Gesù è asceso al cielo e siede alla destra del Padre

padre Antonio Rungi

Ascensione del Signore (Anno B) (13 maggio 2018)

Oggi celebriamo la solennità dell'Ascensione al cielo di nostro Signore Gesù Cristo, che abbiamo contemplato in questi quaranta giorni del tempo pasquale come il Risorto in mezzo ai suoi discepoli, con i quali dialoga, mangia e si intrattiene, ma anche invia ed indica la strada della risurrezione nella logica della Pasqua sua e nostra. Oggi, infatti, si completa il cammino nel tempo del Redentore, morto e risorto, in quanto con la sua ascensione al cielo, Egli siede definitivamente alla destra del Padre, per poi, un giorno ritornare per giudicare i vivi e i morti, nel giudizio finale e nel secondo e definitivo avvento sulla terra. Nella preghiera inziale di questa solennità, la colletta, preghiamo con queste significative parole, che hanno attinenza al mistero della gloria: “Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in questa liturgia di lode, poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria”. La chiesa pellegrina è in cammino verso l'eternità e tra il già e il non ancora continua a svolgere la sua missione nel nome del Signore su mandato esplicito del Cristo che ascende glorioso e vittorioso al cielo, come ci ricorda il brano del Vangelo di Marco che si proclama in questa solennità: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». E di fatto gli apostoli partirono e fecero esattamente quello che Gesù aveva loro ordinato di fare. Infatti “predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”.

Nel brano degli Atti degli apostoli che riguarda proprio il momento in cui Gesù ascende al cielo è tratteggiata la storia della vita di Cristo, in modo sintetico, ma efficace, per capire esattamente chi era Cristo per i discepoli e per la chiesa delle origini e chi deve essere Cristo, per noi credenti del XXI secolo dell'era cristiana. Allora Gesù “si mostro vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio”. Poi, “mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l'adempimento della promessa del Padre, «quella - disse - che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo».

Gesù torna in cielo e manda dal cielo il suo Spirito Paraclito, che procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti. Tra Ascensione e Pentecoste si gioia la vita umana e spirituale del gruppo degli apostoli invitati da Gesù a restare in attesa del Paraclito e poi inviati nel mondo ad evangelizzare. Ed essi me saranno testimoni di Cristo a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra. La promessa di Cristo si è realizzata, se oggi, la Chiesa, il Vangelo e la conoscenza dell'unico salvatore del mondo hanno raggiunto gli estremi confini del mondo terrestre per oltrepassare la stessa terra e collocarsi come annuncio di vita e speranza nell'intero universo, sempre più alla portata della conoscenza dell'uomo, mediante la tecnologia di oggi.

Oltre il predicare e l'annunciare il vangelo in tutto il mondo ed invitare a conversione chi è lontano dalla fede e non conosce affatto Dio, c'è per ogni cristiano il diritto-dovere di testimoniare Cristo con una degna condotta di vita, come ci ricorda il brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla lettera di san Paolo Apostolo agli Efesini: comportarsi in maniera degna della chiamata che abbiamo ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandoci a vicenda nell'amore e avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace”.

Curare l'unità nella diversità dei carismi è un altro importante compito che spetta ad ogni credente e cattolico vero: Noi dobbiamo essere “un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siamo stati chiamati, quella della nostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti”.

La pluralità dei doni e dei carismi non ci deve spaventare, ma arricchirci e stimolarci a fare sempre di più e meglio a gloria di Dio: “A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo”.

Un cammino difficile quella dell'unità, ma tutti dobbiamo lavorare per raggiungerla ovunque siamo e qualsiasi cosa facciamo. Nulla ci deve portare lontano da Dio e dagli altri, ma tutti dobbiamo convergere verso un'unità vera e sostanziale che si fonda, si struttura nel tempo e organizzativamente come docilità allo Spirito Paraclito, che è accoglienza dei vari carismi che Egli suscita nella chiesa e per la chiesa.

Con il salmista eleviamo al Signore il nostro inno di lode e di ringraziamento per tutto quello che ci ha donato da sempre: “Popoli tutti, battete le mani! Acclamate Dio con grida di gioia, perché terribile è il Signore, l'Altissimo, grande re su tutta la terra. Ascende Dio tra le acclamazioni, il Signore al suono di tromba. Cantate inni a Dio, cantate inni, cantate inni al nostro re, cantate inni. Perché Dio è re di tutta la terra, cantate inni con arte. Dio regna sulle genti, Dio siede sul suo trono santo”.

A questo trono rivolgiamo oggi il nostro sguardo nella liturgia solenne dell'Ascensione al cielo di nostro Signore, perché con lo sguardo fisso sulle cose di lassù, ma operando con sapienza su questa terra, possiamo meritare anche noi di essere accolti tra i beati del cielo, dove Gesù è asceso e ci attende, perché è andato a preparare per ognuno di noi un posto in prima fila per tutti i suoi figli.