croce delle famiglie spezzate dal tradimento, dalle seduzioni del maligno o dall'omicida leggerezza e dall'egoismo;
la croce dei consacrati che cercano instancabilmente di portare la Tua luce nel mondo e si sentono rifiutati, derisi e umiliati;
la croce dei consacrati che, strada facendo, hanno dimenticato il loro primo amore;
la croce dei tuoi figli che, credendo in Te e cercando di vivere secondo la Tua parola, si trovano emarginati e scartati perfino dai loro famigliari e dai loro coetanei;
la croce delle nostre debolezze, delle nostre ipocrisie, dei nostri tradimenti, dei nostri peccati e delle nostre numerose promesse infrante;
la croce della Tua Chiesa che, fedele al Tuo Vangelo, fatica a portare il Tuo amore perfino tra gli stessi battezzati;
la croce della Chiesa, la Tua sposa, che si sente assalita continuamente dall'interno e dall'esterno;
la croce della nostra casa comune che appassisce seriamente sotto i nostri occhi egoistici e accecati dall'avidità e dal potere.
Signore Gesù, ravviva in noi la speranza della risurrezione e della Tua definitiva vittoria contro ogni male e ogni morte. Amen!

crocecrocisperanzavia crucis

inviato da Qumran2, inserito il 13/05/2019

TESTO

2. L'Avvento in terra, l'Avvento in cielo   1

Tonino Bello, Omelia per l'Avvento, 27 Novembre 1988

Mi viene da pensare che anche in cielo oggi comincia l'Avvento, il periodo dell'attesa. Qui sulla terra è l'uomo che attende il ritorno del Signore; lassù nel cielo è il Signore che attende il ritorno dell'uomo, ritorno che si potrà realizzare con la preghiera, con una vita di povertà, di giustizia, di limpidezza, di purezza, di amore, con la testimonianza evangelica e con una forte passione di solidarietà.

Clicca qui per vedere il video dell'omelia, completa, di don Tonino Bello del 27 Novembre 1988.

Avvento

inserito il 04/12/2016

TESTO

3. Lettera di Dio per la custodia della donna   2

La donna che hai al fianco, emozionata, con l'abito da sposa, è mia. Io l'ho creata. Io le ho voluto bene da sempre; ancor prima di te e ancor più di te. Per lei non ho esitato a dare la mia vita. Ho dei grandi progetti per lei. Te l'affido. La prenderai dalle mie mani e ne diventerai responsabile.

Quando l'hai incontrata l'hai trovata bella e te ne sei innamorato. Sono le mie mani che hanno plasmato la sua bellezza, è il mio cuore che ha messo dentro di lei la tenerezza e l'amore, è la mia sapienza che ha formato la sua sensibilità e la sua intelligenza e tutte le qualità belle che hai trovato in lei.

Però non basta che tu goda del suo fascino. Dovrai impegnarti a rispondere ai suoi bisogni, ai suoi desideri. Ti renderai conto che ha bisogno di tante cose: ha bisogno di casa, di vestito, di serenità, di gioia, di equilibrio psichico, di rapporti umani, di affetto e tenerezza, di piacere e di divertimento, di presenza umana e di dialogo, di relazioni sociali e familiari, di soddisfazioni nel lavoro e di tante altre cose.

Ma dovrai renderti conto che ha bisogno soprattutto di me, e di tutto quello che aiuta e favorisce questo incontro con me: la pace del cuore, la purezza di spirito, la preghiera, la Parola, il perdono, la speranza e la fiducia in me, la mia vita. Sono Io e non tu il principio, il fine, il destino di tutta la sua vita.

Facciamo un patto tra noi: la ameremo insieme. Io la amo da sempre. Tu hai incominciato ad amarla da qualche anno, da quando te ne sei innamorato. Sono io che ho messo nel tuo cuore l'amore per lei. È stato il modo più bello perché ti accorgessi di lei. Volevo affidarla a qualcuno che se ne prendesse cura. Ma volevo anche che lei arricchisse con la sua bellezza e le sue qualità la vita di un uomo. E questo uomo sei tu.

Per questo ho fatto nascere nel tuo cuore l'amore per lei. Era il modo più bello per dirti: "ecco, te la affido", e perché tu potessi godere della sua bellezza e delle sue qualità. Quando le dirai "prometto di esserti fedele, di amarti e rispettarti per tutta la vita", sarà come se mi rispondessi che sei lieto di accoglierla nella tua vita e di prenderti cura di lei. Da quel momento saremo in due ad amarla.

Dobbiamo però metterci d'accordo: non è possibile che tu la ami in un modo e io in un altro. Devi avere per lei un amore simile al mio, e devi desiderare per lei le stesse cose che Io desidero. Non puoi pensare nulla di più bello e gioioso per lei.

Se la ami sul serio vedrai che ti troverai d'accordo con me nel progetto che ho concepito per lei. Ti farò capire poco alla volta quale sia il mio modo di amare, e ti svelerò quale vita ho sognato e voluto per questa mia creatura che diventerà tua sposa.

Mi rendo conto che ti sto chiedendo molto. Pensavi che questa donna fosse tutta e solo tua, e ora invece hai l'impressione che io ti chieda di spartirla con Me. Non è così. Io non sono il tuo rivale in amore. Al contrario, sono molui che ti aiuta ad amarla appassionatamente. Per questo desidero che nel tuo piccolo amore ci sia il mio grande amore.

Col tuo amore potrai fare molto per lei, ma è sempre troppo poco. Io ti rendo invece capace di amare da Dio. È questo il mio dono di nozze: un supplemento di amore che trasforma il tuo amore di creatura e lo rende capace di produrre le opere di Dio nella donna che ami.

Sono parole per te misteriose, ma le capirai un poco alla volta. Ti assicurò che non ti lascerò mai solo in questa impresa. Sarò sempre con te e farò di te lo strumento del mio amore, della mia tenerezza; continuerò ad amare la mia creatura, che è diventata tua sposa, attraverso i tuoi gesti d'amore, di attenzione di impegno, di perdono, di dedizione. In una parola: ti renderò capace di amare come io amo, perché ti darò una forza nuova di amare che è il mio stesso amore.

