Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

don Luciano Cantini

II Domenica di Avvento (Anno C) (9 dicembre 2018)

Nell'anno quindicesimo

Nel bel mezzo della storia, quella fatta da re e imperatori, condottieri e governatori si inserisce una storia altra, perché la storia della salvezza non è estranea alla storia degli uomini. L'elenco dei potenti e la data (il XV anno dell'impero di Tiberio tra gli anni 27 e 28) non facilitano la comprensione della collocazione temporale degli avvenimenti ma la storicizzano, ci rendono evidente che Dio interviene in un luogo e in un tempo. L'intervento di Dio coinvolge la storia degli uomini anche se c'è chi vorrebbe che nella Chiesa ci si occupasse solo delle anime con una idea falsificata di religione estranea alle realtà del mondo.

Il Vangelo, invece, ci racconta che Dio ci parla nella nostra storia e nella nostra vita, nelle concrete situazioni in cui viviamo.

Quasi in contrasto a tanti signori, a tante dignità, a coloro che rappresentano l'ufficialità della religione, chi è coinvolto è uno sconosciuto, ai margini di una società dei potenti, nel deserto, luogo e tempo teologico in cui il popolo di nomadi scampati dalla schiavitù vengono educati alla fede nel Dio unico.

La parola di Dio venne su Giovanni

Nella lingua ebraica il termine “DBR” (dabar) indica sia la “parola” detta che la “cosa” e l'evento significato.

“Avvenne la parola di Dio su Giovanni” è una espressione tipica del vangelo di Luca perché prima ancora di essere detta la parola è un evento, un accadimento che rende Giovanni testimone. Un po' come accade anche per ciascuno di noi che mossi dalla solidarietà, dalla fede ci mettiamo in azione nella nostra quotidianità e in questa quotidianità la Parola si fa testimonianza. La Parola non è un proiettile vagante che colpisce inaspettatamente né una opportunità galleggiante nell'aria pronta per essere afferrata da chi sa elevarsi al di sopra la storia. Non “avviene” su chi detiene il potere, ma in mezzo ad esso, senza esserne condizionato, là dove l'uomo fa deserto. La “Parola” è il vero soggetto di questo brano, avviene su Giovanni che diventa Voce.

Voce di uno che grida

Le parole di Isaia (cfr. Is 40, 2-5) sono quelle con cui il profeta annunzia ai suoi connazionali la fine della schiavitù babilonese e il ritorno in patria; l'annuncio di Giovanni, per quanto assuma toni di durezza e immagini catastrofiche (cfr. Lc 3, 7-18), ha in sé i tratti della buona notizia, della Misericordia, della consolazione.

È voce che grida perché deve farsi spazio nel chiasso assordante di questo mondo, ha bisogno di superare le tante, troppe voci che animano la nostra storia, vuole scuotere le coscienze distratte, spesso assopite, indica l'unica salvezza possibile. Voce di uno che grida nel deserto, la sua è una voce di speranza.

Raddrizzate i suoi sentieri!

Anche per noi la Parola di Dio ”avviene”, in questo nostro tempo e in questa nostra storia un po' disastrata; l'egoismo, l'egocentrismo sembra avere il sopravvento dei nostri giorni, la politica nazionale e mondiale fa da specchio e amplifica i sentimenti di molti, ma la storia va avanti e fa germogliare virgulti di speranza nel deserto dell'indifferenza. La Parola di Dio “avviene” su di noi per aprire un varco di salvezza, trovare strade nuove, mai pensate prima, abbassare le asprezze di orgoglio e di arroganza, colmare gli avvallamenti fatti di indifferenza ed autosufficienza, raddrizzare tanti cammini deviati da false speranze e prospettive ingannatrici.

Non viene chiesta una conversione in senso moralistico, né la ricerca di una spiritualità nuova che estranea dalla realtà, piuttosto è chiesto di entrare attivamente nella dinamica storica; c'è una strada da costruire con fatica tra i burroni e le montagne, in mezzo alle tortuosità delle relazioni degli uomini. Una cosa è certa, nonostante le “fake news” che animano il nostro tempo una “buona notizia” si impone su tutte: ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!