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ESPERIENZA

1. Aborto libero?

don Andrea Bellò, Avvenire, 31 maggio 2017

Il muro della parrocchia milanese di san Michele Arcangelo e santa Rita a Milano è stato imbrattato con una scritta offensiva e blasfema: "Aborto libero (anche per Maria)".
Il 29 maggio 2017 il parroco, don Andrea Bellò, ha deciso perciò di scrivere una lettera aperta all'anonimo imbrattatore sulla pagina Facebook della Parrocchia. Il post è divenuto subito virale e ha raccolto migliaia di consensi in poco tempo.

Caro scrittore anonimo di muri,
Mi dispiace che tu non abbia saputo prendere esempio da tua madre. Lei ha avuto coraggio. Ti ha concepito, ha portato avanti la gravidanza e ti ha partorito. Poteva abortirti. Ma non l'ha fatto. Ti ha allevato, ti ha nutrito, ti ha lavato e ti ha vestito. E ora hai una vita e una libertà. Una libertà che stai usando per dirci che sarebbe meglio che anche persone come te non ci dovrebbero essere a questo mondo. Mi dispiace ma non sono d'accordo. E ammiro molto tua mamma perché lei è stata coraggiosa. E lo è tutt'ora, perché, come ogni mamma, è orgogliosa di te, anche se ti comporti male, perché sa che dentro di te c'è del buono che deve solo riuscire a venire fuori. L'aborto è il "non senso" di ogni cosa. È la morte che vince contro la vita. È la paura che vince su un cuore che invece vuole combattere e vivere, non morire. È scegliere chi ha diritto di vivere e chi no, come se fosse un diritto semplice. É un'ideologia che vince su un'umanità a cui si vuole togliere la speranza. Ogni speranza. Io ammiro tutte quelle donne che pur tra mille difficoltà hanno il coraggio di andare avanti. Tu evidentemente di coraggio non ne hai. Visto che sei anonimo. E già che ci siamo vorrei anche dirti che il nostro quartiere è già provato tanti problemi e non abbiamo bisogno di gente che imbratta i muri e che rovina il poco di bello che ci è rimasto. Vuoi dimostrare di essere coraggioso? Migliora il mondo invece di distruggerlo. Ama invece di odiare. Aiuta chi è nella sofferenza a sopportare le sue pene. E dai la vita, invece di toglierla! Questi sono i veri coraggiosi! Per fortuna il nostro quartiere, che tu distruggi, è pieno di gente coraggiosa! Che sa amare anche te, che non sai neanche quello che scrivi!
Io mi firmo:
don Andrea

Posto nella pagina Facebook della Parrocchia san Michele arcangelo e santa Rita, Milano

abortocoraggiovitalibertà

inviato da Qumran2, inserito il 30/06/2017

TESTO

2. Deboli come la Parola

Dietrich Bonhoeffer, Sequela

L'inquietudine attivistica del gruppo dei discepoli, che non vuol riconoscere limiti alla propria operatività, e lo zelo che non tiene conto della resistenza, scambiano la parola del vangelo con un'idea capace di imporsi.

L'idea esige dei fanatici, che non conoscono e non badano ad alcuna resistenza.

L'idea è forte. La parola di Dio invece è così debole da lasciarsi disprezzare e respingere dagli uomini.

Per la parola ci sono cuori induriti e porte chiuse; la parola prende atto della resistenza che incontra, e la patisce. È duro a riconoscersi: per l'idea non c'è niente di impossibile, per il vangelo ci sono invece cose impossibili. La parola è più debole dell'idea. Per cui anche i testimoni della parola nel portare questa parola sono più deboli dei propagandisti di un'idea. Ma in questa debolezza sono liberi dall'inquietudine morbosa dei fanatici, essi patiscono appunto assieme alla parola.

I discepoli possono anche cedere, fuggire, purché cedano e fuggano solo con la parola, purché la loro debolezza sia la debolezza della parola stessa, purché essi, nella loro fuga, non abbandonino la parola.

Essi, infatti, non sono altro che servitori e strumenti della parola e non vogliono essere forti, là dove la parola vuole essere debole.

Se volessero imporre al mondo la parola con qualsiasi mezzo, a qualsiasi condizione, trasformerebbero la parola viva di Dio in idea, e a buon diritto il mondo si difenderebbe da un'idea che non può giovarli.

Ma proprio nella loro debole testimonianza, essi sono tra coloro che non cedono, che mantengono le posizioni - naturalmente, solo là dove c'è la parola.