Se vi amerete in questo modo, la vostra coppia diventerà come una fortezza che le tempeste di vita non riusciranno mai ad abbattere. Un amore costruito sulla mia Parola è come una casa costruita sulla roccia: nessuna vicenda potrà distruggerla. Ricordatelo, perché molti si illudono di poter fare a meno di me: ma se io non sono con voi nell'edificare la casa della vostra vita e del vostro amore, vi affaticherete invano: come gli apostoli che faticarono tutta una notte e al mattino tornarono a riva con le reti vuote; bastò un semplice intervento Mio, e le reti pescarono tanto pesce che per l'abbondanza si rompevano. Di più. Se vi amerete in questo modo diventerete forza anche per gli altri.

Oggi si crede poco all'amore vero, quello che dura per sempre, e che offre la propria vita all'amato. Si cercano più le emozioni amorose che l'amore. Ma le emozioni nascono e muoiono presto, lasciando solo vuoto e nostalgia.

Per questo qualcuno ha detto che il matrimonio è solo una grande illusione che si dissolve presto. Se voi saprete amarvi come io amo, con una fedeltà che non viene mai meno, diventerete come la città sul monte. Sarete una speranza per tutti, perché tutti vedranno che l'amore è una cosa possibile.

donnaamorematrimoniocoppiasposicustodire

4.7/5 (3 voti)

inviato da Paola Berrettini, inserito il 16/06/2015

TESTO

4. Meditazione e ritorno al mondo

Dietrich Bonhoeffer, Vita comune

Ogni giorno porta al cristiano molte ore di solitudine in mezzo ad un mondo non cristiano. Questo è il tempo della verifica. Esso è la prova della bontà della meditazione personale e della comunione cristiana. La comunità ha reso gli individui liberi, forti, adulti, o li ha resi invece dipendenti, non autonomi? Li ha condotti un po' per mano, per far loro imparare di nuovo a camminare da soli, o li ha resi paurosi e insicuri?… Qui si tratta di decidere se la meditazione personale ha portato il cristiano in un mondo irreale da cui si risveglia con spavento, nel ritornare al mondo terreno del suo lavoro, o se viceversa lo ha fatto entrare nel vero mondo di Dio, che permette di affrontare la giornata dopo aver attinto nuova forza e purezza. Si è trattato di un'estasi spirituale per brevi attimi, cui poi subentra la quotidianità, o di un radicarsi essenziale e profondo della Parola di Dio nel cuore?… Solo la giornata potrà deciderlo… Ognuno deve sapere che anche il momento in cui è isolato ha una sua retroazione sulla comunione. Nella sua solitudine egli può dilacerare e macchiare la comunione o viceversa rafforzarla e santificarla….

solitudinecomunitàrapporto con Dioimpegnoessere cristiani

inviato da Qumran2, inserito il 12/08/2012

PREGHIERA

5. Preghiera degli educatori prima dell'incontro   3

Signore, siamo pronti
per iniziare un altro pomeriggio
insieme ai nostri ragazzi e insieme a te,
per i nostri ragazzi e per te.
Aiutaci a lasciare da parte
tutti i nostri pensieri, le nostre preoccupazioni
per dedicarci interamente ai nostri ragazzi.
Fa' che i nostri sentimenti e le nostre parole,
le nostre azioni e i nostri pensieri,
tutto sia dei nostri ragazzi, tutto sia per loro.
Insegnaci, Signore,
a consolare i ragazzi che sono tristi,
a rialzare quelli che cadono,
a sostenere i più timidi e timorosi
e a venire in aiuto di tutti coloro che sono più deboli.
Fa' che sappiamo adattarci
alle esigenze, al carattere,
alle disposizioni, alle capacità e ai limiti
di ciascuno dei nostri ragazzi.
Manda su di noi il tuo Santo Spirito
che ci doni la luce e le competenze di cui abbiamo bisogno.
Metti sulle nostre labbra parole rette e giuste,
affinché, insieme con loro,
possiamo crescere anche noi
nella fede, nella speranza e nell'amore,
nella purezza e nell'umiltà,
nella pazienza, nell'obbedienza
e nella profonda amicizia tra di noi e con te
e possiamo portarti ai nostri ragazzi nella gioia.
Amen!

educatorioratorioaffidamentoanimatorieducare

5.0/5 (2 voti)

inviato da Simone Perotto, inserito il 08/05/2012

TESTO

6. Come Dio creò l'amico   2

Dio, nella sua estrema saggezza, osservando l'uomo, notò che oltre alla moglie, ai genitori e ai figli necessitava di qualcun altro per completare la sua felicità ed allora Egli decise di creare un tipo molto speciale. E per raggiungere lo scopo si propose di unire alcune buone qualità per formare questa persona molto speciale.
Egli unì la pazienza, la comprensione, l'affetto e l'amore che sono tipici della madre.
Adattò un po' di determinazione, di forza e di decisione estratti del padre.
E vedendo che ancora mancava qualcosa mescolò, con tutto quello, la purezza, la spontaneità, l'allegria, l'irriverenza e la sincerità dei bambini.
Per dare il tocco finale, egli aggiunse la pazienza e la moderazione dei nonni.
Da tutto questo emerse un qualcuno molto speciale, importante e fondamentale nella vita di tutti noi.
Da tutto quel miscuglio di buone qualità, da tutto ciò che è buono, creò l'Amico.

amiciziacreazione

4.5/5 (2 voti)

inviato da Giovanna M., inserito il 10/11/2011

TESTO

7. Dolcezza e gentilezza

Gerald Jampolsky, Scorciatoie verso Dio

Quando scopriamo di non essere dolci e gentili nelle nostre relazioni significa che abbiamo smarrito la strada e ci siamo allontanati dalla nostra sorgente.

Lo stato naturale dei nostri cuori è caratterizzato da dolcezza e gentilezza, quindi quando ci rendiamo conto di essere aggressivi, severi, inclementi, insensibili e irritabili con gli altri, stiamo avendo paura e ascoltando la voce dell'io e non quella dell'Amore.

Ricordiamo, in ogni pensiero che nutriamo e in ogni cosa che facciamo, che la dolcezza e la gentilezza vanno di pari passo, in quanto espressioni della purezza dell'Amore divino che abitano sempre in noi.

