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RACCONTO

1. Il Girasole   15

Bruno Ferrero, Tutte Storie, ed. Elledici

In un giardino ricco di fiori di ogni specie, cresceva, proprio nel centro, una pianta senza nome. Era robusta, ma sgraziata, con dei fiori stopposi e senza profumo. Per le altre piante nobili del giardino era né più né meno una erbaccia e non gli rivolgevano la parola. Ma la pianta senza nome aveva un cuore pieno di bontà e di ideali.

Quando i primi raggi del sole, al mattino, arrivavano a fare il solletico alla terra e a giocherellare con le gocce di rugiada, per farle sembrare iridescenti diamanti sulle camelie, rubini e zaffiri sulle rose, le altre piante si stiracchiavano pigre.

La pianta senza nome, invece, non si perdeva un salo raggio di sole. Se li beveva tutti uno dopo l'altro. Trasformava tutta la luce del sole in forza vitale, in zuccheri, in linfa. Tanto che, dopo un po', il suo fusto che prima era rachitico e debole, era diventato uno stupendo fusto robusto, diritto, alto più di due metri.

Le piante del giardino cominciarono a considerarlo con rispetto, e anche con un po' d'invidia. «Quello spilungone è un po' matto», bisbigliavano dalie e margherite.

La pianta senza nome non ci badava. Aveva un progetto. Se il sole si muoveva nel cielo, lei l'avrebbe seguito per non abbandonarlo un istante. Non poteva certo sradicarsi dalla terra, ma poteva costringere il suo fusto a girare all'unisono con il sole. Così non si sarebbero lasciati mai.

Le prime ad accorgersene furono le ortensie che, come tutti sanno, sono pettegole e comari. «Si è innamorato del sole», cominciarono a propagare ai quattro venti. «Lo spilungone è innamorato del sole», dicevano ridacchiando i tulipani. «Ooooh, com'è romantico!», sussurravano pudicamente le viole mammole.

La meraviglia toccò il culmine quando in cima al fusto della pianta senza nome sbocciò un magnifico fiore che assomigliava in modo straordinario proprio al sole. Era grande, tondo, con una raggiera di petali gialli, di un bel giallo dorato, caldo, bonario. E quel faccione, secondo la sua abitudine, continuava a seguire il sole, nella sua camminata per il cielo. Così i garofani gli misero nome «girasole». Glielo misero per prenderlo in giro, ma piacque a tutti, compreso il diretto interessato.

Da quel momento, quando qualcuno gli chiedeva il nome, rispondeva orgoglioso: «Mi chiamo Girasole». Rose, ortensie e dalie non cessavano però di bisbigliare su quella che, secondo loro, era una stranezza che nascondeva troppo orgoglio o, peggio, qualche sentimento molto disordinato. Furono le bocche di leone, i fiori più Coraggiosi del giardino, a rivolgere direttamente la parola al girasole.

«Perché guardi sempre in aria? Perché non ci degni di uno sguardo? Eppure siamo piante, come te», gridarono le bocche di leone per farsi sentire. «Amici», rispose il girasole, «sono felice di vivere con voi, ma io amo il sole. Esso è la mia vita e non posso staccare gli occhi da lui. Lo seguo nel suo cammino. Lo amo tanto che sento già di assomigliargli un po'. Che ci volete fare? il sole è la mia vita e io vivo per lui...».

Come tutti i buoni, il girasole parlava forte e l'udirono tutti i fiori del giardino. E in fondo al loro piccolo, profumato cuore, sentirono una grande ammirazione per «l'innamorato del sole».

cristianoseguire Gesùamare Diovivere per Diocontemplare Dio

2.5/5 (2 voti)

inviato da Anna Barbi, inserito il 12/09/2010

TESTO

2. Farmaco d'immortalità   2

Suor M. Gioia Agnetta

Farmaco d'immortalità: l'Eucaristia

Composizione JHS non è una formula chimica, ma sigla che marca il Pane Eucaristico, Pane di frumento, consacrato nella Messa, dallo Spirito Santo di Dio, nelle mani del sacerdote e divenuto Corpo e Sangue vivo di Cristo Gesù; destinato ad essere mangiato dai battezzati convocati in Assemblea alla Celebrazione e conservato per gli invitati assenti.

JHS tre lettere dell'alfabeto latino, iniziali di tre parole:
Jesus = Gesù;
Hominum = degli uomini;
Salvator = Salvatore.
Gesù Salvatore degli uomini.

Come si presenta: allo sguardo appare un dischetto bianco di pane e nel calice un po' di vino. In effetti è il corpo e il sangue del Signore Gesù, vivo e presente per noi. Apparenza umile, silenziosa. Solo chi possiede la parola del Signore può capire il silenzio dell'Eucaristia.

