Una Pasqua da paura

don Giovanni Berti

Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno B) (1 aprile 2018)

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La liturgia nella lettura del Vangelo proposto per la notte di Pasqua, tralascia l'ultimo versetto del testo dell'evangelista Marco (il versetto 8), una riga che nel racconto di per sé lascia un po' sbigottiti

“...Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura”

Gli studiosi della Bibbia dicono addirittura che era questa la vera conclusione dello scritto di Marco, e solo successivamente sono state aggiunte le righe che parlano delle apparizioni di Gesù risorto e del suo invio in missione, come è più ampiamente raccontato dagli altri evangelisti.

Preoccupazione, dolore, paura, spavento e fuga. Sembra prevalere tutto questo nel modo in cui è raccontato il giorno di Pasqua nel primo vangelo.

Di Gesù risorto non c'è traccia, se non una pietra inspiegabilmente rotolata via, la sua tomba vuota, una presenza di luce con un messaggio di consolazione e di coraggio e un invito a cercarlo altrove da quel luogo di morte. E la prima risposta a tutto questo è la fuga.

Mi piace questa pagina del Vangelo di Pasqua, che non dà per scontato nulla riguardo la fede e l'annuncio.

È come in quei film in cui non è assolutamente scontata la fine e l'esito della storia, o che proprio nelle ultime sequenze, quando tutto sembra risolto, appare qualcosa che fa dubitare che davvero l'avventura sia conclusa in bene come pensavamo. Si tratta dei finali aperti che sia nel cinema come nella letteratura, coinvolgono e spingono lo spettatore e lettore a proseguire nella propria immaginazione aspettando magari un secondo film o prosecuzione del libro. Le preoccupazioni e paure delle donne al sepolcro sono le stesse nostre, che difronte alla vita siamo spesso interrogati e messi alla prova, anche dal punto di vista delle certezze più profonde. Niente è davvero scontato, e tutto appare in movimento nella vita personale come in quella sociale.

Basta vedere anche la situazione del cristianesimo in Italia. Tradizioni consolidate e visioni unitarie religiose sono messe alla prova dalle trasformazioni sociali, allo spostamento delle persone, dalle migrazioni e dal cambio culturale. A volte mi sembra che venire in chiesa per i cristiani sia un po' come le donne che si recano al sepolcro per imbalsamare il corpo di Gesù, e noi ad imbalsamare la nostra fede, cercando di rallentare il più possibile il decadimento e la sparizione della vita religiosa, come un corpo morto e in putrefazione.

A volte ho l'impressione che tutti partecipiamo alle celebrazioni religiose con i sentimenti di rassegnazione che “tanto non torneremo a come era una volta” e che “tanto ormai la fede non ha più molto da dirci”.

Abbiamo il volto basso e triste delle tre donne che hanno visto morire e seppellire Gesù, e anche noi non ci aspettiamo più di tanto dal Vangelo, dai pochi riti che partecipiamo e dalla Chiesa, e infine da Dio stesso, così lontano e apparentemente assente.

Ecco che la Pasqua anche quest'anno ci vuole fare lo scherzo del 1° aprile (data nella quale ironicamente la Pasqua cade quest'anno 2018): Gesù non è tra i morti, la pietra che sembrava inamovibile è rotolata via, e un annuncio luminoso e leggero come un angelo, ci invita a sperare, amare, andare!

Tutto questo è così bello ed incredibile che ci fa paura e ci mette a disagio, proprio come le donne, che come prima reazione non si aprono, ma si chiudono ancora di più e fuggono. Sono proprio come noi, come me, che difronte alle novità che mi mettono in gioco, preferisco rimanere bloccato. Piuttosto di mettermi in discussione rimango fermo anche nelle mie tristezze e problemi. Sembra che alla fin fine preferiamo una religione fatta di gesti ripetitivi e imbalsamati, ad un annuncio dirompente che ci invita a gettare via le nostre catene, le nostre chiusure e a osare davvero di vivere, di muoverci e di òscommettere su Gesù vivente.

Il Vangelo se preso sul serio, fa davvero paura! E allora? Che succede? Rinunciamo? Viviamo la Pasqua come rito tradizionale, e poi ci rotoliamo di nuovo sopra una pietra?

Se siamo qui a celebrare oggi la Pasqua, significa che la fuga delle donne impaurite non è durata a lungo, e che alla fine sono state raggiunte interiormente dalla forza del Vangelo. E si sono messe in gioco, senza paura.

Ma come andrà a finire la nostra Pasqua?

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