Ricordiamo che quando dolcezza e gentilezza camminano mano nella mano, stiamo percorrendo una scorciatoia verso Dio.

gentilezzaamore di Diocomprensionecondivisione

inviato da Sr Lucia Brasca FMA, inserito il 03/09/2010

PREGHIERA

8. Preghiera dei genitori   2

Ti ringraziamo, Signore, per il dono dei nostri figli.
Sappiamo che tu li ami di un amore più grande,
più potente, più puro del nostro;
a te dunque li affidiamo.
Sii tu per loro la Via, la Verità e la Vita,
l'amico vero che non tradisce mai.
Fa' che essi credano, perché la vita
senza fede è una notte disperata.
Fa' che siano puri, perché senza purezza
non c'è amore, ma egoismo.
Fa' che crescano onesti e laboriosi,
sani e buoni come noi li sogniamo e tu li vuoi.
Degnati di eleggere e di chiamare qualcuno di loro
per l'avvento del tuo Regno.
Fa' che noi siamo per loro esempio luminoso
di virtù e guida sicura.
Dona efficacia alla nostra parola, forza costante
alla nostra azione formatrice e di testimonianza.
E tu, Maria, che conoscesti le ineffabili gioie
di una maternità santa,
dacci un cuore capace di trasmettere
una fede viva e ardente.
Santifica le nostre ansie e le nostre gioie,
fa' che i nostri figli crescano in virtù e santità
per opera tua e del tuo Figlio Divino.
Amen!

genitorifiglifamiglia

4.5/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 09/12/2009

TESTO

9. Il Dio in cui non credo   1

Arias Juan

Sì, io non crederò mai in:
Il Dio che «sorprenda» l'uomo in un peccato di debolezza.
Il Dio che condanni la materia.
Il Dio incapace di dare una risposta ai problemi gravi di un uomo sincero e onesto che dice piangendo: «non posso».
Il Dio che ami il dolore.
Il Dio che metta la luce rossa alle gioie umane. Il Dio che sterilizza la ragione dell'uomo.
Il Dio che benedica i nuovi Caini dell'umanità.
Il Dio mago e stregone.
Il Dio che si faccia temere.
Il Dio che non si lasci dare del tu.
Il Dio nonno di cui si possa abusare.
Il Dio che si faccia monopolio di una Chiesa, di una razza, di una cultura, di una casta.
Il Dio che non abbia bisogno dell'uomo.
Il Dio lotteria con cui si vinca solo a sorte.
Il Dio arbitro che giudichi sempre col regolamento alla mano.
Il Dio solitario.
Il Dio incapace di sorridere di fronte a molte monellerie degli uomini.
Il Dio che «giochi» a condannare.
Il Dio che «mandi» all'inferno.
Il Dio che non sappia aspettare.
Il Dio che esiga sempre dieci agli esami.
Il Dio capace di essere spiegato da una filosofia.
Il Dio che adorano quelli che sono capaci di condannare un uomo.
Il Dio incapace di amare quello che molti disprezzano.
Il Dio incapace di perdonare tante cose che gli uomini condannano.
Il Dio incapace di redimere la miseria.
Il Dio incapace di capire che i «bambini» debbono insudiciarsi e sono smemorati.
Il Dio che impedisca all'uomo di crescere, di conquistare, di trasformarsi, di superarsi fino a farsi «quasi un Dio».
Il Dio che esiga dall'uomo, perché creda, di rinunciare a essere uomo.
Il Dio che non accetti una sedia nelle nostre feste umane.
Il Dio che è capito soltanto dai maturi, i sapienti, i sistemati.
Il Dio che non è temuto dai ricchi alla cui porta sta la fame e la miseria.
Il Dio capace di essere accettato e compreso dagli egoisti.
Il Dio onorato da quelli che vanno a messa e continuano a rubare e a calunniare.
Il Dio asettico, elaborato in un gabinetto scientifico da tanti teologi e canonisti.
Il Dio che non sappia scoprire qualcosa della sua bontà, della sua essenza là dove vibra un amore per quanto sbagliato.
Il Dio a cui piaccia la beneficenza di chi non pratica la giustizia.
Il Dio per cui è il medesimo peccato compiacersi alla vista di due belle gambe, distrarsi nelle preghiere, calunniare il prossimo, frodare del salario gli operai o abusare del potere.
Il Dio che condanni la sessualità.
Il Dio del «me la pagherai».
Il Dio che si penta, qualche volta di aver regalato la libertà all'uomo.
Il Dio che preferisca l'ingiustizia al disordine.
Il Dio che si accontenti che l'uomo si metta in ginocchio anche se non lavora,
il Dio muto e insensibile nella storia di fronte ai problemi angosciosi della umanità che soffre.
Il Dio a cui interessino le anime e non gli uomini.
Il Dio morfina per il rinnovamento della terra e speranza soltanto per la vita futura.
Il Dio che crei discepoli che disertano i compiti del mondo e sono indifferenti alla storia dei loro fratelli.
Il Dio di quelli che credono di amare Dio, perché non amano nessuno.
Il Dio che è difeso da quanti non si macchiano mai le mani, non si affacciano mai alla finestra, non si gettano mai nell'acqua.
Il Dio a cui piacciano quelli che dicono sempre: «tutto va bene».
Il Dio di quelli che pretendono che il sacerdote cosparga di acqua benedetta i sepolcri imbiancati delle loro sporche manovre.
Il Dio che predicano i preti che credono che l'inferno è pieno e il cielo quasi vuoto.
Il Dio dei preti che pretendono che si possa criticare tutto e tutti all'infuori di loro.
Il Dio che giustifichi la guerra.
Il Dio che ponga la legge al di sopra della coscienza.
Il Dio che sostenga una chiesa statica, immobile, incapace di purificarsi, di perfezionarsi e di evolversi.
Il Dio dei preti che hanno risposte prefabbricate per tutto.
Il Dio che neghi all'uomo la libertà di peccare.
Il Dio che non continui a scomunicare i nuovi farisei della storia.
Il Dio che non sappia perdonare qualche peccato.
Il Dio che preferisca i ricchi.
Il Dio che «causi» il cancro, che «invii» la leucemia, che «renda sterile» la donna o che «si porti via» il padre di famiglia che lascia cinque creature nella miseria.
Il Dio che possa essere pregato solo in ginocchio, che si possa incontrare solo in chiesa.
Il Dio che accetti e dia per buono tutto ciò che i teologi dicono di lui.
Il Dio che non salvi quanti non lo hanno conosciuto ma lo hanno desiderato e cercato.
Il Dio che «mandi» all'inferno il bambino dopo il suo primo peccato.
Il Dio che non dia all'uomo la possibilità di potersi condannare.
Il Dio per cui l'uomo non sia la misura di tutto il creato.
Il Dio che non vada incontro a chi lo ha abbandonato.
Il Dio incapace di far nuove tutte le cose.
Il Dio che non abbia una parola diversa, personale, propria per ciascun individuo.
Il Dio che non abbia mai pianto per gli uomini.
Il Dio che non sia la luce.
Il Dio che preferisca la purezza all'amore.
Il Dio insensibile di fronte a una rosa.
Il Dio che non possa scoprirsi negli occhi di un bambino o di una bella donna o di una madre che piange.
Il Dio che non sia presente dove vibra l'amore umano.
Il Dio che si sposi con una politica.
Il Dio di quanti pregano perché gli altri lavorino.
Il Dio che non possa essere pregato sulle spiagge.
Il Dio che non si riveli qualche volta a colui che lo desidera onestamente.
Il Dio che distrugga la terra e le cose che l'uomo ama di più invece di trasformarle.
Il Dio che non abbia misteri, che non fosse più grande di noi.
Il Dio che per renderci felici ci offra una felicità separata dalla nostra natura umana.
Il Dio che annichilisca per sempre la nostra carne invece di risuscitarla.
Il Dio per cui gli uomini valgono non per ciò che sono ma per ciò che hanno o che rappresentano.
Il Dio che accetti come amico chi passa per la terra senza far felice nessuno.
Il Dio che non poserà la generosità del sole che bacia quanto tocca, i fiori e il concime.
Il Dio incapace di divinizzare l'uomo facendolo sedere alla sua tavola e dandogli la sua eredità.
Il Dio che non sappia offrire un paradiso in cui noi ci sentiamo fratelli e in cui la luce non venga solo dal sole e dalle stelle ma soprattutto dagli uomini che amano.
Il Dio che non sia l'amore e che non sappia trasformare in amore quanto tocca.
Il Dio che abbracciando l'uomo già qui sulla terra non sappia comunicargli il gusto, la gioia, il piacere, la dolce sensazione di tutti gli amori umani messi insieme.
Il Dio incapace di innamorare l'uomo.
Il Dio che non si sia fatto vero uomo con tutte le sue conseguenze.
Il Dio che non sia nato dal ventre di una donna.
Il Dio che non abbia regalato agli uomini la sua stessa madre.
Il Dio nel quale io non possa sperare contro ogni speranza.
Sì, il mio Dio è l'altro Dio.