Indicazioni: Anemia spirituale, perdita del gusto delle cose di Dio, disorientamento nella guida della propria vita e della propria famiglia, indifferenza, idolatria. Facilità di giudizio di condanna su tutto e su tutti, irascibilità, indebolimento della decisionalità a partire dal Vangelo. Disidratazione, sterilità di opere, causate dal poco bere linfa della Vite di cui si è tralci. Farmaco indicato non appena le conoscenze e le informazioni del proprio credo appaiono dei fantasmi, come numerose piante di un bosco nel quale si esita ad addentrarsi; difficoltà di dialogo, senso di emarginazione, di orfanezza, percezione di isolamento. Nausea per il sacro.

Controindicazioni: Nessuna, per nessuno al mondo, nonostante una Bimillennaria sperimentazione del suo Principio Attivo; l'JHS è risultato l'unico farmaco omopato-compatibile

Posologia: Bambini: ½ ora / 45 minuti alla settimana sotto vigile osservazione e gustosa scorta dei genitori a Messa.

Adulti: la cura va da 1 ora alla settimana (Messa-Domenicale), a un'aggiunta di ½ ora al giorno. Il dosaggio si intensifica con 1 ora al giorno, quando l'attrazione di Gesù interessa le pulsazioni del cuore, si rende sintomatico l'invaghimento per Dio e si sta bene con lui. La frequenza battiti in consonanza a quelli del cuore di Cristo, i pensieri a quelli di lui, e così i sogni e progetti, sono test di dosaggio equo. N.B. Il farmaco agisce solamente se si combina alla volontà di volere guarire.

Effetti indesiderati - Reazioni negative possono apparire non in chi assume il farmaco ma in parenti e amici che possono definire l'assenza (del paziente, di mezz'ora o di un'ora) un danno per la famiglia. Derisioni e insulti, attribuzione di bigottismo e di debolezza. Altri effetti indesiderati da JHS: Assuefazione, indifferenza o nei casi più gravi, acquisizione del magico.

Precauzioni - Non agitarsi prima dell'uso, prima di decidersi a fare questo passo. La notizia che l'assunzione del farmaco fa cambiar vita e può attivare la guarigione della memoria, della volontà, della capacità di giudicare e di progettare, di fraternizzare,... farla circolare nell'ambiente con cautela, ma senza prorogarla. La fede si rafforza donandola. Nel caso di un convincimento debole, frequentare opportune catechesi parrocchiali o gruppi e movimenti ecclesiali. Esporsi al rischio di far parte della comunità di fede a tutti gli effetti. Le forze del male non prevarranno.

Scadenza - Mt 28,20 - Il prodotto, in sé corruttibile, veicola e deposita germi positivi di incorruttibilità e di risurrezione. Viene confezionato ogni giorno e adempie la promessa di Gesù: "Sarò con voi sempre, fino alla fine del mondo".

eucaristiacorpocomunione

inviato da Suor M.Gioia Agnetta, inserito il 02/06/2009

TESTO

3. Bambino   1

Michel Quoist

Bambino,
capolavoro inestimabile,
tesoro inimitabile,
nuova stella accesa nel cielo della terra,
tra i miliardi e i miliardi di stelle necessarie,
"tu", persona unica,
che mai prima comparisti e non comparirai più.

Bambino,
amato dall'uomo,
benedetto da Dio,
desiderio eterno del Padre,
che prende corpo quando nell'amore egli incontra,
oh meraviglia, il libero desiderio dell'uomo.

Come ha potuto Dio,
incomprensibile follia d'amore,
consegnare all'uomo questo potere,
nel suo corpo la linfa',
nel suo cuore il desiderio
di crearti con Lui, vita nuova,
sorgente nuova zampillata sulla terra degli uomini,
aurora di un fiume immenso,
chiamato a scorrere fino all'eternità!

bambinovitabattesimosperanzacreazioneuomo

5.0/5 (1 voto)

inviato da Paola Scapin, inserito il 13/08/2007

TESTO

4. Aiutaci ad esser profeti

Enzo Bianchi

Quant'è difficile essere profeta della pace!

Se alzo il dito verso un futuro gonfio di speranze, i realisti mi trattano da idealista; e se lo abbasso sul presente affranto da sconfitte, gli utopisti mi tacciano di disfattismo.

Signore, donami il coraggio di accettare solo da te la rude vocazione di profeta e di essere ogni volta un perdente tra gli uomini! Quant'è difficile essere pedagogo della pace!

In mezzo alle tortuosità di un cammino scosceso, come far capire che un male minore anche se tollerato, rimane un male e che bisogna far di tutto per allontanarsi dall'orlo dell'abisso in cui a ogni istante l'umanità rischia di precipitare?

Signore, donami l'abilità di spiegare chiaramente che la pace non è così semplice come se l'immagina il cuore, ma è più semplice di come stabilisce la ragione!
Quant'è difficile accogliere l'evangelo della pace!
Da qualunque parte ci si trovi, all'ovest come all'est.

In una giungla di belve con missili per dentatura, come far capire che perdere l'anima è ancora più pericoloso che lasciarci la pelle?

Signore, donami la forza di aiutare tutti quelli che attingono alla linfa delle beatitudini per spezzare l'assurda logica e l'infernale spirale della violenza!

