L'amore che tutto vince

padre Gian Franco Scarpitta

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (23 febbraio 2020)

Si prosegue con le esortazioni della scorsa Domenica intorno alla “legge della libertà” che supera la norma scritta, per la quale qualsiasi normativa o disposizione vigente, anche in ordine civile e sociale, va ottemperata senza vincoli oggettivi e senza lo sprone derivato dal timore delle pene, ma piuttosto in rapporto alla verità che ci rende liberi di agire per la lode di Dio e in vista dell'edificazione degli altri. La legge insomma va osservata non in quanto lettera scritta che sottomette, ma come monito alla libertà e alla responsabilità personale. Oggi si sottolinea ulteriormente lo stesso monito a partire da una frase ormai nota sotto certi aspetti derivata dal libro del Levitico (I Lettura): “Siate santi, perché io, il Signore vostro Dio, sono Santo”, che assieme ad altre espressioni del Nuovo Testamento esorta a riscoprire la nostra comune vocazione (appunto) alla santità, il che significa alla perfezione sull'esempio di Cristo morto e risorto. “Ad immagine del Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi nella vostra condotta”(1Pt 1, 15 - 16), ribadisce l'apostolo Pietro; l'itinerario della perfezione evangelica è pertinente perché quando lo si intraprende ci si dispone ad avere sempre Dio come obiettivo, Cristo come modello e lo Spirito Santo come forza per perseverarvi e per ciò stesso ci si orienta a cercare e ad adottare tutto ciò che rende lode a Dio, ivi compreso l'amore al prossimo. Anzi, proprio la carità perfetta è l'obiettivo della santità, poiché essa è la concretezza effettiva della fede, la dimostrazione reale del credere e del vivere in Cristo. La carità è il vincolo della perfezione (Col 3, 14) e produce l'effetto della convinzione che è opportuno agire in modo difforme alla mentalità comune del vizio, della concupiscienza, della vendetta, ma che è indispensabile far propri i doni dello Spirito e metterli in atto come carismi. Ci si domanderà: cosa la santità con l'assunto dell'osservanza della legge? Ebbene, il vincolo della perfezione a cui essa conduce, l'amore, trasforma interiormente la persona in modo da diventare per essa il criterio ermeneutico di ogni legiferazione e di ogni normativa, in altre parole è nell'ottica dell'amore che va vista e osservata qualsiasi legge o disposizione. L'amore per Dio che si concretizza nell'amore al prossimo è il criterio con il quale atteggiarsi in rapporto ai Comandamenti, che diventano canali di comunicazione con Dio e con il prossimo anziché sterili moniti tassativi e allo stesso tempo fonda anche le condizioni per cui vanno rispettate le leggi civili e istituzionali e sotto questo rinnovato concetto di uomo è possibile costruire un sistema di convivenza giusto e pacifico nel quale si vinca definitivamente il sospetto e il distacco e la considerazione dei diritti altrui subentri al solo raggiungimento egoistico dei propri interessi. L'amore è la pienezza della legge (Rm 13, 10) anche in ordine al sistema di convivenza civile e poiché è effetto ultimo della perfezione in Cristo può edificare anche per i suoi connotati di eroismo, quali la sconfitta del male con la rivalsa del bene e la rinuncia alle vendette e alla ritorsione. Se i codici legislativi orientali prevedevano la legge del taglione (: “occhio per occhio, dente per dente, livido per livido, bruciatura per bruciatura... “) ciò aveva la finalità di evitare il verificarsi delle faide e della giustizia sommaria imponendo una contropartita proporzionata ad ogni danno subito: una ferita per ogni singola ferita ricevuta, ecc. Questa disposizione non contribuiva però ad estinguere i risentimenti e le acredini interiori che erano alle origini della contesa, come pure qualsiasi legge scritta, seppure aiuta alla convivenza civile e ai rapporti fra i cittadini, e allora Gesù la soppianta con un imperativo del tutto opposto, maggiormente garante di pacificazione e di serenità, perché davvero apportatore della vera giustizia: l'amore verso i nemici che scongiura qualsiasi tipo di vendetta e di rancore. Sempre l'ottica dell'amore universale diventa disarmante per il nostro avversario quando gli si concede anche molto più di ciò che lui ci vorrebbe imporre, come fare due miglia quando volesse farcene percorrere uno: in casi come questi infatti si risponde dando atto che l'amore accetta anche la disponibilità a sacrificarsi oltre misura anche per gli avversari senza che questi ci deprimano o ci scoraggino. L'amore vince ogni sfida e supera le nostre stesse limitazioni e la sua straordinarietà è edificante per coloro che ci perseguitano.

L'amore per i nemici e la preghiera per coloro che ci perseguitano non esentano tuttavia dal farci giustizia nei tribunali dove sia necessario rivendicare i nostri diritti. Se da una parte infatti Gesù invita a “porgere l'altra guancia per ogni schiaffo ricevuto”, d'altro canto alla guardia che lo percuote dopo aver risposto al sommo sacerdote, così obietta: “Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male; ma se ho parlato bene perché mi percuoti?”(Gv 18, 23) e con tale affermazione rivendica la legittimità obiettiva della giustizia che in tutti i casi non può che seguire i suoi percorsi. E' giusto insomma che si cerchi il proprio utile in presenza di ingiustizie e di altrui mancanze, tuttavia giustizia ed equità non pregiudicano il fatto che l'amore sia l'unica arma vincente contro l'odio, le aberrazioni e le vendette inutili e distruttive. L'amore esige anche il perdono delle offese subite, la rinuncia a corrispondere con il male alle cattiverie altrui, perfino l'omissione del ricordo del male ricevuto, il perdono in fin dei conti è l'accettazione dell'altro nel quale mi identifico io stesso, l'immedesimazione nelle miserie e nelle precarietà del mio avversario. Il nemico in fin dei conti non è che il fratello più sfortunato di me, che non ha avuto gli stessi miei vantaggi e ora necessita di compassione più che di ritorsione. Il torto che mi ha inflitto mi ha dimostrato che è lontano da me perché non ha i miei stessi vantaggi e non dispone della mie prerogative e forse ciò lo rende anche invidioso. Occorre di conseguenza per l'appunto accettare le sue differenze e pregare per lui e non vale la pena covare risentimento o rancore nei suoi riguardi. Peraltro anche Buddha diceva: “Perdona i tuoi nemici, non perché loro meritino il perdono, ma perché tu meriti la pace.”

Certamente non è facile accettare l'innovazione morale proposta da Gesù e il nuovo comandamento dell'amore come risposta all'odio e come criterio di convivenza e di ottemperanza alle norme ma anche su questo Gesù ci offre un orientamento semplicemente ponendo se stesso come esempio: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” e “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”. Entrare negli stessi sentimenti di Gesù per acquisirne il valore e la portata e metterne in atto gli obiettivi di carità non è difficile anche se arduo e difficoltoso. E' semplicemente la via possibile della santità, già percorsa da quanti (e sono tanti) hanno seguito le orme dello stesso Cristo immagine del Dio invisibile e Santo.