Diocrederefede

4.0/5 (3 voti)

inviato da Busato Don Paolo, inserito il 19/07/2009

PREGHIERA

10. Maria, donna dei nostri giorni   2

Tonino Bello, Maria donna dei nostri giorni, Edizioni San Paolo

Santa Maria, donna dei nostri giorni, vieni ad abitare in mezzo a noi. Tu hai predetto che tutte le generazioni ti avrebbero chiamata beata. Ebbene, tra queste generazioni c'è anche la nostra, che vuole cantarti la sua lode non solo per le cose grandi che il Signore ha fatto in te nel passato, ma anche per le meraviglie che egli continua a operare in te nel presente.

Fa' che possiamo sentirti vicina ai nostri problemi. Non come Signora che viene da lontano a sbrogliarceli con la potenza della sua grazia o con i soliti moduli stampati una volta per sempre. Ma come una che, gli stessi problemi, li vive anche lei sulla sua pelle, e ne conosce l'inedita drammaticità, e ne percepisce le sfumature del mutamento, e ne coglie l'alta quota di tribolazione.

Santa Maria, donna dei nostri giorni, liberaci dal pericolo di pensare che le esperienze spirituali vissute da te duemila anni fa siano improponibili oggi per noi, figli di una civiltà che, dopo essersi proclamata postmoderna, postindustriale e postnonsoché, si qualifica anche come postcristiana.

Facci comprendere che la modestia, l'umiltà, la purezza sono frutti di tutte le stagioni della storia, e che il volgere dei tempi non ha alterato la composizione chimica di certi valori quali la gratuità, l'obbedienza, la fiducia, la tenerezza, il perdono. Sono valori che tengono ancora e che non andranno mai in disuso. Ritorna, perciò, in mezzo a noi, e offri a tutti l'edizione aggiornata di quelle grandi virtù umane che ti hanno resa grande agli occhi di Dio.

Santa Maria, donna dei nostri giorni, dandoti per nostra madre, Gesù ti ha costituita non solo conterranea, ma anche contemporanea di tutti. Prigioniera nello stesso frammento di spazio e di tempo. Nessuno, perciò, può addebitarti distanze generazionali, né gli è lecito sospettare che tu non sia in grado di capire i drammi della nostra epoca.

Mettiti, allora, accanto a noi, e ascoltaci mentre ti confidiamo le ansie quotidiane che assillano la nostra vita moderna: lo stipendio che non basta, la stanchezza da stress, l'incertezza del futuro, la paura di non farcela, la solitudine interiore, l'usura dei rapporti, l'instabilità degli affetti, l'educazione difficile dei figli, l'incomunicabilità perfino con le persone più care, la frammentazione assurda del tempo, il capogiro delle tentazioni, la tristezza delle cadute, la noia del peccato. ..

Facci sentire la tua rassicurante presenza, o coetanea dolcissima di tutti. E non ci sia mai un appello in cui risuoni il nostro nome, nel quale, sotto la stessa lettera alfabetica, non risuoni anche il tuo, e non ti si oda rispondere: «Presente!».
Come un' antica compagna di scuola.

Mariaquotidianitàmadonnamadreascoltoconsolazione

inviato da Barbara Battilana, inserito il 18/07/2009

TESTO

11. Dieci cose che Dio ti chiederà   2

Dio non ti chiederà che modello di auto usavi,
ti chiederà a quanta gente hai dato un passaggio.

Dio non ti chiederà i metri quadrati della tua casa,
ti chiederà quanta gente hai ospitato.

Dio non ti chiederà la marca dei vestiti nel tuo armadio,
ti chiederà quanta gente hai aiutato a vestirsi.

