Tu Signore della vita, insegnaci a vivere in questa vita

padre Antonio Rungi

XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (10 novembre 2019)

La parola di Dio di questa XXXII domenica del tempo ordinario ci invita a continuare a riflettere sulla vita eterna.

Nel mese di novembre dedicato ai morti, questo continuo richiamo all'immortalità dell'anima, giova alla nostra salute spirituale, per meglio orientare la nostra esistenza nella prospettiva eterna.

Il Vangelo di Luca, infatti, riporta il dialogo o la discussione tra Gesù ed alcuni Sadducei che non credevano alla risurrezione.

Legittimo chiedersi chi erano costoro che ponevano a Gesù una domanda così seria ed impegnativa, che richiedeva una risposta precisa, ben fondata sui testi biblici e che poteva essere dimostrata come verità di fede essenziale.

Ebbene i sadducei era gruppo ebraico, costituito dalla classe sacerdotale dei sadociti. Sostenuti dai ricchi e dai nobili e invisi al popolo, si differenziavano dai farisei, oltre che nel campo politico, anche in quello religioso, riconoscendo il valore soltanto della legge scritta e respingendo perciò la tradizione orale.

Confrontandosi con alcuni di loro Gesù, nel testo del Vangelo ascoltato oggi, cerca di far capire la verità di fede della risurrezione finale, citando Mosé, a proposito del roveto ardente. E Gesù ribadisce la rivelazione accentuando questa verità riguardante la natura stessa di Dio, il Quale non è Dio dei morti, ma dei viventi, perché tutti vivono per lui.

Per arrivare alla soluzione Cristologica della questione posta dai sadducei a Gesù, il brano del Vangelo parte dal caso di una donna che aveva avuto sette mariti, tutti fratelli, in quanto a uno alla volta erano morti tutti, senza aver generato figli. Infatti si rivolgono a Gesù con questa citazione biblica: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: "Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello". C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie».

Nella logica umana e materialistica potremmo dire, in una visione giuridica temporale, che i sette fratelli morti, a mano a mano, erano stati mariti della stessa donna, per cui alla risurrezione finale questa donna sarebbe stata moglie di tutti e sette. Capziosa e cattiva la domanda, non aperta ad una visione vera del concetto di eternità, nella nuova fede cristiana, che Gesù diffondeva con la sua parola, il suo insegnamento e la sua dottrina. La mentalità umana e terrestre dei sadducei contrastava con la visione di vita nuova e vita senza legami affettivi, fisici o giuridici che Gesù cercava di far capire a quanti chiedevano delucidazioni sul mistero della risurrezione finale. Ebbe Gesù rispose facendo un confronto tra tempo presente e vita futura, dicendo parole che illuminano la mente ed il cuore di ogni credente, se è aperto alla parola di Dio e alle verità rivelate dallo stesso Cristo: «I figli di questo mondo -precisa Gesù -prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio”.

Sono proclamate verità di fede inconfutabili: nel regno di Dio non ci sono vincoli affettivi, corporali o giuridici tra gli esseri umani, in quanto tutti siamo fratelli e sorelle in Cristo e noi appartiamo esclusivamente a lui; si ha la certezza della risurrezione finale, in quanto non si muore una seconda volta, perché siamo uguali agli angeli; per cui essendo figli di Dio da sempre e per sempre, noi vivremo con lui e in Lui in eterno.

E' evidente che il discorso fatto da Gesù riguarda coloro che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, cioè coloro che hanno fede.

Per chi non ha fede, avviene la stessissima cosa, in quanto nell'eternità non ci sono proprietà di persone e cose o vincoli tali che ognuno può rivendicare il diritto di appartenenza o di familiarità. Con la morte si azzerano i vincoli, perché si è come angeli e come tali siamo solo creature di Dio e a Lui solo apparteniamo per l'eternità.

Nella prima lettura ugualmente ci viene presentato il tema dell'immoralità, con il caso dei sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite. E' da notare che anche qui ricorre il numero sette. In questo testo del secondo libro dei Maccabei si parla di fratelli; mentre nel Vangelo si parla di sette mariti. In gioco per la salvezza eterna è comunque l'intera struttura della famiglia, madre e figli, nel testo dell'Antico Testamento; moglie e mariti, senza prole e discendenza, nel vangelo di oggi.

Ritornando al racconto di questi sette fratelli, ci viene descritto, in dettaglio quello che successe: “Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri».

[E il secondo,] giunto all'ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell'universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna».

Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture.

Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita».

La riaffermazione della risurrezione è qui è anticipata rispetto al mistero della risurrezione di Cristo, proprio da questi giovani coraggiosi che non hanno avuto paura di affrontare la morte e quindi il martirio, in quanto convinti dell'esistenza di una vita senza fine. Esempio per tanti cristiani che lottano ogni giorno per vivere cristianamente in un mondo culturalmente paganeggiante.

In questa lotta contro il male e il maligno, che si insinua in tante forme ed espressioni di pseudo vita, ci viene in aiuto la seconda lettura di questa domenica, tratta dalla seconda lettera di San Paolo Apostolo ai Tessalonicesi: Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene”. Fare il bene premia per la vita eterna, pregare incessantemente “perché la parola del Signore corra e sia glorificata”, in modo che “veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno”. Infatti, solo chi ha il coraggio di affrontare la vita con la forza dei martiri, esce vincitore dalla lotta quotidiana contro le forze del male. Con l'amore di Dio e la pazienza di Cristo saremo i veri vincitori in questo mondo e nell'eternità.

A conclusione di questa riflessione ci venga in aiuto la preghiera al Dio della vita che ho composto e affido alla bontà di chi mi leggerà.

Signore della vita, non permettere

che nessun uomo su questa terra,

sperimenti la mancanza

della fede nella vita eterna.

Allontana da ogni essere umano

l'alienazione morale e spirituale,

che non orienta l'uomo verso l'eternità.

Nessuna sofferenza, prova e difficoltà

della vita presente

possa limitare il nostro cammino

verso la Terra promessa.

Tu Signore,

unica sicura speranza,

sostieni il cammino

verso la patria beata

di ogni essere umano.

Buon Pastore,

che sei andato alla ricerca

della pecorella smarrita,

nei tanti labirinti di un'esistenza effimera,

abbi cura di quanti non hanno fede

nel Dio della risurrezione e della vita.

Signore, risorto dai morti,

liberaci dalla tentazione,

di non credere nella Tua risurrezione

e nella vita senza più tramonto. Amen.