Ricco e povero nel tempo e nell'eternità. Una situazione che cambia

padre Antonio Rungi

XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (25 settembre 2022)

Il brano del Vangelo di questa 26a domenica del tempo ordinario ci presenta una delle parabole più belle ed istruttive sul valore della vita, sul non senso della ricchezza, sulla carità principio fondamentale di ogni etica e non solo quella cristiana. Argomenti trattati in vari testi della sacra scrittura sia dell'Antico che del Nuovo Testamento. La ricchezza che porta al benessere, alla soddisfazione dei piaceri del corpo rappresentata nel brano del Vangelo odierno dal ricco e gaudente epulone che alla fine vive solo per soddisfare i suoi bisogni corporali e dall'altra l'icona del povero Lazzaro, privato di tutto ciò che è necessario anche per la propria salute fisica e personale, che è costretto a racimolare qualcosa della messa del ricco per poter sopravvivere. I fatti narrati dal Vangelo ci portano a delle considerazioni estreme.

Gesù si rivolge a coloro che erano espressione della esteriorità a quei farisei ai quali il discorso del Maestro poteva e doveva insegnare qualcosa e attendere una risposta da loro.

Gesù porta questo esempio di vita quotidiana, molto ricorrente anche ai suoi tempi, in quanto i poveri ci sono sempre stati e purtroppo ci saranno sempre. Fatti che fanno riflettere e ci invitano a fare del Vangelo il centro della nostra spiritualità.

Cosa Gesù ci voglia dire attraverso questa parabola nella quale descrive un ricco che mangiava lautamente, vestiva lussuosamente, si godeva la vita saziando solo il suo palato, il suo gusto di vestire e di altro. E' proprio partendo dal contesto di questa soddisfazione dei piaceri della carne che Gesù contrappone la figura emblematica del povero Lazzaro, che sta ai piedi della mensa per ricco racimolare qualche cosa da mangiare. Proprio carente da un punto di vista alimentare e sanitario presenta questo povero uomo piaghe nel corpo, al punto tale che sono i cani a leccargli le ferite.
Neanche uno dei commensali ha il coraggio di avvicinarsi a questo povero uomo e di aiutarlo da un punto di vista umano, oltre che alimentare e fisico. Nessuno solo i cani stanno a disinfettare le ferite con la loro saliva.

Il quadro drammatico della mensa del ricco epulone e quella del povero Lazzaro, affamato e piagato nel corpo riporta alla nostra attenzione il dovere di aiutare chi più ne ha bisogno e necessità. Se non serviamo le persone più indifese, povere, sole ed abbandonate, evidentemente nella nostra vita manca l'amore e la carità. Se non aiutiamo è perché non amiamo e quelle briciole d'amore di chi ne ha urgenza e necessità sono attinte dai cuori buoni ed attenti propria all'amore e alla carità verso i più bisognosi.

A conclusione della sua vita terrena il ricco viene confinato nel fuoco eterno dell'Inferno, dove ci sono pianti di dolori di denti. In questo luogo di sofferenza e di perdizione per tutta l'eternità il ricco epulone non fa' che altro che chiedere aiuto al Padre Abramo, perché mandi Lazzaro, ora accolto tra le braccia misericordiose di Dio Padre, perché lo sollevi anche solo per un istante dalla sua sofferenza.

La conclusione della parabola la conosciamo molto bene tutti quanti e una parabola che si chiude con il ribaltamento totale della situazione precedente, quella terra. In cielo il povero Lazzaro viene accolto tra le braccia di Abramo, chiaro riferimento a Dio Padre, mentre il ricco epulone viene a sperimentare le sofferenze dell'inferno, tra le fiamme perenni ed eterne di coloro che hanno solo goduto in terra senza aprire gli occhi ai bisogni e alle sofferenze degli altri.

Anche l'estremo tentativo di poter aver un piccolo sollievo non è possibile soddisfarlo, in quanto non c'è comunicazione e condivisione tra le opposte visione di Dio. Ne tantomeno è possibile inviare messaggeri specifici ed esclusivi alla famiglia del ricco epulone per ammonire i fratelli che fanno la stessa vita di gaudenti, per ricondurli sulla retta via. Gesù usando il dialogo con Abramo con il condannato ricco riafferma una verità che era ben nota presso il popolo di Dio e cioè che “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”. In poche parole non servo a nulla anche la risurrezione dei morti per chi è ostinato nella via del male.