Dio non ti chiederà quanto era alto il tuo stipendio,
ti chiederà se hai venduto la tua coscienza per ottenerlo.

Dio non ti chiederà qual era il tuo titolo di studio,
ti chiederà se hai fatto il tuo lavoro al meglio delle tue capacità.

Dio non ti chiederà quanti amici avevi,
ti chiederà quanta gente ti considerava suo amico.

Dio non ti chiederà in che quartiere vivevi,
ti chiederà come trattavi i tuoi vicini.

Dio non ti chiederà il colore della tua pelle,
ti chiederà la purezza della tua anima.

Dio non ti chiederà perché hai tardato tanto a cercare la salvezza,
ti porterà con amore alla tua casa in Cielo, e non alle porte dell'inferno.

Dio non accusa:
ti chiede solo di predicare con l'esempio.

giudizioesempiomisericordiavita eternasenso della vitavitaimpegnoresponsabilità

3.0/5 (2 voti)

inviato da Don Antonio Sambataro, inserito il 19/05/2009

TESTO

12. Dio, eccoti

Dio altro da tutto, eccoti tra i tuoi figli,
Dio inaccessibile, eccoti nella barca di Pietro,
Dio del cielo, eccoti sulla terra,
Dio eterno, eccoti assetato al pozzo!
Dio dell'universo, eccoti commosso nel profondo dell'anima,
Dio di purezza, eccoti vicino al lebbroso,
Dio onnipotente, eccoti gettato nella tomba,
Dio giudice, eccoti pronunciare parole di vita!
Dio maestro, eccoti in ginocchio davanti ai tuoi amici!
Dio d'amore, eccoti con le braccia in croce,
Dio della vita, eccoti umiliato sotto i colpi,
Dio, nostro Dio, eccoti in Gesù, nostro fratello!

Gesùincarnazionerapporto con DioDio

inserito il 14/01/2007

TESTO

13. La partenza di Francesco di Assisi

Christian Bobin, Francesco e l'Infinitamente piccolo

Tanta poca immaginazione fa veramente disperare dell'uomo.
Credono di maturare perché hanno dei figli.
Credono di amare perché non osano più tradire la moglie.
Non avranno fatto altro che invecchiare.
Non avranno fatto altro che essere vecchi.
Guardami, me ne vado per i cammini dell'infanzia.

Ti devo un po' di soldi, quelli che ti ho preso per lanciarli a Dio.

Tu che conosci il prezzo delle cose, tu che delle cose non conosci che il prezzo, guarda, mi tolgo i vestiti.

...posso dunque andarmene nudo come una pietra, nudo come un filo d'erba, nudo come la prima stella nel cielo buio.

Abramo si è levato. Gli era stato domandato infinitamente. Gli era stato richiesto di abbandonare la famiglia, il paese, gli amici.

Si domanda sempre infinitamente a chi desidera con un desiderio infinito.
E Abramo si è levato, è partito.

E Mosè, e Davide, e tutti si sono levati, e nel gesto del levarsi han perduto i loro abiti di lingua, i loro abiti d'amicizia, i loro abiti di saggezza, e tutti hanno ricevuto l'infinito nel cuore messo a nudo.

A sua madre che insisteva perché rientrasse a casa, vergognosa di vederlo girovagare con una dozzina di fannulloni, Cristo ha risposto: dov'è la mia vera famiglia, chi sono i miei cari?
E sua madre non ha capito. Allora come potresti capire tu?
Ritorno alla mia vera famiglia.

Ritorno fra quanti son partiti senza più sapere chi fossero, dove andassero.

Oh padre io commerciante, oh padre mio che vorresti impedirmi di crescere, sai quanta violenza occorre per gioire di vera dolcezza?
Non sposo una chimera.

Non è la purezza che voglio. La purezza lascia l'impuro al di fuori di lei, e io non voglio più un di fuori, non voglio più saperne di una chiesa coi suoi angeli nel coro e i suoi diavoli sulla strada, il viso schiacciato contro le vetrate come dei poveri a Natale alle finestre del fornaio.
Voglio solo la vita nuda e fraterna.

Oh padre io ragionevole, padre mio ragionatore, ti hanno insegnato che c'era un posto per ogni cosa, hai dunque creduto che ci fosse anche un rango per ciascuno, e io vengo a dirti che non è così: non saremo in un certo ordine che in paradiso.

Nell'attesa di quel giorno che verrà, che necessariamente verrà, che indubbiamente verrà, nell'attesa di quel giorno in cui saremo pigiati in grembo a Dio come soldi in fondo a una tasca, voglio entrare in tutti i giardini chiusi, scavalcare tutti i muri di pietra, andare ovunque, in disordine.
Ieri sognavo principesse e cavalieri.
Oggi ho trovato qualcosa che è più grande del mio sogno.
L'amore ha risvegliato la mia vita assopita.

Ho trovato la vita e parto incontro a lei, mi batterò per lei e servirò il suo nome.
Parto. Che puoi fare per impedirmelo?

Ti lascio fino all'ultimo dei miei vestiti. Si trattengono le persone con tutto ciò che si dona loro.
Ti ho reso quanto mi hai dato, tranne la vita.
Ma la vita mi viene da qualcosa di superiore a te.

La vita mi viene dalla vita stessa, ed è verso di lei che vado, verso la mia amica dagli occhi di neve, mia piccola fonte, mia sola sposa.
La vita, nient'altro che la vita.
La vita, tutta la vita.

vocazionepartenzastradacoraggiovitachiamata

inviato da Cristina Ardigò, inserito il 06/02/2006

TESTO

14. Come candele davanti al Tabernacolo   1

San Luigi Orione

San Luigi Orione, con questo suo scritto del 2/2/1938, ci ricorda il compito affidatoci da Gesù di essere la luce del mondo e sottolinea che quella luce si alimenta solo dinanzi al Tabernacolo, dinanzi a Gesù Eucaristia.

