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II Domenica di Pasqua (Anno B) (8 aprile 2018)

Le prime parole che Gesù pronuncia ai suoi discepoli che si erano nascosti per paura di fare la stessa fine del loro Maestro, sono: “Pace a voi”.

Non dice: “La pace sia con voi”, nel senso che augura, che spera che la pace sia con loro... cioè, non li invita a fare la pace se per caso qualcuno avesse avuto un qualcosa che non andava nei confronti di un altro.

Queste parole sono un dono: Gesù dona loro la pace.

La pace, cos'è? La prima cosa che ci viene in mente è una situazione in cui non c'è guerra, divisione, litigio, conflitto.

Ma, con questa definizione, noi presupponiamo che la pace sia una condizione a cui manca qualcosa, cioè noi la definiamo dicendo quello che non è.

Non è questa la “pace” di cui parla Gesù, perché la sua pace è una realtà positiva, non è un qualcosa che, per essere definita, ha bisogno di tirare in campo un qualcosa di negativo.

“Pace”, in ebraico che è la lingua di Gesù, si dice “shalom” e significa benessere, prosperità, concordia, amore, benevolenza, onestà, giustizia, bene, speranza, fede...

Vedete quanti significati positivi ha la parola pace?

Vi siete ritrovati con qualcuno di essi?

Ad esempio, quando ho nominato le parole concordia, giustizia, amore, onestà, benevolenza, avete pensato alla vostra quotidianità? Avete provato a vedere se le mettete in pratica nei vari momenti della vostra giornata, a scuola, in famiglia, con gli amici?

La pace, la “shalom”, viene da Dio, non dagli uomini, l'abbiamo detto prima.

È un dono di Dio e, se viene da Lui, non si può fare shalom da soli: noi possiamo essere mediatori di pace, cioè far sì che questa venga messa in pratica sia da noi che dagli altri, ma è un proprietà di Dio che comunque Lui ci dona. Come l'ha donata agli apostoli (l'abbiamo sentito all'inizio del Vangelo) così la dona a noi.

Cosa fa la “shalom” quando iniziamo a trasmetterla?

Crea comunità, di due o tre fa una persona sola, perché quelle due o tre che si scambiano la pace sono pronte ad agire nel nome di Dio. E quando si agisce nel nome di Dio le cose non possono che andare bene.

Cosa vuol dire agire nel nome di Dio?

Facciamo un esempio. Il papà vi dà un grosso incarico, vi chiede di fare un qualcosa al posto suo perché lui non può. Vi dice :”Mi raccomando, fallo bene: io ti affido questo compito importante perché ho così tanta fiducia in te che è come se lo facessi io”.

Vi pare poco? In quel momento voi rappresentate il papà.

Ecco, nelle nostre azioni quotidiane, se siamo veri amici di Gesù, noi lo rappresentiamo, pensiamo come lui, ci comportiamo come farebbe lui, cerchiamo di vivere come ha vissuto lui: agiamo nel nome di Dio.

La pace è come il seme della santità che riceviamo nel Battesimo: una volta donata, la promessa di Dio è irrevocabile.

Voi, quando ricevete un dono, che cosa ne fate? Lo buttate via? Lo mettete in un cassetto? Penso proprio di no!

Ecco, così è anche con la pace: è un dono di Dio che dobbiamo mantenere ed usare per fare bella la nostra società, per costruire il mondo che vuole Gesù.

Oggi ci sarebbe tanto bisogno di avvalersi di questo dono ma, purtroppo, troppe persone vivono come se non ce l'avessero...

È per questo che, a noi cristiani, Gesù chiede di “usare” la pace! Certo che quello che potete fare voi bambini potrebbe sembrare un nulla rispetto al bisogno di pace dell'umanità, ma sapete bene che le cose grandi si costruiscono a partire dalle piccole!

Se voi, che siete giovani, cominciate già da ora a vivere con la “shalom”, il mondo che crescerà assieme a voi sarà un mondo diverso, un mondo in cui la “shalom” regnerà: non ci saranno più liti, contese, morti di fame, di freddo, non ci saranno più bombe, guerre... e tutto questo a partire da voi! Pensate a quale responsabilità avete!

Allora possiamo dire che parola “pace”, può anche essere tradotta con questo sinonimo: “felicità”.

Infatti, nel Vangelo di oggi, che cosa fa il Signore subito dopo? Mostra ai discepoli le mani con il segno dei chiodi e il fianco trafitto dalla lancia, segni del suo amore per i suoi discepoli, ma anche per noi.

Gesù ci ha donato la sua vita per amore. Questo non ce lo dobbiamo dimenticare mai. Ce l'ha donata perché possiamo essere felici in questa terra, amandoci gli uni gli altri come ci ha amato lui, e perché un giorno possiamo essere felici con lui in cielo.

Gesù, poi, ripete ancora:”Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. Invia cioè i discepoli a fare come ha fatto lui stesso, li invia a portare la felicità a tutto il mondo. Ma Gesù capisce che i suoi amici hanno bisogno di un altro dono ancora: la sua stessa capacità di amare, lo Spirito Santo.

Allora fa un gesto: respira forte e alita sui discepoli per trasmettere loro il suo respiro, il suo soffio, il suo Spirito. Se quel soffio effuso sui discepoli diventa il loro respiro, allora essi hanno lo stesso respiro di Gesù, il quale respirava perdonando i peccati degli uomini e delle donne che incontrava.

Quello è il suo soffio che, alitato anche su di noi, toglie la polvere, purifica, cancella le colpe attraverso il sacramento della Riconciliazione.

Ma Gesù chiede che, grazie a questo suo respiro, siamo capaci anche noi di perdono verso tutti.

Questo è un tasto davvero dolente, vero bambini? Quanto difficile è perdonare? Pensate a quando litigate con i vostri compagni... non è mai colpa vostra, è sempre colpa dell'altro! Vero si o no?

E poi magari emerge che la causa del litigio eravamo proprio noi...

Gesù ci insegna a perdonare settanta volte sette, cioè sempre. Anche nella preghiera del Padre nostro si parla di perdono:”Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. I “debiti” non sono i soldi... noi per primi siamo stati perdonati dal Padre e ci viene chiesto di perdonare a nostra volta.

E Tommaso? Quella sera non è con gli altri e pensa di dovere toccare i buchi delle mani e del costato per credere... ma quando Gesù viene di nuovo e Tommaso lo vede, non tocca niente. S'inginocchia e dice: “Mio Signore e mio Dio”.

Per la fede, non bisogna né vedere né toccare, come pensava Tommaso, ma bisogna essere visti e toccati da Gesù.

Noi, quando possiamo essere visti e toccati da Gesù?

Nella celebrazione Eucaristica in cui Lui è presente col suo Corpo e il suo Sangue, nel sacramento della Riconciliazione in cui Lui è lì che ci ascolta e ci perdona. Possiamo essere toccati dalla sua Parola che ci indica la strada da fare per essere come Lui. Possiamo essere visti e toccati da Lui attraverso tutti coloro che hanno bisogno di aiuto, attraverso i nostri genitori, attraverso tutte le persone che ci amano e che ci vogliono far conoscere sempre di più il motivo della nostra gioia: Gesù.

Commento a cura di Maria Teresa Visonà