Mettersi in cammino verso Gerusalemme

mons. Roberto Brunelli

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (30 giugno 2019)

Dopo la celebrazione della Pasqua e feste connesse (Ascensione, Pentecoste, SS.ma Trinità, Corpus Domini), la liturgia riprende con oggi le letture del tempo ordinario. Il vangelo è quello di Luca, il cui brano odierno (9,51-62), specie se letto dopo la Pasqua, comprende un'espressione inquietante. Dice: "Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme".

Sinora l'evangelista Luca aveva riferito episodi della vita pubblica di Gesù avvenuti in Galilea; d'ora in poi riferirà quelli avvenuti lungo il viaggio verso Gerusalemme, e poi in città, culminati con la sua morte e risurrezione. Gesù sapeva bene a che cosa andava incontro; ecco perché partire non era facile. Prese la ferma decisione: per questo era venuto, questo era il piano di Dio per salvare l'umanità. Prese la ferma decisione: Dio prima di tutto, Dio sopra di ogni calcolo di personale convenienza. Anche e soprattutto in questo, per chi vuole essere suo discepolo, Gesù è il modello: di qui, nel brano odierno, le sue austere parole a tre uomini intenzionati a seguirlo.

“Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: 'Ti seguirò dovunque tu vada'. E Gesù gli rispose: 'Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo'". Càpita; qualche frase che colpisce, un incontro illuminante, ed ecco accendersi l'entusiasmo, lo slancio del cuore: ti seguirò dovunque, sempre. Ma la risposta di Gesù mette in guardia dalle decisioni repentine; il cuore deve essere sempre accompagnato da occhi bene aperti, dalla riflessione, dalla consapevolezza. Seguire Gesù non è una passeggiata; in particolare egli avverte: se vieni con me, non aspettarti una vita facile e comoda, e men che meno onori o ricchezze; si è cristiani perché è cosa buona e giusta, non perché, secondo i calcoli questo mondo, conviene.

Il secondo e il terzo incontro sono tra loro simili. All'invito di Gesù a seguirlo, uno risponde: "Permettimi prima di andare a seppellire mio padre" e un altro: "Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia". Le risposte ad entrambi, pur tenendo conto che sono formulate nel paradossale e colorito linguaggio orientale, a prima vista sconcertano: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio"; "Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio".


 La durezza di queste parole, tuttavia, si attenua assai se si considera che i due cui sono rivolte non chiedono solo un'ora o un giorno per dare corso agli affetti domestici. Andare a seppellire il padre, in quel momento magari ancor vivo e vegeto, significava prendersi tutto il tempo occorrente ad assisterlo sino a quando avesse chiuso gli occhi; congedarsi da quelli di casa significava prima sistemare gli affari, risolvere questioni in sospeso, provvedere al futuro dei familiari. Insomma comportava il dilazionare la decisione, dando la precedenza a pur rispettabili questioni terrene, mentre le risposte di Gesù non intendono certo annullare i legittimi affetti: vogliono anzitutto affermare il primato di Dio; niente e nessuno è più importante di lui. "Onora il padre e la madre" è un comandamento, che comporta rispetto e assistenza, ma non al punto di anteporli a Dio; "chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me", ha detto un'altra volta lo stesso Gesù. Affermare nei fatti il primato di Dio, oltre tutto, non è un peso; anzi significa esercitare al meglio la propria autentica libertà, senza lasciarsi condizionare da ciò che Paolo, nella seconda lettura di oggi (Gàlati 5), chiama la carne, cioè meschinità, timori, egoismi, calcoli di terrena convenienza.

Anche questo significa, per chi vuole seguire l'esempio del Cristo, “mettersi in cammino verso Gerusalemme”, quella celeste.