Quando si nasce, e ci portano al battesimo, si prende e si accende una di quelle candele benedette e la si mette nelle mani del padrino e della madrina che fanno per noi le promesse... Ma la candela si accende anche quando si muore, nell'atto in cui si raccomanda l'anima, nell'atto in cui essa sta per passare da questo mondo all'altra vita, quando il sacerdote pronuncia le parole: "Presto, o anima, ritorna al Padre che ti ha creato, ritorna al Figlio che ti ha redenta, ritorna allo Spirito che ti ha illuminata, che ti ha riempita di carismi"... La candela che si accende quando si è fatti cristiani sarà presente allorquando dovremo rendere conto del come si è condotta la vita, se veramente ci siamo mostrati veri seguaci di Cristo.

Con il Battesimo, siamo dunque noi stessi come candele accese che dovranno rendere conto della qualità della propria luce.

Le proprietà della candela sono diverse: la candela è diritta, e noi dobbiamo essere diritti, retti, sempre retti, sempre mostrarci retti se vogliamo essere veramente seguaci di Gesù Cristo. Dobbiamo morire pur di essere sempre moralmente retti, se vogliamo veramente essere cristiani.

La candela è bianca e noi dobbiamo mantenere bianca la nostra anima, coltivare nella nostra anima la virtù della purezza che ci fa bianchi all'occhio del Signore; virtù che è il giglio delle virtù, la bella virtù. Virtù che in modo grande splendette nella Vergine Santa...

La candela è ardente, manda luce, è calda. Così deve essere la vita nostra; non tiepida, non smorta, ma calda.

Dobbiamo ardere ed ardere di un amore grande di Dio e del prossimo. Dobbiamo fare sì che il Comandamento dell'amore sia in noi. Facciamolo ardere l'amore nel nostro petto; facciamolo affocare nel nostro cuore. Facciamo splendere la bella virtù... Dobbiamo essere lucerna ardente sicché tutti vedano, nella luce nostra, risplendere la luce di Dio, sentano il Signore, sentano la vita di Dio, la verità di Dio.

Andiamo da Gesù Eucaristia ad imparare la rettitudine, la purezza, una vita calda di amore a Dio e al prossimo.

La candela poi si offre e si consuma, in generale, davanti all'immagine dei Santi e davanti al Santissimo. E così deve ardere, splendere, consumarsi la nostra vita, deve consumarsi davanti a Dio.

La nostra vita sia come la candela che arde, splende e si consuma per amore di Dio e del suo Regno.

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2.5/5 (2 voti)

inviato da Lia Sirna, inserito il 05/01/2006

PREGHIERA

15. Quando   1

Rubens Costa Romanelli, O Primado do Espírito

Quando, nel momento della prova, la tua anima è triste e dubbiosa, invocami:
Io sono colui che ti consola.

Quando ti senti mancare, a causa delle difficoltà della vita, e senti che non ce la fai più, chiamami:
Io sono la forza.

Quando sei stanco e affaticato, e non riesci a trovare conforto, vieni a cercarmi:
Io sono il rifugio.

Quando perdi la serenità e senti che i tuoi nervi non reggono più, invocami:
Io sono la pazienza.

Quando sei sconvolto dai fatti della vita e sei affranto dal dolore causato dalle prove, grida a me:
Io sono il balsamo.

Quando il mondo ti farà solo false promesse e ti sorgerà il dubbio che non ci sia più nessuno di cui potersi fidare, vieni a me:
Io sono la verità.

Quando il tuo cuore è pieno di tristezza e di malinconia, chiamami:
Io sono l'allegria.

Quando, ad una ad una, saranno distrutte tutte le tue aspettative e la disperazione prenderà il sopravvento, cercami:
Io sono la speranza.

Quando la cattiveria e l'arroganza del cuore umano ti prostreranno a terra e ti umilieranno, chiamami:
Io sono il perdono.

Quando il dubbio ti assalirà fino a farti rimettere tutto in discussione, fidati di me:
Io sono la fede.

Quando nessuno ti capirà e vedrai svanire tutte le tue speranze nell'indifferenza del mondo, vieni a me:
Io sono la giustificazione.

E quando alla fine vorrai sapere chi sono, chiedilo al fiume che scorre,
all'usignolo che canta, alle stelle che scintillano:
Io sono la vita.
Io sono colui che ha creato te e tutte le cose.
Io sono colui che ti ama di un amore infinito ed eterno.
Io sono il tuo Signore e tuo Dio.


Versione forse più fedele all'orginale, che risente di una traduzione non perfetta:

Mio figlio!

Quando nelle ore di intimo dispiacere o di disanimo, invadono la tua anima e le lacrime affiorano agli occhi, buscami: io sono colui che sa soffocarti il pianto e stancarti le lacrime.

Quando ti giudichi incompreso da coloro che ti circondano e senti in loro l'indifferenza, avvicinati a me: io sono la luce i cui raggi illuminano la purezza delle tue intenzioni e la nobiltà dei tuoi sentimenti.

Quando si estinguono le forze per affrontare le difficoltà e contrasti della vita e ti senti smarrire, chiamami: io sono la forza che può rimuovere le pietre del cammino e superare le avversità del mondo.

Quando, i venti e le bufere soffiano inclementi e non sai piú dove chinare la testa, vieni a me: io sono il rifugio dove incontrarà riposo il tuo corpo e tranquillità il tuo spirito.

Quando nei momenti di maggior afflizione ti senti mancare la calma e non riesci mantenere la serenità dello spirito, invocami: io sono la pazienza, che ti aiuta a vivere i momenti e trionfare nelle piú difficili situazioni.

Quando ti dibatterai nell'atrocità del dolore e la tua anima ferita dalle spine del cammino, chiamami gridando: io sono il balsamo che cicatrizza le piaghe e lenisce le pene.

Quando il mondo ti illudirà con le sue false promesse e ti accorgerai che non potrai fidarti di nessuno, vieni a me: io sono la sincerità, che sa comprendere la lealtà dei tuoi atteggiamenti e la nobiltà dei tuoi ideali.

Quando la tristezza e la malinconia invadiranno il tuo cuore e di tutto sentirai scotento, chiamami: io sono l'allegria, che ti infonderà un nuovo coraggio e ti farà conoscere gli incanti del tuo mondo interiore.

Quando uno ad uno sfiniranno gli edeali piú belli e ti sentirai al margine della disperazione, invocami: io sono la speranza, che fortificherà la tua fede e ti accarezzerà i sogni.

Quando il mondo non scuserà i tuoi sbagli e proverai la durezza del cuore umano, cercami: io sono il perdono che solleverà il tuo animo e promuoverà la reabilitazione del tuo spirito.

