Pareggio di bilancio

don Alberto Brignoli

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) - Cristo Re (26 novembre 2017)

Di possibilità ne abbiamo avute... olio da mettere nelle lampade, talenti da investire e far fruttare, e ancor prima, monete da restituire a Cesare e monete da restituire a Dio attraverso i nostri fratelli più poveri. E tanti altri brani che ci hanno parlato, nelle domeniche di quest'anno in compagnia di Matteo, del nostro rapporto con Dio. Un Dio che la religione ebraica (nella quale Gesù stesso si era formato) incontrava attraverso la Legge e le istituzioni (il tempio, le autorità religiose, la casta sacerdotale, la sinagoga); un Dio che Gesù ci fa incontrare da Figlio di Dio, e quindi ce lo presenta e ce lo fa conoscere senza bisogno di alcuna mediazione se non quella della relazione diretta con lui. Come dicevo, Gesù ha provato in tutti i modi a farci comprendere quale fosse il modo privilegiato per incontrarci con il Padre, e ultimamente ci ha pure messo in guardia sul fatto che non ci resta molto tempo, sia per la brevità e l'incertezza della nostra esistenza, sia perché l'occasione di incontrare Dio va sfruttata nel momento in cui ce ne viene offerta l'opportunità. Altrimenti l'invito a nozze cui abbiamo disatteso non ci viene più rivolto, e qualcun altro prende il nostro posto; altrimenti qualcuno che arriva a lavorare nella vigna del Signore all'ultima ora riesce a sfruttare quel tempo tanto quanto noi credenti di antica data; altrimenti l'olio nelle lampade viene meno, e rischiamo di trovare la porta chiusa all'ennesimo banchetto di nozze; altrimenti il padrone tornerà quando meno ce lo aspettiamo e il talento che dovevamo far fruttare rimane sotto terra.

Di possibilità ne abbiamo avute davvero tante, per capire chi era Dio e cosa voleva da noi. Ora, in quest'ultima domenica dell'Anno Liturgico, a un mese esatto dal Natale, pronti a iniziare il cammino di Avvento, festeggiamo il nostro Re, ringraziandolo per averci accompagnato nel cammino di fede anche in quest'anno. E lui, da buon governante, ci fa un discorso di fine anno che suona molto da bilancio consuntivo: e non solamente di un anno con lui, ma di una vita con lui. È un bilancio consuntivo che non ha certo bisogno della nostra approvazione, perché la possibilità di fare quadrare i conti l'abbiamo avuta, e in abbondanza. Ora non c'è più diritto di replica; come quando vengono pubblicati gli esiti scolastici degli alunni sull'albo della scuola alla fine dell'anno, di un anno in cui chi aveva necessità di ricuperare materie ha avuto tempo e possibilità di farlo, ma forse è giunto troppo tardi, o si è giustificato dicendo che lui non sapeva, che non aveva capito, che non si era accorto che doveva recuperare. Spiacente, ma non c'è possibilità di appello. E la colpa non è degli insegnanti, della scuola poco organizzata o del ministero della pubblica istruzione che fa programmi inadeguati, né tantomeno dei libri troppo difficili: la colpa è di chi non ha studiato tutto l'anno, o di chi si è accontentato del minimo sindacale.

E così, la colpa non è di Dio: non è lui che spacca la storia in due, non è lui che esclude dal suo regno, non è lui che caccia fuori da casa chi vi entra indegnamente. Certo, è lui che separerà le capre dalle pecore: ma che tu sia capra o pecora, che tu sia un pesce buono o un pesce cattivo finito nella rete del pescatore, che tu sia una cosa nuova o una cosa antica tirata fuori dal tesoro di uno scriba, che tu sia zizzania o grano buono, quello dipende solo da te. E dalle tue opere. Cioè, da quanto hai amato Dio. Certo, ci vorrebbe un criterio, un metro di giudizio, per capire cosa significhi amare Dio, e di conseguenza essere buon seme, buon grano, buon pesce, pecora dell'ovile di Dio, e così ricevere in eredità il suo Regno.

Il criterio per amare Dio ce l'abbiamo, eccome! Vogliamo leggere il Vangelo di oggi? Per ben due volte in pochi versetti, ci da la ricetta per amare Dio: e la ripete sia ai “benedetti dal Padre mio” che ai “maledetti”. Ai primi la rivela, ai secondi la rinfaccia. E qual è la ricetta per amare Dio? Osservare i suoi comandamenti e i suoi precetti? Certo, ma quali? “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”? “Non avrai altro Dio all'infuori di me”? “Non pronuncerai il nome di Dio invano”? “Ricordati di santificare i giorni consacrati al tuo Dio”? Macché: è incredibile, ma nella stesura del bilancio consuntivo, della relazione morale che il Re fa alla fine dell'anno e della nostra esistenza, non c'è una sola volta la parola “Dio”. E perché? Forse perché non dobbiamo venerare Dio attraverso i comandamenti e i precetti di cui sopra? Ma ci mancherebbe! Solo che quello sono capaci tutti di farlo, e poi è una cosa riservata solo ad alcuni, a quelli che credono e praticano la loro religione. Di andare a messa tutte (o quasi) le domeniche, di dire le preghiere e fare il segno di croce, di amare Dio, la Madonna e i Santi recitando con devozione qualche litania, di evitare la bestemmia e di avere un solo Dio in testa...beh, sono capaci tutti. Ma per il bilancio consuntivo della nostra vita non basta.

“Alla sera della vita, ciò che conta è aver amato”, diceva già nel XVI secolo san Giovanni della Croce. Dio, il nostro Dio, quello che dobbiamo amare prima e più di ogni altra cosa, non ci chiederà a quante messe avremo partecipato: più sono, meglio è per noi, senza dubbio, vuole dire che avremo ascoltato più Parola di Dio. Il quale ci chiederà se questa sua Parola che abbiamo ascoltato si sarà trasformata in pane per chi aveva fame, in acqua per chi aveva sete, in accoglienza per chi era straniero, in vestiti per chi era nudo, in conforto a chi era malato, in visite a chi era carcerato. E i promossi, quelli benedetti dal Padre, non sapranno nemmeno di averlo fatto, perché ce l'hanno talmente nel cuore da non rendersi conto quanto amore sono capaci di donare a tutti, indistintamente; i bocciati, invece, i maledetti (maledetti non dal Padre, perché Dio non maledice...maledetti da se stessi...) avranno da ridire, da giustificarsi, da avanzare scuse, daranno la colpa a Dio perché non è stato chiaro con loro sin dall'inizio, perché non lo sapevano...

Game over: gioco finito, tempo scaduto. Diamoci da fare, prima che si spenga lo schermo sulla nostra vita. Amiamo con i fatti: è l'unico modo perché la nostra vita risulti quantomeno in pareggio di bilancio.