Signore, tutti questi tiri incrociati sulla pace non mi fanno paura, non mi scoraggiano. Al contrario, mi rivelano che il minimo strappo alla tunica della pace fa gridare l'uomo.

Toccare la pace è più che toccare un problema, e ancor più che toccare l'uomo: è toccare Dio, colui che san Paolo ci presenta come la pace stessa. "E' Lui la nostra pace" (Ef 2,14). Signore, insegnaci a vincere la pace!

profeziapacebeatitudinisperanza

inviato da Cristina, inserito il 14/07/2006

RACCONTO

5. L'albero e gli occhiali

C'era una volta un giovane ramo di un grande albero. Era nato in primavera, tra il tepore dell'aria e il canto degli uccelli. In mezzo all'aria, alle lunghe giornate estive, al sole caldo, alle notti frizzanti, trascorse i suoi primi mesi di vita. Era felice: aveva foglie bellissime, e, poi, erano sopraggiunti fiori colorati ad adornano e, dopo ancora, grandi frutti succosi di cui tutti gli uccelli del cielo potevano nutrirsi.

Ma un giorno cominciò a sentirsi stanco: era settembre... I frutti si staccarono, le foglie cominciarono a cambiare colore divenivano sempre più pallide... Addirittura, di tanto in tanto il vento se ne portava via qualcuna. Venne la pioggia e poi l'aria fredda, e il ramo si sentiva sempre peggio: non capiva cosa stesse succedendo. In pochi giorni e in poche notti si trovò spoglio, infreddolito, completamente solo.

Rimase così qualche tempo fin quando non capì che non poteva far altro che mettersi a cercare i suoi fiori, le sue foglie, i suoi frutti per poter di nuovo stare insieme a loro. "Devo darmi da fare", disse risoluto tra sé e sé.

Cominciò allora, a chiedere aiuto a tutti i suoi amici. Si rivolse dapprima al Mattino: "Sono solo e infreddolito, ho perso tutte le mie foglie, sai dove le posso trovare?". Il Mattino rispose "Ci sono alberi che ne hanno tante, prova a chiedere a loro".

Si rivolse a quegli alberi: "Sono solo e infreddolito, ho perso tutte le mie foglie, sapete dirmi dove le posso trovare?". Gli alberi risposero: "Noi le abbiamo sempre avute, prova a chiedere agli alberi uguali a te". Si rivolse ai rami spogli come lui. "Abbiamo tanto freddo anche noi, non sappiamo cosa dirti...", gli risposero.

Queste parole lo fecero sentire meno solo. Si disse che, se avesse ritrovato le foglie, sarebbe subito corso dai suoi simili a rivelare il luogo in cui si trovavano. Continuò la sua ricerca e chiese al Vento. "Io le foglie le porto solo via è la pioggia che le fa crescere", disse il Vento a gran voce. Si rivolse alla Pioggia. "Le farò crescere a suo tempo", gli disse la pioggia tintinnando. Si rivolse allora al Tempo. "Io so tante cose", gli disse con voce profonda. "Il Tempo aggiusta tutto, non ti preoccupare occorrono tanti giorni e tante notti".

Si rivolse alla Notte, ma la Notte tacque e lo invitò a riposare. Si sentiva infatti molto stanco.

Mentre stava per addormentarsi uno gnomo passò di là. Al vedere quel ramo così spoglio e infreddolito, dal freddo e dalle intemperie si fermò e un po' preoccupato, gli chiese cosa stesse succedendo. Il ramo gli raccontò tutta la sua storia. Lo gnomo stette con lui, si fermò nel suo silenzio, lo ascoltò, sentì il suo dolore. Allora il ramo parlò ancora e disse: "Mi è sembrato di chiudere gli occhi e dopo averli riaperti non ho più trovato le mie foglie, non sono stato più capace di vederle".

Lo gnomo pensò a lungo, poi capì: si tolse gli occhiali e li posò sul naso del ramo, spiegandogli che erano occhiali magici che servivano per guardare dentro di sè. Il ramo, allora, apri bene gli occhi e... meraviglia...

Vide che dentro di sé qualcosa si muoveva, sentiva un rumore, vedeva qualcosa circolare provò ad ascoltare, guardò a fondo: era linfa, linfa viva che si muoveva in lui.

Incredulo disse allo gnomo ciò che vedeva. Lo gnomo gli spiegò che le foglie, i fiori, e i frutti, nascono grazie alla linfa oltre che al caldo sole, all'aria di primavera e alla pioggia.

"Se hai linfa dentro di te hai tutto", gli disse, "Non occorre chiedere più nulla a nessuno ma insieme all'acqua, alla luce, all'aria, agli altri rami, le foglie rinasceranno: le hai già dentro".

Il ramo, immediatamente si sentì più forte, rinvigorì: aveva la linfa in sé, non doveva più chiedere consigli, gli bastava lasciar vivere la linfa' che circolava in lui.

La linfa da cui un giorno, sarebbero rinate le amiche foglie.

speranzasofferenzacrocedolore

inviato da Luana Minto, inserito il 26/05/2002