Quando dubitando di tutto, persino delle tue proprie convinzioni e lo scetticismo ti invadirà l'anima, ricorri a me: io sono la fede, che innonderà di luce l'intelletto e ti preparerà per la conquista della Felicità.

Quando non proverai più la sublimità di un terno e sincero affetto, e ti sentirai deluso dei sentimenti dei tuoi simili, avvicinati a me: io sono la rinuncia, che t'insegnerà a dimenticare l'ingratitude degli uomini e l'incomprensione del mondo.

E infine, quando vorrai sapere chi sono, chiedilo al ruscello che mormora e al passaro che canta, al fiore che sboccia e alla stella che scintilla, al giovane che spera e all'anziano che ricorda. Io sono il dinamismo della vita e l'armonia della Natura: mi chiamo amore e sono rimedio per tutti i mali che attormentano lo spirito.

Stendimi poi la tua mano, oh anima della mia anima, che io ti condurrò in estasi e incantamenti continui alle serene dimore dell'Infinito, sotto la brillante luce dell'Eternità.

fiducia in Dioabbandono in Diofedesperanzasolitudinepaurarapporto con Dio

3.0/5 (1 voto)

inviato da Aurora, inserito il 29/07/2004

PREGHIERA

16. Preghiera per la liturgia delle ceneri

Elledici.org

Signore,
ecco le nostre fronti segnate dalle ceneri,
come stipiti delle porte
di coloro che tu stavi per liberare dall'Egitto.
Ecco i nostri cuori segnati dalle ceneri,
quelle delle nostre colpe
bruciate dal fuoco del tuo amore.
Ecco le nostre mani segnate dalle ceneri,
quelle delle nostre violenze
distrutte dalla tua tenerezza.
Ecco i nostri piedi segnati dalle ceneri,
quelle dei falsi idoli
dissolti al roveto ardente della Verità.
I cammini dove tu ci inviti a seguirti
sono, anch'essi, segnati dalle ceneri,
non come segno di tristezza,
ma come pegno di purezza.
La tua colonna di fuoco ha bruciato le spine:
le ceneri renderanno fertile
il terreno pietroso delle nostre aride vite.
Così segnati dalle ceneri
eccoci, Signore, pronti a seguirti
sulla via ardente che conduce alla Vita.
Lì, noi vogliamo bruciare le sovrastrutture inutili,
le parole vane, i gesti di rifiuto.
Alla chiamata della tua bruciante Parola,
noi presenteremo i nostri cuori
e ci convertiremo al Vangelo.

mercoledì delle ceneriquaresima

inviato da Tomaso, inserito il 01/04/2003

TESTO

17. Beato il cuore   2

Beato il cuore che fa spazio a tutti dentro di sé
e trova sempre al suo interno
un angolino libero per l'ultimo che arriva.

Beato il cuore che non riesce a chiamare estraneo
anche il più diverso, ma vive l'accoglienza come legge
fondamentale, perché questo è il Vangelo.

Beato il cuore che vive un continuo "Eccomi" agli altri,
a Dio e a stesso: crescerà fino alla pienezza.

Beato il cuore che si fa solidale nella verità con tutti e ciascuno,
in ogni situazione, nella buona e nella cattiva salute:
sarà artefice della civiltà dell'amore.

Beato il cuore che non è gonfio di sé,
non si vanta, non manca di rispetto:
sarà beato perché perdendo se stesso si ritrova.

Beato il cuore che si compiace della verità, della giustizia
e della purezza: sarà specchio di Dio e città sul monte.

Beato il cuore che si lascia compromettere dalla sofferenza degli altri
ed offre solidarietà, asilo, speranza:
realizzerà l'unità dei fratelli.

Beato il cuore che non conosce il colore della pelle o la diversità delle lingue,
ma solo il linguaggio degli occhi, del sorriso,
del volto e della luce di Dio: sarà rigeneratore di speranza.

Beato il cuore che vive l'attenzione agli altri, la generosità,
l'autenticità della vita e una presenza operosa:
sarà costruttore del Regno di Dio.

Beato il cuore mite e umile, perché sarà una nuova incarnazione
del Cuore di Cristo.

beatitudinisolidarietàamoreaccoglienza

1.0/5 (1 voto)

inviato da Barbara, inserito il 16/12/2002

RACCONTO

18. Il quarto Re Magio

Henry van Dyke, The Story of the Other Wise Man

I Magi, mentre scrutavano la volta celeste, scoprirono una nuova stella che brillò per una notte e poi sparì. Dopo qualche tempo, il cielo fu solcato da una scintilla blu che roteando emetteva splendore di porpora, finché divenne una sfera scarlatta con raggi lucenti e un vivissimo punto centrale bianco. Era il segnale della nascita del Re atteso da secoli. Lo videro i magi di Borsippa. Lo vide anche Artibano, che abitava a Ecbatana, distante dieci giorni di cammino.

Gaspare, Baldassare e Melchiorre decisero di partire per Gerusalemme. Anche Artibano, si preparò per il viaggio. Vendette tutti i suoi beni e acquistò uno zaffiro, un rubino e una perla da portare al Re e, montato in sella al velocissimo Vosda, galoppò verso Borsippa. Attraversò boschi, guadò fiumi, s'inerpicò per colline e montagne, quando a una svolta pericolosa trovò un moribondo abbandonato sulla strada.

Artibano saltò dal suo corsiero e, caricatosi l'infelice sulle spalle, lo adagiò sotto una palma, gli bagnò le labbra riarse, lo ristorò e il moribondo dopo qualche tempo aprì gli occhi. «Voglia il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe ricompensarti - disse - faccia prosperare il tuo viaggio fino a Betlemme, perché è lì che deve nascere il Messia, che tu vai cercando».

Artibano si rimise in cammino verso la mezzanotte... e alle prime luci dell'undicesimo giorno entrò in Borsippa, ma non trova i compagni. Essi avevano atteso 10 giorni, poi erano partiti lasciandogli un messaggio: «T'abbiamo aspettato sino alla mezzanotte..., seguici attraverso il deserto».

Arabano, allora, vende lo zaffiro, appalta una carovana e riprende il viaggio affrontando i pericoli e i disagi del deserto.