I discepoli che non si rendessero conto affatto di questa debolezza della parola, non riconoscerebbero il mistero dell'abbassamento di Dio.

Questa debole parola, che è capace di patire l'opposizione dei peccatori, è in effetti la sola parola forte e misericordiosa, che converte i peccatori nella profondità del cuore. La sua forza è nascosta nella debolezza; se la parola si presentasse scopertamente nella sua forza si avrebbe il giudizio finale.

È un grande compito di cui viene fatto carico ai discepoli, quello di riconoscere i limiti del loro incarico. Ma l'abuso della parola si ritorcerà contro di loro.

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inviato da Giovanni Vacca, inserito il 07/09/2008

TESTO

3. Nichilismo   1

Bruno Forte, L'essenza del cristianesimo, Mondadori 2002

Il nichilismo non è l'abbandono dei valori, la rinuncia a vivere qualcosa per cui valga la pena di vivere, ma un processo più sottile: esso priva l'uomo del gusto di impegnarsi per una ragione più alta, lo spoglia di quelle motivazioni forti che l'ideologia ancora sembrava offrirgli. Ciò di cui si è più malati oggi è la mancanza di "passione per la verità": questo è il volto tragico del postmoderno. Nel clima del nichilismo diffuso tutto cospira gli uomini a non pensare più, a fuggire la fatica e la passione del vero, per abbandonarsi all'immediatamente fruibile, calcolabile col solo interesse della consumazione immediata. È il trionfo della maschera a scapito della verità: perfino i valori sono spesso ridotti a coperture da sbandierare per nascondere l'assenza di significato. L'uomo stesso sembra risolversi in una "passione inutile".

senso della vitaricerca di sensovalorinichilismo

inviato da Giorgio Misuri, inserito il 28/07/2004

TESTO

4. La pace come perdono

Tonino Bello

Solo chi perdona può parlare di pace e teorizzare sulla non violenza.

Non vorrei essere frainteso.

E' vero: la pace è conquista, cammino, impegno. Ma sarebbe un brutto guaio se qualcuno pensasse che essa sia semplicemente il frutto dei nostri sforzi umani o il risultato del nostro volontarismo titanico o una merce elaborata nelle nostre cancellerie diplomatiche o un prodotto costruito nei nostri cantieri popolari.

La pace è soprattutto dono che viene dall'alto. E' la strenna pasquale che Gesù ha fatto alla terra. È il regalo di nozze che ha preparato per la sua sposa. Con tanto di marchio di fabbrica: "Made in Cielo".

Qual è allora il ruolo degli operatori di pace? Quello di non respingere il dono al mittente. E' in particolare, quello di rendere attuale e fruibile per tutti questo regalo di Dio. Mi spiego con immagini. Gesù è sceso sulla terra tormentata dalla sete. Con la sua croce, piantata sul Calvario come una trivella, ha scavato un pozzo d'acqua freschissima. Una volta risorto, ha consegnato questo pozzo agli uomini dicendo: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace". Ora tocca a noi

attingere l'acqua della pace per dissetare la terra. A noi, il compito di farla venire in superficie, di canalizzarla, di proteggerla dagli inquinamenti, di farla giungere a tutti.

La pace, dunque, è dono. Anzi, è " per-dono". Un dono "per". Un dono moltiplicato. Un dono di Dio che, quando giunge al destinatario, deve portare anche il "con-dono" del fratello.

E qui il discorso si fa concreto. Come possiamo dire parole di pace, se non sappiamo perdonare? Con quale coraggio pretendiamo che siano credibili le nostre scelte di pace a livello di massimi sistemi, quando nel nostro entroterra personale prevale la legge del taglione? Come possiamo rifiutare la "deterrenza" e respingere la logica del missile per missile, se nella nostra vita pratichiamo gli schemi dell'"occhio per occhio e dente per dente"? Quali liberazioni pasquali vogliamo annunciare, se siamo protagonisti di stupide smanie di rivincita, di deprimenti vendette familiari, di squallide faide di Comune? Chi volete che ci ascolti quando facciamo comizi sulla pace, se nel nostro piccolo guscio domestico siamo schiavi dell'ideologia del nemico?

Solo chi perdona può parlare di pace. E a nessuno è lecito teorizzare sulla non violenza o ragionare di dialogo tra popoli o maledire sinceramente la guerra, se non è disposto a quel disarmo unilaterale e incondizionato che si chiama "perdono".

perdonoamare i nemicipaceconflitti

inviato da Mariangela Molari, inserito il 22/05/2002