La rivoluzione della non-violenza

mons. Roberto Brunelli

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (23 febbraio 2020)

In questa domenica che precede l'inizio della quaresima, continuando il discorso della montagna il vangelo (Matteo 5,38-48) spiega quella beatitudine che proclama "Beati i miti", cioè quanti non usano violenza, neppure nell'intento di affermare un proprio presunto diritto.

Nell'antico Israele (prima lettura, Levitico 19) era già raccomandato l'amore del prossimo; ma per "prossimo" erano da intendere soltanto i connazionali: "Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo". E anche di fronte ai connazionali vigeva però la cosiddetta legge del taglione ("Occhio per occhio, dente per dente"). Gesù invece comanda: niente vendetta, mai violenza, neppure verso chi ci fa del male. Dice anzi, "Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano", per essere davvero figli del Padre celeste e dunque prendere lui a modello di comportamento. Niente violenza, amore verso tutti: una vera rivoluzione, che è lontana dall'essere pienamente attuata, ma già ha reso questo mondo, pur con tutte le sue brutture, certamente migliore di quello di duemila anni fa. Lo dimostra, quanto meno, un fatto: mentre un tempo l'oppressione, la prevaricazione, lo sfruttamento, insomma la violenza del più forte sul più debole era la norma e nessuno se ne stupiva, oggi gli stati civili l'hanno abolita nella loro legislazione, e quando avviene suscita in tutti almeno un sussulto di coscienza e la formale riprovazione.


La ragione profonda di questi insegnamenti di Gesù sta nel suo richiamo alla dignità dell'uomo, che Dio ha adottato come figlio. Nella seconda lettura (1Corinzi 3,16-23) Paolo lo ribadisce con forza: "Non sapete che siete tempio di Dio, che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui, perché santo è il tempio di Dio, che siete voi. Tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio".


Tempio di Dio! Gli ascoltatori di Gesù conoscevano un unico tempio, quello di Gerusalemme, centro della loro vita, orgoglio della nazione, luogo della misteriosa ma reale presenza di Dio in mezzo al suo popolo: un luogo santissimo, in cui non era ammesso nulla e nessuno che lo profanasse. Oggi, anche a motivo delle parole di Paolo, per i cristiani la concezione del tempio è cambiata; più che dimora di Dio, esso è la casa dove i fedeli si radunano per celebrarlo. La Chiesa che Gesù ha fondato non è certo un edificio di pietra, ma l'insieme dei suoi fedeli; solo in seguito il termine è passato a designare anche gli edifici dove di solito i componenti della Chiesa si riuniscono. A differenza di quanto si è soliti dire, una chiesa di pietra non è la casa di Dio. Le chiese sono fatte per gli uomini; Dio, più che tra quattro muri, si compiace di abitare nell'uomo, nell'unica creatura che ha fatto a sua immagine e somiglianza, che ha reso capace di dialogare con lui e accogliere i suoi doni; l'unica creatura autorizzata a chiamarlo Padre.


Tutte le cure che istintivamente gli uomini dedicano ai templi di pietra non devono prevalere su quelle dei templi veri, fatti di corpo e anima, di intelligenza e di cuore. Se Dio abita nell'uomo, all'uomo è conferita una dignità incomparabile, che a nessuno è concesso di calpestare: non allo Stato, ad esempio praticando la tortura, privando i cittadini della libertà, tollerando situazioni di ingiustizia; non ai singoli, adottando comportamenti con cui di fatto non riconoscono nei propri simili quella dignità: sarà lecito tutelare il proprio buon diritto, ma mai offendendo, imbrogliando, sfruttando il prossimo, o disinteressandosi delle sue difficoltà, quando si è in grado di alleviarle. E neppure la dignità propria sarà lecito calpestare: non importa se in pubblico o in privato, la coscienza di essere tempio di Dio impedisce di svilirsi con pensieri e azioni che persino a un padre terreno ci si vergognerebbe di manifestare.