Giunse a Betlemme dopo tre giorni che i suoi compagni avevano deposto ai piedi del Re l'oro, l'incenso e la mirra... ed erano ripartiti per un'altra via.

Il villaggio pareva deserto: gli uomini erano nei campi e i ragazzi al pascolo delle greggi. Dalla parte di una casupola sulla strada udì una flebile nenia. Entrato vide una giovane madre. La donna ospitò il forestiero, ristorandolo e parlandogli di tre stranieri, vestiti come lui, giunti dall'Oriente poco prima, guidati da una stella al luogo dove abitava Giuseppe, la sua sposa e il Bambino. Essi l'avevano adorato lasciandogli in omaggio ricchi doni; ma poi erano spariti misteriosamente, come pure, in segreto, la notte successiva scomparve la Famiglia di Nazareth, dirigendosi forse in Egitto.

Artibano si diresse allora verso Ebron alla volta dell'Egitto. Egli sperava di raggiungere la Sacra Famiglia nelle oasi del deserto, sotto le palme o i sicomori, ma invano. Si spinse fino a Elaiopoli e a Menfi; percorse le rive fiorite dei Nilo, si aggirò tra le Piramidi dei Faraoni, all'ombra della sfinge; ma le sue ricerche non approdarono a nulla.

Scoraggiato e deluso tornò in Palestina nella speranza di poterli trovare. Dopo alcuni anni di peregrinazioni si rivolse ad un rabbino perché gli indicasse in quali paraggi avrebbe potuto incontrare il Messia. Il rabbino, preso un papiro, lesse: «Il Messia conviene cercarlo tra i poveri, tra gli umili, tra i sofferenti e gli oppressi».

A tali parole, Artibano vendette il rubino e si diede a nutrire gli affamati, a rivestire gli ignudi, a curare gli infermi, a visitare i carcerati. Passarono così trentatré anni da quando era partito in cerca della «Vera Luce». I suoi capelli, allora di un bel nero lucido, si erano fatti bianchi. Lacero ed esausto, ma tuttora in cerca del Re, era tornato per l'ultima volta a Gerusalemme nel periodo della Pasqua.

La città santa brulicava di gente, venuta dalle terre più lontane alla festa del Tempio. Era il venerdì della Parasceve... e nella folla si notava un'agitazione particolare. Egli, imbattutosi in un gruppo, domandò la causa del tumulto e dove andavano tutti. «Noi andiamo - risposero - al luogo dei Teschio fuori le mura, dove c'è la crocifissione di due malfattori e di un altro chiamato Gesù di Nazareth, il quale ha fatto molte opere prodigiose in mezzo al popolo ed ora è messo a morte perché si dice Figlio di Dio e Re dei Giudei».

Artibano pensò fra sé: «Non potrebbe essere quel Gesù, nato a Betlemme trentatré anni fa? Che abbia trovato finalmente il mio Re nelle mani dei suoi nemici? Arriverò in tempo almeno per offrire la mia perla per il suo riscatto, prima che Egli muoia?».

Così il buon vecchio seguì la moltitudine, quando, lungo la salita, una fanciulla di Ecbatana, riconosciutolo dal costume per suo connazionale, gli si avvicinò scongiurandolo in ginocchio: «Per amore del Dio della Purezza, abbi pietà di me; sono una misera schiava della tua stessa fede; salvami, ridandomi la libertà».

Il vecchio, non possedendo che un'unica perla, la consegnò alla sventurata concittadina per il suo riscatto.

Improvvisamente si udì un boato; la terra sussulta; il cielo si oscura; le mura delle case si spalancano e crollano; nuvole di polvere riempiono l'aria; soldati e popolo fuggono terrorizzati.

Artibano e la fanciulla si rifugiano sotto i loggiati del Pretorio. Una nuova scossa di terremoto, più violenta, fa cadere una pietra contro le tempie di Artibano, che traballa pallido, esanime.

La ragazza lo sostiene con le sue braccia, mentre il sangue scorre a rivoli dalla ferita. Non è morto, lo si sente pronunziare queste estreme parole: «Non così o mio Signore... quando mai ti vidi affamato e ti nutrii? Assetato e ti porsi da bere? Quando mai ti vidi forestiero e ti ospitai? In carcere e ti visitai? Nudo e ti rivestii? Per ben trentatré anni ti ho cercato ansiosamente, ma non ho mai avuto la soddisfazione di poter contemplare il tuo volto, né di renderti il minimo servizio, o mio dolce Re!».

Artibano cessò di parlare. Ma un'altra voce si fece udire a suo conforto: «In verità in verità ti dico, che ogni volta che tu hai fatto ciò ai tuoi simili, ai miei fratelli, tu l'hai fatto a me». Un grande respiro di sollievo gli uscì dalle labbra. Egli aveva finito il suo lungo viaggio. I suoi doni erano stati veramente graditi. Artibano, il quarto dei Magi aveva finalmente trovato il Re.

caritàamoreservizioparadisogiudizio universale

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Angelo, inserito il 24/11/2002

PREGHIERA

19. Fonte di ogni grazia   1

Giovanni Paolo II

Salve, o Madre, Regina del mondo.
Tu sei la Madre del bell'Amore,
Tu sei la Madre di Gesù,
fonte di ogni grazia,
il profumo di ogni virtù,
lo specchio di ogni purezza.
Tu sei gioia nel pianto,
vittoria nella battaglia,
speranza nella morte.
Quale dolce sapore il tuo nome
nella nostra bocca,
quale soave armonia
nelle nostre orecchie,
quale ebbrezza nel nostro cuore!
Tu sei la felicità dei sofferenti,
la corona dei martiri,
la bellezza delle vergini.
Ti supplichiamo,
guidaci dopo questo esilio
al possesso del tuo Figlio, Gesù.
Amen.

Maria

5.0/5 (1 voto)

inviato da Luca Mazzocco, inserito il 08/06/2002

TESTO

20. La Comunione sovente

San Francesco di Sales

Comunicati sovente, o Filotea, e credi a me: come le lepri diventono bianche d'inverno perché non mangiano altro che neve, così a forza di adorare e mangiare la bellezza, la bontà e la purezza medesima in questo divin sacramento, diventerai tu pure tutta bella, tutta buona, tutta pura!

Eucaristia

inviato da Luca Mazzocco, inserito il 28/05/2002

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